Con la sentenza numero 10394 del 17/04/2024 la III sezione della suprema Corte (Pres. Frasca – relatore Guizzi Gaime) chiarisce i contorno della legittimazione e dell’azione di regresso nel caso di lesioni conseguenti a sinistro stradale provocato volontariamente dal danneggiante e accaduto in area agricola.
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Indice
1. I fatti di causa e i giudizi di merito
Tizia subiva lesioni cagionate dalla condotta di Caio, il quale, mentre transitava su un marciapiede, volontariamente, la inseguiva con la propria autovettura fin dentro un campo agricolo arato, investendola.
Tizia, unitamente alle figlie Tizietta e Sempronia, conveniva in giudizio Caio e il suo assicuratore, al fine di ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali tutti, diretti per quanto riguarda Tizia, e di riflesso per quanto riguarda le figlie, subiti in seguito all’evento de quo.
In primo grado la domanda veniva accolta limitatamente ai danni subiti da Tizia quale vittima primaria, e condannato al risarcimento il solo Caio, ritenendosi non sussistente l’ipotesi di danno da circolazione stradale.
Proponevano appello Tizia e le figlie, con gravame che si concludeva con l’accoglimento dell’appello delle figlie, che si vedevano riconosciuto il danno da compromissione del rapporto parentale, e il rigetto dell’impugnazione afferente la carenza di legittimazione della compagnia assicuratrice di Caio.
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2. Il ricorso in Cassazione
La vicenda giungeva, così, in Cassazione con ricorso proposto da Tizia e dalle sue figlie, onde ottenere l’estensione della condanna al solvibile assicuratore.
Con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), cpc, si censura la falsa applicazione dell’art. 2054 cc., e degli artt. 122 e 144 cda, alla luce di una necessaria interpretazione costituzionalmente orientata, e soprattutto della direttiva europea 2009/103/CE in materia di assicurazione della responsabilità civile, così come chiarite dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea e dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 30 luglio 2021, n. 21983.
Si censura la sentenza per aver escluso che il luogo dell’ investimento, e quindi un campo arato, potesse ritenersi “non soggetto al traffico di mezzi”, trattandosi di area non “aperta all’uso pubblico ed ordinariamente adibita a transito veicolare”, e tanto perchè la nozione di circolazione dei veicoli, delineata dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea (in particolare, nella sentenza 4 settembre 2014, in C-162/13, avente ad oggetto un rinvio pregiudiziale relativo alla direttiva 72/166/CEE), si identifica in “qualunque uso di un veicolo che sia conforme alla funzione abituale dello stesso”, resti “limitata all’ambito dell’assicurazione” e non incida “sulla disciplina nazionale relativa alle regole della responsabilità civile“.
Sul punto il ricorrente richiama il noto precedente delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 30 luglio 2021, n. 21983, formulata “sulla base della giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea in merito alla Direttiva Europea 2009/103/CE in materia di assicurazione della responsabilità civile per la circolazione di veicoli, anche in un’ottica costituzionalmente orientata”.
Ebbene, nel suddetto arresto, afferma il ricorrente, la “nozione di “circolazione dei veicoli”, ai sensi dell’art. 3, I comma, della direttiva 2009/103, non dipende dalle caratteristiche del terreno sul quale l’autoveicolo è utilizzato”, “è irrilevante la natura pubblica o privata dell’area di circolazione” – nonché “del tipo di uso” che del mezzo sia stato fatto – “è allora l’utilizzazione del veicolo in modo conforme alla sua funzione abituale ad assumere fondamentale rilievo costituendo, in luogo di quello del “numero indeterminato di persone”, il criterio di equiparazione alle strade di uso pubblico di ogni altra area o spazio ove sia avvenuto il sinistro”.
A ciò si aggiunga, secondo i ricorrenti, che ciò che rileva è che la condotta è iniziata su strada pubblica, per poi terminare nel campo arato.
Con il secondo motivo, invece, proposto sempre ai sensi dell’art. 360 I comma n. 3, si censura la violazione delle medesime norme in riferimento alla ratio decidendi afferente la valorizzazione della condotta dolosa di Caio, che secondo la corte di merito era idonea a interrompere il collegamento tra danni e circolazione stradale.
3. Danno da circolazione stradale provocato dolosamente e su area agricola: la decisione della Cassazione
La Corte esamina i due motivi congiuntamente, giungendo ad accoglierli censurando la motivazione della corte di merito nella parte in cui valorizza il dato che lo sconfinamento nel campo arato era dovuto ad una condotta volontaria e non colposa del danneggiante, dato questo che in precedenti arresti aveva ritenuto applicabile il regime della responsabilità civile automobilistica.
Afferma la Corte che “dopo l’intervento delle Sezioni Unite del 2021 – non è più sostenibile, come invece affermato dalla sentenza impugnata, che l’investimento di cui fu vittima Tizia. non rilevi, ai fini dell’esercizio dell’azione diretta contro l’assicuratore, perché avvenuto in un campo arato, trattandosi di area non “aperta all’uso pubblico”, ciò che impedirebbe di ritenerla “ordinariamente adibita a transito veicolare”. La Corte di Cassazione, infatti, ha sancito nella suddetta pronuncia resa a Sezioni unite “l’irrilevanza della natura pubblica o privata dell’area di circolazione”, nonché “del tipo di uso” che del mezzo si faccia, sicché è “l’utilizzazione del veicolo in modo conforme alla sua funzione abituale ad assumere fondamentale rilievo costituendo, in luogo di quello del “numero indeterminato di persone”, il criterio di equiparazione alle strade di uso pubblico di ogni altra area o spazio ove sia avvenuto il sinistro”
La legittimazione dell’assicuratore, quindi, si avrà al verificarsi della sola condizione che l’uso del veicolo – qualunque esso sia – “rientri nelle caratteristiche del veicolo medesimo”.
Nel precedente Cass. 19368/2017, la Suprema Corte evidenziava proprio che si tratta di circolazione anche se l’agente agisce al fine deliberato di uccidere o cagionare danno alla vittima.
In virtù di tanto, quindi, nella medesima pronuncia si stabilisce che “in nome dell’esigenza di tutela primaria del soggetto danneggiato – esigenza che è a fondamento dell’intero sistema della responsabilità civile autoveicoli, tanto che il Fondo di garanzia per le vittime della strada è tenuto a coprire anche il danno causato da veicolo non assicurato – il contratto di assicurazione viene, in un certo senso, a scindersi”; esso “opera in favore del terzo danneggiato che ha diritto di ottenere dall’assicuratore del responsabile il risarcimento del danno”, mentre “non opera in favore dell’assicurato danneggiante, contro il quale l’assicuratore avrà il diritto di regresso, come se il contratto in realtà non ci fosse” Sul punto la Corte richiama anche il proprio precedente Cass. 20786/2018.
Pertanto, e nel caso che occupa, l’assicuratore deve essere chiamato a risarcire il danno, avvalendosi della possibilità di agire in regresso nei confronti del responsabile del fatto illecito.
La Corte conclude, accogliendo il ricorso, e stabilendo il seguente principio.
“in tema di assicurazione obbligatoria dei veicoli a motore, la garanzia assicurativa copre, nei soli confronti del danneggiato e non pure del responsabile, anche il danno dolosamente provocato da quest’ultimo, risultando irrilevante pure la circostanza che l’area di circolazione non risulti ordinariamente adibita a transito veicolare, purché l’utilizzazione del veicolo sia conforme alla sua funzione abituale, ciò che accade allorché il danno sia determinato dal movimento del veicolo, sia pure in modo improprio rispetto alla sua natura di mezzo di trasporto”.
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