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Premessa
Come noto, il principio maggioritario costituisce un aspetto cardine nel regolare ed usuale funzionamento delle società di capitali: la volontà dei soci che rappresentano una determinata percentuale del capitale sociale vale ad esprimere la volontà sociale, ragion per cui la volontà così determinatasi – sempre a condizione che vengano rispettate le varie regole del procedimento assembleare – vincola tutti i soci[1].
Tuttavia, nella prassi può capitare che tale principio cardine entri in crisi dinnanzi a quelle situazioni in cui il capitale sociale risulti essere ripartito esattamente in due parti uguali o, comunque, si sia al cospetto di partecipazioni sociali paritetiche[2].
Tradizionalmente, lo stallo decisionale può verificarsi in caso uno dei soci si disinteressi completamente dell’attività sociale, oppure qualora vi sia un aspro dissenso fra i soci.
In aggiunta, un’ulteriore situazione in cui lo stallo sociale può verificarsi si ha allorché le parti abbiano predeterminato di dover assumere determinate decisioni – essenziali per il consesso sociale – solo all’unanimità o, in alternativa, in presenza di una maggioranza qualificata e di una certa consistenza partecipativa.
Ora, in tali situazioni è alquanto intuitivo prevedere che l’assunzione delle deliberazioni possa aversi solo in caso di unanimità, situazione di difficile realizzazione qualora si sia di fronte a centri di interessi contrapposti e speculari o, comunque, in forte disaccordo.
Pertanto, in fattispecie quali quelle testé descritte è sempre concreto ed attuale il verificarsi di situazioni di stallo decisionale e gestorio, le quali provocano inevitabilmente la paralisi totale dell’attività sociale. La circostanza, peraltro, non è da reputarsi di certo secondaria se si tiene in debito conto che il reiterato dissenso insanabile tra i soci può condurre alla dissoluzione della società.
Ulteriori rischi insiti in una situazione di stallo decisionale sono il depauperamento della ricchezza aziendale, il trasferimento dei conflitti aziendali all’interno del C.d.A. (con conseguente pericolo che la governance incorra in casi di inefficienza gestionale e strategica) nonché la pratica di un ostruzionismo fine a sé stesso o, comunque, pilotato (sovente effettuato al fine di alzare il prezzo di buona uscita).
Tuttavia, al fine di prevenire simili evenienze, è rimessa alla libertà dei soci la possibilità di concordare pattiziamente e preventivamente che qualora si dovesse verificare una situazione di stallo decisionale, trovi attivazione un determinato tipo di clausola, nota come russian roulette.
Preliminarmente, pare opportuno puntualizzare come tale clausola, utilizzata nella prassi nei contratti internazionali, sia solita rinvenirsi negli shareholders agreements – paragonabili ai nostri patti parasociali – o, in alternativa, negli equity joint venture agreements, atti in cui il testo contrattuale incorpora la regolamentazione che i venturers si sono dati per gestire la società da essi creata e partecipata.
Nello specifico, i soci possono prevedere che al verificarsi di determinati triggered events[3], uno dei due soci (o entrambi, ove pattuito) abbia il potere di notificare all’altra la propria decisione, consistente o nella volontà di vendere la propria partecipazione sociale o di acquistare quella dell’altro socio, determinando in ambedue i casi il valore del 50% del capitale.
Pertanto, la parte che si vede notificare tale offerta è posta – ex art. 1285 c.c. – di fronte a un bivio: da una parte, accettare l’offerta pervenuta, dall’altra, formulare una contro-offerta del tutto speculare entro un periodo di tempo predeterminato[4].
Sul punto, è importante puntualizzare come trattasi di determinazione unilaterale del prezzo su cui non sono ammessi rilanci o, comunque, negoziazioni di qualsivoglia genere.
Tuttavia, la libera ed unilaterale determinazione del prezzo è controbilanciata dal meccanismo che conferisce il potere di scelta tra l’acquisto e la vendita alla parte che non ha operato la quantificazione del corrispettivo[5]. In capo alla parte oblata, pertanto, vi è una doppia opzione che impedisce di ravvisare nei confronti di quest’ultima una posizione di mera soggezione.
Peraltro, la prassi[6] non permette di rinvenire alcun principio generale che richieda l’equa determinazione del valore della partecipazione del socio uscente dalla compagine sociale per mezzo della clausola in parola. Detto altrimenti, la parte che prende l’iniziativa di attivare tale clausola non è vincolata ad adottare alcun criterio di valutazione per stabilire il prezzo che sarà in seguito oggetto di offerta alla parte oblata[7].
Ed invero, si può fondatamente affermare che in virtù della sua intrinseca natura, la clausola in questione assicura l’equilibrio negoziale. Nello specifico, tale equilibrio è garantito dal fatto che la scelta fra l’acquisto e la vendita spetta alla parte che non ha operato la determinazione del prezzo.
La russian roulette clause nella giurisprudenza italiana
A fronte di tale quadro fattuale e giuridico di riferimento, pare quantomeno opportuno soffermarsi su un recente arresto della giurisprudenza di merito[8] che, in assenza di precedenti giurisprudenziali in argomento, costituisce un’imprescindibile pietra miliare.
I fatti di causa si sostanziano, in estrema sintesi, nella intervenuta stipula di una clausola russian roulette tra due soci paritari di una s.p.a, diretta a risolvere il patto sociale qualora si fossero verificate alcune ipotesi predeterminate. In tale contesto, si sarebbe avuta l’uscita forzosa di uno dei due partners e l’acquisizione dell’intero capitale sociale da parte dell’altro.[9]
Nello specifico, al socio A veniva riconosciuto il diritto di determinare il valore-prezzo della propria partecipazione (senza necessità di compendiare i criteri seguiti per procedere alla sua quantificazione), invitando il socio B di procedere all’acquisto o, in alternativa, di cedere al socio A la propria partecipazione sociale.
Il Tribunale di Roma, nel rigettare le conclusioni formulate dalla parte attrice – che aveva invocato la nullità della russian roulette clause sotto plurimi profili[10] – ha fatto oggetto della propria analisi vari profili.
Passando in breve rassegna le singole censure di invalidità, è interessante rilevare quanto segue.
- La legittimità della russian roulette clause viene esaminata sotto il profilo della meritevolezza. In particolare, la clausola de qua appare meritevole di tutela ex art. 1322, co. 2, c.c., ritenuto che la stessa consente di far cessare l’incapacità decisionale dell’organo deliberativo, così evitando l’integrazione di una causa di scioglimento del consorzio sociale. In tale prospettiva, la finalità di risolvere uno stallo decisionale appare meritevole di protezione da parte dell’ordinamento, posto che il socio, nell’attivarla, è stato animato dalla finalità di risolvere le situazioni di impossibilità deliberativa ed evitare la dissoluzione dell’impresa economica.
- L’esame si sposta sulla legittimità di una clausola che rimetta a una sola delle parti la determinazione del prezzo. Secondo il Tribunale, il meccanismo delineato dalla clausola appare equilibrato, posto che la convenzione garantisce l’equilibrio negoziale in virtù del fatto che «la scelta tra l’acquisto e la vendita spetta alla parte che non ha operato la determinazione del prezzo». Ne consegue che la russian roulette clause non può dirsi meramente potestativa in quanto la determinazione del corrispettivo non è rimessa al mero arbitrio delle parti, con contestuale riduzione del rischio di commissione di abusi.
- Sotto altro profilo, è da respingersi la tesi secondo cui la clausola sarebbe nulla «per assenza di un meccanismo di equa valorizzazione della partecipazione sociale». Ciò in virtù del fatto che il socio che subisce la clausola detiene comunque il diritto di scegliere se acquistare o meno le azioni al prezzo indicato dall’altro socio. Ne discende la validità della clausola, posto che «l’eventuale iniquità del prezzo non rileva come misura che segnali l’invalidità della clausola – per contrarietà a norma imperativa – ma rileva come prova o indizio della iniquità e del carattere emulativo della determinazione del prezzo».
- Un’ulteriore quesitone riguarda il possibile contrasto della clausola con il divieto di patto leonino. Ora, secondo il Tribunale, la clausola russian roulette non è idonea «ad escludere un socio dalla responsabilità della gestione ovvero a consentire a uno di essi di approfittare di una determinata situazione per escludere l’altro». Ciò in virtù del fatto che la parte cui è attribuita la facoltà di assumere l’iniziativa di attivare la procedura non è libera di farlo in qualsiasi momento, essendo tale facoltà subordinata al verificarsi di uno degli eventi indicati nella stessa clausola.
- Non osta alla validità della clausola il patto parasociale che, considerando come ipotesi di stallo il mancato rinnovo del patto medesimo, dispone a carico del socio che non intende più sottostarvi la sanzione costituita dall’attivazione della clausola russian roulette[11]. A detta del Tribunale, infatti, il meccanismo ideato dalle parti ha la sola finalità di evitare il cristallizzarsi di una situazione di stallo decisionale e, pertanto, il mancato rinnovo del patto parasociale può essere legittimamente assunto quale triggered event.
Dalla teoria alla prassi: un esempio di russian roulette clause
Fermo quanto sopra, sembra quantomeno opportuno riportare qui di seguito un possibile esempio di russian roulette clause estrapolato dalla prassi, al fine evidente di agevolare il Lettore nella comprensione della parte esplicativa del presente contributo nonché per assicurare una corretta completezza espositiva:
- «1. In caso di stallo, ciascuna Parte avrà il diritto di comunicare, entro X giorni dalla data di verificazione dello stallo, la volontà irrevocabile di acquistare l’intera partecipazione dell’altra Parte: tale comunicazione varrà anche come dichiarazione provenitene dalla Parte che la effettua della propria volontà irrevocabile di vendere l’intera sua partecipazione alla parte che ha ricevuto la comunicazione di acquisto. La dichiarazione dovrà contenere l’indicazione del prezzo offerto per il caso di acquisto. In caso di comunicazioni pervenute contemporaneamente, prevarrà l’offerta con prezzo più elevato e qualora anche il prezzo fosse identico si estrarrà a sorte la comunicazione che avrà efficacia ai seguenti fini.
- Entro X giorni dal ricevimento della comunicazione di sui sopra, la Parte destinataria della comunicazione dovrà comunicare all’altra se accetta irrevocabilmente la proposta di vendere alla Parte offerente la propria partecipazione, ovvero se accetta irrevocabilmente la proposta di acquistare dalla Parte offerente l’intera partecipazione di quest’ultima.
- In caso di mancata accettazione della proposta di vendita o della proposta di acquisto (intendendosi per mancata accettazione anche la mancata risposta entro il termine ovvero una risposta condizionata o comunque non conforme alla proposta), la Parte offerente potrà, a suo giudizio, decidere se acquistare dall’altra l’intera sua partecipazione della stessa, ovvero se vendere all’altra Parte l’intera partecipazione; l’altra Parte sarà obbligata a vendere la propria partecipazione ovvero ad acquistare la partecipazione della Parte offerente al prezzo indicato nella prima comunicazione».
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Conclusioni
In definitiva, si può affermare che la ratio della clausola russian roulette sia quella di andare a selezionare il contraente obbligato a vendere (o acquistare) la propria partecipazione sociale, nonché quella di giungere ad una determinazione del prezzo finale della relativa compravendita.
Così operando, la situazione di stallo viene risolta mediante una ricollocazione delle partecipazioni sociali all’interno della compagine sociale, scongiurando l’integrazione di una causa di scioglimento.
Pertanto, si può fondatamente affermare che la russian roulette clause costituisca uno strumento utile messo a disposizione dei soci[12] al fine di dirimere la (sempre possibile) verificazione di una situazione di stallo decisionale, e di garantire così un corretto svolgersi della vita sociale.
In definitiva, la clausola de qua – in società partecipate in maniera paritetica – costituisce di certo un’utile architettura negoziale, posto che il suo utilizzo permette di superare un’eventuale incapacità decisionale dell’organo deliberativo, evitando così il concretizzarsi di una causa di scioglimento del consorzio[13].
Andando ad evitare la paralisi societaria, è indubbio che il progetto imprenditoriale venga salvaguardato, mentre i costi e le lungaggini della procedura di liquidazione evitati.
In tal modo, si permette al socio che ancora nutre un interesse nei confronti del progetto sociale (o che crede ancora nello stesso) di avanzare una proposta di acquisto, effettuando al contempo una valutazione accurata ed obiettiva della partecipazione aziendale.
Peraltro, da un punto di vista prettamente pratico, l’utilità della clausola de qua si apprezza maggiormente se solo si considera che la società vede salvaguardato il proprio progetto sociale in virtù dell’acquisto dell’intero capitale sociale di uno dei soci, senza peraltro abbandonare le esigenze di semplicità e rapidità immanenti alla gestione sociale.
Tuttavia, risulta comunque utile ricordare come vi possa essere una contraddittorietà nel definire i c.d. triggered events, posto che, qualora questi non vengano espressamente indicati nella redazione della clausola non vi è al momento esauriente lista di situazioni di stallo in grado di attivare senza incertezze la clausola stessa.
Conclusivamente, non può ravvisarsi all’interno dell’ordinamento giuridico italiano alcuna norma imperativa che vieti o renda illegittima ex ante una clausola del tipo russian roulette.
Note
[1] Al riguardo, esemplificativo è il disposto dell’art. 2368, co. 1, c.c., a mente del quale «l’assemblea ordinaria è regolarmente costituita con l’intervento di tanti soci che rappresentino almeno la metà del capitale sociale, escluse dal computo le azioni prive del diritto di voto nell’assemblea medesima. Essa delibera a maggioranza assoluta, salvo che lo statuto richieda una maggioranza più elevata. Per la nomina alle cariche sociali lo statuto può stabilire norme particolari».
[2] Sul punto, è bene distinguere fra deadlock events – in cui si è al cospetto di un vero e proprio stallo decisionale – e stalemate events – qualificabili come situazioni di impasse.
[3] Si intende indicare, con tale terminologia, “eventi di stallo” dovuti al disaccordo dei soci, tali da portare alla impossibilità di deliberare e, quindi, alla paralisi dell’attività sociale.
[4] È evidente la differenza rispetto alla clausola drag along (altresì nota come “clausola di trascinamento”), in forza della quale qualora uno dei due soci (di solito, di maggioranza) intenda alienare la propria partecipazione, anche gli altri soci saranno obbligati ad alienare le proprie. In altre parole, il socio di minoranza concede, di fatto, al socio di maggioranza l’opzione di vendere, unitamente alla propria partecipazione di maggioranza, anche la quota di minoranza appartenente al medesimo socio di minoranza.
Altrettanto differente è la clausola tag along, il cui inserimento nello statuto sociale attribuisce al socio di minoranza il diritto di pretendere la vendita della propria quota qualora il socio di maggioranza venda il suo pacchetto. La ratio è evidente: mediante tale opzione, il socio di minoranza evita di restare “prigioniero” in una società in cui è in corso un avvicendamento nella quota maggioritaria.
[5] Pertanto, può fondatamente dirsi che tale unilateralità – sia per così dire – bilanciata dal rischio di veder perdere la propria partecipazione sociale.
[6] Oltretutto, va aggiunto che la prassi ha offerto ulteriori varianti della clausola in questione. La più comune è senza dubbio quella in cui la parte fa una proposta “neutra”, di fatto rimettendo all’altra parte la scelta se procedere alla vendita delle proprie azioni o all’acquisto delle altrui.
[7] Ciò, peraltro, è di fondamentale importanza, posto che nel diritto societario le metodologie di valutazione delle partecipazioni sono diverse e cambiano a seconda del contesto e delle operazioni compiute dalle parti.
[8] Nello specifico, si fa riferimento alla sentenza del Tribunale di Roma – Sezione Specializzata in materia di imprese, n. 19.708/2017 del 13 giugno 2017, pubblicata in data 19 ottobre 2017, Presidente Dott. Cardinali, Relatore Dott. Romano
[9] Peraltro, giova rilevare come la russian roulette clause è una soluzione che trova il suo terreno di elezione privilegiato all’interno della prassi contrattualistica internazionale. Ne consegue che la pronuncia de qua, essendo inerente ad un contratto retto dal diritto italiano, costituisce la prima pronuncia che esamina i profili di legittimità della russian roulette clause nel panorama interpretativo nostrano.
[10] In particolare, la nullità era stata invocata per vizio dell’oggetto (rimesso al mero arbitrio di una delle parti), per l’assenza di un meccanismo di equa valorizzazione della partecipazione sociale, per violazione del patto leonino e per violazione dell’art. 2341 bis c.c.
[11] A tal proposito, si rammenta come l’art. 2341 bis c.c. preveda come termine massimo del patto parasociale quello quinquennale, anche qualora i contraenti abbiano previsto un termine maggiore.
[12] In società partecipate in maniera paritetica, una clausola del tipo russian roulette costituisce di certo un’intelligente architettura negoziale da inserire.
[13] Palese, infatti, la natura del meccanismo oggetto di analisi, che mira a mantenere in vita la società.
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