Con la sentenza numero 3608 del 08.02.2024 la III Sezione della Corte di Cassazione, presidente Travaglino, relatore Cricenti, chiarisce il potere del CTU, e quindi del Giudice di merito che gli conferisce il mandato, in ordine alla prova dei fatti primari del giudizio.
Indice
1. I fatti di causa e i giudizi di merito
Tizio, proprietario di una villetta, conferisce incarico alla ditta Alfa per effettuare lavori di ristrutturazione che prevedevano scavi sul terreno prospicente il manufatto. In seguito ai suddetto scavi, tuttavia, la villetta del vicino Caio subisce dei danni.
La vicenda determina un procedimento penale, nel corso delle cui indagini si svolge una consulenza tecnica disposta dal Pm, che accerta la responsabilità di Tizio e della ditta Alfa, ma anche la costruzione della villetta di Caio con materiale scadente e, in ogni caso, con pietra e fango. Il Pm chiede l’archiviazione per l’intervenuta prescrizione.
Caio conviene in giudizio dinanzi al giudice civile Tizio e la ditta Alfa, al fine di chiederne il risarcimento dei danni subiti. Tizio e la ditta Alfa si difendevano affermando che il fatto era stato causato unicamente dai materiali utilizzati per la costruzione del manufatto, appunto pietra e fango, e chiedevano il rigetto della domanda.
La domanda veniva rigettata in primo grado, in quanto secondo il Tribunale il CTU non poteva estendere l’indagine al materiale usato per la costruzione dell’immobile crollato poiché l’attore nulla aveva allegato e provato sul punto.
Caio proponeva appello, e la corte di appello riteneva, invece, che l’indagine del CTU potesse estendersi alla tipologia di materiali usati per la costruzione del manufatto, a prescindere dalle allegazioni di Caio, perchè in atti vi era la consulenza del PM che sul punto si esprimeva. La corte d’appello accoglieva la domanda, e condannava Tizio e la ditta Alfa al risarcimento del danno pari all’integrale valore dell’immobile crollato.
2. CTU e fatti primari del giudizio: il giudizio di legittimità
Il ricorso si sostanzia in tre motivi di interesse, che di seguito si espongono.
Con il primo motivo Tizio e la ditta Alfa evidenziavano che la danneggiata non aveva in realtà allegato alcunché, quanto alla consistenza dell’immobile essendosi limitata a produrre la perizia disposta dal PM, che però non descriveva affatto l’immobile né nella sua consistenza, né nella sua ubicazione. Con la pronuncia di accoglimento, quindi, la corte di appello ha supplito alle carenza della parte, e al suo onere probatorio, in ordine all’ammontare del danno.
In buona sostanza si censurava il fatto che il giudice avrebbe fatto una valutazione equitativa senza che la parte abbia provato il danno.
Inoltre, la CTU, secondo la tesi del ricorrente, dovrebbe ritenersi nulla in quanto il perito ha acquisito dati di sua iniziativa presso l’Agenzia del territorio.
Infine, sempre secondo i ricorrenti, il giudice di appello è andato ultra petita in quanto ha liquidato, sempre sulla scorta dell’accertamento peritale, il valore dei mobili e degli arredi, di cui però non era stato chiesto espressamente risarcimento.
Con il secondo motivo, logicamente collegato al primo, si censura il fatto che il Giudice ha reputato sufficienti le allegazioni delle parti per consentire al CTU di raccogliere le prove delle suddette.
Il CTU, infatti, aveva acquisito la documentazione necessaria a stabilire il valore dell’immobile presso uffici terzi (Agenzia del Territorio ed altro), senza averne potere, in quanto documentazione mai prodotta in causa. Averglielo consentito ha costituito violazione delle regole del giusto processo e della parità delle parti.
Con il terzo motivo si censurava la pronuncia per il travisamento della CTU, che aveva dato atto della vetustà dell’immobile e della sua incidenza nell’evento.
La Corte giudica i tre motivi insieme, attesa il collegamento logico esistente tra gli stessi.
Si premette che è’ principio di diritto che “in materia di consulenza tecnica d’ufficio, il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza del contraddittorio delle parti, può acquisire, anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti – non applicandosi alle attività del consulente le preclusioni istruttorie vigenti a loro carico -, tutti i documenti necessari al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che non siano diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni che è onere delle parti provare e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di documenti diretti a provare fatti principali rilevabili d’ufficio” (Cass. Sez. Un. 3086/ 2022).
Nel caso che occupa il CTU ha basato la sua stima su documenti acquisti presso terzi, non allegati dalle parti, che miravano a provare un fatto primario (ossia il danno subito) e non già secondario, e dunque ha agito in violazione del contraddittorio.
Sul punto è irrilevante che lo abbia autorizzato il giudice, il quale non può ovviamente prescindere dalle allegazioni delle parti, e dal rispetto del principio dispositivo.
I motivi vengono quindi accolti e la causa rimessa alla corte d’appello per la nuova decisione nel rispetto del principio espresso.
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