Credito del difensore distrattario delle spese di lite, non è di lavoro

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L’avvocato che propone opposizione agli atti esecutivi, quale procuratore distrattario delle spese di lite riconosciute al termine di un giudizio soggetto al rito del lavoro incardinato a beneficio del proprio cliente, non è disciplinata da tale rito, atteso che la sua natura non è la medesima di quella oggetto del giudizio principale, conseguentemente, il rimedio giudiziale dell’opposizione agli atti esecutivi rimane soggetto al rito ordinario.

Questo il principio di diritto ribadito dalla Corte di Cassazione, VI Sezione Civile, nell’ordinanza n. 12035, pubblicata in data 16 maggio 2018, relatore dott.ssa M. F. Cirillo.

Fatto

A seguito di una controversia attinente la mancata erogazione di prestazioni previdenziali in agricoltura da parte dell’Inps, il Giudice del lavoro del Tribunale di Foggia condannava l’Ente di previdenza al pagamento della relativa prestazione, con condanna dello stesso al pagamento degli onorari di causa in favore del difensore del ricorrente, da distrarsi direttamente allo stesso ex art. 93 Cpc (<<Il difensore con procura [c.p.c. 83] può chiedere che il giudice, nella stessa sentenza in cui condanna alle spese, distragga in favore suo e degli altri difensori gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di avere anticipate.>>).

L’Ente previdenziale, conseguentemente, provvedeva al relativo pagamento, anche in ordine alle spese di giudizio attribuite direttamente al difensore il quale, tuttavia, intimava atto di precetto all’INPS per le spese successive e, in mancanza di pagamento, avviava nei confronti dell’Ente debitore la procedura di pignoramento presso terzi.

L’INPS, costituendosi nella procedura di espropriazione mobiliare presso terzi, si opponeva all’assegnazione delle somme, sicché il Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Foggia dichiarava improcedibile la procedura di pignoramento presso terzi intrapresa dall’avvocato.

Avverso tale ordinanza di improcedibilità ha proposto opposizione agli atti esecutivi l’avvocato creditore, e il Tribunale di Foggia, all’esito dell’udienza di comparizione delle parti, a seguito di remissione alla fase di merito, accoglieva l’opposizione, revocava l’ordinanza di improcedibilità e condannava l’INPS al pagamento di quanto dovuto, ivi comprese le spese di procedura.

Propone ricorso per cassazione l’Ente previdenziale affidando l’impugnazione a cinque motivi, tra cui, la violazione e falsa applicazione degli artt. 93, 409, 617, 618 e 618-bis Cpc, lamentando la circostanza per la quale il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto il credito dell’avvocato distrattario soggetto al rito del lavoro, anziché a quello ordinario.

Decisione della Corte Suprema

La Suprema Corte ritine fondato il motivo addotto dall’Ente di previdenza.

La stessa evidenzia, <<come questa Corte ha già rilevato decidendo un caso in tutto analogo a quello qui in esame (ordinanza 10 maggio 2017, n. 11415, seguita da numerose altre conformi), l’opposizione agli atti esecutivi del creditore che ha azionato, quale difensore distrattario delle spese di lite tale riconosciuto in un titolo per crediti di lavoro, non è disciplinata dal rito del lavoro, non condividendo il suo credito la natura di quello oggetto del titolo e, pertanto, è soggetta al rito ordinario (v. le ordinanze 6 dicembre 2010, n. 24691, e, più di recente, 8 giugno 2017, n. 14336).>>.

Logica conseguenza di ciò, continua il Giudice di legittimità, è che <<tale causa va introdotta con atto di citazione e non con ricorso ed è tempestivamente proposta, e quindi ammissibile, solo in caso di notifica del relativo atto introduttivo entro il termine a tale scopo fissato all’esito della fase sommaria dell’opposizione stessa (v. le ordinanze 7 novembre 2012, n. 19264, e 8 novembre 2017, n. 26501).>>.

Nel caso di specie, rileva la Corte, l’avvocato, quale creditore-opponente, ha erroneamente introdotto l’opposizione con ricorso, e non con citazione, peraltro, l’atto non è suscettibile neppure di “sanatoria” in applicazione del noto principio di conservazione degli effetti giuridici dell’atto, considerato che la notifica del ricorso è avvenuta ben oltre il termine fissato dal Giudice per l’introduzione della fase di merito.

In virtù di ciò l’opposizione deve essere dichiarata inammissibile, previa cassazione della sentenza impugnata.

La Corte di Cassazione nella medesima ordinanza si adopera nel sottolineare che, in siffatta materia, non esisterebbe alcun contrasto giurisprudenziale, rispetto a quanto statuito nel giudizio sottoposto attualmente alla sua attenzione.

Tanto è vero che afferma come <<in senso contrario non e possibile argomentare da altri precedenti di questa Corte relativi a controversie analoghe alla presente (vedi le ordinanze n. 22377 del 2016 e n. 22378 del 2016 ed altre), perché l’istituto ricorrente non aveva ivi svolto alcuna censura concernente la natura del credito (relativo alle spese distratte in favore del procuratore della parte vittoriosa con sentenza pronunciata dal giudice del lavoro; credito, che, in sede di merito, era stato trattato come avente la stessa natura previdenziale di quello cui accedeva) per il quale era stata esercitata l’azione esecutiva e proposta l’opposizione agli atti esecutivi e col ricorso non era perciò contestato il rito del lavoro seguito nel grado di merito. Il motivo di ricorso in esame, invece, pone proprio la questione del rito applicabile, sicché questa va risolta alla stregua dell’orientamento giurisprudenziale sopra richiamato (ordinanza 13 settembre 2017, n. 21179).>>.

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