L’art. 11 del d.lgs 28/2010 in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, disciplina la fase conclusiva del procedimento di mediazione che, così come previsto dall’art. 8 della medesima fonte di legge, può avere due potenziali esiti.
Il primo, regolato dal comma 1, vede il mediatore in veste di facilitatore di un accordo che le parti amichevolmente hanno raggiunto. Non c’è una proposta conciliativa espressa, ma si perfeziona comunque una conciliazione della quale il mediatore deve redigere verbale. Il secondo, regolato dal comma 2, presuppone una proposta formulata dal mediatore. Se le parti o una solo di esse non si rendono disponibili a conciliare nei termini proposti, il mediatore redige verbale di mancata conciliazione, che, in caso di giudizio, produrrà le conseguenze previste dall’art. 13 del citato decreto.
Se le parti si accordano amichevolmente o aderiscono alla proposta formulata, invece, il mediatore redige verbale, lo sottoscrive e lo fa sottoscrivere dalle parti certificando l’autografia delle firme.
Occorre porre in evidenza che l’accordo conciliativo è atto separato dal verbale di conciliazione. Il secondo pone in evidenza il risultato e, in ossequio al richiesto rispetto del principio di riservatezza del procedimento, non rileva quanto detto dalle parti. L’accordo invece è il vero e proprio contratto di natura privatistica, in alcun modo equiparabile a un lodo arbitrale o, ancor meno, a una sentenza, dal momento che esso vincolerà, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1372 cc, le sole parti e non anche i terzi.
Non si può a priori classificarlo come tipico o atipico poiché può sia prevedere il riconoscimento di un diritto e/o la rinuncia alla propria pretesa, sia dar spazio a reciproche concessioni delle parti, anche tutelando interessi che coinvolgono rapporti giuridici diversi da quelli per cui è sorta la controversia.
Ponendo in relazione l’accordo conciliativo con il contratto di transazione disciplinato dall’art. 1965 cc, si nota come il primo indichi e presupponga un procedimento e il risultato ottenuto con l’intervento di un terzo, ma l’esito raggiunto è pur sempre un contratto di transazione con il quale le parti hanno voluto arginare la lite.
Elementi necessari perché il contratto sia valido sono da considerarsi l’indicazione delle parti, il contenuto dell’accordo, la data e la sottoscrizione; può essere contemplata una clausola (per esempio arbitrale) per la risoluzione del contratto in caso di inadempimento.
Orbene, le parti, per rafforzare l’efficacia dell’accordo, possono prevedere il pagamento di una somma di denaro per violazione, inosservanza o ritardo nell’adempimento degli obblighi ivi previsti.
In caso di inosservanza o inadempimento, la parte potrà rivolgersi all’autorità giudiziaria, ad un arbitro o può tentare di nuovo la conciliazione. L’oggetto della domanda sarà questa volta l’adempimento della controparte o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno ex art. 1453 cc.
Quello su cui il mediatore deve vigilare è che l’accordo non sia contrario all’ordine pubblico e ai principi dell’ordinamento: si tratta di limiti pubblicistici che, seppur confinati nel campo dei diritti disponibili, devono essere rispettati. La verifica è riservata all’autorità giudiziaria.
Il verbale di accordo, omologato (procedura exequatur) dal Presidente del Tribunale nel cui circondario ha sede l’organismo ovvero nel circondario in cui l’accordo deve essere eseguito in caso di conciliazione transfrontaliera, costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale.
Il quinto comma dell’art. 11 del d. lgs 28/2010, prevede che, se con l`accordo di conciliazione le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall’art. 2643 cc, ossia soggetti a trascrizione, la sottoscrizione del processo verbale deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato.
In che modo interviene il notaio?
Se la materia per cui si contende riguarda il tipo di atto da concludere o il suo contenuto, tutti i controlli necessari sono stati espletati e i documenti sono completi, il notaio può intervenire al momento della sottoscrizione dell’accordo conciliativo e procedere con la autenticazione.
Si tratta di condizioni che nella prassi è difficile ipotizzare che possano realizzarsi di frequente. E’ più probabile invece che sia raggiunto un accordo, che venga messo per iscritto nella forma quanto meno di una scrittura privata che ( autenticata), sia idonea per la trascrizione e che il notaio intervenga in un momento cronologicamente posteriore.
L`accordo conciliativo può contenere la conclusione di negozi diversi.
L`atto negoziale da concludere avrà una propria causa che dipenderà essenzialmente dalla volontà delle parti e dai risultati che intendono ottenere (compravendita, datio in solutium, permuta, divisione, etc.).
Al notaio il compito di individuare preliminarmente e volta per volta la natura giuridica degli accordi che le parti intendono concludere e la sua forma negoziale, anche ai fini del conseguente trattamento fiscale. Così, ad esempio, la forma negoziale che consenta l`accesso alla pubblicità immobiliare potrà essere quella della scrittura privata autenticata, ma potrà anche accadere che il negozio voluto dalle parti richieda ad substantiam la forma dell`atto pubblico.
E` vero che l`accordo di conciliazione sarà sottoposto al notaio già redatto, ma la sua diligenza professionale non lo esimerà dal compiere un controllo sulla volontà delle parti per capire se le modalità negoziali che appaiono dall`accordo di conciliazione siano idonee a raggiungere lo scopo perseguito e voluto dalle parti.
L’intervento del notaio potrà realizzarsi in maniere differenti. Secondo l’art. 2703 cc “l’autenticazione consiste nell’attestazione da parte del pubblico ufficiale che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell’identità della persona che la sottoscrive”.
Quindi il notaio dovrà:
– attestare l`identità del sottoscrittore ed il fatto che la sottoscrizione sia stata apposta in sua presenza;
– verificare la liceità del contenuto dell`atto (il notaio, ex art. 28 L.N., non può ricevere o autenticare atti se essi sono espressamente proibiti dalla legge, o manifestamente contrari al buon costume o all`ordine pubblico);
– attribuire al documento la data certa;
– conferire al documento la qualifica di titolo idoneo per alcune forme di pubblicità (nei registri immobiliari, presso le Camere di Commercio, l`Agenzia delle Entrate);
– attribuire al documento la natura di titolo esecutivo relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esso contenute (art. 474 c.p.c.);
– conservare l`atto a raccolta;
– curare la registrazione e la trascrizione (nel più breve termine possibile).
Pertanto l`autenticazione da parte del notaio si traduce necessariamente in un intervento ad ampio raggio, nel rispetto della normativa notarile, codicistica e di tutte le leggi speciali in materia.
Il notaio può anche provvedere a redigere un atto negoziale autonomo rispetto all’accordo conciliativo. Obbligo del professionista sarà in tal caso indicare nell`atto stesso i presupposti che hanno portato alla sua conclusione, compreso l’espresso richiamo all`accordo di conciliazione (eventualmente da allegare), anche al fine di consentire l`accesso alle agevolazioni fiscali previste in tema di mediazione.
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