In assenza dei presupposti per la procedura ex artt. 28 e ss. L. 794/42 ovvero in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, il giudizio deve proseguire con il rito sommario ex art. 702 bis c.p.c.
Finalmente, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4002, pubblicata in data 29.02.2016, provvede a chiarire quali sono in concreto le procedure da seguire per il recupero dei crediti da parte dell’avvocato, per l’opera professionale svolta.
Allo stato, e si spera definitivamente, i rimedi esperibili risultano tre: 1) il ricorso per decreto ingiuntivo ex artt. 633 e segg. c.p.c.; 2) la speciale procedura prevista dagli artt. 28 e segg. legge 13 giugno 1942 n. 794; 3) il procedimento sommario di cognizione ex art. 702 bis c.p.c.
Viene esclusa, pertanto, appare preclusa la possibilità di ricorrere al procedimento di cognizione ordinario che, qualora introdotto, subirebbe il mutamento del rito a favore di quello sommario.
Partendo da questo presupposto, per logica espositiva esaminiamo dapprima la possibilità di introduzione del giudizio con il rito sommario di cognizione, quello previsto dall’art. 702 bis c.p.c.
Posto che lo stesso si introduce con ricorso, sottoscritto a norma dell’articolo 125 c.p.c., esso deve contenere le indicazioni di cui ai numeri 1), 2), 3), 4), 5) e 6) e l’avvertimento di cui al numero 7) del terzo comma dell’articolo 163.
Il procedimento è regolato dal successivo art. 702 ter c.p.c., tuttavia, in caso di opposizione e in relazione alle difese delle parti, il giudice così come avviene negli altri casi, non potrebbe disporre con ordinanza la prosecuzione nelle forme ordinarie, anche qualora ravvisi che non sia possibile procedere con un’istruzione sommaria, tanto sulla scorta del fatto che, in relazione ai giudizi di liquidazione dei compensi: “tenendo conto della pienezza della cognizione che, secondo la maggioranza della dottrina e la stessa relazione di accompagnamento, sarebbe assicurata da questo procedimento e nel rispetto dell’impianto generale del D.Lgs. n. 150/2011, in cui la tipologia del rito è il frutto di una decisione legislativa senza possibilità di scelte discrezionali della parte o del giudice. Infatti in tal modo è rispettata la ratio che ha guidato il legislatore delegato secondo cui il controllo di concreta compatibilità della singola lite con le forme semplificate del rito, che nel procedimento sommario di cognizione facoltativo di cui agli artt. 702 bis ss. è rimesso alla valutazione discrezionale del giudice, è sostituito, nel procedimento sommario obbligatorio disciplinato dall’art. 3, D.Lgs. n. 150/2011, da una verifica, astratta ed irrevocabile, compiuta a monte dal legislatore sulla base delle caratteristiche riscontrate in alcune specie di controversie che hanno ad oggetto determinate specifiche materie” (Cass. civ., Sez. VI, 29.02.2016, n. 4002).
Ecco, pertanto, come accennavamo prima, che viene escluso dall’alveo dei rimedi esperibili – per il recupero dei crediti professionali degli avvocati – il rito ordinario di cognizione, salvo che nel frattempo non intervenga un’ulteriore pronuncia di legittimità che si ponga in contrasto con l’orientamento della VI Sezione Civile, Pres. Dott. Mario Finocchiario, Relatore dott.ssa Uliana Armano.
Ritornano agli ulteriori mezzi esperibili, vale a dire il decreto ingiuntivo ovvero il ricorso ex art. 28 L. 794/42, nell’ipotesi di opposizione all’ingiunzione di pagamento ovvero in caso di contestazione esperita nell’ambito della procedura di cui all’art. 28 della suddetta legge – che come è noto non risulta applicabile qualora vengano messi in discussione il diritto e la misura del compenso, l’assenza e i limiti del mandato, l’effettivo svolgimento della prestazione professionale, fatti modificativi o estintivi della pretesa azionata ovvero altre circostanze meritevoli di accertamento – il tribunale deve necessariamente disporre la prosecuzione del giudizio con le forme del rito sommario di cognizione, senza alcuna possibilità per lo stesso di dichiarare l’inammissibilità del ricorso.
L’occasione per affermare detti principi viene fornita dal ricorso per cassazione proposto da un avvocato, avverso una decisione del Tribunale di Bari.
Ed invero, Il tribunale dovendo decidere sul ricorso ex art. 28 L. 749/42 per la liquidazione degli onorari, in virtù dell’opposizione dei clienti dell’avvocato, che eccepivano l’effettivo espletamento dell’attività esercitata dal proprio legale, oltre al versamento di un acconto, negato dal difensore, riteneva non più applicabile la procedura ex art. 28 e, pertanto, dichiarava sic et simpliciter inammissibile il ricorso.
L’avvocato, come detto, non ci stava e proponeva ricorso alla Suprema Corte, eccependo, tra l’altro, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 150/2011 nonché degli artt. 702 bis e segg. c.p.c., evidenziando come il tribunale avrebbe errato a dichiarare l’inammissibilità dell’azione dovendo, piuttosto, disporre la prosecuzione del giudizio nelle forme del rito ordinario ex art. 702 ter, comma III.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4002, del 29 febbraio 2016, ritiene fondato il motivo, pur tuttavia, “nei sensi che seguono”, in parte già accennati in precedenza, pronunciando il seguente principio di diritto: “Le controversie previste dall’articolo 28 della legge 13 giugno 1942, n. 794, come modificato dall ‘art. 34 D.Lgs. n. 150/2011, ed a seguito dell’abrogazione degli artt. 29 e 30 Legge n. 794/1942, per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti nei confronti del proprio cliente da parte dell’avvocato devono essere trattate con la procedura prevista dall’articolo 14 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Ndr.: Rito sommario di cognizione ex art. 702 bis c.p.c.) anche in ipotesi che la domanda riguardi l’an della pretesa, senza possibilità per il giudice adito di trasformare il rito sommario in rito ordinario o di dichiarare l’inammissibilità della domanda”.
Per esplicitare il ragionamento che ha indotto la Corte ad assumere l’anzidetto principio, la stessa prende le mosse dall’esame del D. Lgs. 150/2011 e dalla legge delega allo stesso sottesa.
L’art. 54, I e II co., Legge 18 giugno 2009 n. 69, ha conferito al Governo la delega ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, secondo il principio che prevede per: “i procedimenti, anche se in camera di consiglio, in cui sono prevalenti caratteri di semplificazione della trattazione o dell’istruzione della causa, sono ricondotti al procedimento sommario di cognizione di cui al libro IV, titolo I, capo III bis, del codice di procedura civile, come introdotto dall’art. 51 della presente legge, restando tuttavia esclusa per tali procedimenti la possibilità di conversione nel rito ordinario”.
Pertanto, a mente dell’art. 1 del D.Lgs. n. 150/2011, di attuazione della delega, si è stabilito che i riti dovessero essere essenzialmente tre: cognizione ordinaria; rito del lavoro; rito sommario di cognizione.
Continua la Corte evidenziando come, in virtù del favore per la semplificazione della trattazione o dell’istruzione della causa, sono state specificate delle tipologie di controversie, “diciassette tipi”, per le quali il rito sommario risulta “obbligatorio”, tra cui proprio le controversie in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato (art. 14 D. Lgs. 150/2011).
In detta fattispecie, pertanto, non vi è alcuna possibilità, quand’anche in caso di complessità delle difese delle parti, di passaggio al rito ordinario di cognizione, tanto è vero che, l’art. 3, I co. D. Lgs. n. 150/2011, stabilisce come, “1. Nelle controversie disciplinate dal Capo III, non si applicano i commi secondo e terzo dell’articolo 702-ter del codice di procedura civile”.
A ciò si aggiunga come, il successivo art. 4 prevede che è possibile mutare il rito in rito sommario solo: “quando una controversia viene promossa in forme diverse da quelle previste dal presente decreto, il giudice dispone il mutamento del rito con ordinanza”.
Conseguentemente, sostiene la Corte: “con l’attuazione della delega viene esclusa la possibilità che nel giudizio sommario di cognizione obbligatorio il giudice, valutata la complessità della singola controversia concretamente proposta con il ricorso ex art. 702 bis c.p.c., possa disporne il passaggio al rito ordinario di cognizione, disposizione che costituiva un esplicito limite imposto dalla delega legislativa. Pertanto, quel controllo di concreta compatibilità della singola lite con le forme semplificate del rito, che nel procedimento sommario di cognizione facoltativo di cui agli artt. 702 bis ss. è rimesso alla valutazione discrezionale del giudice, è sostituito, nel procedimento sommario obbligatorio disciplinato dall’art. 3, D.Lgs. n. 150/2011, da una verifica, astratta ed irrevocabile, compiuta a monte dal legislatore sulla base delle caratteristiche riscontrate in alcune specie di controversie che hanno ad oggetto determinate specifiche materie”.
Ciò posto, in considerazione del fatto che l’art. 14 D. Lgs. n. 150/2011 disciplina proprio le controversie in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato, prevedendo che quelle previste dall’art. 28 L. 794/1942 nonché l’opposizione proposta a norma dell’art. 645 c.p.c. avverso il decreto ingiuntivo per il pagamento di onorari, diritti o spese per prestazioni professionali sono regolate dal rito sommario di cognizione, sulla scelta del rito da seguire, siccome normativamente imposto, il giudice non ha alcuna discrezionalità, pur versandosi in ipotesi di lite complessa.
La Corte di Cassazione, infine, da atto dei diversi orientamenti della dottrina e della giurisprudenza, sussumibili in tre correnti di pensiero, tuttavia, ritiene che la decisione adottata sia l’unica Costituzionalmente orientata nonché in linea con l’effettiva volontà del legislatore.
Per concludere, quindi, nel caso in cui il giudizio afferente il pagamento delle prestazioni professionali dell’avvocato, venga introdotto con il rito ordinario di cognizione e, pertanto, con atto di citazione ovvero ex art. 645 c.p.c. con citazione in opposizione a decreto ingiuntivo o, ancora, nel caso di opposizione al ricorso ex art. 28 L. 794/42, il Presidente del tribunale o della Sezione tabellarmente competente, non potrà far altro che “disporre il mutamento del rito da ordinario in sommario ai sensi dell’art. 4 D.Lgs. n. 150/2011; nominare il Giudice relatore; fissare l’udienza di comparizione parti avanti al Collegio per la trattazione” (Cass. civ. Sez. VI, 29.02.2016, n. 4002).
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