D.l. 133/2023: in Gazzetta la legge di conversione in materia di immigrazione

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Nella Gazzetta Ufficiale del 4 dicembre 2023 è stata pubblicata la legge di conversione del dl 133/2023, in materia di immigrazione.
Con il decreto legge n.133/2023, il governo ha disposto un’ulteriore stretta in materia di immigrazione, ma anche queste misure, unitamente alle precedenti, non sembrano essere risolutive per contrastare efficacemente il fenomeno migratorio, mentre gli sbarchi proseguono incessantemente soprattutto a Lampedusa. Alcuni dei provvedimenti, come quello dei respingimenti dei minori che hanno effettuato false dichiarazioni sull’effettiva età, oltre ad essere contrarie ai principi di umanità, non sono di agevole realizzazione, mentre altre come le espulsioni per i migranti che siano stati ritenuti pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica, appaiono formulate in modo non chiaro. Fortunatamente sembra che l’Unione Europea stia muovendo i primi passi per una regolamentazione del fenomeno migratorio, ma le imminenti elezioni europee non fanno ben sperare.

Per l’approfondimento consigliamo il volume: Immigrazione, asilo e cittadinanza

Indice

1. Gli ultimi provvedimenti in materia di immigrazione e il caso del Tribunale di Catania 


Il primo significativo provvedimento dell’attuale governo in materia di immigrazione è stato il decreto legge 10 marzo 2023, n. 20, convertito in legge 5 maggio 2023, n. 50 con cui sono state previste “Disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all’immigrazione irregolare”.[1]
Con tale provvedimento il Governo ha cercato di dare una risposta alla tragedia consumatasi a Cutro lo scorso 26 febbraio, e ha stabilito una stretta sull’immigrazione irregolare, l’ampliamento dei flussi di ingresso per lavoro, la semplificazione delle procedure, ma anche il rafforzamento dei centri per i rimpatri e ha stabilito canali privilegiati di accesso per i cittadini di paesi che organizzano una formazione lavorativa ad hoc.[2]
 Il decreto si è prefisso l’intento di disciplinare l’immigrazione non programmata, canalizzata da anni sulle rotte del mare, ma anche attraverso i Balcani, e ha previsto l’ampliamento dei corridoi di ingresso per lavoro tramite il decreto flussi. Con il citato provvedimento, di recente attuato, che prevede l’arrivo di 452.000 migranti in tre anni, l’intenzione del Governo è stata quella di adottare strumenti per favorire l’ingresso di chi viene per lavoro, e disincentivare quanti invece si rivolgono agli scafisti per entrare in modo irregolare. Resta salva, solo in parte, la normativa a tutela dei richiedenti protezione internazionale.[3]
Tra le rilevanti novità introdotte dal Decreto “Cutro” c’è una stretta sulla protezione speciale analoga al primo decreto sicurezza, e cioè del decreto legge 4 ottobre 2018, n.118, convertito con la legge 17 dicembre 2018, n.132 che aveva abrogato il permesso per motivi umanitari, restringendo le maglie dell’accoglienza dei richiedenti asilo.[4]
Ebbene la novità rilevante è che il Decreto in questione ha espunto dall’ordinamento anche il permesso per protezione speciale a salvaguardia della vita privata e familiare dello straniero.
Ma le misure adottate, anche quelle di natura penale, unitamente al memorandum con la Tunisia, sottoscritto in data 16 luglio 2023 dall’Unione europea, non hanno avuto alcuna efficacia tanto che l’isola di Lampedusa è stata investita da un’ondata di sbarchi, con migliaia di migranti ospitati nell’hotspot dell’isola.
Nel tentativo di fronteggiare tale situazione è stato emesso il decreto legge n.124 del 19 settembre 2023 che concerne “Disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell’economia nelle aree del mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione”.[5]
In materia di immigrazione il decreto prevede delle novità nel Capo V (rubricato “Disposizioni in materia di trattenimento presso i Centri di permanenza per rimpatri e di realizzazione delle strutture di prima accoglienza, permanenza per i rimpatri e di realizzazione delle strutture di prima accoglienza, permanenza e rimpatrio”), in due articoli (20 e 21), in merito alla disciplina dei Centri Per il Rimpatrio (CPR).[6]
Le nuove norme estendono il trattenimento dei migranti irregolari nei CPR sino ad un periodo di 18 mesi e prevedono un piano straordinario per la costruzione di nuove strutture in tutta Italia, almeno una per ogni Regione e disciplinano i casi di precedenti soggiorni in carcere.[7]
 Si osserva al riguardo che l’estensione del periodo di trattenimento nei CPR fino a 18 mesi sulla base di un mero provvedimento amministrativo e, quindi, senza le garanzie previste dagli artt. 24 e 25 della costituzione, potrebbe comportare profili di illegittimità costituzionale del decreto di cui trattasi. Invece, la traduzione del detenuto straniero presso il più vicino centro per il tempo necessario all’identificazione appare un provvedimento inutile e non comprensibile, che probabilmente l’autorità giudiziaria difficilmente autorizzerà.
L’articolo 21 del decreto interviene invece sulla “Progettazione e realizzazione delle strutture di accoglienza, permanenza e rimpatrio” approvando un piano straordinario per la costruzione di nuove strutture in tutta Italia. A tal uopo sono previsti l’allocazione di risorse, la previsione di procedure più snelle e veloci, attribuendo i compiti principali per la redazione e l’esecuzione del piano al Ministero della difesa, mediante le proprie competenti articolazioni del Genio militare, l’impiego delle Forze armate e avvalendosi di Difesa Servizi S.p.A. E’ innegabile che tale piano straordinario comporterà l’utilizzo di risorse finanziarie ingenti che certamente supereranno le previsioni di cui ai commi 4, 5, 6 e 7 dello stesso art. 21.
Con il Decreto interministeriale in data 14 settembre 2023del Ministro dell’interno, del Ministro della giustizia e del Ministro dell’economia e delle finanze è stato, poi, determinato l’importo e le modalità per la prestazione di idonea garanzia finanziaria, prevista dall’art. 6-bis, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2015, n.142.
In tale provvedimento sono indicati il quantum e le modalità di prestazione della garanzia finanziaria a carico dello straniero durante lo svolgimento della procedura per l’accertamento del diritto di accedere al territorio dello Stato, per i richiedenti asilo.
In particolare, la garanzia finanziaria prevista dal D.lgs. 142/2015 è idonea qualora l’importo fissato sia pari a 4.938,00 per il 2023, lo straniero sia in grado di fruire di un alloggio sul territorio nazionale, di una somma occorrente al rimpatrio e dei mezzi di sussistenza minimi necessari.
La garanzia finanziaria è prestata in un’unica soluzione mediante fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa ed è individuale e non può essere versata da terzi.  
Entrambi i provvedimenti non sembrano conformi alla normativa europea e alla nostra Costituzione. Tale interpretazione è stata confermata dal Tribunale di Catania, che con ordinanze RG 10459/2023, RG 10460/2023, RG 10461/2023 in data 29 settembre2023, ampiamente motivate, ha accolto il ricorso di un migrante, di origine tunisina, sbarcato a Lampedusa il 20 settembre scorso, condotto nel nuovo C.P.R. di Pozzallo, e ne ha disposto la liberazione. E’ questo l’esito delle prime udienze di convalida dei richiedenti asilo trattenuti e che si applicherebbe in tutto a tre migranti. Il Ministero dell’Interno ha già fatto sapere che presenterà ricorso in Cassazione, procedura che non sarà certo di breve durata.[8]
Secondo i giudici il decreto sarebbe in contrasto con la normativa europea e la parte del provvedimento contestata principalmente dai magistrati sarebbe proprio la nuova procedura di trattenimento e la cauzione di 4.938 euro da pagare per non essere detenuti nel centro. In particolare la normativa sarebbe incompatibile con il diritto comunitario – nello specifico della direttiva UE 2013, meglio conosciuta come “direttiva accoglienza” – e della Costituzione italiana. Pertanto, “[…il richiedente non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la sua domanda e il trattenimento deve essere una misura eccezionale e limitativa della libertà personale ex art. 13 della Costituzione […]”.
Secondo l’Associazione per gli Studi Giuridici, poi, “trattenere chi chiede protezione senza effettuare una valutazione su base individuale e chiedendo una garanzia economica – da versare in un’unica soluzione con fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa e precludendo la possibilità che sia versata da terzi – come alternativa alla detenzione è illegittimo perché incompatibile con gli artt. 8 e 9 della direttiva UE 2013/33”.
Infatti, l’art. 7 bis del citato D. L. 20/2023 (cd. Decreto Cutro), convertito nella legge 50/2023, interviene, fra l’altro, sulle procedure accelerate di frontiera prevedendo anche una nuova ipotesi di trattenimento, direttamente collegata allo svolgimento di tali procedure. Il decreto del Ministero dell’Interno del 5.8.2019 ha invece istituito le zone di transito e frontiera dove è possibile lo svolgimento di tali procedure (le zone di transito e di frontiera sono individuate in quelle esistenti nelle seguenti province: Trieste e Gorizia; Crotone, Cosenza, Matera, Taranto, Lecce e Brindisi; Caltanissetta, Ragusa, Siracusa, Catania, Messina; Trapani, Agrigento; Città metropolitana di Cagliari e Sud Sardegna).[9]
Il Tribunale ha prima di tutto affermato due principi fondamentali che governano tutta la materia del trattenimento del richiedente asilo[10]: il richiedente non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la sua domanda e il trattenimento deve considerarsi misura eccezionale, applicabile solo quando non ci siano altre misure idonee alternative al trattenimento, e limitativa della libertà personale ai sensi dell’art 13 della Costituzione.
Ha ribadito poi quello che le norme interne e le norme UE prevedono: che il provvedimento di trattenimento deve essere adeguatamente motivato in ordine alla situazione personale e concreta del singolo richiedente, non potendosi convalidare un provvedimento di trattenimento dotato di una motivazione solo apparente[11] essendo esclusa la possibilità di ogni automatismo.
Anche nel caso il richiedente provenga da paese di origine designato come sicuro ai sensi dell’art 2 bis del D.lgs n. 25/2008 e della nuova direttiva procedure (Direttiva 33/2013/UE) non può ritenersi operante alcun automatismo, dovendosi accertare se per quel singolo richiedente, alla luce delle sue allegazioni, il paese di origine possa effettivamente considerarsi sicuro ai sensi della normativa citata.
I provvedimenti hanno, poi, rilevato come la garanzia finanziaria non si configuri di fatto come una misura alternativa al trattenimento, essendo l’unica possibilità per lo straniero di sottrarsi al trattenimento stesso. La direttiva accoglienza, infatti, (art 8 par 4) prevede la possibilità per gli stati di prevedere la garanzia finanziaria come misura alternativa al trattenimento unitamente ad altre misure, la cui diversificazione consente di evitare gravi discriminazioni e la loro applicazione secondo il principio di proporzionalità.[12]
Come giustamente sottolineato nei provvedimenti del Tribunale di Catania, la Corte di Giustizia ha avuto modo di pronunciarsi in materia di garanzia finanziaria come misura alternativa al trattenimento: “gli articoli 8 e 9 della direttiva 2013/33/UE devono essere interpretati nel senso che ostano, in primo luogo, a che un richiedente protezione internazionale sia trattenuto per il solo fatto che non può sovvenire alle proprie necessità, in secondo luogo, a che tale trattenimento abbia luogo senza la previa adozione di una decisione motivata che disponga il trattenimento e senza che siano state esaminate la necessità e la proporzionalità di una siffatta misura”.[13] I provvedimenti giurisdizionali in questione prevedono, inoltre, che le procedure in frontiera non sono esperibili in zona diversa da quella di ingresso salve le eccezioni previste dal par. 3 dell’art 43 della nuova direttiva procedure (2013/33/UE), e la valutazione della procedura da seguire deve essere adottata dal Presidente della Commissione territoriale con provvedimento adeguatamente motivato. Infatti, “a norma dell’art. 43, paragrafo 1, della direttiva 2013/32, un trattenimento fondato sulla disposizione di cui all’articolo 8, paragrafo 3, primo comma, lettera c), della Direttiva 33/2013/UE è giustificato soltanto al fine di consentire allo Stato membro interessato di esaminare, prima di riconoscere al richiedente protezione internazionale il diritto di entrare nel suo territorio, se la sua domanda non sia inammissibile, ai sensi dell’articolo 33 della direttiva 2013/32, o se essa non debba essere respinta in quanto infondata per uno dei motivi elencati all’articolo 31, paragrafo 8, di tale direttiva, e ciò al fine di garantire l’effettività delle procedure previste dal medesimo articolo 43”.
Infine, non meno importante è l’affermazione che in ogni caso l’art 10, comma 3, della Costituzione, come ribadito dalle SS.UU. della Corte di Cassazione con sentenza n. 4674//1997, impone di ritenere che la sola provenienza da un paese di origine designato come sicuro non possa automaticamente privare il richiedente asilo del diritto a fare ingresso nel territorio italiano per chiedere la protezione internazionale. Anche da tale punto di vista, quindi, si impone una valutazione caso per caso.
Tuttavia, se si condivide nel merito la decisione del Tribunale di Catania, si esprimono dubbi sulla procedura seguita, perché forse il giudice a quo avrebbe dovuto sospendere il procedimento e inviare il ricorso alla Corte Costituzionale in quanto la questione non è manifestamente infondata, ai sensi dell’art. 134 della Costituzione e degli art. 1 l. cost. 1/1948 e 23 l. cost.  87/1953. 

2. Il decreto legge n. 133/2023 


Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro dell’interno e del Ministro della giustizia, ha approvato il decreto-legge n. 133 del 5 ottobre 2023 che introduce disposizioni urgenti in materia di immigrazione e protezione internazionale, nonché per il supporto alle politiche di sicurezza e la funzionalità del Ministero dell’interno.
L’art. 1 del provvedimento disciplina le espulsioni per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o sicurezza dello Stato. Ma diversamente da quanto sostenuto nel comunicato stampa del governo, non sembra che sia del tutto chiara la procedura per l’espulsione dei cittadini extra-UE soggiornanti di lungo periodo in Italia, nei casi in cui siano destinatari di misure di sicurezza diverse dalla detenzione in carcere. Infatti, viene stabilito al comma 1, punto 3, che “Nei confronti del titolare del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, l’espulsione può essere disposta per gravi motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato dal Ministro dell’interno, dandone preventiva notizia al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e si applicano le disposizioni di cui all’art. 13, comma 11. Quando ricorrono gravi motivi di pubblica sicurezza l’espulsione è disposta dal prefetto. Avverso il provvedimento del prefetto può essere presentato ricorso all’autorità giudiziaria ordinaria ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150. Si applica l’art. 213, comma 3”.
Quindi, la competenza all’espulsione per gravi motivi di ordine pubblica o di sicurezza dello Stato è del Ministro dell’Interno ed il rimedio giurisdizionale previsto è il ricorso al Tribunale Amministrativo; mentre quando ricorrono gravi motivi di pubblica sicurezza, la competenza è del prefetto e il gravame può essere presentato al tribunale sede della sezione  specializzata  in materia  di   immigrazione   protezione   internazionale   e   libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea del luogo  in  cui  ha sede l’autorità’ che ha adottato il provvedimento impugnato, come nel caso di Catania. In queste fattispecie l’espulsione è disposta con decreto motivato immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa da parte dell’interessato. Inoltre, lo straniero sottoposto a procedimento penale è autorizzato dal questore a rientrare in Italia per il tempo strettamente necessario per l’esercizio del diritto di difesa, al solo fine di partecipare al giudizio o al compimento di atti per i quali è necessaria la sua presenza, salvo che la presenza dell’interessato possa procurare gravi turbative o grave pericolo all’ordine pubblico o alla sicurezza pubblica.
Si realizza, quindi, un’estensione dei casi di espulsione, anche se formulata in maniera poco chiara, circostanza che conferma la necessità di redigere un nuovo Testo Unico sull’immigrazione da più parti auspicata.
Vengono, poi, potenziati i controlli sulle domande di visto di ingresso per l’Italia destinando presso le rappresentanze diplomatiche o gli uffici consolari fino a 20 unità di personale dei ruoli degli ispettori o dei sovrintendenti della Polizia di Stato (art.2).
Il decreto all’art. 3 modifica anche la disciplina relativa alla procedura speciale di trattazione della richiesta di una domanda di protezione internazionale “reiterata” (cioè successiva rispetto ad una prima domanda di protezione già presentata e già rigettata definitivamente nel merito), nei casi in cui tale domanda sia ri-presentata dal richiedente nella fase di “concreta” esecuzione di un provvedimento che ne comporterebbe l’allontanamento dal territorio nazionale (la cosiddetta “domanda sulla scaletta dell’aereo”). Con le nuove norme, si prevede espressamente che sia il Questore, sentito il Presidente della Commissione territoriale, l’autorità competente all’esame. La presentazione della richiesta non interromperà la procedura di allontanamento dal territorio nazionale, salvo che il questore rilevi nuovi elementi rilevanti ai fini del riconoscimento della protezione internazionale o del divieto di espulsione.
Nell’ambito del procedimento di riconoscimento della protezione internazionale, si modifica la disciplina dell’allontanamento ingiustificato del richiedente dalle strutture di accoglienza e si prevede, in caso di suo allontanamento volontario, la sospensione dell’esame della domanda e la possibilità di richiederne la riapertura, per una sola volta, entro 12 mesi. Inoltre, si riduce da 12 a 9 mesi la sospensione della possibilità di espulsione e si introduce una particolare disciplina nel caso in cui lo straniero non si presenti per la verifica dell’identità dichiarata e per la formalizzazione della domanda. In tal caso, il procedimento si considera estinto, sicché lo straniero, se rintracciato in territorio nazionale in un momento successivo al suo allontanamento volontario, non potrà chiedere la riapertura della procedura già avviata e sospesa, ma potrà comunque eventualmente ri-manifestare l’intenzione di richiedere la protezione internazionale (art.4).
Per i minori stranieri non accompagnati, si prevede che, dopo una prima accoglienza in strutture governative finalizzate a esigenze di soccorso e protezione immediata, siano accolti nella rete dei centri del Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI). Tale sistema di accoglienza costituisce, pertanto, il dispositivo naturale di accoglienza per tale categoria di minori. Si prevede inoltre che, in caso di arrivi consistenti e ravvicinati di minori non accompagnati, qualora l’accoglienza non possa essere assicurata dal Comune, essa è disposta dal Prefetto attraverso l’attivazione di strutture temporanee esclusivamente dedicate ai MSNA. In caso di momentanea indisponibilità di strutture temporanee, il prefetto potrà disporre il provvisorio inserimento del minore – che ad una prima analisi appaia di età superiore ai sedici anni – per un periodo comunque non superiore a novanta giorni, in una specifica sezione dedicata nei centri e strutture diversi da quelli riservati ai minori (art.5). Si ritiene che tali strutture non siano in grado di garantire ai minori non accompagnati quegli standard di accoglienza indispensabili per tale fascia di età.
Quanto alla disciplina dell’accertamento dell’età dei sedicenti minori stranieri non accompagnati, si stabilisce che, in caso di arrivi consistenti, multipli e ravvicinati (a seguito di attività di ricerca e soccorso in mare, di rintraccio alla frontiera o nelle zone di transito, di rintraccio sul territorio nazionale a seguito di ingresso avvenuto eludendo i controlli di frontiera sulle coste sia nel territorio nazionale), l’autorità di pubblica sicurezza possa disporre lo svolgimento di rilievi antropometrici o di altri accertamenti sanitari, anche radiografici, volti all’individuazione dell’età, dando immediata comunicazione alla procura della Repubblica presso il tribunale per la persona, la famiglia ed i minorenni, che ne autorizza l’esecuzione. In realtà, si tratta di operazioni che già vengono effettuate con risultati spesso incerti. Inoltre, la verifica delle operazioni di conversione dei permessi di soggiorno per minori stranieri non accompagnati per motivi di lavoro subordinato o di lavoro autonomo viene affidata ai professionisti autorizzati ovvero alle organizzazioni dei datori di lavoro più rappresentative sul piano nazionale. Al sopravvenuto accertamento dell’assenza dei requisiti consegue la revoca del permesso di soggiorno e di ciò viene data notizia al pubblico ministero competente (art.6.)
Sulla base di accertamenti tecnici disposti dal Prefetto mediante una commissione tecnica, l’art. 7 consente invece di derogare ai parametri di capienza previsti per i centri e le strutture di accoglienza in misura non superiore al doppio dei posti previsti. Tale norma potrà determinare un accoglienza non consona agli standard di decoro e di sicurezza con possibili responsabilità per la citata commissione tecnica
Infine, si stabilisce l’accesso nelle strutture del Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI) a tutte le donne (non più solo a quelle in stato di gravidanza), in quanto considerate in ogni caso quali soggetti di particolare vulnerabilità. E’ questa una norma di civiltà.

3. Conclusioni


Con il susseguirsi tumultuoso dei provvedimenti normativi in materia di immigrazione, spesso redatti frettolosamente e in modo impreciso, il governo, allo stato, non ha raggiunto l’obiettivo prefissatosi nel programma di governo e, cioè, il contrasto dell’immigrazione clandestina, soprattutto di fronte a un numero eccezionale di sbarchi a Lampedusa, nonostante il memorandum tra l’Unione Europea e la Tunisia.[1]
Non solo, ma tali disposizioni, in taluni casi, presentano dubbi di legittimità costituzionale e di contrasto alla normativa europea, come accertato con le citate ordinanze del Tribunale di Catania nel caso della detenzione nei CPR per un periodo di 18 mesi e del pagamento di una cauzione per evitare tale detenzione. Forse avrebbe fatto bene il governo a nominare una commissione di esperti da affiancare al ministero dell’interno, come avvenuto per la stesura delle riforme istituzionali. Vi è, tuttavia, da augurarsi che, in sede di conversione degli ultimi due decreti legge, si ponga rimedio agli errori commessi con l’ausilio del Parlamento.
Inoltre, il contrasto con alcuni Stati, tra cui in particolare la Germania, poi in parte rientrato, non sembra andare nella giusta direzione di un dialogo costruttivo con l’Unione Europea
La Commissione europea, grazie all’impegno del suo presidente, sembra andare invece nella giusta direzione intensificando gli sforzi per definire una politica migratoria europea efficace, umanitaria e sicura. Infatti, in data 4 ottobre 2023 si è raggiunto l’accordo tra i 27 Paesi europei sul testo chiave del regolamento delle crisi dei migranti. Contro l’intesa raggiunta a Bruxelles si sono espresse Polonia e Ungheria, mentre Austria, Repubblica ceca e Slovacchia si sono astenute.
Inoltre, secondo la logica di fondo del nuovo patto UE, che è improntato alla solidarietà obbligatoria, lo Stato di primo arrivo rimane tenuto a identificare il migrante e raccoglierne la richiesta di asilo; però, in caso di flussi massicci che ne mettono a dura prova le capacità operative, il Paese può chiedere ai partners europei di accettare dei ricollocamenti o, in alternativa, di versare un contributo finanziario, dare altra assistenza di natura logistica o ancora di farsi carico dell’esame delle domande di protezione internazionale.
Tuttavia, si teme che le prossime elezioni europee del giugno 2024 costituiranno un ostacolo insormontabile alla realizzazione di tale accordo così faticosamente raggiunto.

Volume consigliato

Note

  1. [1]

    P. Gentilucci, Nuovo decreto immigrazione: stretta su protezione speciale, in Diritto.it del 21 marzo 2023.

  2. [2]

    S. Occhipinti, Immigrazione: le novità del nuovo Decreto, in Altalex del 13 marzo 2023.

  3. [3]

    S. Occhipinti, Immigrazione: le novità del nuovo Decreto, cit.

  4. [4]

    P. Gentilucci, Le nuove controverse politiche dell’immigrazione, in Diritto.it del 14 novembre 2022.

  5. [5]

    P. Gentilucci, Immigrazione: d.l. 124/2023 e nuova disciplina dei C.P.R., in Diritto.it del 27 settembre 2024.

  6. [6]

    M. Panato, Le novità in ambito immigrazione: il D.L. 124/2023 in G.U., in Altalex del 25 settembre 2023.

  7. [7]

    Il Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286, disponeva la permanenza nei CPR per un periodo complessivo di tre mesi.

  8. [8]

    Y. Cigna, Il Tribunale libera tre migranti del centro di Pozzallo: “Il decreto del governo è illegittimo”. Il Viminale annuncia ricorso, in Open del 30 settembre 2023.

  9. [9]

    S. Albano, Il giudice non convalida i trattenimenti di tre migranti tunisini disposti in base alla nuova disciplina delle procedure di frontiera, in Questione Giustizia del 2 ottobre 2023.

  10. [10]

    Cfr. direttiva 2013/33/UE, cd. direttiva accoglienza, e D.lgs n. 142/2015.

  11. [11]

    Cfr., tra le altre, Sez. 1, Ordinanza n. 9046 del 18/01/2023, dep. 30/03/2023.

  12. [12]

    Considerando 15 direttiva accoglienza: “I richiedenti possono essere trattenuti soltanto nelle circostanze eccezionali definite molto chiaramente nella presente direttiva e in base ai principi di necessità e proporzionalità per quanto riguarda sia le modalità che le finalità di tale trattenimento”.

  13. [13]

    CGUE (Grande Sezione), 14 maggio 2020, cause riunite C-924/19 PPU e C-925/19 PPU.

  14. [14]

    P. Gentilucci, Il nuovo decreto immigrazione e il ruolo delle ONG, in Diritto.it del 5 gennaio 2023.

Prof. Paolo Gentilucci

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