La domanda risarcitoria può invece trovare accoglimento nei limiti della culpa in contrahendo nei sensi di seguito illustrati.
Ormai in varie occasioni la giurisprudenza ha riconosciuto il ristoro risarcitorio per difetto della buona fede nelle trattative, nonostante la scrutinata legittimità dell’atto di secondo grado, nella considerazione che proprio la correttezza del ripensamento avrebbe evidenziato l’imprudenza della PA nell’intraprendere la fase contrattuale poi (motivatamente) abbandonata in mancanza dei necessari presupposti e requisiti, fuorviando così l’incolpevole partecipante o aggiudicatario (sul punto cfr. Tar Lazio n. 6911/06, mentre più in generale sulla rilevanza risarcitoria ex art. 1337 c.c. anche all’interno dell’attività amministrativa di evidenza pubblica sussiste ormai una pacifica convergenza giurisprudenziale dopo Cons. Stato A.P. n. 6/2005).
emerge pertanto una negligente condotta dell’amministrazione improntata ad un chiaro abuso della libertà negoziale, con conseguente riconoscimento di un ristoro risarcitorio ex art. 1337 c.c. nei sensi e nei limiti che di seguito verranno precisati.
Nel delineato contesto vanno pertanto disattese le semplicistiche considerazioni inserite nello stesso provvedimento di autotutela –con evidenti ma ininfluenti finalità precauzionali- secondo cui l’autoannullamento non avrebbe recato alcun pregiudizio al soggetto interessato, in relazione al presunto connotato interno e non lesivo della procedura (affermazioni queste ultime più volte confutate in precedenza a proposito della tempestività del gravame e della legittimazione a proporlo).
Passaggio tratto dalla sentenza numero 149 dell’ 1 marzo 2012 pronunciata dal Tar Abruzzo, l’Aquila
Nel caso di specie il Comune intimato –nel corso del procedimento esitato con la relazione di congruità tecnico-economica del 24.12.2004 e con la delibera 89 del 22.4.2005 poi autoannullata – ha esaminato la proposta della soc. RICORRENTE in modo approfondito ed in tempi non certo rapidi, con diffuse valutazioni di merito che –come in precedenza esposto- hanno condotto a specifiche integrazioni del progetto definitivo concordate fra le parti; quanto sopra, non solo senza mai delineare il sospetto di illegittimità della procedura poi posto a base dell’autotutela (che attiene comunque a profili di tecnica giuridica settoriale, non certamente esigibili a prima vista dalle ditte private che si relazionano con l’amministrazione), ma addirittura svolgendo ed incentivando trattative finali sulla cessione dei box, il cui acquisto da parte della ricorrente avrebbe ancor più aumentato quella percentuale traslativa del progetto poi ritenuta incompatibile con l’istituto del project financing.
Peraltro anche dopo l’adozione della delibera del 22.4.05, la PA civica non ha rapidamente manifestato il suo ripensamento, atteso che ben cinque mesi dopo –con nota del 14.9.05 poi rettificata per un errore materiale il 20.9.05 qui non in rilievo – il responsabile dell’area aveva invitato la soc. RICORRENTE. ad integrare la bozza di convenzione perché fosse inserita proprio la specifica della cessione dell’area oggetto dell’intervento a titolo di prezzo ex art. 19 comma 2 della legge 109/94.
Solo con nota del 21.3.2006 (a distanza di 11 mesi dalla delibera 89/05) è stato formalizzato l’avviso di avvio del procedimento, peraltro in modo generico senza delineare in concreto il vizio di legittimità avvertito dall’amministrazione (“da approfondimenti seguiti all’istruttoria preliminare degli atti risulta una erroneità giuridica della procedura seguita dall’ente in merito alla corretta applicazione delle norme che disciplinano l’istituto del progetto di finanza”). Non solo, ma una volta adottata la delibera di autotutela del 6.4.06, la PA civica ha atteso quasi altri due anni (nota del responsabile dell’area in data 22.5.2008) per formalizzare la comunicazione individuale di tale delibera alla società RICORRENTE. pur essendo quest’ultima la diretta destinataria della misura che ha azzerato il riconoscimento progettuale in suo favore già conseguito.
Da quanto sopra descritto, emerge pertanto una negligente condotta dell’amministrazione improntata ad un chiaro abuso della libertà negoziale, con conseguente riconoscimento di un ristoro risarcitorio ex art. 1337 c.c. nei sensi e nei limiti che di seguito verranno precisati. Nel delineato contesto vanno pertanto disattese le semplicistiche considerazioni inserite nello stesso provvedimento di autotutela –con evidenti ma ininfluenti finalità precauzionali- secondo cui l’autoannullamento non avrebbe recato alcun pregiudizio al soggetto interessato, in relazione al presunto connotato interno e non lesivo della procedura (affermazioni queste ultime più volte confutate in precedenza a proposito della tempestività del gravame e della legittimazione a proporlo).
Ritiene peraltro il collegio di puntualizzare che in materia di responsabilità precontrattuale (quella per l’appunto riconosciuta nel caso di specie) può esser fatto valere il solo interesse negativo e cioè l’interesse a non intraprendere o proseguire trattative inutili.
Più precisamente, è risarcibile sia il danno emergente, rappresentato dalla spese inutilmente sostenute, sia il lucro cessante, costituito invece dalle altre occasioni favorevoli perse (ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 6 giugno 2008, n. 2680).
La prova di tali danni spetta, in linea con l’inquadramento di tale responsabilità nell’ambito della responsabilità civile, alla parte lesa (Consiglio di Stato, sez. V, 10 novembre 2008, n. 5574).
Nel caso di specie, la ricorrente ha richiamato un esborso per costi di progettazione pari ad euro 89.521,25; agli atti manca peraltro una analitica descrizione di tali spese, anche se queste ultime risultano così (apoditticamente) quantificate all’interno del quadro riepilogativo della proposta; né il giudizio di congruità può aliunde argomentarsi dal fatto che il responsabile dell’Ufficio tecnico in data 24.12.2004 ha revisionato (con riserva) il citato riepilogo spese, trattandosi di un vaglio non specifico sulla voce qui in rilievo, inidoneo ad assurgere a declaratoria di congruità del citato importo a titolo di risarcimento. Nulla è stato invece allegato per ciò che concerne il lucro cessante.
Ora, mentre il danno emergente (almeno nella sua consistenza minima o comunque “normalizzata”) può essere facilmente desunto attraverso semplici principi di prova o minimi supplementi istruttori sui costi dell’inutile partecipazione alle procedure (con il supporto, ove del caso, di spunti indiziari o presuntivi secondo l’id quod plerumque accidit), discorso diverso riguarda il lucro cessante nella responsabilità in contrahendo, la cui unica voce risarcibile è rappresentata dalle occasioni di lavoro perse, a causa dell’impegno profuso nello svolgimento di trattative rilevatesi poi inutili (ove resta pacificamente inapplicabile la liquidazione forfetaria di una somma pari al 10% dell’offerta, trattandosi di un criterio astrattamente utilizzabile soltanto per la definizione delle misure risarcitorie da lesione dell’interesse positivo).
Da ciò consegue che la liquidazione del danno deve essere limitato nella specie al solo danno emergente.
Ai fini della sua determinazione il Collegio intende utilizzare lo strumento di cui all’art. 34 comma 4 del CPA (già comma 2 del d.lgs. n. 80 del 1998) con l’indicazione dei criteri sulla cui base il Comune dovrà proporre alle ricorrenti la somma che intendere offrire a titolo risarcitorio.
In particolare, le spese sostenute per la partecipazione all’intera procedura concorsuale devono riguardare le somme riferibili all’adempimento di prescrizioni specificamente richieste dalla stazione appaltante e negli altri atti della procedura di project financing (ivi compresi i vari tavoli tecnici di negoziazione diretta), senza riguardo per esborsi di denaro riportabili ad attività autonomamente svolte.
La somma risarcitoria così definita dovrà essere aumentata della rivalutazione monetaria e degli interessi legali da calcolarsi fino alla data di notifica della domanda giudiziale e, successivamente, dei soli interessi legali fino alla formulazione dell’offerta risarcitoria (Consiglio di Stato, sez IV, 24 dicembre 2008, n. 6538).
In definitiva, dunque, il ricorso trova parziale accoglimento in relazione alla sola domanda risarcitoria per responsabilità precontrattuale, con condanna del Comune di Martinsicuro a corrispondere alle ricorrenti una somma per le spese sostenute, determinata nel rispetto dei criteri sopra esposti.
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