(Riferimenti normativi: Cod. proc. pen., art. 544, c. 3, Disp. att. c.p.p., art. 154, c. 4-bis)
Il fatto
Il Tribunale di Rieti rigettava una richiesta di restituzione nel termine per l’appello di una sentenza nonostante non fosse stato dato avviso del deposito della sentenza, avvenuto il 15 ottobre, e quindi oltre il termine di novanta giorni indicato al momento della pronuncia per la redazione della motivazione e, però, entro quello, di ulteriori novanta giorni, stabilito in proroga dal provvedimento del Presidente del Tribunale ex art. 154 disp. att. c.p.p., e in scadenza proprio il giorno 15 ottobre.
Veniva a tal proposito osservato che se non vi era dubbio come non fosse stato dato avviso di deposito della sentenza, era pur vero che fu notificato il provvedimento presidenziale di proroga del termine per il deposito della sentenza che, secondo la giurisprudenza di legittimità, tiene luogo dell’avviso di deposito della motivazione.
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I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso l’ordinanza proponeva ricorso il difensore dell’istante che aveva dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione.
Il Tribunale avrebbe errato, secondo il ricorrente, nell’affermare che la notifica fatta il 17 ottobre 2018, relativa all’avviso di deposito tardivo della sentenza, riguardava la posizione processuale del ricorrente perché essa invero ebbe ad oggetto la posizione processuale del coimputato e fu operata in favore del difensore di quest’ultimo e non dell’odierno istante.
Al ricorrente non fu notificato l’avviso di deposito e il mancato rispetto del termine per il deposito della motivazione, sì come fissato nella sentenza, e ciò comportava, per la difesa, sempre e in ogni caso, un mancato rispetto del termine anche nell’ipotesi in cui vi sia un provvedimento del Presidente del Tribunale che conceda una proroga.
Il decreto di proroga, a sua volta, non si poneva in alcun modo in misura alternativa e/o derogatoria alle disposizioni dell’art. 548 c.p.p., comma 2.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso veniva ritenuto non meritevole di accoglimento per le seguenti ragioni.
Si osservava a tal riguardo prima di tutto che la giurisprudenza assolutamente prevalente afferma che in caso di proroga presidenziale del termine per il deposito della sentenza, se il provvedimento di proroga è notificato alle parti, il termine di impugnazione decorre dalla scadenza del termine prorogato e non già dall’avviso di deposito della sentenza avvenuto oltre il termine indicato in sentenza ma entro quello prorogato essendo stato stabilito che, “nel caso i cui i termini per la redazione della sentenza, indicati nel dispositivo ai sensi dell’art. 544 c.p.p., comma 3, siano stati prorogati con il provvedimento disciplinato dall’art. 154 disp. att. c.p.p., comma 4-bis i termini per l’impugnazione decorrono dalla scadenza del termine risultante dal provvedimento di proroga che deve essere sempre tempestivamente comunicato e notificato alle parti del processo” – Sez. 6, n. 15477 del 28/02/2014 -; precisandosi al contempo però che detta regola vale per il caso in cui il provvedimento di proroga “sia stato comunicato e notificato alle parti del processo” perché “in caso contrario il termine decorre dal giorno di notificazione alle parti dell’avviso di deposito della sentenza” – Sez. 6, n. 29150 del 09/05/2017; v., in conformità, Sez. 4, n. 58249 del 17/10/2018 -.
A fronte di tale approdo ermeneutico, gli Ermellini evidenziavano inoltre come queste posizioni interpretative avessero superato un ormai datato arresto di segno contrario che invece valorizzava la formula letterale dell’art. 585 c.p.p. ove si stabilisce che il termine di impugnazione decorre dalla “scadenza del termine stabilito dalla legge o determinato dal giudice…”.
In detto articolo non si fa menzione della proroga per provvedimento presidenziale che non è riconducibile alle due categorie ivi menzionate, del termine fissato dalla legge e di quello determinato dal giudice perché il presidente del Tribunale o della Corte di appello non è un giudice rilevandosi al contempo come il lontano precedente avesse concluso che “la proroga dei termini per la redazione della motivazione, disposta ai sensi dell’art. 154 disp. att. c.p.p., comma 4-bis non comporta il prolungamento del periodo fissato per il deposito della sentenza, sicché il dies a quo dei termini di impugnazione coincide non già con la scadenza del termine stabilito per il deposito aumentato del periodo prorogato, ma con il giorno di notificazione alle parti dell’avviso di deposito” – Sez. 2, n. 1514 del 21/10/2005, dep. 2006 – nonchè valorizzato il dato della collocazione sistematica della disposizione sulla proroga presidenziale per trarre la conclusione dell’estraneità alla disciplina dei termini di impugnazione, ulteriormente rafforzata dalla considerazione della ratio della previsione, esclusivamente rivolta a concedere al giudice estensore un più adeguato termine di redazione della motivazione al riparo da conseguenze di carattere disciplinare.
In tale direzione era stato tra l’altro osservato che tale natura della disposizione trovava conferma nella previsione della formalità di comunicazione al Csm del provvedimento di proroga non spiegabile nella diversa ottica di una modificazione del termine per impugnare ma tale
impostazione era stata oggetto di riflessione critica ad opera della successiva giurisprudenza – in specie di quella formatasi in tema di rapporto tra il decreto di proroga e la durata della sospensione dei termini di custodia cautelare -, che aveva invece valorizzato il collegamento sistematico della disposizione di attuazione con le norme codicistiche facendo leva sulla rubrica, intitolata alla redazione non immediata dei motivi della sentenza, sulla falsariga di quella dell’art. 544 c.p.p., e sull’articolazione dei singoli commi, aventi ad oggetto la regolazione delle modalità di individuazione del soggetto con il compito di redigere la motivazione, il procedimento di elaborazione e approvazione della stessa, la formazione e la sottoscrizione dell’originale.
La disciplina della proroga dei termini di deposito della sentenza, per la Suprema Corte, assume così una indubbia valenza processuale dal momento che è finalizzata ad integrare la previsione codicistica in merito ai tempi di stesura della motivazione in riguardo ad ipotesi peculiari che presuppongono una richiesta e un provvedimento motivati.
Oltre a ciò, veniva notato come sia prevista la comunicazione al Csm che non ne svilisce la natura processuale ma, anzi, lo conferma iscrivendosi nel generale dovere,anche deontologico, di osservanza delle disposizioni processuali la cui violazione ben può assumere rilevanza sul piano delle valutazioni di professionalità del magistrato e su quello disciplinare.
Da qui la conclusione che la disposizione di attuazione è sistematicamente correlata a quella codicistica circa il deposito della sentenza di cui è necessario completamento con l’ulteriore conseguenza che il rinvio operato dall’art. 304, comma 1, lett. c) all’art. 544 c.p.p., comma 3, comprende anche il periodo eventualmente prorogato per provvedimento presidenziale – Sez. 1, n. 43813 del 08/10/2008; v., poi, Sez. 5, n. 20822 del 31/03/2009; Sez. 6, n. 22811 del 25/05/2011 -.
Orbene, in forza dell’affermato collegamento sistematico della disposizione di attuazione sulla proroga dei termini di deposito della sentenza con quella codicistica avente il medesimo oggetto, veniva rilevato come si fosse nel tempo consolidata la giurisprudenza prima richiamata sul tema di diretto interesse che a sua volta aveva evidenziato come fosse il medesimo il contesto procedurale dei due aspetti relativi alla proroga dei termini per la redazione della motivazione della sentenza e alla proroga della sospensione dei termini della custodia cautelare durante il decorso dei termini per la redazione della motivazione.
Essenziale, affinché possa esservi diretta incidenza sul termine di impugnazione, è, per il Supremo Consesso, che il provvedimento presidenziale di proroga sia comunicato/notificato alle parti del processo che già avevano ricevuto la prima informazione circa il deposito della sentenza contenuto nel dispositivo della deliberazione in quanto, ove non fosse così, non potrebbe altrimenti essere mantenuto, per ovvie ragioni di garanzia, il meccanismo automatico di decorrenza dei corrispondenti termini per l’impugnazione.
Ebbene, declinando tali criteri ermeneutici rispetto al caso di specie, i giudici di piazza Cavour evidenziavano come il ricorrente avesse ricevuto notifica, non già dell’avviso di deposito della sentenza, circostanza questa non controversa, ma del provvedimento presidenziale di proroga e tale dato, chiaramente indicato dall’ordinanza impugnata, rendeva, per la Corte, infondato il ricorso per le ragioni esposte.
Il ricorso veniva pertanto rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Conclusioni
La decisione in esame è assai interessante in quanto in essa si spiega da quando decorrono i termini per l’impugnazione nel caso i cui i termini per la redazione della sentenza, indicati nel dispositivo ai sensi dell’art. 544 c.p.p., comma 3, (ossia il caso in cui, quando “la stesura della motivazione è particolarmente complessa per il numero delle parti o per il numero e la gravità delle imputazioni, il giudice, se ritiene di non poter depositare la sentenza nel termine previsto dal comma 2, può indicare nel dispositivo un termine più lungo, non eccedente comunque il novantesimo giorno da quello della pronuncia”) siano stati prorogati con il provvedimento disciplinato dall’art. 154 disp. att. c.p.p., comma 4-bis ossia quello con cui il Presidente della Corte d’appello può prorogare, su richiesta motivata del giudice che deve procedere alla redazione della motivazione, i termini previsti dall’articolo 544, comma 3, del codice, per una sola volta e per un periodo massimo di novanta giorni, esonerando, se necessario, il giudice estensore da altri incarichi (fermo restando che, per un verso, per i giudizi di primo grado ,provvede il presidente del tribunale, per altro verso, in ogni caso, del provvedimento è data comunicazione al Consiglio superiore della magistratura).
Difatti, in tale pronuncia, citandosi precedenti conformi, è asserito che, in caso di proroga presidenziale del termine per il deposito della sentenza, se il provvedimento di proroga è notificato alle parti, il termine di impugnazione decorre dalla scadenza del termine prorogato e non già dall’avviso di deposito della sentenza avvenuto oltre il termine indicato in sentenza ma entro quello prorogato fermo restando che ciò vale per il caso in cui il provvedimento di proroga sia stato comunicato e notificato alle parti del processo perché in caso contrario il termine decorre dal giorno di notificazione alle parti dell’avviso di deposito della sentenza.
Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione al fine di calcolare correttamente il decorso dei termini per impugnare ove si verifichi una situazione di questo genere.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.
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