D.lgs. 81/2008: una normativa pluridecennale ma ancora problematica

SOMMARIO: Gli obblighi del datore di lavoro dell’impresa affidataria dei lavori in materia di salute e sicurezza sul lavoro – Gli organi di vigilanza e le prescrizioni impartite in caso di contravvenzione – La redazione del verbale e la comunicazione al trasgressore – Il complesso iter da seguire per l’impugnazione del verbale comunicato dagli organi di vigilanza, trattandosi di atto non definitivo – I possibili motivi di ricorso – L’ordinanza ingiunzione e l’ordinanza archiviazione – Il successivo ricorso giurisdizionale.

a cura del p. Avv. Gianluigi Capaccio e dell’Avv. Raffaele Chianese*

 

Premessa.

Il presente studio è finalizzato a fornire le risposte alle domande che, inevitabilmente, sorgono in seguito alla comunicazione o notificazione di un verbale di prescrizione mediante il quale l’azienda sanitaria locale competente per territorio può contestare la violazione delle disposizioni in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro ex D.lgs. 81/2008.

Una normativa non più giovanissima ma che continua a destare numerose perplessità nel mondo giuridico data l’inevitabile trasversalità della tematica che concerne sia la materia amministrativa, sia la materia penale nonché la materia civile.

 

1. Gli obblighi del datore di lavoro dell’impresa affidataria e dell’impresa esecutrice dei lavori.

Per una completa analisi del tema bisogna partire, inevitabilmente, dal dato normativo che, in tema di salute e sicurezza sul lavoro, è rappresentato, appunto, dal D.lgs. 81/2008[1].

Invero gli obblighi gravanti sul datore di lavoro dell’impresa affidataria dei lavori (impresa titolare del contratto di appalto con il committente che, nell’esecuzione dell’opera appaltata, può avvalersi di imprese subappaltatrici o di lavoratori autonomi) sono quelli previsti dal comma 1 dell’art. 96, dai commi 1, 2 e 3 dell’art. 97 e dai commi 2 e 3 dell’art. 101 del D. Lgs. n. 81/2008.

In particolare, il datore di lavoro dell’ impresa affidataria deve principalmente (art. 96):

  1. predisporre l’utilizzo dei servizi igienico-assistenziali (es. spogliatoi e armadi per il vestiario, docce,gabinetti e lavabi ecc);
  2. predisporre l’accesso e la recinzione del cantiere con modalità chiaramente visibili e individuabili;
  3. curare la disposizione o l’accatastamento di materiali o attrezzature in modo da evitarne il crollo o il ribaltamento;
  4. curare la protezione dei lavoratori contro le influenze atmosferiche che possono compromettere la loro sicurezza e la loro salute;
  5. curare le condizioni di rimozione dei materiali pericolosi, previo, se del caso, coordinamento con il committente o il responsabile dei lavori;
  6. vigilare sulla corretta evacuazione dei detriti e delle macerie;
  7. redarre il piano operativo di sicurezza.

Inoltre il datore di lavoro dell’impresa affidataria (art. 97) deve verificare le condizioni di sicurezza dei lavori affidati, l’applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del piano di sicurezza e coordinamento nonché verificare la congruenza dei piani operativi di sicurezza (POS)[2] delle imprese esecutrici rispetto al proprio (in caso di subappalto), prima della trasmissione dei suddetti piani operativi di sicurezza al coordinatore per l’esecuzione (CSE) [3].

Infatti, in caso di subappalto dei lavori ad altra impresa, l’art. 101 del D. Lgs. n. 81/2008 definisce gli obblighi di trasmissione documentale che gravano sul datore di lavoro dell’impresa affidataria.

In particolare, il comma 2 richiede la trasmissione del Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC)[4] alle imprese esecutrici ed ai lavoratori autonomi.

Infine il comma 3 richiede che, prima dell’inizio dei rispettivi lavori, ciascuna impresa esecutrice trasmetta il proprio Piano Operativo di Sicurezza (POS) all’impresa affidataria, la quale, previa verifica della congruenza rispetto al proprio, lo trasmette al Coordinatore per l’Esecuzione (CSE).

Tuttavia occorre una precisazione essenziale.

Invero, in caso di subappalto dei lavori, la verifica di “congruenza” richiesta all’impresa affidataria dei lavori, non va assolutamente confusa con la verifica di “idoneità” del POS da parte del CSE, tecnico che opera sotto la responsabilità del responsabile dei lavori, ossia l’impresa esecutrice.

La verifica di congruenza richiesta al datore di lavoro dell’impresa affidataria riguarda solo ed esclusivamente le modalità con cui si è strutturata la catena del subappalto ed è un obbligo di “mezzi” e non di “risultato”.

Infatti quando l’affidataria non è esecutrice dell’opera, limitandosi a subappaltarla, ha solo l’obbligo di redigere il proprio POS e verificare la congruenza del POS dell’impresa esecutrice rispetto al proprio; ma i rischi gravanti sul proprio personale presente in cantiere nello svolgimento dei lavori sono espressamente previsti, per legge, in capo al datore di lavoro dell’impresa esecutrice e non, invece, in capo all’impresa committente o sub committente[5].

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2. Gli organi di vigilanza competenti alla contestazione delle contravvenzioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro ed il relativo iter per la comunicazione del verbale di prescrizione.

In genere, gli enti di vigilanza si trovano a contestare al datore di lavoro, ai dirigenti ed ai preposti delle imprese affidatarie, sia per reati di puro pericolo che per reati d’evento, l’omessa verifica delle condizioni di sicurezza dei lavori affidati e l’omessa applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del Piano Operativo di Sicurezza e quello di Coordinamento.

È proprio questa particolare tipologia di contestazione che necessita di un attento approfondimento, in considerazione della delicatezza della normativa in materia.

Innanzitutto in virtù dell’art. 13 del D.lgs. 81/2008 la vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è svolta dall’azienda sanitaria locale competente per territorio (ASL).

Invero allo scopo di rimuovere gli effetti e i rischi della contravvenzione di volta in volta accertata, che riguarderà la violazione degli articoli inerenti agli obblighi del datore di lavoro (descritti al paragrafo 1), l’organo di vigilanza, rivestendo la veste e le funzioni di polizia giudiziaria di cui all’art. 55 del codice di procedura penale, impartisce al contravventore un’apposita prescrizione tramite un verbale redatto in seguito al necessario sopralluogo, fissando per la regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario (prorogabile a richiesta del contravventore per la particolare complessità o per l’oggettiva difficoltà dell’adempimento), in nessun caso superiore ai sei mesi.

Con la prescrizione l’organo di vigilanza impone delle specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro, fermo restando l’obbligo di comunicazione al pubblico ministero della notizia di reato inerente alla contravvenzione ai sensi dell’art. 347 del codice di procedura penale.

Una volta notificato al contravventore il verbale con le prescrizioni da adempiere ed i relativi termini, l’organo di vigilanza ne verifica la corretta ottemperanza entro e non oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato nel verbale stesso, ed ammette, ai sensi dell’art. 21 D.lgs. 758/1994[6], il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari al quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa.

Quindi la contravvenzione si estingue se contestualmente il contravventore:

  1. adempie alla prescrizione impartita dall’organo di vigilanza nel termine fissato nel verbale;
  2. provvede al suddetto pagamento dell’ammenda previsto dall’art. 21.

Conseguentemente il pubblico ministero richiede l’archiviazione della notizia di reato.

 

3. Impugnazione del verbale di prescrizione notificato dall’organo di vigilanza (ASL).

Ma che cosa succede se il contravventore non adempie e decide di opporsi al verbale di prescrizione per contestarne il contenuto?

Trattandosi di atto non definitivo non sarà possibile procedere immediatamente alla tutela giurisdizionale.

Sul punto è necessario richiamare la pronuncia della Corte Costituzionale, ordinanza n. 160/02 del 7 Maggio 2002[7], di cui si passa ad analizzarne il contenuto.

Difatti il verbale con contestazione immediata o con notifica agli interessati (entro termini perentori a pena di estinzione dell’obbligazione di pagare), contenente una sanzione amministrativa pecuniaria, costituisce un mezzo per assegnare un termine agli stessi interessati per partecipare al procedimento con osservazioni, con scritti difensivi e presentazione di documentazione, ovvero per una sorta di composizione in via amministrativa (pagamento volontario in misura ridotta).

Invero il verbale in sé non può mai assumere, con il decorso dei termini, il valore di titolo per il pagamento, dovendo sempre ed in ogni caso – salvo che non intervenga una c.d. composizione con pagamento volontario ridotto – intervenire una ordinanza-ingiunzione o ordinanza di archiviazione dell’Autorità competente.

Tuttavia, conclude l’ecc.ma Corte Costituzionale, la mancata presentazione di osservazioni, scritti difensivi e documenti non condiziona affatto le possibilità di tutela giurisdizionale, potendo questa intervenire dopo un atto dell’amministrazione lesivo della posizione del responsabile (autore e obbligato solidale), che è rappresentato normalmente, come detto, dall’ordinanza-ingiunzione che contiene la determinazione e l’irrogazione della sanzione, ingiungendone il pagamento (costituendo la stessa titolo per la riscossione).

Ciò a differenza del sistema delle sanzioni pecuniarie relative alla materia delle violazioni al codice della strada per cui è consentita l’opposizione immediata in sede giurisdizionale, ai sensi degli artt. 22 e 23 della legge n. 689 del 1981[8], avverso il processo verbale di accertamento della violazione (si veda sul punto Corte di Cassazione, sentenza n. 4145 del 05 Aprile 2000[9]).

Ora, il richiamato indirizzo giurisprudenziale trae essenzialmente fondamento dall’esigenza di assicurare immediata tutela, in sede giurisdizionale, al soggetto che intenda impugnare o contestare un atto suscettibile di acquistare efficacia di titolo esecutivo per effetto del decorso del termine, alla stregua della speciale disciplina del procedimento di applicazione delle sanzioni amministrative dettata dal codice della strada sopra richiamata.

Ma il principio non può essere esteso anche nei riguardi delle violazioni depenalizzate soggette alla disciplina generale della legge n. 689 del 1981.

Ed infatti, soltanto nel regime speciale previsto dal codice della strada il processo verbale di accertamento dell’infrazione possiede la suindicata potenzialità di costituire titolo esecutivo e può porsi quindi quale atto terminale del procedimento sanzionatorio, in luogo dell’ordinanza-ingiunzione, così giustificando l’immediata opposizione in sede giurisdizionale.

Quindi, in mancanza dell’ordinanza d’ingiunzione (titolo per la riscossione avverso cui è ammesso il ricorso giurisdizionale) quale strumento avrà l’interessato per opporsi al contenuto del verbale di prescrizione (atto non definitivo) comunicato o notificato dall’Autorità sanitaria locale che contiene delle prescrizioni al fine di sanare l’eventuale contravvenzione compiuta in materia di salute e sicurezza sul lavoro?

Ai sensi dell’art. 302 bis del D.lgs. 81/2008 sarà ammesso ricorso amministrativo, entro trenta giorni, con eventuale richiesta di sospensione dell’esecutività dei provvedimenti, all’Autorità gerarchicamente sovraordinata[10] nell’ambito dei rispettivi organi di vigilanza, che decide il ricorso entro quindici giorni.

Ai fini del ricorso dovrà sussistere la legittimazione del ricorrente a impugnare l’atto amministrativo illegittimo, in quanto titolare di una situazione giuridica soggettiva lesa dal provvedimento amministrativo impugnato.

Inoltre dovrà sussistere l’interesse personale, diretto ed attuale del ricorrente al ricorso, in quanto dall’accoglimento dello stesso potrà derivare un vantaggio pratico e concreto alla sua sfera giuridica, conseguente all’annullamento del verbale di prescrizione impugnato e delle relative sanzioni.

Decorso inutilmente il termine di quindici giorni previsto per la decisione ex art. 302 bis comma 2 del D.lgs. 81/08 il ricorso si intenderà respinto.

 

4. Motivi di contestazione del verbale di prescrizione impugnato con il ricorso gerarchico.

Ogni atto amministrativo deve contenere, a pena di nullità, la necessaria motivazione che è richiesta al fine di assolvere tre funzioni fondamentali (ex L. 241/90[11]):

  • agevolare l’interpretazione dell’atto;
  • permetterne il sindacato ispettivo e giurisdizionale;
  • favorire la trasparenza e l’efficienza dell’azione amministrativa[12].

1) Per quanto attiene alla prima funzione (agevolare l’interpretazione dell’atto), il soggetto investito dall’atto amministrativo deve essere posto, attraverso la motivazione, nella condizione di capire ciò che ha indotto la PA ad emanare l’atto, le ragioni che vi sono sottese e i possibili rimedi esperibili.

Questa funzione è detta endoprocedimentale poiché si estrinseca all’interno del procedimento amministrativo nell’ambito del quale il cittadino è coinvolto.

Infatti, come suddetto, in caso di riscontro di una contravvenzione, l’organo di vigilanza (nella fattispecie di cui ci occupiamo, l’ASL territorialmente competente) nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria, impartisce al contravventore una “prescrizione”.

Tale prescrizione obbligatoria è disciplinata dagli artt. da 19 a 25 del D.lgs. 758/94 e deve necessariamente indicare:

  1. un termine per la regolarizzazione (non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario, non superiore a sei mesi, eventualmente prorogabili su richiesta motivata);
  2. imposizione di specifiche misure per far cessare il pericolo.

Quindi, in mancanza delle suddette indicazioni il verbale di prescrizione sarà illegittimo e/o nullo.

2) Venendo alla seconda funzione cui è destinata la necessaria motivazione di un atto amministrativo (permetterne il sindacato ispettivo e giurisdizionale), questa è detta endoprocessuale proprio perché si esplica all’interno del giudizio attraverso due distinte declinazioni.

Infatti da un lato, la motivazione permette di esercitare il diritto di difesa sancito ex art. 111 Cost, dal momento che il soggetto inciso dal provvedimento può impugnare quest’ultimo e rispondere a contrario – accampando le proprie ragioni – alle determinazioni della PA in modo da scalzarle.

Dall’altro, inoltre, attraverso l’obbligo di motivazione, si impone all’atto amministrativo un requisito strettamente connesso alla discrezionalità di cui gode la PA e sul quale il giudice esercita una funzione di controllo tramite il sindacato di legittimità affinché la discrezionalità di cui gode la PA non sconfini in arbitrio o in pura soggettività amministrativa.

In tal senso, dunque, va letto il dispositivo ex art. 3 della Legge n. 241/90 che impone che in ogni atto vi siano “indicati il termine e l’Autorità cui è possibile ricorrere”.

Invero sul punto si richiama la sentenza n. 310/2010 della Corte Costituzionale[13] che, chiamata a giudicare circa l’incostituzionalità dell’art. 14 del D.lgs. 81/2008 nella parte in cui al primo comma prevede che ai provvedimenti di sospensione dell’attività imprenditoriale previsti dalla citata norma non si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, ha sancito che: “L’obbligo di motivare i provvedimenti amministrativi (…) è diretto a realizzare la conoscibilità, e quindi la trasparenza, dell’azione amministrativa. Esso è radicato negli artt. 97 e 113 Cost., in quanto da un lato, costituisce corollario dei principi di buon andamento e di imparzialità dell’amministrazione e, dall’altro, consente al destinatario del provvedimento, che ritenga lesa una propria situazione giuridica, di far valere la relativa tutela giurisdizionale”.

Quindi, in mancanza delle suddette indicazioni il verbale di prescrizione sarà illegittimo e/o nullo.

3) La terza funzione cui è destinata la motivazione di un atto amministrativo (favorire la trasparenza dell’azione amministrativa), invece, ha una peculiarità che si riverbera al di fuori e al di là del procedimento amministrativo e che consiste nel permettere a tutti i consociati (non solo al singolo coinvolto nel procedimento) di controllare e vagliare l’attività della PA, al fine di consentire la tutela della posizione giuridica soggettiva potenzialmente lesa dall’azione amministrativa (cd. interesse legittimo).

In tale solco si inseriscono i principi generali di economicità, trasparenza, imparzialità ed efficacia (codificati ex art. 1 della Legge sul procedimento amministrativo) che reggono e ispirano l’attività amministrativa e che non sono altro che il precipitato – a livello ordinario – dei corollari riconducibili ai principi fondamentali enunciati dall’art. 97 Cost.

Quindi, in mancanza di una motivazione che eviti alla PA di sconfinare nel campo dell’assoluta discrezionalità, il verbale di prescrizione sarà illegittimo e/o nullo.

 

5. Il successivo ricorso giurisdizionale.

Decorso il termine di 15 giorni, indicato dall’art. 302 bis del D.lgs. 81/2008, l’Autorità adita (ASL), sentiti gli interessati (laddove gli stessi ne abbiano fatto espressa richiesta nel ricorso gerarchico), ed esaminato il contenuto dello scritto difensivo, nonché della relativa documentazione allegata, se ritiene fondato l’accertamento, determina con ordinanza motivata, ai sensi dell’art. 18 della L. 689/81, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, all’autore della violazione ed alle persone che vi sono obbligate solidalmente, altrimenti emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti comunicandola integralmente all’organo che ha redatto il rapporto.

A questo punto non bisogna cadere in errore.

Infatti, ai sensi dell’art. 133 comma 1 lett. L) del D.lgs. 104/2010[14], recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge, le controversie aventi ad oggetto provvedimenti, anche sanzionatori, adottati da Organismi di vigilanza e controllo.

Tuttavia tali Organismi sono diversi da quelli indicati nell’art. 13 del D.lgs. 81/2008 (aziende sanitarie locali competenti per territorio).

Invero avverso l’ordinanza-ingiunzione, emessa ai sensi dell’art. 18 della L. 689/81, sarà possibile proporre ricorso giurisdizionale, si badi bene, dinanzi all’Autorità giudiziaria ordinaria.

La disciplina è contenuta nell’art. 22 della Legge 689/81 il quale prevede che l’opposizione è regolata dall’art. 6 del D.lgs. n. 150 del 1 Settembre 2011[15].

La normativa in esame indica che, salve le  competenze stabilite da altre disposizioni di legge,  l’opposizione  si  propone davanti al giudice di pace.

Anche in questo caso non bisogna cadere in errore.

Infatti, ai sensi del comma 4, l’opposizione si propone davanti al Tribunale quando la sanzione applicata riguardi una violazione compiuta in materia di “tutela del lavoro, di igiene sui  luoghi  di  lavoro  e  di prevenzione degli infortuni sul lavoro”, ossia la materia disciplinata ai sensi del D.lgs. 81/2008, oggetto del nostro approfondimento.

Infine il rito applicabile sarà il rito del lavoro e il relativo ricorso dovrà essere proposto, a pena di inammissibilità entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento che si vuole impugnare[16] e potrà essere depositato anche a mezzo posta nella cancelleria del Giudice al quale si ricorre.

 

6. Mancata audizione degli interessati ed omessa valutazione delle difese proposte con il ricorso gerarchico.

Abbiamo detto che una volta notificato il ricorso, prima dell’emanazione del provvedimento, sia esso di ordinanza-ingiunzione che di ordinanza di archiviazione, l’Autorità amministrativa ha l’obbligo di prendere in considerazione le difese dell’interessato.

Cosa succede se a seguito del ricorso gerarchico l’Autorità competente non provvede all’ascolto personale delle parti e dei rispettivi difensori (nonostante l’esplicita richiesta effettuata in tal senso)?

Per quasi trent’anni dall’emanazione della Legge 689 del 1981 l’opposizione dell’interessato, oltre che per motivi di merito, poteva essere accolta qualora l’ordinanza-ingiunzione non fosse stata motivata o non fosse stato sentito l’interessato che ne avesse fatto richiesta[17].

In tali casi si arrivava a una sentenza di accoglimento dell’opposizione per illegittimità dell’ordinanza impugnata e questo era l’orientamento giurisprudenziale maggioritario.

L’inversione di tendenza arriva con la sentenza n.1786 del 28.1.2010 mediante la quale la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha sancito il nuovo principio di diritto in virtù del quale i vizi motivazionali dell’ordinanza ingiunzione (tra i quali la mancata audizione dell’interessato) non comportano la nullità del provvedimento, e quindi l’insussistenza del diritto di credito derivante dalla violazione commessa, in quanto l’oggetto del giudizio non sarebbe poi l’atto impugnato (cioè l’ordinanza ingiunzione) ma il rapporto sanzionatorio.

Infatti, continua la Suprema Corte, sussisterà comunque la cognizione piena in sede giurisdizionale e sarà il Giudice a dover valutare le deduzioni difensive proposte.

Invero gli argomenti a proprio favore che l’interessato avrebbe potuto sostenere in sede di audizione dinanzi all’autorità amministrativa ben possono essere prospettati in sede giurisdizionale.

Quindi per tali motivi, si può pacificamente osservare che oggi la mancata audizione del ricorrente da parte dell’Autorità adita non comporta la nullità dell’ordinanza ingiunzione: tuttavia la convocazione della parte interessata che ne abbia fatto richiesta con il ricorso costituisce ancora per l’Amministrazione, ai sensi dell’art. 18 legge n. 689 del 1981, un obbligo posto a garanzia dei diritti di difesa del privato, e l’eventuale omissione comporta una violazione dell’art. 24 della Costituzione che potrà essere fatta valere come ulteriore motivo di ricorso in sede giurisdizionale.

Infine che cosa succede se l’Autorità adita non si pronuncia sul ricorso gerarchico nel termine di 15 giorni previsto dall’articolo 302 bis del D.lgs. 81/2008 né, tantomeno, sente gli interessati nonostante l’esplicita richiesta effettuata in tal senso e quindi non procede né a ingiungere il pagamento della somma eventualmente dovuta con ordinanza motivata nè, altrimenti, ad emettere ordinanza motivata di archiviazione, violando di fatto quanto previsto nell’art. 18 L. 689/81?

Il ricorso amministrativo (gerarchico) sarà inteso respinto a tutti gli effetti, essendosi formato il silenzio-rigetto, e contro il provvedimento, già impugnato con il ricorso gerarchico, sarà esperibile il ricorso all’Autorità giurisdizionale competente (ex art. 22 della L. 689/81 ed ex art. 6 del D.lgs. n.150/2011) che avrà ad oggetto anche il suddetto silenzio-rigetto dell’Autorità precedentemente adita ex art. 302 bis D.lgs. 81/08.

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*Il presente saggio è il frutto di uno studio congiunto di entrambi gli autori. Tuttavia, ai fini della ripartizione dei paragrafi, si precisa che i paragrafi 1, 2, 3 e 4 vanno attribuiti a Gianluigi Capaccio, mentre i paragrafi 5 e 6 a Raffaele Chianese

Note

[1] Cfr. Gazzetta Ufficiale, Decreto Legislativo 9 Aprile 2008, n. 81: attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. (GU Serie Generale n.101 del 30-04-2008 – Suppl. Ordinario n. 108).

[2] Il piano operativo di sicurezza (POS) è il documento che un datore di lavoro deve redigere prima di iniziare le attività operative in un cantiere esterno. Il POS rappresenta il dettaglio della valutazione dei rischi già prevista dall’art. 4 del D.Lgs. 626/94, ora abrogato e sostituito dal Testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro approvato con decreto legislativo 9 aprile 2008 , n. 81 e successive modifiche. obiettivo del POS è quello di descrivere le migliori contromisure da adottare nelle attività di cantiere al fine di salvaguardare l’incolumità fisica dei lavoratori.

[3] Il Coordinatore della Sicurezza in Fase di Esecuzione (CSE) è un tecnico incaricato dal committente o dal responsabile dei lavori. Il C.S.E. ha l’obbligo di coordinare i lavori nel corso della fase realizzativa, con attività di coordinamento di vario genere tra cui attività preliminari, cioè quelle che precedono la consegna dei lavori, attività di sistematico coordinamento e sopralluoghi di sicurezza, attività aggiornamento e integrazione del Piano di Sicurezza (PSC).

[4] Il piano di sicurezza e coordinamento (PSC) è il documento che il coordinatore per la progettazione o esecuzione dell’opera, su incarico del committente, deve redigere prima che vengano iniziate le attività lavorative in un cantiere edile, ai sensi dell’art.100 del Testo unico sulla sicurezza sul lavoro. Obiettivo del PSC è quello di descrivere le fasi operative che verranno svolte nel cantiere, individuare tutte le eventuali fasi critiche del processo di costruzione quindi prescrivere tutte le azioni atte a prevenire o ridurre i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori con particolare riferimento ai rischi derivanti da lavorazioni interferenti.

[5] C.G. CATANOSO, “L’impresa affidataria e la sicurezza in cantiere”, articolo del 20/07/2017, rivista “puntosicuro.it”.

[6] Cfr. Gazzetta Ufficiale, Decreto Legislativo 19 dicembre 1994, n. 758 : Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro. (GU Serie Generale n.21 del 26-01-1995 – Suppl. Ordinario n. 9).

[7] Cfr. Corte Costituzionale, ordinanza n. 160/02 del 7 Maggio 2002 su cortecostituzionale.it nella sezione “ricerca pronunce”.

[8] Cfr. Gazzetta Ufficiale, Legge 24 novembre 1981, n. 689: Modifiche al sistema penale. (GU Serie Generale n.329 del 30-11-1981 – Suppl. Ordinario).

[9] Corte di Cassazione, sentenza n. 4145 del 05 Aprile 2000: “solo per le violazioni al Codice della strada è ammessa – in alternativa al ricorso amministrativo davanti al Prefetto – l’opposizione immediata in sede giurisdizionale avverso “il processo verbale di accertamento” dell’illecito amministrativo. Viceversa, al di fuori di questo “regime speciale”, il verbale di accertamento delle sanzioni amministrative, soggetto alla disciplina della Legge n. 689/1981, non possiede carattere di titolo esecutivo, ma viene trasmesso all’Autorità amministrativa titolare della potestà sanzionatoria”.

[10] L’Autorità gerarchicamente sovraordinata all’azienda sanitaria locale (ASL) è la Regione.

[11] Cfr. Gazzetta Ufficiale, Legge 7 agosto 1990, n. 241: Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi. (GU Serie Generale n.192 del 18-08-1990).

[12] I. ROSSI, “La motivazione del provvedimento amministrativo: evoluzione storica dell’istituto, sua disciplina positiva e possibilità”, www.ildirittoamministrativo.it.

[13] Cfr. Corte Costituzionale, sentenza 310/2010 del 2 Novembre 2010 su cortecostituzionale.it nella sezione “ricerca pronunce”.

[14] D.lgs. 104/2010, art. 133 comma 1 lett. L): “le controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti, compresi quelli sanzionatori ed esclusi quelli inerenti ai rapporti di impiego privatizzati, adottati [dalla Banca d’Italia], dagli Organismi di cui agli articoli 112-bis, 113 e 128-duodecies del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, e dalle altre Autorità istituite ai sensi della legge 14 novembre 1995, n. 481, dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, dalla Commissione vigilanza fondi pensione, dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità della pubblica amministrazione, dall’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private, comprese le controversie relative ai ricorsi avverso gli atti che applicano le sanzioni ai sensi dell’articolo 326 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209”.  (lettera dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 94 del 2014, nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, con cognizione estesa al merito, e alla competenza funzionale del TAR il Lazio, sede di Roma, le controversie in materia di sanzioni irrogate dalla Banca d’Italia).

[15] Cfr. Gazzetta Ufficiale, Decreto Legislativo 1 Settembre 2011, n. 150: Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69. (11G0192) (GU Serie Generale n.220 del 21-09-2011).

[16] L’art. 6, comma  6 del D.lgs. n. 150 del 1 Settembre 2011 continua: “ovvero  entro  sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero”.

[17] Art. 18 della L. 689/81: “L’Autorità competente, sentiti gli interessati, ove questi ne abbiano fatto richiesta, ed esaminati i documenti inviati e gli argomenti esposti negli scritti difensivi, se ritiene fondato l’accertamento, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, all’autore della violazione ed alle persone che vi sono obbligate solidalmente, altrimenti emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti comunicandola integralmente all’organo che ha redatto il rapporto”.

 

Avv. Raffaele Chianese

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