Il TAR di Reggio Calabria (sent. n. 119 dell’8 febbraio 2024) esclude la ribassabilità dei costi della manodopera, al fine di non sottostimare le retribuzioni previste dai Contratti collettivi nazionali da applicare negli appalti pubblici.
Per approfondire, si consiglia la consultazione del seguente codice: Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici
Indice
1. La disciplina codicistica
A partire dal 1° luglio 2023 è entrato in vigore il nuovo codice dei contratti pubblici (D.lgs. 36/2023), il quale ha ricevuto non poche critiche per via di alcune sue sfaccettature.
La disciplina di alcuni istituti ha subito nel corso degli anni innumerevoli, talvolta discordanti, interpretazioni che hanno generato confusione tra gli operatori economici del settore, tali da incorrere in esclusioni da procedure di gare o da essere destinatari di ricorsi amministrativi.
In particolare, all’art. 41, comma 14, D.lgs. 36/2023, viene normato che: “Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale“; dunque, in sede di presentazione di offerta economica, pena l’esclusione dalla procedura d’appalto, bisogna scorporare dal valore dei lavori, il costo della manodopera e dei costi della sicurezza non soggetti a ribasso.
Lo scorporo degli oneri della sicurezza è ormai consolidato da anni e, quindi, ben noto agli oo.ee. che partecipano ad appalti pubblici.
La “novità”, quindi, sui cui soffermarsi è la non ribassabilità dei costi della manodopera, salvo una più efficiente organizzazione aziendale.
Almeno prima facie, sembrerebbe che il Legislatore, abbia voluto stringere le maglie a miglior protezione del salario dei lavoratori, escludendo il ribasso sulla manodopera, incentivando l’eventuale prezzo più basso su una più efficiente organizzazione che non intacchi i minimi salari retributivi.
Orbene, il Codice prevede che i CCNL applicabili all’appalto siano scelti dalla S.A., la quale è tenuta ad individuarli secondo i criteri enucleati agli artt. 11 e 41, comma 13 del Codice dei contratti pubblici.
Per salvaguardare il principio di libertà di impresa, tuttavia, l’art. 11 consente ai concorrenti che utilizzino un diverso contratto collettivo di partecipare ugualmente alla gara con lo strumento della dichiarazione di equivalenza delle tutele.
Sebbene, nella teoria codicistica le norme sembrino “chiare”, nel contesto pratico non è affatto così.
Per approfondire, si consiglia la consultazione del seguente codice:
Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici e la disciplina vigente nel periodo transitorio
Il volume raccoglie il TESTO DEL NUOVO CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI insieme alle NORME COGENTI del D.Lgs. 18 aprile 2016 e s.m.i., IN VIGORE NEL PERIODO TRANSITORIO.Il testo del nuovo codice, completo dei relativi allegati attuativi, è integrato dagli indispensabili richiami alle corrispondenti norme del D.Lgs. n. 50/2016. Queste ultime invece sono arricchite da numerose note illustrative della relativa disciplina attuativa, complementare e transitoria, ivi incluse le disposizioni emergenziali.Tale disciplina transitoria è stata evidenziata in nota con colori differenti, in modo tale da garantire il rapido orientamento del lettore nella ricerca degli istituti rilevanti.Il volume è INTEGRATO DA NUMEROSI CODICI QR che permettono la visualizzazione su smartphone o tablet della documentazione più significativa richiamata nelle annotazioni a piè di pagina, ivi compresi i decreti ministeriali attuativi e le linee guida dell’ANAC ancora vigenti.IN APPENDICE SONO RIPORTATE:• le disposizioni più significative in materia di affidamento ed esecuzione dei contratti pubblici del PNRR e del PNC (aggiornate al D.L. 24 febbraio 2023, n. 13, c.d. decreto PNRR 3);• le disposizioni di cui all’art. 1, commi da 369 a 379, della L. 29 dicembre 2022, n. 197 (c.d. legge di bilancio 2023) attinenti al Fondo per l’avvio di opere indifferibili di cui all’art. 26, comma 7, del D.L. 17 maggio 2022, n. 50 (c.d. decreto aiuti).Samuel BardelloniAvvocato amministrativista presso lo studio Vinti & Associati – Avvocati. Docente in numerosi master universitari e corsi di formazione sul public procurement. Consulente esperto nella materia della contrattualistica pubblica presso società ed enti pubblici. Autore di diversi articoli di commento sulle norme dettate in materia di evidenza pubblica.Dario CapotortoAvvocato, Professore Associato Abilitato in Diritto Amministrativo (ASN 2021/2023). Docente a contratto di Diritto degli Appalti Pubblici presso il Dipartimento di Economia dell’Università “La Sapienza” di Roma. Autore di diversi saggi e monografie in tema di contrattualistica pubblica, regolazione e concorrenza. Partner presso lo studio Vinti & Associati.
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2. Scorporo del costo della manodopera nel codice dei contratti pubblici: sentenza del TAR di Reggio Calabria
Di utile riferimento, in materia, è la sentenza n. 119, dell’8 febbraio 2024, Sez. I del T.A.R. Reggio Calabria, il quale osserva che: “…non possono essere inclusi nell’importo assoggettato al ribasso – L’art. 41 comma 14 d.lgs. n. 36/2023, in tema di esposizione dei c.d costi della manodopera, contiene il riferimento a due concetti distinti non sovrapponibili: “l’importo posto a base di gara”, nell’individuare il quale la stazione appaltante deve prevedere anche il cd. costo della manodopera, e l’”importo assoggettato al ribasso” dal quale, invece, “i costi della manodopera”, devono essere scorporati. Tale previsione normativa vieta, quindi, che i costi della manodopera, pur rientrando nel più generale “importo posto a base di asta”, siano inclusi nel cd. importo assoggettato al ribasso ovvero nell’importo sul quale dovrà essere applicato il ribasso percentuale offerto dal concorrente e ciò all’evidente fine di non sottostimare le retribuzioni da erogare ai lavoratori “applicati” nell’esecuzione delle commesse pubbliche. Questo, tuttavia, non esclude che ciascun concorrente possa, in via separata rispetto “all’importo assoggettato al ribasso” (ovvero quello sul quale applicare la percentuale di ribasso percentuale), esporre una cifra, a titolo di costi della manodopera, inferiore rispetto a quella che la stazione appaltante ha previsto ex ante nell’ambito del più ampio importo posto a base di gara. Ciò potrà avvenire a condizione che tale “indiretto” ribasso dei costi della manodopera risulti coerente con una “più efficiente organizzazione aziendale” che l’operatore dovrà dimostrare in sede di verifica dell’anomalia, doverosamente promossa dalla stazione appaltante (Cons. Stato, Sez. V, sent. 9 giugno 2023, n. 5665; TAR Sicilia, Palermo Sez. II, sent. 19 dicembre 2023, n. 3779; TAR Campania, Napoli, Sez. V, sent. 7 novembre 2023, n. 6128) …”.
Il G.A. di Reggio Calabria, a differenza di altri autorevoli interventi istituzionali (Parere n. 2154, del 19 luglio 2023, del MIT; Sentenza n. 5665, del 9 giugno 2023, Sez. V, del Consiglio di Stato;Delibera n. 582, del 15 novembre 2023, dell’A.N.AC.) interpreta in modo “categorico” la normativa citata, in quanto esclude la ribassabilità dei costi della manodopera, al fine di non sottostimare le retribuzioni previste dai Contratti collettivi nazionali da applicare negli appalti pubblici.
In sostanza, la disposizione sullo scorporo dei costi della manodopera è una novità “vecchia”, in quanto era già presente all’art 82, comma 3-bis, del Codice “De Lise” (D.lgs. 163/2006), la quale non trovò conferma nel Codice 2016 poiché l’AVCP, con atto di segnalazione n. 2 del 19 marzo 2014, aveva rappresentato sia al Governo sia al Parlamento che “…il costo complessivo del personale, per ciascun concorrente, è da ritenere che si determini in base alla reale capacità organizzativa d’impresa che è funzione della libera iniziativa economica ed imprenditoriale (art. 41 Cost.) e come tale non può essere in alcun modo compressa mediante predeterminazioni operate ex ante…”.
Trattasi, quindi, di una netta inversione di rotta rispetto al Codice del 2016, dove i costi della manodopera erano ribassabili e, quindi, la probabilità di una alterazione delle tutele dei lavoratori era maggiormente a rischio; oggi, invece, il concorrente non offre un “ribasso” sulla manodopera, ma può esprimere e documentare un costo “diverso”, rendendo perciò maggiormente competitiva la propria offerta, offrendo un ribasso “solo indiretto”, come felicemente affermato dai giudici reggini.
Va soggiunto che la pronuncia del T.A.R. di Reggio Calabria aveva ad oggetto un bando PNRR, il quale solitamente per una questione di celerità di svolgimento dell’appalto è quasi “esente” dall’esercizio giurisdzionale, sino alla pronuncia del merito, momento in cui il più delle volte l’appalto è stato eseguito o è in fase di ultimazione, con il risultato per il ricorrente di veder negati i propri diritti ed alterata la par condicio competitorum.
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