Crisi di liquidità: applicabile la non punibilità

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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 30532 del 25 luglio 2024, ha chiarito che anche in caso di crisi di liquidità può essere applicata la non punibilità del fatto.

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Corte di Cassazione – Sez. III Pen. – Sent. n. 30532 del 25/07/2024

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Indice

1. I fatti

La Corte di appello di Lecce (Sez. dist. di Taranto) ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Taranto con la quale l’imputato è stato condannato alla pena di giustizia in relazione al reato di cui all’art. 10-ter d. lgs. n. 74 del 2000 a lui ascritto in qualità di legale rappresentante di una società.
Avverso tale sentenza è stato proposto ricorso per Cassazione deducendo vizio di motivazione: nello specifico, la sentenza viene censurata per aver ignorato le cause, indipendenti dalla volontà del ricorrente, che avevano determinato l’inadempimento dell’obbligazione tributaria. Sono state, infatti, promosse azioni legali per il recupero dei crediti della società da parte dell’imputato al fine di pagare i relativi debiti che, di certo, non avrebbe potuto estinguere con il proprio patrimonio personale.
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2. Crisi di liquidità e non punibilità: l’analisi della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, nel dichiarare fondato il ricorso, rammenta che la consolidata elaborazione giurisprudenziale in tema di omesso versamento dell’IVA appare improntata a particolare rigore nella valutazione della condotta omissiva e, conseguentemente, nella individuazione di possibili situazioni idonee ad escludere la colpevolezza dell’agente.
Con un consolidato principio di diritto è stato affermato che “in tema di reato di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto, l’emissione della fattura, se antecedente al pagamento del corrispettivo, espone il contribuente, per sua scelta, all’obbligo di versare comunque la relativa imposta sicché egli non può dedurre il mancato pagamento della fattura né lo sconto bancario della fattura quale causa di forza maggiore o di mancanza dell’elemento soggettivo“.
Tuttavia, tale rigore interpretativo è stato mitigato da alcune significative pronunce secondo le quali, “in tema di reati tributari, l’omesso versamento dell’IVA dipeso dal mancato incasso di crediti non esclude la sussistenza del dolo richiesto dall’art. 10-ter del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, trattandosi di inadempimento riconducibile all’ordinario rischio di impresa, sempre che tali insoluti siano contenuti entro una percentuale da ritenersi fisiologica“.
In questo caso, la sentenza di condanna, riguardante insoluti per circa il 43% del fatturato, cui era seguita una gravissima crisi di liquidità, è stata annullata con rinvio.
La Suprema Corte ha ritenuto questo il principio da applicare nel caso di specie, cosa che la Corte di appello non ha fatto.

3. La decisione della Cassazione

Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione ha affermato che la sentenza impugnata non abbia fornito risposte adeguate alle deduzioni difensive concernenti la concreta impossibilità di far fronte ai versamenti dovuti, come sancito dal principio di diritto applicato dalla Suprema Corte stessa.
Inoltre, viene richiamato il recentissimo d. lgs. n. 87 del 14/06/2024 il quale, intervenendo sull’art. 13 d. lgs. n. 74 del 2000, ha introdotto una ulteriore causa di non punibilità per i reati di cui agli artt. 10-bis e 10-ter del medesimo decreto “se il fatto dipende da cause non imputabili all’autore sopravvenute, rispettivamente, all’effettuazione delle ritenute o all’incasso dell’imposta sul valore aggiunto“.
Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata con conseguente rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Lecce.

Riccardo Polito

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