Un recente articolo divulgato dalla stampa nazionale ha richiamato l’attenzione sull’importanza dell’ausilio fornito dai piloti ai comandanti durante le manovre di attraversamento di tratti di mare particolarmente pericolosi (per le condizioni climatiche e l’intenso traffico di imbarcazioni che li contraddistinguono), stigmatizzando la scelta di alcuni armatori di non avvalersene per motivi meramente economici.
Ciononostante, non sempre la cooperazione tra pilota e comandante (ed i rispettivi ausiliari) garantisce il successo delle operazioni di trasporto e di ormeggio, con la conseguenza che, in caso di sinistro, si rende opportuna l’individuazione delle relative responsabilità.
Una recente pronuncia del Tribunale di Bari (sentenza n. 4868 del 23 ottobre 2017) ha risolto una controversia avente ad oggetto il danneggiamento di un battello pilota durante le manovre di approdo nel porto di Monopoli di una nave battente bandiera turca.
Segnatamente, l’attore, nella qualità di Capitano di lungo corso abilitato al pilotaggio del battello di cui risultava proprietario ed armatore, affermava di essersi imbarcato sulla nave turca al fine di fornire la propria assistenza, affidando al motorista la gestione del battello pilota. Tale imbarcazione, però, dopo essersi accostata al mascone di dritta per ricevere il cavo destinato ad agevolare l’ormeggio della nave, veniva improvvisamente sfondata sulla tuga dall’ancora di dritta la cui catena veniva incautamente liberata.
Il conduttore del battello riusciva comunque ad avvicinarsi alla banchina e saltare a terra mentre l’impresa di sbarco provvedeva alla rimozione del relitto addebitando il relativo costo all’attore, il quale si vedeva costretto a commissionare la costruzione di una nuova imbarcazione ed a noleggiarne un’altra nelle more.
Tali circostanze fondavano una richiesta risarcitoria di € 100.000,00 avanzata, a titolo di danni patrimoniali e non, nei confronti del comandante della nave e della compagnia marittima che ne deteneva l’esercizio.
Solo quest’ultima si costituiva in giudizio deducendo, nel merito, la riconducibilità dell’accaduto a fatto e colpa dell’attore e del proprio ausiliario, avendo questi ultimi errato le manovre di posizionamento del battello pilota ed avendo omesso, durante lo svolgimento delle stesse, di fornire le necessarie comunicazioni all’equipaggio della nave.
Il Giudicante preliminarmente inquadrava la fattispecie de qua nel contratto di pilotaggio ex art. 92 Cod. Nav. a mente del quale «Il pilota suggerisce la rotta ed assiste il comandante nella determinazione delle manovre necessarie per seguirla. Nelle località dove il pilotaggio è obbligatorio il pilota deve prestare la sua opera fino a quando la nave sia giunta fuori della zona di cui all’art. 87 o sia ormeggiata nel luogo ad essa assegnato. Nelle località dove il pilotaggio non è obbligatorio il pilota deve prestare la sua opera fino a quando ne sia richiesto dal comandante della nave».
Ciò posto, veniva evidenziato che, ai sensi dell’art. 274, c. 1, Cod. Nav., l’armatore è responsabile per tutte le obbligazioni – contrattuali ed extracontrattuali – derivanti dall’esercizio della nave e discendenti dall’agire del comandante o dell’equipaggio.
Con specifico riguardo all’ipotesi di incidente tra navi, il Tribunale richiamava gli artt. 482 e segg. Cod. Nav., precisando che l’armatore risponde in solido con il comandante della nave laddove venga accertata la piena responsabilità di quest’ultimo nella causazione dell’evento lesivo.
Nel caso di specie, veniva osservato che le parti non avevano sufficientemente assolto al proprio onere probatorio, non potendosi individuare elementi idonei a determinare l’esatto grado di colpa da attribuire a ciascuno dei mezzi coinvolti.
Se da un lato, infatti, erano emerse delle negligenze nella condotta del pilota e del proprio ausiliario, avendo il primo fornito errate indicazioni al comandante ed il secondo compiuto incaute manovre di posizionamento del battello, dall’altro era emersa altrettanta imperizia da parte dell’equipaggio della nave che aveva provveduto allo scarico dell’ancora senza preventivamente verificare che lo specchio d’acqua fosse libero da persone o cose.
Tali osservazioni portavano il Giudice a ritenere applicabile al caso in esame l’art. 484 Cod. Nav. nella parte in cui prevede che «Se la colpa è comune a più navi … nel caso che, per particolari circostanze, non si possa determinare la proporzione, il risarcimento è dovuto in parti uguali».
Conseguentemente, i danni accertati, anche tramite l’ausilio del CTU, per un importo complessivo di € 38.000,00 circa (corrispondente al costo totale di una imbarcazione nuova simile alla pilotina affondata, maggiorata delle spese di rimozione del relitto), venivano liquidati in favore dell’attore nella misura del 50%, in ragione dell’acclarato concorso di colpa, con compensazione delle spese legali.
La sentenza in esame consente di formulare un breve excursus sulle norme determinative dei criteri di responsabilità in caso di sinistro tra navi, le quali disciplinano tre distinte ipotesi: 1) se l’incidente è avvenuto per caso fortuito, forza maggiore o causa dubbia, i danni restano a carico di coloro che li hanno sofferti (art. 482 Cod. Nav.); 2) se è avvenuto per causa unilaterale, i danni sono posti a carico dalla nave in colpa (art. 483 Cod. Nav.); 3) qualora, infine, derivi da colpa comune, ciascuna nave risponde in proporzione al proprio grado di colpa ed all’entità delle relative conseguenze. Il risarcimento è dovuto in parti uguali nel caso in cui non si possa determinare l’esatto grado di responsabilità (art. 483 Cod. Nav.).
Come evidenziato da eminente dottrina, i concetti di colpa e di responsabilità sono stati utilizzati dal Legislatore riferendosi all’armatore (o all’esercente), poiché la nave non è dotata di propria personalità giuridica.
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