Danno da perdita di chance lavorative. Possibile provarlo attraverso presunzioni ancorate alla gravità del danno fisico accertato. Nella sentenza numero 27353 del 22.10.2024 la III Sezione della Corte di Cassazione, presidente Travaglino, relatore Spaziani, affronta il tema della presunzione del danno patrimoniale per perdita della capacità lavorativa futura in ipotesi di lesioni fisiche di grave entità.
Indice
1. I fatti di causa e i giudizi di merito: il danno da perdita di chance lavorative
Il giudizio giunto alla III Sezione trae origine da un’azione di risarcimento danni proposta dai genitori di Tizietto, i quali convenivano in giudizio la struttura sanitaria presso la quale questi era nato, al fine di sentirli dichiarare responsabili delle malformazioni riportate in occasione del parto e condannare al relativo risarcimento.
La domanda veniva accolta in primo grado, con pronuncia integralmente confermata in appello, che tuttavia era oggetto di doglianza in sede di legittimità da parte dei genitori di Tizietto, limitatamente al mancato accoglimento del danno patrimoniale.
Il ragionamento proposto dagli attori in primo grado e non condiviso dai giudici di merito era sostanzialmente il seguente. La CTU, poi condivisa dai magistrati di merito, aveva accertato una menomazione della integrità psicofisica del nascituro nella misura del 25%, il che avrebbe dovuto far presumere che questi avrebbe visto ridotte le sue capacità reddituali future e le possibilità di conquistare un impiego o una professione coerente con le sue inclinazioni e aspettative.
In particolare, il ragionamento della corte di merito si soffermava sull’assenza di prova rigorosa della possibilità, sotto forma di chance, di produrre reddito nei termini proposti dall’attore.
Secondo la corte di merito, quindi, questa voce di danno non poteva essere provata per presunzioni, sulla scorta dell’accertata gravità delle menomazioni riportate dal nascituro, neppure in combinato disposto con le allegazioni fattuali, poi provate in corso di causa, che a questi “piacesse studiare”.
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2. Il ricorso di legittimità
I genitori di Tizietto propongono ricorso per cassazione, ex art. 360 I comma n. 3 denunciando la violazione degli articoli 2056, 1223, 1226, 2727, 2729 del codice civile, censurando la pronuncia nella parte in cui ha ritenuto di non poter provare tramite presunzioni, e nello specifico dalle gravi lesioni riportate, la sussistenza del danno patrimoniale invocato.
La Corte di legittimità accoglie il ricorso con il seguente ragionamento.
Si legge nella sentenza in commento che “A fronte di un’accertata invalidità permanente nella elevata misura del 25%, le considerazioni svolte nella sentenza impugnata, secondo cui la sola dimostrazione dell’esistenza di postumi invalidanti non sarebbe stata sufficiente a far presumere anche la riduzione della capacità lavorativa (l’incertezza sulla quale non sarebbe stata superabile se non “con una prova particolarmente rigorosa”), esprimono una sostanziale obliterazione del forte rilievo indiziario che occorre invece attribuire, anche sul versante del danno reddituale, al primo dato, e dà in effetti riscontro ai denunciati vizi motivazionale e di violazione di legge.”
In particolare la Corte di legittimità richiama il proprio consolidato orientamento a mente del quale “nei casi in cui l’elevata percentuale di invalidità permanente rende altamente probabile, se non addirittura certa, la menomazione della capacità lavorativa ed il danno che necessariamente da essa consegue, il giudice può procedere all’accertamento presuntivo della predetta perdita patrimoniale, liquidando questa specifica voce di danno con criteri equitativi. La liquidazione di detto danno può avvenire attraverso il ricorso alla prova presuntiva, allorché possa ritenersi ragionevolmente probabile che in futuro la vittima percepirà un reddito inferiore a quello che avrebbe altrimenti conseguito in assenza dell’infortunio” (Cass. 25634/13, 20003/14, 3724/19, 35663/23, 20661/24).
Nello specifico la Corte qualifica come danno da perdita di chance patrimoniali, richiamando un proprio precedente simile anche in termini di entità percentuale del danno, quello del soggetto che a causa delle gravi lesioni, quand’anche disoccupato, si veda pregiudicata la propria futura possibilità di produrre reddito, evidenziando che trattasi di fattispecie del tutto diversa dal danno non patrimoniale, quale ad esempio le ripercussioni morali per la perdita delle aspettative lavorative.
Quindi, e sulla scorta dei principi de quo, va censurata la Corte d’Appello, la quale, nel pretendere la prova rigorosa della riduzione della capacità di guadagno da parte di un soggetto che non aveva ancora raggiunto l’età lavorativa, e nel mancare di far assumere rilievo alle gravi lesioni riscontrate, e segnatamente alle malformazioni che limitavano l’uso degli arti superiori, per un verso ha gravato la danneggiata dell’onere di una dimostrazione eccessivamente difficoltosa, per l’altro – e principalmente – ha trascurato totalmente il rilevantissimo valore presuntivo del danno biologico, accertato in misura rilevante, rispetto al presumibile danno alla capacità lavorativa.
Il ricorso viene quindi accolto, e la corte di merito di cui al rinvio dovrà quantificare e liquidare anche la voce di danno patrimoniale originariamente invocata dai genitori di Tizietto.
Vi terremo aggiornati.
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