Danni punitivi e polifunzionalità responsabilità civile

La funzione della responsabilità civile può essere analizzata seguendo due direttrici di pensiero. La concezione etica-sanzionatoria, da cui essa origina e che si basa sulla riprovazione morale della condotta tenutasi, incentrando il giudizio sulla colpa e la concezione tecnica-ripristinatoria, che si basa sulla redistribuzione della ricchezza, a seguito della produzione di un certo danno. Nell’attuale società del rischio, dove si assiste alla massificazione dei danni, molti dei quali non generati e non governabili dalle capacità umane, l’esigenza di garantire un ristoro economico dalle perdite subite è divenuta preponderante. Il presente contributo, anche attraverso l’analisi dell’istituto dei danni punitivi, mira a rimarcare la polifunzionalità della responsabilità civile e a riconsiderare la funzione sanzionatoria, come parte integrante la stessa.
Per approfondimenti si consiglia: Trattato della responsabilità civile – Tomi I, II, III

Indice

1. I danni punitivi: l’evoluzione giurisprudenziale


Sostanzialmente, con il termine punitive demage (danno punitivo), si fa riferimento ad un istituto estraneo all’ordinamento giuridico italiano, appartenente al corpus normo-giuridico di ordinamenti basati sul common law, tra tutti quello americano. Bisogna chiarire che, per estraneità non si deve intendere necessariamente la contrarietà dell’istituto al nostro ordinamento, bensì la semplice diversità del medesimo. Una diversità, che può ed in molte circostanze deve, essere valutata e criticata ponderatamente in ordine alle diverse situazioni giuridiche fattuali coinvolte e ai soggetti ed i relativi diritti ad esse collegati. Un compito quest’ultimo, necessariamente affidato al giudice del caso concreto, competente secondo le norme giuridiche predisposte in tal senso. La figura dei punitives damages, è entrata nel panorama giuridico italiano in tempi relativamente recenti. Per la prima volta la Corte di Cassazione se ne occupa nel 2007 affermando quanto segue[1]: “ritenuto che nell’ordinamento italiano alla responsabilità civile è estranea l’idea della punizione, fondandosi il risarcimento del danno sull’esistenza di una lesione e sulla prova delle conseguenze negative sofferte dal danneggiato.. che l’apprezzamento del giudice italiano, in sede di delibazione di una sentenza straniera, sull’eccessività dell’importo liquidato per danni dal giudice estero, con finalità punitive, consiste e si risolve in un giudizio di fatto riservato al giudice della delibazione, ed insindacabile, se congruamente e logicamente motivato, in sede di legittimità; ritenuto che è incompatibile con l’ordinamento italiano l’istituto nordamericano dei cc.dd. danni punitivi (“punitive damages”)… ritenuto, infine, conclusivamente, che nel nostro ordinamento la risarcibilità del danno è sempre condizionata all’accertamento delle sofferenze o delle lesioni inferte dall’illecita condotta altrui e non può considerarsi provata “in re ipsa”; ritenuto tutto quanto precede, non può essere delibata, perché contraria al nostro ordine pubblico, la sentenza nordamericana che, nel risarcire il danneggiato, abbia liquidato una somma ingiustificatamente sproporzionata (per eccesso) rispetto al danno subito”. Nella specie, era stata impugnata per cassazione, la pronuncia di rigetto dell’istanza di delibazione di una sentenza statunitense che aveva condannato il produttore di un casco protettivo, utilizzato dalla vittima di un incidente stradale. La sentenza aveva accertato il difetto di progettazione e costruzione della fibbia di chiusura del casco e aveva liquidato i danni secondo criteri che il giudice della delibazione aveva ritenuto propri dell’istituto dei danni punitivi (“punitive damages”) e, come tali, incompatibili con il nostro ordine pubblico[2])”, concludendo per la negazione del riconoscimento della sentenza statunitense, per contrasto con il su detto principio. In buona sostanza, la Cassazione è rigida nel negare ogni possibilità di ricezione dell’istituto, perché il medesimo per come costituito e per la funzione svolta, puramente sanzionatoria, si pone in netto contrasto con l’istituto interno della responsabilità civile, la quale è certamente non di tipo sanzionatorio. Tale orientamento, si era poi consolidato con una decisione della Corte di Appello di Trento[3] nel 2008 e con la sentenza della Corte di Cassazione (Prima Sezione) n. 1781 del 2012[4] la quale afferma: “nel vigente ordinamento il diritto al risarcimento del danno conseguente alla lesione di un diritto soggettivo non è riconosciuto con caratteristiche e finalità punitive, ma in relazione al pregiudizio subito dal titolare del diritto leso, né il medesimo ordinamento consente l’arricchimento se non sussista una causa giustificatrice dello spostamento patrimoniale da un soggetto ad un altro. Rimane estranea al sistema interno l’idea della punizione e della sanzione del responsabile civile ed è indifferente la valutazione a tal fine della sua condotta. L’apprezzamento del giudice nazionale sull’eccessività dell’importo liquidato per danni dal giudice straniero e l’attribuzione alla condanna, anche per effetto di tale valutazione di natura e finalità punitiva e sanzionatoria alla stregua dell’istituto dei cosiddetti «punitive damages», si risolvono in un giudizio di fatto, riservato al giudice della delibazione e insindacabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivato”. L’orientamento della Cassazione rimane immutato sul punto, anche con la successiva sentenza del 2015[5], in occasione della pronuncia sulla configurazione giuridica del danno tanatologico[6] ma, contrariamente alle pronunce precedenti, comincia a farsi strada la possibilità di quanto-meno aprire l’ordinamento giuridico interno, alla valutazione della compatibilità dell’istituto del danno punitivo, considerato estraneo al primo. In tal senso, la Corte afferma “la funzione sanzionatoria del risarcimento del danno, non è più incompatibile con i principi generali del nostro ordinamento”, fermo restando il limite della previsione legislativa degli stessi, (per poter applicare l’istituto dei danni punitivi nel nostro ordinamento, è necessario che quest’ultimi siano previsti e determinati da una norma di legge).Accanto allapreponderante e primaria funzione compensativo riparatoria” si riconosce adesso unanatura polifunzionale che si proietta verso più aree”, tra cui le principali sono quella preventiva-deterrente e quella sanzionatorio-punitiva: l’istituto dei risarcimenti puntivi “non è quindi ontologicamente incompatibile con l’ordinamento italiano”.
L’inversione di rotta sul punto si verifica con la sentenza n. 16601 del 5 luglio 2017[7], pronunciata dalle Sezioni Unite della Cassazione a seguito dell’ordinanza di rimessione n. 9978 del 2016[8] della prima sezione della Corte di Cassazione, attraverso la quale, ha ammesso il riconoscimento di una sentenza statunitense di condanna del soggetto danneggiante al risarcimento di danni ultra-compensatori, prospettando quantomeno a livello di principio, la compatibilità dei risarcimenti punitivi con il vigente ordinamento italiano.


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2. La polifunzionalità della responsabilità civile


Il lavoro interpretativo dei giudici interni, quindi, è giunto al superamento del carattere monofunzionale della responsabilità civile, quella compensativa, individuando altre possibili funzioni, tra cui quella preventiva in senso generale che, funge da monito per la comunità intera e la funzione sanzionatoria-afflittiva, che va a colpire il singolo soggetto coinvolto. Infatti, nella sentenza richiamata poc’anzi, la Corte si esprime in questo modo: “Nel vigente ordinamento, alla responsabilità civile non è assegnato solo il compito di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione, poiché sono interne al sistema la funzione di deterrenza e quella sanzionatoria del responsabile civile. Non è quindi ontologicamente incompatibile con l’ordinamento italiano l’istituto di origine statunitense dei risarcimenti punitivi”. 
Tale conclusione, si trova ad essere confermata anche dalla Corte Costituzionale[9] che, decidendo su una questione relativa all’art. 96 c.p.c., ha consacrato la natura non risarcitoria e più propriamente sanzionatoria, con finalità deflattive del contenzioso della responsabilità stessa. Inoltre, a supportare tali indirizzi normo-giurisprudenziali, vi è la consapevolezza che la polifunzionalità della responsabilità civile[10], sia desumibile direttamente dall’ordinamento giuridico interno. Infatti, vari esponenti della dottrina, hanno posto l’attenzione sul primo comma dell’art. 96 cod. proc. civ., che stabilisce: «se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d’ufficio, nella sentenza». In particolare, parte della giurisprudenza ha attribuito alla disposizione dell’art. 96 cod. proc. civ. una natura giuridica diversa dal principio generale indicato dall’art. 2043 cod. civ., rintracciando nell’azione valutativa del giudice a quo sul caso concreto, al fine di determinare l’entità del risarcimento secondo il criterio dell’equità, ampi margini di giustificazione extra-compensativa del risarcimento stesso. Sempre nell’ottica di dimostrare la polifunzionalità dell’istituto della responsabilità civile, può farsi riferimento all’attuale formulazione dell’art. 125 del C.P.I., recentemente modificato dal d.lgs. 10 marzo 2006, n. 140, con cui è stata data attuazione alla direttiva 2004/48/CE, il quale consente di individuare spazi significativi per una sorta di “danno punitivo”, in considerazione del fatto che tale articolo, dispone che il risarcimento possa essere basato sulla perdita subìta dal soggetto che lamenta la violazione dei propri diritti di proprietà intellettuale. Ancora, ci si può riferire alla l. 8 febbraio 1948, n. 47, di cui l’art. 12 in materia di diffamazione a mezzo stampa, prevede il pagamento di una somma “in relazione alla gravità dell’offesa ed alla diffusione dello stampato“, all’art. 709 ter c.p.c. in base al quale, nelle controversie tra i genitori circa l’esercizio della responsabilità genitoriale o le modalità di affidamento della prole, il giudice ha il potere di emettere pronunce di condanna al risarcimento dei danni, la cui natura assume sembianze punitive, alla delibera di esclusione dell’associato nelle persone giuridiche, alle varie forme di potestà sanzionatoria del datore di lavoro nei confronti del lavoratore, all’indennità di cui all’articolo 129 bis c.c. dovuta dal coniuge a cui sia imputabile la nullità del matrimonio, alla clausola penale di cui agli artt. 1382 ss. c.c. Ancora, basterebbe analizzare la struttura della responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 e 2059 c.c., richiamati dalla disposizione dell’art. 185[11] c.p. (danno morale soggettivo-prezzo del dolore) o alle altre conseguenze civili derivanti dalla commissione di alcuni reati, come l’indegnità a succedere (art. 463 c.c.), la revoca delle donazioni per ingratitudine (art. 801 c.c.), l’annullabilità della transazione per falsità di documenti (art. 1973 c.c.), per capire che la funzione punitiva non è affatto estranea alla responsabilità civile ma, che anzi può dirsi parte della stessa. Invero, la responsabilità extra-contrattuale nasce come sanzionatoria, assumendo un ruolo ancillare alla responsabilità di tipo penale, di cui eredita la struttura (elemento psicologico-nesso causale). Solo in un tempo successivo, anche con l’avvento della società del rischio, la responabilità civile si è aperta maggiormente alla compensazione dei danni (massificazione dei danni). Tale dato, però, non consente di determinare l’esclusione della funzione sanzionatoria.
La stessa previsione degli illeciti civili, d. lgs. n.7 /2016 come l’ingiuria, la falsità in scrittura privata e in fogli firmati in bianco, la sottrazione di cose comuni, l’appropriazione di cose smarrite, il danneggiamento non aggravato, rappresenta una chiara manifestazione del carattere sanzionatorio della responsabilità civile. Infatti,  i reati abbandonano il carattere di illecito penale per conservare quello di illecito civile, i quali sono sanzionati, oltre che con il risarcimento del danno, con una sanzione pecuniaria civile irrogata dal giudice civile e devoluta alla Cassa delle ammende (sanzione pecuniaria che si aggiunge al risarcimento del danno e che non è diretta a ristorare il danneggiato, non essendo attribuita a quest’ultimo). 
Tuttavia, quanto espresso fino a questo momento storico, non legittima un’apertura totale in ordine alla ricezione tout court dell’istituto dei danni punitivi, poiché il carattere sanzionatorio dello stesso, costituisce un elemento che richiede un continuo lavoro di valutazione comparativa di cui il giudice del caso concreto è investito, nell’ottica di assicurare il rispetto del principio di legalità ex art. 23 e 25 della Costituzione ed ex art. 7 della Convenzione Europea sulla salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali. Una conclusione, quest’ultima, definita dalla stessa Corte di Cassazione, la quale esprime quanto segue: “ Il riconoscimento di una sentenza straniera che contenga una pronuncia di tal genere deve però corrispondere alla condizione che essa sia stata resa nell’ordinamento straniero su basi normative che garantiscano la tipicità delle ipotesi di condanna, la prevedibilità della stessa ed i limiti quantitativi, dovendosi avere riguardo, in sede di delibazione, unicamente agli effetti dell’atto straniero e alla loro compatibilità con l’ordine pubblico”. A seguito di questa precisazione, si può affermare che l’istituto dei danni punitivi non sia automaticamente applicabile in Italia, poiché vi deve essere una specifica disposizione di legge che li disciplina, potendo pervenirsi, ad avviso dell’ordinanza sopra richiamata, ad un giudizio di contrarietà di una condanna al pagamento di danni punitivi “solo quando la liquidazione sia giudicata effettivamente abnorme, in conseguenza di una valutazione, in concreto, che tenga conto delle ‘circostanze del caso di specie e dell’ordinamento giuridico dello stato membro del giudice adito’”.

3. Considerazioni conclusive


Dal contesto normo-giuridico delineato, si può agevolmente concludere, che anche per quanto riguarda l’istituto del “punitive demage”, non possa applicarsi una negazione basata sulla contrarietà dello stesso al rispetto del principio dell’ordine pubblico tout court, essendo necessario procedere ad una valutazione che tenga conto del caso concreto. Valutare positivamente o meno i danni punitivi, del resto, non è strettamente dipendent dal riconoscere o meno la funzione sanzionatoria della responsabilità civile. Infatti, proprio la polifunzionalità della responsabilità civile, esige il rispetto di determinati parametri che variano in base alla specifica funzione. Ne consegue che la funzione sanzionatoria è si appartenente alla responsabilità civile ma, è espressamente prevista dalla legge e ciò significa che qualsiasi forma di risarcimento che vada a over-compensare il danno materiale prodotto, necessità di una precisa previsione legislativa al fine di garantire ogni forma di abuso del diritto e ogni forma di sfruttamento ingiustificato dell’istituto. Trovare il fondamento legittimante l‘overcompensation costituisce, infatti, l’elemento discriminante in ordine alla positiva valutazione del carattere punitivo del risarcimento.

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Bibliografia/Sitografia

  • Barcellona M., Tomo I. La responsabilità civile, Giappichelli, 2021;
  • Bianco V. M., In tema di C.D. danni punitivi nell`ordinamento italiano, Nota a sentenza, in Rivista della Corte dei conti, 2009, n. 5, Poligrafico dello stato, parte IV; Cerini D., I danni punitivi nel sistema italiano: riflessioni a margine di Cass. civ., sez. III, 19 gennaio 2007. n. 1183, nota a sentenza, Diritto ed economia dell’assicurazione, 2008, n. 2/3, Giuffrè;
  • Franzoni M., Il danno risarcibile, Giuffrè, 2010;
  • Fuscaldo F., Colpa, inadempimento e fatto illecito:responsabilità oggettiva, Diritto & Diritti, 27 luglio 2023, su https://www.diritto.it/colpa-inadempimento-e-fatto-illecito-responsabilita/;
  • Grondona M., Le direzioni della responsabilità civile tra ordine pubblico e “punitive damages“, in La Nuova Giurisprudenza Civile Commentata, 2017 fasc. 10, pt. 1;
  • Lepore A., Danni punitivi e ordine pubblico, in Il Foro napoletano, 2018, fasc. 3;
  • Malomo A., Responsabilità civile e funzione punitiva, Edizioni Scientifiche Italiane, 2017;
  • Ponzanelli G., nota a Corte di Cassazione Civile, sez. III, 19 gennaio 2007, n. 1183, Il Foro Italiano Vol. 130, n. 5 (maggio 2007);
  • Ricciardi A., Le sezioni unite aprono la porta ai “punitive damages”, Nota a sent. Cass. civ. sez. un. 5 luglio 2017 n. 16601, in Giurisprudenza commerciale, 2019, fasc. 5;
  • Simone R., Dalla polifunzionalità della responsabilità civile ai risarcimenti punitiv, in Questione e Giustizia, su https://www.questionegiustizia.it/rivista/articolo/dalla-polifunzionalita-della-responsabilita-civile-ai-risarcimenti-punitivi_522.php;
  • Zaccaria A., Introduzione, in rivista di diritto civile, 2018, fasc. 1.

Note

  1. [1]

    Ponzanelli G., nota a Corte di Cassazione Civile, sez. III, 19 gennaio 2007, n. 1183, Il Foro Italiano Vol. 130, n. 5 (maggio 2007), pp. 1459 / 1460-1465 /1466; Bianco V. M., In tema di C.D. danni punitivi nell`ordinamento italiano, Nota a sentenza, in Rivista della Corte dei conti, 2009, n. 5, Poligrafico dello stato, parte IV, p. 179;  Cerini D., I danni punitivi nel sistema italiano: riflessioni a margine di Cass. civ., sez. III, 19 gennaio 2007. n. 1183, nota a sentenza, Diritto ed economia dell’assicurazione, 2008, n. 2/3, Giuffrè, p. 474.

  2. [2]

    Cit. Benvegna E., in Diritto di famiglia e delle persone, (II) 2010, 2, 547.

  3. [3]

    Corte di Appello di Trento, 16 agosto 2008, in Danno e reso. 2009, p. 92, con nota di G. Ponzanelli e in Corr. giur. 2009, p. 523, con nota di P. Fava          

  4. [4]

    Cassazione Civile, sez. I, 8 febbraio 2012, n. 1781, Ruffinatti c. Oyala-Rosado, in Foro it. 2012, I, c. 1449 con nota di r. De Hyppolitis e in Danno e resp., con nota di G. Ponzanelli; Sul rapporto tra l’istituto del punitive demage e l’ordine pubblico nel contesto ordinamentale interno si veda  Lepore A.,  Danni punitivi e ordine pubblico, in Il Foro napoletano, 2018, fasc. 3  pag. 715 – 740

  5. [5]

    Cass. 22 luglio 2015, n. 15530, in Foro it., 2015, I, p. 2682;  Voltaggio G., articolo completo: https://giuricivile.it/sezioni-unite-sul-danno-tanatologico-non-è-risarcibile,2015; Simone R., Dalla polifunzionalità della responsabilità civile ai risarcimenti punitivi, in questionegiustizia.it; P. Storani, Danno da perdita della vita – Ecco la sentenza! L’occasione persa delle Sezioni Unite n. 15350 del 22.7.2015.

  6. [6]

    L’occasione è propizia anche per la riaffermazione, in ossequio alle conclusioni delle SS.UU. 26972, 26973, 26974 e 26975 del 2008, sull’unità del danno non patrimoniale, essendo privo di rilievo, se non sul piano meramente descrittivo, il riferimento alla categoria del danno esistenziale:  “non sono configurabili all’interno della categoria generale del danno non patrimoniale, cioè del danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica, autonome sottocategorie di danno, perché se in essa si ricomprendano i pregiudizi scaturenti dalla lesione di interessi della persona di rango costituzionale, ovvero derivanti da fatto-reato, essi sono già risarcibili ai sensi dell’art. 2059 c.c., interpretato in modo conforme a Costituzione, con la conseguenza che la liquidazione di una ulteriore posta di danno comporterebbe una duplicazione risarcitoria, mentre, se per danno esistenziale si intendessero quei pregiudizi non lesivi di diritti inviolabili della persona, tale categoria sarebbe del tutto illegittima, posto che simili pregiudizi non sono risarcibili per effetto del divieto di cui all’art. 2059 c.c.

  7. [7]

    Cass., sez. un., 5 luglio 2017, n. 16601, in Foro it., 2017, I, p. 2613, con note di A. Palmieri, R. Pardolesi, P.G. Monateri; E. D’Alessandro, R. Simone;  Ricciardi A., Le sezioni unite aprono la porta ai “punitive damages”, Nota a sent. Cass. civ. sez. un. 5 luglio 2017 n. 16601, in Giurisprudenza commerciale, 2019, fasc. 5 pag. 1074 – 1092.

  8. [8]

    Cass. civ. Sez. I, Ord., 16-05-2016, n. 9978, in personaedanno.it;  Cit. Zaccaria A., Introduzione, in rivista di diritto civile, 2018, fasc. 1 ss. 273 – 275:“la Corte di Cassazione, nell’ordinanza più volte richiamata, afferma che “l’ordine pubblico non si identifica con quello esclusivamente interno, poiché, altrimenti, le norme di conflitto sarebbero operanti solo ove conducessero all’applicazione di norme materiali aventi contenuto simile a quelle italiane, cancellando la diversità tra i sistemi giuridici e rendendo inutili le regole del diritto internazionale privato” e, nello sforzo di descrivere ancora meglio il contenuto del concetto di ordine pubblico rilevante ai fini del giudizio di delibazione, osserva che “se il legislatore è libero di atteggiarsi come meglio ritiene, allora potranno avere libero ingresso prodotti giudiziali stranieri applicativi di regole diverse, ma comunque non contrastanti con i valori costituzionali essenziali o non incidenti su materie disciplinate direttamente dalla Costituzione”. In altre parole, “il giudice della delibazione, al quale è affidato il compito di verificare preventivamente la compatibilità della norma straniera con tali valori, desumibili direttamente da norme e principi sovraordinati (costituzionali e internazionali) dovrà negare il contrasto in presenza di una mera incompatibilità (temporanea) della norma straniera con l’assetto normativo interno, quando questo rappresenti una delle diverse modalità di attuazione del programma costituzionale, quale risulti dall’esercizio della discrezionalità del legislatore in un determinato momento storico”.

  9. [9]

    Corte Costituzionale Sentenza n. 152/2016, in giurcost.com                                                                                               

  10. [10]

    Grondona M., Le direzioni della responsabilità civile tra ordine pubblico e “punitive damages“, in La Nuova Giurisprudenza Civile Commentata, 2017 fasc. 10, pt. 1, pp. 1392 – 1399.

  11. [11]

    L’articolo 185 in tema di restituzioni e risarcimento del danno dispone che “ogni reato obbliga alle restituzioni, a norma delle leggi civili; infatti ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui”.

Francesca Fuscaldo

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