COVID-19. Istruzione (pubblica) da remoto giuridicamente illegittima e non conforme alla Costituzione. Efficace sotto il profilo didattico?

Ettore Bruno 29/07/20
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La scuola è aperta a tutti.

[Costituzione]

 

Premessa.

La crisi pandemica prodotta dalla diffusione della malattia da Coronavirus (COrona VIrus Disease) ha imposto ‒ in via cautelativa e inserita nell’ampio contesto determinato da un piano nazionale comprendente molteplici strumenti volti al contenimento degli effetti legati alla crisi sanitaria – la necessità di ricorrere a una serie di misure idonee a fronteggiare e limitare il diffondersi del morbo, anche, e specialmente, in ambiente scolastico e universitario. Tali settori, infatti, rientrano tra quelli che più necessitano di misure e strumenti anti-contagio, in ragione di almeno due ordini di considerazioni: per un verso, il distanziamento sociale (quale misura di contenimento anti-COVID) risulterebbe ‒ in condizioni di vita scolastica ordinaria ‒ oltremodo problematico, se non del tutto impraticabile (e per ciò stesso fatalmente pericoloso ai fini della trasmissione virale), all’interno delle strutture universitarie e degli edifici scolastici, per loro stessa natura luoghi di aggregazione, incontro e “comunicazione ravvicinata”, per di più in ambiente chiuso; per l’altro, gli studenti ‒ il riferimento è in particolare agli scolari degli istituti di istruzione primaria e secondaria di primo grado ‒, considerata la loro natura di “soggetti deboli”, risultano suscettibili tout court di particolari tutele e meritevoli di maggiori e più accurate attenzioni, a fortiori in contesti complicati e difficili come quelli rappresentati da una grave emergenza sanitaria. Se si considerano, infine, ragioni di natura logistica legate, da un parte, alla diffuse e reali carenze strutturali che accusano certi edifici e spazi scolastici e, dall’altra, all’insufficienza (criticità che il mondo della scuola non manca, da tempo, di “denunciare”) di strumenti e arredi idonei, la conseguenza che ne deriva – almeno in via presuntiva ‒ è l’inadeguatezza fisiologica di molte strutture scolastiche ad assicurare un efficace contingentamento delle presenze e un utile distanziamento tra gli studenti.

In uno scenario così delicato e complesso, per espressa previsione legislativa (rectius: per previsione, di volta in volta, del combinato disposto di specifiche disposizioni contenute in atti di decretazione d’urgenza e in provvedimenti di natura meramente amministrativo/regolamentare, riconducibili, questi ultimi, alla Presidenza del Consiglio dei ministri e/o al Ministero competente), è stata disposta, dapprima, la chiusura delle università (con la conseguente sospensione delle attività accademiche, esami e sedute di laurea comprese), mentre, non appena la diffusione virale cominciava ad assumere aspetti di significativa gravità, la sospensione delle attività didattiche è stata estesa agli istituti di istruzione di ogni ordine e grado. E ciò a valere sull’intero territorio nazionale e, almeno secondo le previsioni originarie, per periodi di tempo limitati e legati all’evolversi della crisi sanitaria.

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L’aggravarsi della situazione emergenziale ha successivamente imposto, giocoforza, il prolungamento dell’impiego delle misure anti-contagio, da adottarsi sine die ‒ anche in ambito scolastico/universitario e seppure in maniera attenuata rispetto alle più stringenti forme di contenimento pandemico originarie ‒, ovvero fino al giorno in cui, mutatis mutandis, la fase sanitario-emergenziale non potrà considerasi definitivamente conclusa o sarà dichiarata tale.

In particolare, il DPCM 8 marzo 2020, disponendo la sospensione delle lezioni tradizionali (cc.dd. “frontali”) e di ogni altra attività didattica “in presenza”, ha imposto ai dirigenti degli istituti scolastici e alle università di avvalersi  ‒ tempestivamente (se non frettolosamente) e in maniera del tutto improvvisata ‒ di forme originali e mai adottate prima, se non in modo marginale e secondario, di “didattica a distanza”. Si è così inopinatamente dato vita alla c.d. “istruzione da remoto”, ovvero a nuove metodologie telematico-digitali di insegnamento, apprendimento e valutazione (un complesso di metodi e forme virtuali di istruzione quanto si voglia innovative, pur tuttavia prive della necessaria sperimentazione, quanto meno nel settore dell’istruzione pubblica, e difficilmente suscettibili di essere attuate in pieno, in considerazione, in primis, dell’insufficiente diffusione/disponibilità all’interno dei nuclei familiari degli strumenti tecnologici all’uopo necessari e, in secondo luogo, della scarsa o insoddisfacente “copertura digitale” di intere zone del territorio nazionale, soprattutto in certe aree della provincia meridionale del Paese).

In considerazione del prolungarsi della crisi pandemica (peraltro tuttora in essere), il ricorso all’adozione di procedure nuove e straordinarie (in parte già adottate, nei mesi precedenti, in ambito universitario) è stata allargata allo svolgimento degli esami di terza media e di maturità, svolti anch’essi in contesti del tutto anomali e con procedure prive di precedenti significativi. Le modalità di svolgimento degli esami in parola sono state disciplinate con Ordinanze ministeriali: gli esami di scuola media secondo un percorso che prevedeva la discussione online di una tesina; gli esami di maturità, invece, senza alcuna prova scritta e svolti tenendo un colloquio “in presenza” vertente su un elaborato interdisciplinare, nel rispetto delle misure anti-contagio (tra le altre: distanziamento sociale, uso delle mascherine, sanificazione degli ambienti) previste dai vari provvedimenti succedutisi nel corso degli ultimi mesi e davanti a un commissione “inedita”, composta da soli commissari interni.

E’ di questi giorni, infine, la predisposizione di “linee-guida” ministeriali riguardanti la regolamentazione delle attività accademiche e scolastiche a partire dall’avvio del prossimo anno, attuate – così sembra – attraverso procedure ibride di insegnamento, apprendimento e valutazione, ovvero attraverso l’impiego di tecniche di “didattica a distanza”, alternate e/o contestuali a forme di insegnamento “in presenza” (o “frontale”), e supportate da un reclutamento senza precedenti di personale docente.

Illegittimità e dubbia conformità ai principi costituzionali del ricorso totale e indiscriminato al metodo della “didattica a distanza”.

Prima di affrontare il tema specifico della dubbia legittimità costituzionale sottesa agli aspetti particolari dell’istruzione da remoto, occorre osservare, in via preliminare, che le misure anti-COVID sono state imposte, nella loro globalità, non per legge, ma, come già accennato, attraverso l’impiego di atti aventi natura meramente amministrativa: provvedimenti non dotati di forza di legge, né soggetti a conversione da parte del Parlamento, oltre che non sottoposti al vaglio del Presidente della Repubblica e neppure sottoponibili al sindacato di legittimità costituzionale eventualmente operato, ex post, dalla Corte costituzionale.

Secondo qualche impostazione decisamente minoritaria, se non del tutto isolata[1], le norme (rectius: le disposizioni amministrative) che, in funzione del contenimento pandemico, hanno fortemente limitato e compresso in maniera significativa, fino a frantumarli quasi del tutto, alcuni (se non tutti) diritti e libertà fondamentali tutelati al livello più alto – è la Carta costituzionale a prevederli e a sancirne l’inviolabilità ‒ troverebbero il loro fondamento giuridico in quanto dappresso elencato: nella corrispondente decretazione d’urgenza, sul rilievo che due decreti-legge (il primo dei quali peraltro abrogato quasi in toto dal secondo), in quanto atti aventi forza di legge, avrebbero “scudato” gli atti amministrativi in parola che da tali atti di decretazione d’urgenza, appunto, discenderebbero; nell’articolo 32 della Costituzione, in ragione del fatto che il diritto alla salute assurgerebbe al rango di “diritto supremo”, innanzi alla cui tutela soccomberebbe per forza ogni altra libertà o diritto fondamentale; in specifiche norme rinvenibili nel Decreto legislativo n. 1 del 2018 (Codice della protezione civile) disciplinanti i contesti emergenziali.

Senza entrare in questa sede nel merito delle tesi a sostegno dell’illegittimità giuridico-formale e contrarietà sostanziale alla Costituzione delle misure (da molti definite “draconiane”) limitative di diritti inviolabili, proprio in quanto adottate a colpi di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (per un’ampia panoramica degli argomenti in parola si rimanda alle note nn. 2 e 3, e di cui subito infra nel testo), qui non ci si può esimere, tuttavia, dall’osservare che la dottrina costituzionalistica maggioritaria[2], se non unanime, unitamente alla quasi totalità degli analisti giuridici[3], ha aspramente criticato l’impiego dei DPCM, giacché strumenti giuridici “deboli” e inidonei a comprimere sine die l’esercizio di diritti e libertà fondamentali, costituzionalmente garantiti, quali la libertà personale, la libertà di circolazione, di riunione, di culto, il diritto/obbligo all’istruzione e la libertà d’iniziativa economica. Da ciò discenderebbe, ad avviso di chi scrive, l’illegittimità della didattica a distanza, ontologicamente viziata dalla non conformità alla Costituzione, in quanto giuridicamente illegittimo è il fondamento da cui trae origine.

Nel particolare – e qui veniamo ai vizi specifici ‒ il ricorso totale e indiscriminato al metodo della “istruzione da remoto” presenta vari aspetti di dubbia legittimità costituzionale. Più d’uno, infatti, sono i principi costituzionali che qui si assumono violati dall’impiego di tali metodologie di istruzione/educazione in costanza di emergenza sanitaria.

Ora, indipendentemente dal tener conto della circostanza che esista o no un obbligo giuridico per alunni e insegnanti, rispettivamente, di seguire e attuare contrattualmente metodi di didattica a distanza – tema che pure ha occupato taluni esponenti del settore scolastico ‒ alternati e/o contestuali alla didattica tradizionale, ci si chiede come si potrebbe negare il mancato rispetto dei principi di cui agli artt. 2, 3 e 34 della Carta fondamentale (art. 2, Cost.: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale»; art. 3, Cost.: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese»; e ‒ last but not leastart. 34, primo comma, Cost.: «La scuola è aperta a tutti»).

La dispersione scolastica online (che in Piemonte, per esempio, si è attestata intorno alla percentuale media del 20%, così come denunciato dal Direttore dell’Ufficio scolastico regionale piemontese, mentre nella periferia torinese uno studente su due non ha seguito le lezioni da casa[4]), fatalmente assume caratteri di più preoccupante gravità nelle aree del Paese digitalmente poco o mal coperte. Rebus sic stantibus, appare evidente che le criticità determinate dall’impiego indiscriminato e frettoloso della didattica a distanza riguardano un duplice profilo: uno strumentale, consistente nelle diseguaglianze pedagogico-digitali dovute alla mancata/insufficiente disponibilità all’interno di certi nuclei familiari di strumenti tecnologici adeguati, alla possibile insoddisfacente “dimestichezza familiare” all’uso di questi, alla scarsa copertura digitale di certe zone del territorio; l’altro sostanziale, costituito dal conseguente, ingiustificato svantaggio (che si traduce in un irragionevole “rimanere indietro”) a sfavore di taluni studenti (si consideri, a tale scopo, anche la condizione degli alunni che necessitano di sostegno) rispetto ad altri.

Si aggiunga che lAGCOM (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) ha usato toni certamente severi nel rimarcare disuguaglianze digitali esplose in tutta la loro gravità, sul rilievo che “il 12,7% degli studenti italiani non ha usufruito della didattica a distanza, dati inaccettabili in una democrazia evoluta” (nella Relazione annuale 2020 AGCOM si legge: «La chiusura delle scuole di ogni ordine e grado e delle università ha posto numerose sfide da affrontare giacché, con l’avvento della pandemia, le disuguaglianze digitali sono esplose in tutta la loro gravità per il numero senza precedenti di studenti coinvolti nell’educazione a distanza»[5]).

Alla luce di quanto esposto, e senza voler ricercare argomenti ridondanti ‒ il che rischierebbe di far apparire “meravigliosamente oscure persino le questioni chiare” ‒ risulta sic et sempliciter evidente la non conformità della didattica a distanza (DAD) ai principi costituzionali in parola.

Infine, se si tiene nella giusta considerazione la circostanza che l’impiego delle misure emergenziali limitative delle libertà fondamentali, seppur censurabili sul piano giuridico-formale, giacché illegittime nel metodo, appaiono, a parere dello scrivente (e come già osservato[6]), obbligate, opportune e necessarie quanto al merito (in funzione del contenimento pandemico), il ricorso a forme indiscriminate di istruzione da remoto, per converso, a ben vedere risulta meritevole di censure anche sotto quest’ultimo aspetto. E ciò se si pensa alle numerose alternative, praticabili d’intesa con gli Enti locali e nella possibilità concreta di attuare le necessarie misure anti-contagio: misure-tampone quali il ricorso a doppi, se necessario tripli turni, con rimodulazione degli orari; reclutamento tempestivo e massiccio di personale docente; adozione di spazi all’aperto, atri, cinema, teatri, palestre, strutture dismesse ma idonee allo scopo.

Qualche riflessione di carattere didattico-pedagogico.

Non volendo dar conto, da un lato, del mondo universitario, in cui le modalità di insegnamento e i meccanismi online risultano da tempo collaudati (si pensi anche al sistema delle università telematiche) e laddove le carenze umane e strumentali costituiscono un aspetto tutt’al più trascurabile dell’apprendimento/divulgazione/valutazione da remoto (in considerazione, tra gli altri fattori, della “maturità informatica” degli studenti, dell’autosufficienza e competenze telematiche già acquisite, della copertura digitale pressoché totale riferita alle città-sedi universitarie) e, dall’altro, senza pretesa alcuna di sconfinamenti in campi sconosciuti a chi scrive – benché questi creda nel valore universale dell’autorevole pensiero che Bruno Cavallone, fine e illustre Giurista, restituisce per iscritto in un imponente saggio giuridico-letterario, secondo il quale spesso capita che gli esperti in certe discipline stentano a vedere o a capire, “in casa loro”, cose che proprio per l’intruso sono evidenti[7] ‒ qui ci si limita a riprendere e rilanciare le considerazioni di alcuni alunni: si tratta di pensieri carichi ‒ a parere di chi scrive (e qui potrebbe valere, in soccorso di un analista giuridico e a giustificarne, appunto, la “dilettantesca incursione” in “territori” a lui sconosciuti, la considerazione svolta appena sopra nel testo e di cui alla nota n. 7) ‒ di indubbio contenuto psico-socio-pedagogico, apparsi in una lettera scritta dagli alunni delle classi terze della Scuola primaria dell’Istituto comprensivo Roggiano-Altomonte, nel cosentino, e inviata al Ministro dell’Istruzione nei giorni immediatamente successivi a quello della chiusura (formale) dell’anno scolastico.

Emblematici, e carichi di significato nel senso sopra indicato, alcuni passaggi della missiva, ripresa da una testata online [8] (da cui sono tratti) e a cui, per una panoramica completa, si rimanda. Basti qui citarne qualcuno: «[…] abbiamo lavorato con video lezioni che non si vedevano, con i telefonini dei nostri genitori, con la linea che non andava: “maestra non vedo, maestra non sento” […] è stato molto brutto! Ministra risolva i nostri problemi! Spero tanto che le mie parole possano arrivarle al cuore!»; «[…] ho avuto molte difficoltà a seguire le lezioni online […] perché non abbiamo una connessione internet a casa e quindi la linea va e viene […] nell’ultimo mese di scuola ho avuto il tablet che mi ha procurato la mia maestra. Seguire le lezioni è stato difficile […] a volte ci siamo dovuti arrangiare col telefonino»; «Cara ministra la DAD e il non andare a scuola ha sconvolto noi piccoli e anche i nostri genitori che lavorano. Per favore trovi una soluzione per la scuola che ci renda felici!»; «Fare scuola a casa non è stato semplice e neanche bello perché la mia scrivania non potrà mai sostituire il banco dell’aula […]. Questo mi ha resa triste! Sono stati mesi difficili e ora mi auguro con tutto il cuore che lei possa trovare il modo di farci ritornare in classe perché quello è il nostro posto».

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Note

[1]  A sostegno della conformità dei DPCM limitativi delle libertà fondamentali ai principi costituzionali, si veda: Coronavirus e decreti, Zagrebelsky: “Chi dice Costituzione violata non sa di cosa sta parlando”, https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/05/01/zagrebelsky-chi-dice-costituzione-violata-non-sa-di-cosa-sta-parlando/5788193/

[2]  I decreti del presidente del Consiglio sono deboli. Serve il parlamentoIl monito dei costituzionalisti sugli effetti dei decreti con cui il governo sta cercando di arginare il contagio da coronavirus, 21 marzo 2020, https://www.agi.it/politica/news/2020-03-21/coronavirus-costituzione-parlamento-7726636/, in cui si registrano le posizioni critiche di autorevoli Costituzionalisti (Michele AINIS e Cesare MIRABELLI).

In senso conforme: Antonio BALDASSARRE (Baldassarre: Dpcm in tutto incostituzionale, 27 aprile 2020, https://www.adnkronos.com/fatti/politica/2020/04/27/baldassarre-dpcm-tutto-incostituzionale_NCkg79J8eVOblBGG6m3byH.html?refresh_ce); Sabino CASSESE (Il giudizio di Cassese su Conte: il primo decreto era fuori legge, 15 aprile 2020, https://www.ilgiornale.it/news/politica/giudizio-cassese-su-conte-primo-decreto-era-fuori-legge-1854156.html); Gaetano AZZARITI (Per la transizione decreti-legge e leggi ordinarie, 30 aprile 2020, https://ilmanifesto.it/per-la-transizione-decreti-legge-e-leggi-ordinarie/).

[3]  Ettore BRUNO, D.p.c.m. e limitazioni della libertà personale e di circolazione: presidi a tutela della salute pubblica o misure abnormi che indeboliscono la democrazia?, 27 aprile 2020, https://www.diritto.it/d-p-c-m-e-limitazioni-della-liberta-personale-e-di-circolazione-presidi-a-tutela-della-salute-pubblica-o-misure-abnormi-che-indeboliscono-la-democrazia/; Maurizio GIORDANO, Coronavirus: misure di contenimento incostituzionali, inadeguate e controproducenti, 18 aprile 2020, https://www.studiocataldi.it/articoli/38107-coronavirus-misure-di-contenimento-incostituzionali-inadeguate-e-controproducenti.asp; Anna RAHINO’, L’emergenza a colpi di Dpcm “incostituzionali”: l’importanza della forma sulla sostanza, 30 aprile 2020, https://studiolegalelisi.it/approfondimenti/lemergenza-a-colpi-di-dpcm-incostituzionali-limportanza-della-forma-sulla-sostanza/, in cui si legge che “prevedere delle restrizioni delle libertà di questo tipo con un “semplice” Dpcm – dunque non tramite un atto legislativo – è del tutto illegittimo e lesivo della Costituzione”, e ciò sul rilievo che “è solo per Legge o per provvedimento dell’Autorità Giudiziaria, che tali diritti possono trovare limitazione ed essere temporaneamente regolati in caso di necessità”.

 

[4]Andrea JOLY, Il Covid è classista, in periferia uno studente su due non ha seguito le lezioni da casa, 9 luglio 2020, https://www.lastampa.it/topnews/edizioni-locali/torino/2020/07/09/news/in-periferia-uno-studente-su-due-non-ha-seguito-le-lezioni-da-casa-1.39059761?ref=fbpp&fbclid=IwAR3-

[5] AGCOM (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni), 6 luglio 2020, L’impatto del coronavirus nei settori regolati Allegato alla Relazione annuale, pag. 35.

[6] Ettore BRUNO, D.p.c.m. e limitazioni della libertà personale e di circolazione … , cit.

[7] Bruno CAVALLONE, La borsa di Miss Flite. Storie e immagini del processo, Adelphi Edizioni, 2016, pagg. 14-15.

[8] Cara Ministra Azzolina… c’è posta per te!!!, 2 luglio 2020, https://www.dirittodicronaca.it/territorio/esaro/cultura-e-spettacolo/item/28167-cara-ministra-azzolina-c-e-posta-per-te?utm_source=dlvr.it&utm_medium=facebook

Ettore Bruno

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