Covid-19: l’iniziale proroga di 85 giorni dei termini di decadenza per l’accertamento prevista dal decreto Cura Italia è stata superata dal Decreto Rilancio

Covid-19: l’iniziale proroga di 85 giorni dei termini di decadenza per l’accertamento prevista dal decreto cura italia è stata superata dal decreto rilancio

Di maurizio villani e antonella villani

L’applicazione del periodo di sospensione (8 marzo – 31 maggio 2020, ovvero 85 giorni) dei termini di decadenza e prescrizione relativi all’attività di accertamento fiscale, inizialmente prevista dall’articolo 67 del d.l. 18/2020 (c.d. Decreto “cura italia”), può ritenersi ormai superata in quanto detto periodo è ora ricompreso nel più ampio arco temporale in cui opera la proroga dei termini disciplinata dall’articolo 157 del d.l. 34/2020 (c.d. Decreto “rilancio”) e ss.mm.ii., con il quale è stato previsto che per gli atti emessi entro il 30 dicembre 2020, la notifica potrà avvenire fino al 28 febbraio 2022.

 

Indice:

  1. Considerazioni introduttive.
  2. Riferimenti normativi.

2.1. L’art. 67 del decreto “cura italia”.

2.1.1. Circolare 11/e del 6 maggio 2020: interpretazione estensiva dell’art. 67, co. 4, decreto “cura italia”.

2.2. L’art.157 del decreto “rilancio” e ss.mm.ii.: norma speciale rispetto all’art. 67 del decreto “cura italia”.

2.3. Il coordinamento tra l’art. 67 del decreto “cura italia” e l’art. 157 del decreto “rilancio”: il carattere di specialità dell’art. 157 rispetto all’art. 67.

  1. Osservazioni conclusive.

Considerazioni introduttive

A partire dalla dichiarazione dello stato emergenziale da coronavirus risalente alla fine di gennaio 2020, si assiste ad una incessante produzione normativa emergenziale, in continua evoluzione, per far fronte all’emergenza sanitaria e alla conseguente crisi economica. Si tratta di un numero cospicuo di provvedimenti restrittivi, forieri di altissimi sacrifici economici e sociali che, sull’onda della eccezionalità delle disposizioni, ha creato contraddizioni e generato non pochi dubbi e perplessità interpretative tra gli operatori del diritto.

In ambito fiscale, tra gli interventi normativi adottati per fronteggiare l’emergenza epidemica, merita un approfondimento la ridefinizione del perimetro dei termini in corso per l’accertamento fiscale nonchè i relativi termini di prescrizione e decadenza, e tanto al fine di consentire la possibilità di “distribuire” la notifica degli atti di accertamento in un più ampio lasso di tempo nonché di evitare, altresì, la concentrazione di notifiche dei predetti atti nei confronti dei contribuenti nei mesi immediatamente successivi al termine del periodo di crisi.

Inizialmente il decreto legge n. 18/2020, recante “misure di potenziamento del servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da covid-19” (c.d. Decreto “cura italia”), convertito in legge, con modifiche, dalla l. N. 27/2020, tra le numerose previsioni atte a fronteggiare l’emergenza sanitaria covid-19, ha disposto specifiche misure sulla sospensione dei termini relativi all’attività degli uffici degli enti impositori. Più specificamente, in tema di disposizioni inerenti l’attività degli uffici dell’amministrazione finanziaria, l’articolo 67 del suddetto dl n. 18/2020, ha disposto per l’agenzia delle entrate e per altri enti impositori la sospensione dall’8 marzo al 31 maggio 2020 dei termini relativi alle attività di liquidazione, controllo, accertamento, riscossione, interpello, adempimento collaborativo, procedure di collaborazione e cooperazione rafforzata, accordi preventivi, patent box, accessi ad anagrafe tributaria e altri accessi. Inoltre, con l’ultimo comma dell’art. 67 cit., è stata disposta la proroga di 85 giorni dei termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli enti impositori, ai sensi dell’articolo 12 del d.lgs 159/15.

Tale previsione, tuttavia, è stata superata dall’articolo 157 del successivo d.l. 34/2020convertito in legge, con modifiche, dalla l. 17.07.2020, n. 77, da ultimo sostituito dall’art. 22 bis, comma 1, d.l. 31.12.2020, n. 183, così come inserito dall’allegato alla legge di conversione, l. 26.02.2021, n. 21 con decorrenza dal 02.03.2021 – secondo il quale gli atti di accertamento, di contestazione, di irrogazione delle sanzioni, di recupero dei crediti di imposta, di liquidazione nonché di rettifica e liquidazione, i cui termini di decadenza naturali scadevano tra l’8 marzo 2020 e il 31 dicembre 2020 << sono emessi entro il 31 dicembre 2020 e sono notificati nel periodo compreso tra il 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022, salvi casi di indifferibilità e urgenza, o al fine del perfezionamento degli adempimenti fiscali che richiedono il contestuale versamento di tributi.>>. La citata norma, prevede espressamente la non applicazione della sospensione di cui al succitato art. 67.

  1. Riferimenti normativi

Tanto premesso, al fine di fare chiarezza sull’effettivo e attuale ambito di applicazione della sospensione dei termini di decadenza e prescrizione relativi al potere di accertamento degli uffici, occorre preliminarmente inquadrare la normativa emergenziale di riferimento

2.1. L’art. 67 del decreto “cura italia”

Il primo intervento normativo relativo alla sospensione de qua è stato introdotto dal decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. Decreto “cura italia”), convertito in legge, con modifiche, dalla l. 24.04.2020, n. 27, che all’art. 67, rubricato “sospensione dei termini relativi all’attività degli uffici degli enti impositori” ha così specificamente disposto:

<< 1. Sono sospesi dall’8 marzo al 31 maggio 2020 i termini relativi alle attività di liquidazione, di controllo, di accertamento, di riscossione e di contenzioso, da parte degli uffici degli enti impositori. Sono, altresì, sospesi, dall’8 marzo al 31 maggio 2020, i termini per fornire risposta alle istanze di interpello, ivi comprese quelle da rendere a seguito della presentazione della documentazione integrativa, di cui all’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, all’articolo 6 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, e all’articolo 2 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147. Per il medesimo periodo, è, altresì, sospeso il termine previsto dall’articolo 3 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156, per la regolarizzazione delle istanze di interpello di cui al periodo precedente. Sono inoltre sospesi i termini di cui all’articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, i termini di cui all’articolo 1-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, e di cui agli articoli 31-ter e 31-quater del decreto del presidente della repubblica 29 settembre 1973, n. 600, nonché i termini relativi alle procedure di cui all’articolo 1, commi da 37 a 43, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

  1. In relazione alle istanze di interpello di cui al comma precedente, presentate nel periodo di sospensione, i termini per la risposta previsti dalle relative disposizioni, nonché il termine previsto per la loro regolarizzazione, come stabilito dall’articolo 3 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156, iniziano a decorrere dal primo giorno del mese successivo al termine del periodo di sospensione. Durante il periodo di sospensione, la presentazione delle predette istanze di interpello e di consulenza giuridica è consentita esclusivamente per via telematica, attraverso l’impiego della posta elettronica certificata di cui al decreto del presidente della repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, ovvero, per i soggetti non residenti che non si avvalgono di un domiciliatario nel territorio dello stato, mediante l’invio alla casella di posta elettronica ordinaria div.contr.interpello@agenziaentrate.it.
  2. Sono, altresì, sospese, dall’8 marzo al 31 maggio 2020, le attività, non aventi carattere di indifferibilità ed urgenza, consistenti nelle risposte alle istanze, formulate ai sensi degli articoli 492-bis del codice di procedura civile e 155-quater, 155-quinquies e 155-sexies delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, di accesso alla banca dati dell’anagrafe tributaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari, autorizzate dai presidenti, oppure dai giudici delegati, nonché nelle risposte alle istanze formulate ai sensi dell’articolo 22 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e dell’articolo 5 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.
  3. Con riferimento ai termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli uffici degli enti impositori si applica, anche in deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 12, commi 1 e 3, del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 159. >>.

Orbene, da un’analisi della suddetta norma, emerge come il legislatore, per far fronte alla crisi pandemica da covid-19 abbia inteso ridisegnare il calendario dei termini relativi all’attività degli uffici degli enti impositori, prevedendo una sospensione dall’8 marzo al 31 maggio 2020 (per un totale, quindi, di 85 giorni, considerato anche il calcolo del dies a quo) dei termini relativi alle attività di liquidazione, controllo, accertamento, riscossione e contenzioso.

Si precisa, che la previsione normativa di cui all’articolo 67, comma 1, del decreto, non sospendeva né escludeva l’attività vera e propria degli uffici, ma disciplinava esclusivamente la sospensione dei termini relativi alle attività di controllo e di accertamento. Per lo stesso periodo erano stati, altresì, sospesi i termini per le risposte alle istanze di interpello e di consulenza fiscale.

Infine, parimenti, era stata disciplinata la proroga di 85 giorni dei termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli enti impositori. In sostanza, l’articolo 67, comma 4, del decreto “cura italia”, con riferimento ai termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli uffici degli enti impositori aveva previsto l’applicazione, anche in deroga alle disposizioni dello statuto del contribuente (in tal senso si rileva come sempre più frequentemente si operino illegittime deroghe allo statuto, ragion per cui sarebbe auspicabile una sua definitiva costituzionalizzazione finalizzata a evitare queste continue disapplicazioni), dell’articolo12, commi 1 e 3 d.lgs. 24 settembre 2015, n. 159. Precisamente, il primo e terzo comma dell’art. 12 del d.lgs 159/2015, rubricato “sospensione dei termini per eventi eccezionali”, così stabiliscono:

<< 1. Le disposizioni in materia di sospensione dei termini di versamento dei tributi, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, a favore dei soggetti interessati da eventi eccezionali, comportano altresì, per un corrispondente periodo di tempo, relativamente alle stesse entrate, la sospensione dei termini previsti per gli adempimenti anche processuali, nonché la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza in materia di liquidazione, controllo, accertamento, contenzioso e riscossione a favore degli enti impositori, degli enti previdenziali e assistenziali e degli agenti della riscossione, in deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212. Salvo diverse disposizioni, i versamenti sospesi sono effettuati entro il mese successivo al termine del periodo di sospensione.

(…).

  1. L’agente della riscossione non procede alla notifica delle cartelle di pagamento durante il periodo di sospensione di cui al comma 1.>>.

Il citato articolo interviene sulla disciplina delle sospensioni disposte in occasione di eventi eccezionali, prevedendo che, in caso di sospensione dei termini relativi ai versamenti, siano parallelamente sospesi, per il medesimo periodo, tutti i termini relativi agli adempimenti anche processuali, in favore dei contribuenti, nonché i termini relativi alle attività di liquidazione, controllo, accertamento, riscossione e contenzioso, in favore dei diversi enti coinvolti.

Per mera completezza, si evidenzia che il legislatore ha vincolato l’ambito di applicazione dell’art. 67, co. 4., cit., ai soli commi 1 e 3 dell’art. 12 d.lgs. 159/2015. A riguardo, si precisa che tale limitazione è stata prevista solo con la legge di conversione 24.04.2020, n. 27. Invero, prima delle modifiche apportate dalla suddetta legge di conversione, l’ultimo comma dell’articolo 67, prevedeva per le attività di accertamento l’applicabilità dell’intero articolo 12 del d.lgs159/2015 e, quindi, anche del comma 2 del medesimo articolo, nel quale si prevede la proroga di due anni dei termini di decadenza previsti per la notifica degli avvisi di accertamento tributari. Successivamente, il maxiemendamento connesso alla legge di conversione ha, però, limitato il riferimento contenuto nell’art. 67 cit. Ai soli commi 1 e 3 dell’articolo 12 del dl 159/2015, eliminando così la vincolatività al termine di sospensione di due anni previsto dal co.2 dell’art.12 cit..

In sintesi, l’art. 12, comma 1, cit. Disciplina la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza in materia di liquidazione, accertamento, controllo, contenzioso e riscossione in favore degli enti impositori, ma limitatamente al periodo di sospensione dei termini di versamento dei tributi in favore dei soggetti interessati da eventi eccezionali. Conseguentemente, il comma 3, riguarda il divieto da parte dell’agente della riscossione di procedere alla notifica delle cartelle di pagamento durante il periodo di sospensione anzidetto.

In definitiva. Alla luce del combinato disposto degli artt. 67 del d.l. 18/2020 (convertito in legge, con modifiche, dalla l. 24.04.2020, n. 27), e 12 del d.lgs 159/2015, il decreto cura italia  ha disciplinato la proroga di 85 giorni dei termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli enti impositori.

2.1.1. Circolare 11/e del 6 maggio 2020: interpretazione estensiva dell’art. 67, co. 4, decreto “cura italia”.

Partendo dal presupposto che il potere di adottare procedure emergenziali ha natura eccezionale ed è strumentale al superamento della emergenza, non può non considerarsi che, seppur sfavorevole al contribuente, la legge di conversione al decreto cura italia sembrava aver trovato un punto di equilibrio tra la pretesa fiscale e la tutela del contribuente.

Ciononostante, erano state avanzate perplessità circa l’ambito di applicazione della sospensione de qua, ovvero se la sospensione dei termini prevista dall’articolo 67 (e dall’art.12 del d.lgs 159/2015) doveva intendersi riferita a tutti gli atti in relazione ai quali era prevista una decadenza dell’azione degli uffici entro il 31 dicembre dell’anno della sospensione o anche agli anni successivi. Su questo punto, si era espressa l’agenzia delle entrate con la circolare 11/e del 6 maggio 2020 avente ad oggetto “decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 recante «misure di potenziamento del servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da covid-19» e decreto legge 8 aprile 2020, n. 23, recante «misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali». Ulteriori risposte a quesiti.”.

A tal proposito, l’agenzia delle entrate – in risposta alle numerose richieste di chiarimenti da parte dei contribuenti sull’applicazione di misure contenute nei decreti emanati per far fronte alla emergenza economico/sanitaria in atto – ha fornito una criticabile e quanto mai faziosa interpretazione in merito alla sospensione dei termini di accertamento da parte dell’ufficio. In particolare, al quesito 5.9 della circolare (pag. 36) è stato chiesto se l’applicazione della sospensione di cui all’art. 67 del decreto 18/2023, come modificato dalla legge di conversione, operi solo con riferimento ai termini delle attività che spirano all’interno dell’intervallo 8 marzo -31 maggio 2020 ovvero se sia estesa a tutti i termini che scadono nell’anno 2020.

Il citato punto, così chiarisce:

<<5.9 quesito: ambito di applicazione della sospensione di cui all’articolo 67, comma 1, del decreto si chiede se la sospensione dall’8 marzo al 31 maggio 2020 di cui al comma 1 dell’articolo 67 del decreto operi solo con riferimento ai termini delle attività che spirino all’interno dell’intervallo, con conseguente nuova scadenza determinata aggiungendo al 1° giugno i giorni compresi tra l’8 marzo e la scadenza originaria, oppure se operi anche con riferimento ai termini che spirino fuori dell’intervallo, quindi ad esempio se per il termine di decadenza del 31 dicembre 2020 ci sia un «differimento» di 84 giorni.

Risposta in via generale, si può affermare che l’articolo 67, comma 1, del decreto prevede la sospensione dei termini delle attività (quindi non la sospensione delle attività) degli enti impositori dall’8 marzo al 31 maggio 2020. Tale sospensione, pertanto, già determina, in virtù di un principio generale, ribadito più volte nei documenti di prassi, lo spostamento in avanti del decorso dei termini per la stessa durata della sospensione (nel caso di specie 84 giorni), anche se il termine di prescrizione o decadenza sospeso non scade entro il 2020. Ciò premesso, ai sensi del comma 4 dell’articolo 67 come modificato dalla legge di conversione del decreto «con riferimento ai termini di prescrizione e decadenza, relativi all’attività degli uffici degli enti impositori si applica, anche in deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 12, commi 1 e 3, del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 159». >>

Preliminarmente si osserva che, ai fini del calcolo del periodo di sospensione, l’agenzia delle entrate individua erroneamente la durata della sospensione in 84 anziché 85 giorni. Invero, dal computo dei termini a giorni, risulta non computato il dies a quo che, tuttavia, si riferisce ad un principio applicabile in ambito processuale ma non anche amministrativo, qual è quello riferibile al caso di specie. E invero, in ambito processuale, l’art. 2963 c.c. Prevede che <<non si computa il giorno nel corso del quale cade il momento iniziale del termine (…)>>. Tuttavia, detto principio trova applicazione solo in sede processuale, ma non anche in sede amministrativa per la quale, nel calcolo dei termini a giorni, va computato sia il giorno iniziale (cd. Dies a quo) che il giorno finale (cd. Dies ad quem).

Tanto precisato, il chiarimento fornito dall’amministrazione con il citato punto 5.9 della circolare 11/e, apre uno scenario completamente diverso rispetto a quello delineato dal citato comma 4 dell’art. 67 del decreto, come modificato dalla legge di conversione. E invero, dalla risposta fornita dall’agenzia delle entrate, emerge che <<tale sospensione, pertanto, già determina, (…) lo spostamento in avanti del decorso dei termini per la stessa durata della sospensione (nel caso di specie 84 giorni), anche se il termine di prescrizione o decadenza sospeso non scade entro il 2020.>>.

L’interpretazione assolutamente criticabile operata dall’agenzia delle entrate comporta che la sospensione del termine di 84 giorni, rectius 85, di cui all’art. 67 cit. Si applichi non solo in riferimento ai termini delle attività che spirano nel corso dell’anno 2020, bensì anche ai termini di prescrizione o decadenza sospesi e non in scadenza entro il 2020.

Dunque, con siffatta interpretazione l’amministrazione ha esteso la proroga di 85 giorni (causa covid-19) per l’espletamento dell’attività di accertamento e controlli fiscali anche ad altri periodi d’imposta, i cui termini di decadenza non scadevano nell’anno 2020, ma il cui decorso del termine ricade in detto periodo di sospensione di cui all’art. 67 cit. (si tratta degli anni d’imposta 2015, 2016, 2017, 2018, 2019, 2020). A riguardo, con la precisazione << (…) anche se il termine di prescrizione o decadenza sospeso non scade entro il 2020.>>, l’amministrazione, di fatto, ha previsto l’estensione del termine di prescrizione e decadenza non solo per l’anno d’imposta i cui termini scadevano nel 2020 (anno d’imposta 2015 ovvero anno d’imposta 2014 in caso di omessa dichiarazione), ma anche per i periodi d’imposta <<i cui termini non scadono entro il 2020>> (anni d’imposta 2016, 2017, 2018, 2019, 2020), così comportando un prezzo molto alto da pagare per il contribuente il quale sarebbe soggetto ad un allungamento dei termini di accertamento che non si limita al solo anno 2020, ma si estende dall’anno d’imposta 2015 fino all’anno d’imposta 2020.

Peraltro, si osserva che tale complessa questione relativa alla sospensione dei termini di prescrizione e decadenza per 85 giorni, si colloca in un panorama normativo già interessato da un solco legislativo importante qual è quello rappresentato dalla legge di stabilità 2016 con la quale è stata disposta una diversa disciplina di accertamento a seconda che si tratti di periodo d’imposta 2015 ovvero periodi d’imposta successivi al 2016.

Per completezza espositiva si rende necessario un approfondimento.

Al riguardo si precisa che i termini per l’esercizio dell’attività di accertamento fissati dall’art. 43, d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600, in tema di imposte sui redditi e dall’art. 57, d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633, in tema di iva, sono stati modificati dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208 (c.d. Legge di stabilità 2016) con efficacia dal periodo di imposta 2016. In particolare, il legislatore è intervenuto sulla disciplina dei termini dell’azione di accertamento e, attraverso i commi 130 e 131 dell’articolo della legge di stabilità 2016, ha riformulato i suddetti art. 57 del dpr 633/1972 e l’art. 43 del dpr 600/1973 e disposto che: <<gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla l’avviso di accertamento può essere notificato entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata>>.

A tal punto, occorre dunque fare una distinzione tra:

  • Avvisi di accertamento relativi ai periodi di imposta 2015 e precedenti – per i quali l’agenzia delle entrate deve procedere alla notifica del relativo avviso di accertamento entro il 31 dicembre del quarto periodo successivo a quello di presentazione della dichiarazione da parte del contribuente ovvero del quinto anno successivo in caso di mancata presentazione della dichiarazione;
  • Avvisi di accertamento relativi ai periodi di imposta 2016 e successivi per i quali risulteranno applicabili i nuovi termini fissati, rispettivamente, al 31 dicembre del quinto anno a quello di presentazione della dichiarazione dei redditi ovvero del settimo anno successivo in caso di mancata presentazione della dichiarazione.

Di conseguenza, in via generale, entro il 31 dicembre 2020, anno interessato dall’emergenza epidemiologica e per il quale è stato necessario disporre misure urgenti non solo in materia sanitaria ma anche in ambito economico-fiscale, dovevano essere notificati, a pena di decadenza, gli avvisi di accertamento relativi:

  • All’anno d’imposta 2015, in caso di presentazione del “modello unico 2016” della dichiarazione irpef/ires/irap/ iva 2015;
  • All’anno di imposta 2014, in caso di dichiarazione irpef/ires/irap/ iva omessa.

Inoltre, per mera completezza si segnala che la legge di stabilità 2016, sempre con decorrenza dal periodo di imposta 2016, ha abrogato il “raddoppio dei termini” per l’accertamento ai fini delle imposte dirette ed iva in caso di violazioni comportanti l’obbligo di denuncia per uno dei reati penal-tributari previsti dal d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (dichiarazione fraudolenta, emissione di fatture inesistenti e altro).

Tanto chiarito, appare chiaro come l’interpretazione fornita dall’agenzia delle entrate con la circolare 11/e in commento, complichi ulteriormente un contesto già di per sé confusionario.

In riferimento a ciò, si sottolinea che:

  1. Mentre dal dato normativo dell’ 67, co. 4, cit. – che richiama l’art. 12, co. 1 e 3, d.lgs. 159/2015 – emerge che il periodo di sospensione dei termini di prescrizione e decadenza (che di fatto proroga il potere di accertamento da parte del fisco di ulteriori 85 giorni rispetto all’ordinaria scadenza del 31 dicembre) si applica a quei termini che scadono entro il 31 dicembre dell’anno in cui è disposta la sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari per eventi eccezionali (ne discende, dunque, la sospensione dell’attività di accertamento del periodo d’imposta 2015, ove sia stata presentata la dichiarazione, nonché del periodo d’imposta 2014, nel caso di omessa dichiarazione, entrambi in scadenza a fine 2020);
  2. Invece, con la risposta fornita dall’agenzia delle entrate nella circolare 11/e è stato affermato che il periodo di sospensione del potere di rettifica (e, dunque, la proroga di ulteriori 84, rectius 85, giorni rispetto all’ordinaria scadenza del 31 dicembre) si applica anche se il termine di prescrizione o decadenza sospeso non scade entro il 2020 (in concreto, ciò comporta che la proroga del potere di rettifica di ulteriori 85 giorni si applicherà non solo al periodo d’imposta 2015 – in caso di presentazione di dichiarazione – e 2014 – in caso di omessa dichiarazione – i cui termini di decadenza e prescrizione scadevano entrambi nel 2020, ma anche ad altri periodi d’imposta i cui termini non scadono nel 2020 ma sono “di passaggio”– vale a dire anni d’imposta 2016, 2017, 2018, 2019 e 2020).

Ebbene, l’interpretazione dell’agenzia delle entrate deve ritenersi eccessivamente e immotivatamente estensiva nonché fortemente penalizzante per il contribuente; infatti, applicando detta tesi, la proroga del potere di accertamento potrà estendersi anche agli anni d’imposta 2016, 2017, 2018, 2019, 2020, i cui termini di decadenza non scadono ma ricadono (“di passaggio”) nell’anno 2020, senza che ve ne sia esigenza che è, invece, propria dell’anno 2020 in quanto interessato dall’emergenza epidemiologica in atto.

E invero, l’argomentazione del fisco si pone in netto contrasto con la ratio della normativa covid-19 che, stante la straordinaria necessità e urgenza di contrastare l’emergenza epidemiologica sorta nell’anno 2020, dispone misure non solo di contrasto alla diffusione del predetto virus ma anche di contenimento degli effetti negativi sul tessuto socio-economico nazionale. Ad ogni modo, probabilmente l’agenzia delle entrate, con la precisazione de quo, intendeva ricomprendere il periodo d’imposta 2015 nella sua interezza e, cioè, anche nel caso di omessa dichiarazione 2015 (i cui termini di decadenza, come sopra precisato, scadono il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione (omessa) avrebbe dovuto essere presentata e, dunque, il 31.12.2021) ovvero nel caso di violazioni comportanti l’obbligo di denuncia per uno dei reati penal-tributari, con conseguente raddoppio dei termini (31.12.2024).

Ad oggi, si segnala che non sono intervenuti chiarimenti da parte dell’amministrazione finanziaria e, sebbene l’art. 67 cit. Possa intendersi superato dalla previsione dell’art. 157 del “decreto rilancio” (di cui si parlerà nel prosieguo e che, si preannuncia, modifica il perimetro temporale in relazione all’anno d’imposta 2015 ovvero 2014 in caso di omessa dichiarazione), tuttavia l’interpretazione fornita con la circolare 11/e/2020 potrebbe risultare ancora applicabile per gli altri anni d’imposta, ovvero dal 2016 al 2020.

Alla luce di tale considerazione, a parere dello scrivente, appare opportuno un chiarimento in tal senso.

2.2. L’art.157 del decreto “rilancio” e ss.mm.ii: norma speciale rispetto all’articolo 67 del decreto “cura italia”.

Alla iniziale modifica del perimetro temporale del potere di accertamento fiscale operata dall’art. 67 cit., si è aggiunta la disciplina introdotta dall’articolo 157, comma 1, del decreto legge 34/2020 (decreto rilancio) rubricato «proroga dei termini al fine di favorire la graduale ripresa delle attività economiche e sociali» (convertito in legge, con modifiche, dalla l. 17.07.2020, n. 77), da ultimo così sostituito dall’art. 22 bis, comma 1, d.l. 31.12.2020, n. 183, così come inserito dall’allegato alla legge di conversione, l. 26.02.2021, n. 21 con decorrenza dal 02.03.2021[1], a norma del quale:

<< 1. In deroga a quanto previsto dall’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, gli atti di accertamento, di contestazione, di irrogazione delle sanzioni, di recupero dei crediti d’imposta, di liquidazione e di rettifica e liquidazione, per i quali i termini di decadenza, calcolati senza tener conto del periodo di sospensione di cui all’articolo 67, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, scadono tra l’8 marzo 2020 e il 31 dicembre 2020, sono emessi entro il 31 dicembre 2020 e sono notificati nel periodo compreso tra il 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022, salvi casi di indifferibilità e urgenza, o al fine del perfezionamento degli adempimenti fiscali che richiedono il contestuale versamento di tributi.>>

Questa norma, stante il suo tenore letterale, modifica la portata applicativa del precedente art. 67 “decreto cura italia”, trovando applicazione solo per agli atti accertativi “naturalmente” in scadenza al 31 dicembre 2020 – e dunque senza tener conto del differimento di 85 giorni previsti dal d.l. 18/2020. In particolare, la citata disposizione introduce un duplice termine di decadenza:

  • Uno per l’emissione dell’atto impositivo, entro il 31 dicembre 2020;
  • L’altro per la sua notifica, entro il 28 febbraio 2022, salvo casi di indifferibilità e urgenza, o al fine del perfezionamento degli adempimenti fiscali che richiedono il contestuale versamento di tributi.

Il comma 5 della medesima norma individua le specifiche modalità di attestazione dell’avvenuta elaborazione o di emissione degli atti e delle comunicazioni nel 2020, prevedendo che questa possa essere provata dalla data di elaborazione risultante dai sistemi informativi dell’agenzia delle entrate.

In proposito, l’agenzia delle entrate con la circolare 25/e/2020 ha precisato che gli atti si intendono emessi se risultano “firmati e protocollati” entro il 31 dicembre 2020. A tali fini assume valore sia la firma digitale (d.lgs. N. 82/2005, codice dell’amministrazione digitale – cad) sia la firma autografa, qualora non fosse possibile procedere con la firma digitale.

Più nel dettaglio, la circolare n. 25/e, alla risposta 3.10.6. “quesito n. 6”, così chiarisce:

<<3.10.6 quesito n. 6 – specificazione del concetto di «atti emessi».

L’articolo 157 prevede che gli atti individuati dal comma 1 per i quali i termini di decadenza scadono tra l’8 marzo 2020 e il 31 dicembre 2020, siano emessi entro il 31 dicembre 2020, si chiede di specificare cosa si intende per atti emessi?

Risposta l’agenzia delle entrate ha da tempo avviato un percorso di trasformazione digitale dei processi di propria competenza, al fine di cogliere le opportunità e i benefici offerti dalla digitalizzazione in termini di semplificazione, trasparenza ed economicità. In particolare, l’amministrazione si è adeguata alle disposizione del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (codice dell’amministrazione digitale – cad) sulla formazione del documento informatico sottoscritto digitalmente e sulla protocollazione in uscita, sulla predisposizione della copia analogica con contrassegno elettronico (c.d. Glifo) e sulla notifica degli atti tramite posta elettronica certificata ai sensi dell’articolo 60, settimo comma, del decreto del presidente della repubblica settembre 1973, n. 600. Gli originali degli atti di cui al comma 1 dell’articolo 157 sono, in via generale, prodotti in formato digitale, sottoscritti dal responsabile o da un suo delegato con firma digitale e registrati in uscita nel sistema di gestione documentale (registro di protocollo). Qualora non fosse possibile procedere con la firma digitale, il documento analogico può sempre essere sottoscritto con firma autografa e protocollato. La firma digitale assicura l’immodificabilità e l’integrità di un documento informatico. La segnatura di protocollo attesta la provenienza del documento informatico da una pubblica amministrazione. La segnatura, inoltre, attribuisce al documento informatico una data certa, opponibile a terzi, e quindi una data di riferimento utile anche per effettuare la verifica della validità del certificato di firma utilizzato per sottoscrivere digitalmente il documento. L’acquisizione del documento informatico nel sistema di protocollo ne garantisce inoltre l’archiviazione in un sistema di gestione documentale a norma. Pertanto, ai sensi del comma 5 dell’articolo 157, gli atti sono emessi se risultano firmati e protocollati, entro il termine del 31 dicembre 2020.  (…)>>.

Particolare attenzione merita il comma 6 dell’art. 157 cit. Che demanda le modalità di applicazione dell’articolo di legge a un provvedimento direttoriale, così disponendo:

<<con uno o più provvedimenti del direttore dell’agenzia delle entrate sono individuate le modalità di applicazione del presente articolo.>>.

Ebbene, il primo provvedimento del direttore dell’agenzia delle entrate (prot. N. 88314/2021) è stato emanato in data 06/04/2021.

Tale questione ha destato non poche perplessità tra gli operati del diritto.

A riguardo occorre evidenziare che il termine di emissione degli atti entro il 31/12/2020 è un termine decadenziale, per il quale le relative regole devono essere fissate da una norma di legge (anche secondaria), entro però lo spirare dello stesso termine di decadenza; ciò in quanto la materia della decadenza, nelle entrate tributarie, è retta dal principio di legalità ex articolo 2968 del codice civile. L’omessa emanazione di una norma di legge (anche secondaria) determina una palese violazione del principio di legalità.

Sulla configurabilità del termine di emissione degli atti entro il 31/12/2020 quale termine decadenziale, si è altresì espressa la corte di cassazione, sez. Tri, civ. Con l’ordinanza del 21 luglio 2020, n. 15545, che così ha chiarito:

<<a tutto quanto precede può infine aggiungersi che assai di recente, nell’ambito della legislazione emergenziale relativa alla pandemia da covid-19, il decreto legge n. 34 del 2020, articolo 157, comma 1, (c.d. Decreto rilancio) ha codificato il principio della scissione in discorso per gli atti impositivi tributari la cui decadenza matura tra l’8 marzo e il 31 dicembre 2020, sancendo che detto termine decadenziale si intende traslato a quest’ultima data quanto alla sola emissione degli atti stessi, mentre la relativa notificazione deve perfezionarsi tra il 1 gennaio e il 31 dicembre 2021, salvo eccezioni che qui non interessano (…)>>.

Contrariamente, nel caso di specie, nessuna norma attuativa è stata emanata entro il 31/12/2020, non potendo questa essere individuata nella previsione dello stesso articolo 157 cit., in quanto indeterminata.  Nello specifico, le norme di legge non possono certo risultare quelle del comma 5 dello stesso articolo 157 in base al quale «l’elaborazione o l’emissione degli atti (…) è provata anche dalla data di elaborazione risultante dai sistemi informativi dell’agenzia», in quanto si tratta di una disposizione troppo generica e imprecisa (l’emissione è provata «anche» dalla data di elaborazione), che non può essere ritenuta soddisfacente a rispettare il principio di legalità proprio della decadenza. Né, evidentemente, il principio può ritenersi rispettato in base alla circolare 25/e/2020 delle entrate, che ha stabilito che gli atti si intendono emessi se risultano «firmati e protocollati» entro il 31 dicembre 2020.

In definitiva, secondo un condivisibile orientamento dottrinario, non essendo intervenuto, entro il 31 dicembre 2020, il provvedimento attuativo con le regole di emissione degli atti (emanato solo successivamente, in data 06 aprile 2021), deve ritenersi che tutti quegli atti (per i quali i termini di decadenza scadevano tra l’8 marzo 2020 e il 31 dicembre 2020), emessi entro il 31 dicembre 2020 e notificati nel periodo compreso tra il 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022, sono illegittimi[2].

2.3. Il coordinamento tra l’art. 67 del decreto “cura italia” e l’art. 157 del decreto “rilancio”: il carattere di specialità dell’art. 157 rispetto all’art. 67.

Tanto premesso, in merito al coordinamento tra il differimento di 85 giorni, di cui all’articolo 67, e la disciplina dei termini dettata dall’articolo 157 cit., si evidenzia che l’agenzia delle entrate con la citata circolare 25/e/2020, richiamando il principio di specialità, qualifica l’articolo 157 come norma speciale rispetto all’articolo 67, sia con riferimento all’oggetto che alla portata dei suoi effetti. A riguardo, la citata circolare, al punto “3.10.4 quesito n. 4 – operatività della proroga prevista dall’articolo 157, comma 1, del decreto e calcolo degli interessi per ritardato pagamento”, così ha precisato:

<< (…) l’articolo 157, comma 1, inoltre, dispone che i termini del differimento della notifica degli atti sono calcolati senza tenere conto della ulteriore sospensione dei termini prevista dall’articolo 67, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27. Per tale motivo può ritenersi ormai superata l’applicazione del periodo di sospensione dei termini prevista dal citato articolo 67, in quanto lo stesso periodo (8 marzo – 31 maggio 2020) è ora ricompreso nel più ampio arco temporale in cui opera la proroga dei termini di decadenza disciplinata dall’articolo 157 (entro il 31 dicembre 2020).

In virtù di un principio generale, più volte richiamato nei precedenti documenti di prassi, la sospensione introdotta dall’articolo 67 determinava lo spostamento in avanti del decorso dei termini per la stessa durata della sospensione (nel caso di specie 85 giorni; sul punto, la circolare 11/e del 6 maggio 2020, risposta al quesito 5.9).

L’articolo 157 del decreto ha, quindi, un carattere di specialità rispetto alla disposizione precedente, sia con riferimento all’oggetto che alla portata dei suoi effetti (è rubricato espressamente come proroga dei termini di decadenza), seppur limitatamente ad atti e imposte che scadono tra l’8 marzo e il 31 dicembre 2020, ed abbraccia un periodo più ampio degli 85 giorni fissati dall’articolo 67.>>.

E ancora, diversamente rispetto a quanto previsto dall’art. 67 cit., da un’analisi letterale della norma non sembrano sorgere dubbi circa l’ambito di applicazione della proroga in commento in quanto l’articolo 157 cit. Pare limitarla ai soli atti in scadenza nel 2020, permettendo invece la notifica di quei provvedimenti i cui termini di decadenza siano successivi al 31 dicembre 2020 (ad esempio, per gli accertamenti del periodo d’imposta 2017).

Al contrario, per le annualità che scadono successivamente al 2021, permane il dubbio sull’operatività della proroga generalizzata di 85 giorni, riferita ai termini della notifica degli accertamenti, riveniente dall’articolo 67, comma 1, del d.l. 18/2020 “cura italia”, in relazione al quale, si rammenta, l’agenzia delle entrate, con la citata circolare n. 11/e/2020 ha chiarito che il periodo di sospensione del potere di rettifica (e, dunque, la proroga di ulteriori 84, rectius 85, giorni rispetto all’ordinaria scadenza del 31 dicembre) si applica anche se il termine di prescrizione o decadenza sospeso non scade entro il 2020 (per un approfondimento v. Par. 2.1).

Infine, si segnala che la norma in commento (art. 157 cit.) Non riguarda i tributi locali, per i quali continua ad operare la proroga generalizzata dei termini di 85 giorni, derivante dalla sospensione disposta nell’articolo 67 del d.l. 18/2020, convertito in legge, con modifiche, dalla l. 24.04.2020, n. 27. Ne discende che, limitatamente ai tributi locali, gli accertamenti in scadenza entro il 31 dicembre 2020, potranno essere notificati entro il 26 marzo 2021.

  1. Osservazioni conclusive

A questo punto, dopo più di un un anno di normativa emergenziale, è tempo di fare bilanci.

Come anzidetto, l’art. 67 del d.l. 18/2020 (c.d. “decreto cura italia”, convertito in legge, con modifiche, dalla l. 24.04.2020, n. 27), ha introdotto una proroga generalizzata di scadenze e adempimenti fiscali e, parallelamente, una proroga dei termini di accertamento.  Nello specifico, l’art. 67, al comma 4 – così come modificato dall’allegato alla legge di conversione– ha disposto che con riferimento ai termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività di liquidazione, controllo, accertamento, riscossione e contenzioso da parte degli uffici degli enti impositori, si applica l’articolo 12, co. 1 e 3 del d.lgs. N. 159/2015 (sospensione dei termini per eventi eccezionali), in deroga a quanto disposto dallo statuto del contribuente secondo cui i termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati. Ne consegue che l’amministrazione, a fronte della sospensione concessa per tutte le scadenze fiscali comprese nel periodo tra l’8 marzo e il 31 maggio 2020 (85 giorni), poteva usufruire del medesimo lasso di tempo in più per l’attività di accertamento e per tutti i controlli fiscali, spostando in avanti il decorso dei termini di ulteriori 85 giorni rispetto l’ordinaria scadenza. Tale norma, tuttavia, aveva creato non poche perplessità, soprattutto alla luce dei chiarimenti forniti dall’agenzia delle entrate con la circolare n. 11/e del 6 maggio 2020, secondo cui la proroga di 84, rectius 85, giorni si applica anche se il termine di prescrizione o decadenza sospeso non scadeva nel 2020.

Nel solco di tale incertezza normativa, è stato emanato l’art. 157, co. 1,  del d.l. 34/2020 (c.d. “decreto rilancio”,  convertito in legge, con modifiche, dalla l. 17.07.2020, n. 77)  – come da ultimo sostituito dall’art. 22 bis, comma 1, d.l. 31.12.2020, n. 183, così come inserito dall’allegato alla legge di conversione, l. 26.02.2021, n. 21 con decorrenza dal 02.03.2021 – che ha modificato la portata applicativa dei termini di sospensione per l’accertamento fiscale stabiliti dall’art.67 cit, prevedendo che gli atti che risultano in scadenza tra l’8 marzo e il 31 dicembre 2020 (senza tenere conto del periodo di sospensione stabilito dall’articolo 67, comma 1, del d.l. 18/2020) «sono emessi entro il 31 dicembre 2020 e sono notificati nel periodo compreso tra il 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022, salvi casi di indifferibilità e urgenza, o al fine del perfezionamento degli adempimenti fiscali che richiedono il contestuale versamento di tributi.». La ratio della norma è stata quella di consentire la migliore ed efficiente ripresa dell’attività economica dei contribuenti, duramente compromessa dalla situazione di emergenza sanitaria, distribuendo la notifica degli atti in un più ampio lasso di tempo rispetto agli ordinari termini di decadenza.

Di fatto, a partire dal 1° marzo 2021, dunque, i contribuenti si vedranno notificare i nuovi provvedimenti aventi la scadenza naturale nel 2021, ma anche gli altri emessi in forza del cd. «differimento dei termini» previsto dall’articolo 157 del d.l. rilancio (34/2020).

Anche questa norma, tuttavia, ha generato non poche perplessità. E invero, se nessun dubbio sussiste circa l’ambito di applicazione dell’art. 157 cit, riferito esclusivamente a quegli atti che risultano in scadenza tra l’8 marzo e il 31 dicembre 2020 (e pertanto il riferimento è all’anno d’imposta 2015, nonché all’anno d’imposta 2014 in caso di omessa dichiarazione), al contrario, qualche perplessità resta in relazione alle annualità che scadono successivamente al 2020, in quanto permane il dubbio sull’operatività della proroga generalizzata di 85 giorni, riferita ai termini della notifica degli accertamenti, riveniente dall’articolo 67, comma 1, del d.l. 18/2020 e sull’interpretazione, a parere dello scrivente, assolutamente ingiusta, da parte dell’agenzia delle entrate.

Sul punto, infatti, si rimanda al paragrafo n. 2.1.2. Del presente contributo, ove è stato evidenziato che l’agenzia delle entrate, con la circolare n. 11/e/2020, del tutto immotivatamente e irrazionalmente, ha ritenuto che il periodo di sospensione del potere di rettifica (e, dunque, la proroga di ulteriori 84, rectius 85, giorni rispetto all’ordinaria scadenza del 31 dicembre) trova applicazione anche se il termine di prescrizione o decadenza sospeso non scade entro il 2020.

Un ulteriore aspetto critico, poi, è rappresentato dalla mancata emanazione, entro il 31/12/2020, del provvedimento attuativo recante le regole di emissione degli atti (emanato solo in data 06/04/2021), a cui potrebbe conseguire l’illegittimità degli atti notificati (v. Par. 2.2. Del presente contributo).

Più nel dettaglio, si osserva che, nonostante il silenzio della norma, il termine di emissione dell’atto (31 dicembre 2020), e non solo quello di notifica dello stesso, rappresenta un termine decadenziale, per il quale le relative regole devono essere fissate da una norma di legge (anche secondaria) entro, tuttavia, lo spirare dello stesso termine di decadenza (quindi, per l’emissione, entro il 31 dicembre dello scorso anno).  Ebbene, tanto non è avvenuto nel caso di specie, in quanto nessuna norma attuativa è stata emanata entro il 31/12/2020, non potendo questa essere individuata nella previsione dello stesso articolo 157 cit., in quanto troppo generica e indeterminata. Pertanto, non essendo intervenuto, entro il 31 dicembre 2020, il provvedimento attuativo con le regole di emissione degli atti (emanato solo successivamente in data 06 aprile 2021), deve ritenersi che tutti quegli atti (per i quali i termini di decadenza scadono tra l’8 marzo 2020 e il 31 dicembre 2020), emessi entro il 31 dicembre 2020 e notificati nel periodo compreso tra il 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022, potrebbero essere considerati illegittimi.

Tanto chiarito, considerato che il contrasto tra la tutela dei diritti fondamentali dell’individuo e il perseguimento di esigenze collettive è un tema che assume costantemente risvolti di particolare evidenza, mai come in questo periodo di emergenza sanitaria ed economica occorre operare un “bilanciamento” tra tali diritti, cercando di evitare quelle evidenti disparità fra fisco/contribuente soprattutto in relazione a temi particolarmente sensibili, quali, appunto, quello del potere di accertamento e controllo fiscale da parte dell’amministrazione.

E invero, se in sede giudiziale dovesse trovare accoglimento la tesi sostenuta dall’amministrazione, ci si troverebbe nella paradossale situazione in cui, a fronte di una norma emergenziale, peraltro modificata da una successiva disposizione (art. 157 cit.), sarebbe concessa all’amministrazione una proroga del potere di accertamento che si estende anche agli anni d’imposta 2016, 2017, 2018, 2019, 2020, i cui termini di decadenza non scadono ma ricadono (“di passaggio”) nell’anno 2020, senza che ve ne sia esigenza che è, invece, propria dell’anno 2020 in quanto interessato dall’emergenza epidemiologica in atto.

Alla luce delle suesposte considerazioni, a parere dello scrivente, l’interpretazione fornita dall’agenzia delle entrate nella circolare n. 11/e del 6 maggio 2020, punto 5.9 – secondo cui la proroga di 84, rectius 85, giorni si applica anche se il termine di prescrizione o decadenza sospeso non scade nel 2020 – resta ancora attuale e appare del tutto sproporzionata, ingiustificata e immotivata in quanto determina un potere di accertamento che sconfinerebbe l’ambito di applicazione della previsione emergenziale propria della normativa covid.19.

Fermo restando che la circolare dell’amministrazione finanziaria non costituisce fonte di diritto e, pertanto, non vincola né il contribuente, né l’autorità giudiziaria, ad ogni modo l’agenzia delle entrate dovrebbe evitare di fornire chiarimenti mossi solo da ragioni di recupero del gettito e particolarmente sfavorevoli al contribuente anche perché dette interpretazioni offrono certamente una valida ragione per impugnare l’atto di accertamento eventualmente notificato, con inevitabile e ulteriore ingorgo delle sedi giudiziarie, già soggette ad intasamento per via della sospensione processuale disposta per causa covid-19.

In conclusione, dato il periodo particolarmente drammatico, l’ordinamento non può tollerare un simile atteggiamento e, pertanto, si auspica una maggiore chiarezza in tal senso.

 

Lecce, 23 settembre 2021

Avv. Maurizio villani

Avv. Antonella villani

 

[1] Si precisa che detto comma è stato dapprima modificato dall’art. 1, comma 1, D.L. 15.01.2021, n. 3 con decorrenza dal 15.01.2021;in seguito sostituito dall’art. 1, comma 1, D.L. 30.01.2021, n. 7 con decorrenza dal 31.01.2021; e ancora ripristinato nel testo vigente antecedente l’ultima modifica a seguito dell’abrogazione dei citati D.L. 3/2021 e D.L. 7/2021 disposta dall’art. 1, comma 2, L. 26.02.2021, n. 21 con decorrenza dal 02.03.2021, ai sensi della quale restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei suddetti decreti-legge; e infine sostituito dall’art. 22 bis, comma 1, D.L. 31.12.2020, n. 183, così come inserito dall’allegato alla legge di conversione, L. 26.02.2021, n. 21 con decorrenza dal 02.03.2021.

[2] Per un approfondimento cfr. DEOTTO D. “L’illegittimità incombe sugli atti 2020”, in “Il Sole 24 Ore”, 25 gennaio 2021, NORME E TRIBUTI, p. 18.

Avv. Villani Maurizio

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