Danno da perdita di chance: possibilità e probabilità di ottenere il risultato

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L’accertamento del nesso di causa avente ad oggetto la perdita di chance di conseguire il risultato utile non richiede anche l’accertamento della concreta probabilità di conseguire il risultato e non va confuso con esso.
Per approfondimenti si consiglia: Trattato della responsabilità civile – Tomi I, II, III

Corte di Cassazione – Sez. III Civ. – Ordinanza n. 24050 del 2023

Indice

1. I fatti di causa e i giudizi di merito

Con l’ordinanza numero 24050 del 07/08/2023 la III sezione della Suprema Corte (Pres. Sestini – relatore Pellecchia) chiarisce il concetto di perdita di chance e l’onere probatorio posto a carico dell’attore.
Nel caso di specie, Tizio, subiva il furto della propria autovettura, regolarmente munita di dispositivo satellitare di telesorveglianza, a mezzo del quale, in caso di furto, l’impianto avrebbe avvertito il proprietario del veicolo e le forze dell’ordine e disposto il blocco del motore e la relativa geolocalizzazione del veicolo oggetto di sottrazione. Il dispositivo, tuttavia, in occasione del furto non era funzionante e, poiché Tizio non rinvenne la propria autovettura, imputò il mancato ritrovamento dell’auto alla società che aveva impiantato il dispositivo, convenendola in giudizio per il risarcimento dei relativi danni.
La convenuta si difendeva affermando che aveva provveduto a quanto di sua incombenza, e quindi ad avvertire proprietario e forze dell’ordine e a mappare il percorso dell’auto, ma che detti tentativi non erano andati a buon fine, perché i ladri erano riusciti a schermare il segnale satellitare. Il Tribunale adito in primo grado rigettò la domanda, ritenendo idoneo ad interrompere il nesso di causa tra mancato ritrovamento dell’auto e condotta della società, la schermatura fatta dai ladri. La Corte d’appello, nel confermare la sentenza di primo grado, modificava la motivazione pronunciandosi nei termini che seguono. La Corte di appello riteneva provata la condotta inadempiente della società dell’impianto satellitare, in quanto avrebbe dovuto tempestivamente avvertire il proprietario e mappare il percorso dell’auto, almeno fino al momento della schermatura, mentre in giudizio non vi era la prova dell’avvertimento alle forze dell’ordine. Tuttavia la Corte rigettava la domanda poiché non era provato il danno, vale a dire il recupero del veicolo, ma al massimo vi era la perdita della chance del recupero, che sarebbe potuto avvenire in caso di corretto funzionamento del sistema satellitare. Pertanto, secondo la Corte, per poter ottenere il risarcimento dei danni l’attore avrebbe dovuto allegare e provare quali chance avrebbe avuto di recuperare il veicolo nel caso la società fosse stata adempiente. La Corte conclude affermando che il difetto di allegazione della chance, e quindi della concreta possibilità di recupero del veicolo, non era possibile, neppure facendo ricorso alle presunzioni, liquidare il danno.

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2. Il giudizio in Cassazione

Ricorreva per Cassazione Tizio, con ricorso fondato su molteplici motivi, e deciso dalla Corte di Cassazione accogliendone uno, come si va ad esporre.
Tizio lamenta la contraddittorietà della motivazione, ex. art. 360 n. 4 cpc, e relativa violazione degli articoli 1223, 1226, 2727 cc e 115 cpc, nella parte in cui dapprima afferma sussistere la perdita della chance di ritrovamento dell’auto, e poi afferma di difettare la prova della suddetta perdita di chance.
Nella decisione che si va a commentare, poi, si ritengono assorbiti gli altrettanto validi motivi di ricorso afferenti la mancata considerazione del danno in re ipsa e l’inversione dell’onere della prova.
La Corte, prima di motivare in ordine all’accoglimento del ricorso, dedica numerose pagine alla illustrazione dell’istituto della perdita di chance, scrivendo pagine definitive sull’istituto che è bene riportare per ampi stralci.
Afferma la Corte che “L’ambito semantico-giuridico del termine chance è da ricondurre al diritto romano. La parola chance deriva, etimologicamente, dall’espressione latina cadentia, che sta ad indicare il cadere dei dadi, e significa “buona probabilità di riuscita”. Si tratta, dunque, di una situazione, teleologicamente orientata verso il conseguimento di un’utilità o di un vantaggio e caratterizzata da una possibilità di successo presumibilmente non priva di consistenza. Questa Corte ha affermato che “la chance, o concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene o risultato, non è una mera aspettativa di fatto ma un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile d’autonoma valutazione, onde la sua perdita, id est la perdita della possibilità consistente di conseguire il risultato utile del quale risulti provata la sussistenza, configura un danno concreto ed attuale”. La Corte, sul punto, cita i propri precedenti che è bene ricordare in Cass. n. 2261/2022; Cass. 6485/2021; Cass. 26694/2017; Cass. n. 29829/2018 Cass. n. 1752/2005; Cass., 10 novembre 1998, n. 11340; 15 marzo 1996, n. 2167; 19 dicembre 1985, n. 6506.
Venendo al caso concreto, la Corte bacchetta i giudici di merito in quanto, “la chance non doveva essere valutata in relazione alla concreta possibilità della ricorrente di ritrovare la vettura, cioè in relazione al risultato atteso, ma in relazione alla perdita della possibilità di conseguire il risultato utile: infatti, non è il risultato perduto, ma la perdita della possibilità di realizzarlo a costituire l’oggetto della pretesa risarcitoria” (Cass. 26/06/2020, n. 12906; Cass. n. 9/03/2018, n. 5641).
In passato, infatti, più volte gli Ermellini hanno avuto modo di distinguere la chance dalla mera aspettativa di fatto, ove la prima assumeva i caratteri di una situazione giuridica a sé stante suscettibile di autonoma valutazione patrimoniale (Cass. 26/06/2020, n. 12906; Cass.18/03/2019, n. 7570; Cass. 29/05/2018, n. 13489), e ne ha ammesso la risarcibilità, quale perdita della seria e consistente possibilità di ottenere un risultato sperato, a condizione che di essa sia provata la sussistenza, precisando che il danno, non meramente ipotetico o eventuale (quale sarebbe stato se correlato al raggiungimento del risultato utile), bensì concreto ed attuale (perdita di una consistente possibilità di conseguire quel risultato), non va commisurato alla perdita del risultato, ma alla mera possibilità di conseguirlo.
Ribadita, inoltre, la distinzione tra la prova dell’an e quella del quantum, la giurisprudenza della Corte riconosce come pacifico il ricorso alla liquidazione equitativa, la cui tendenziale insindacabilità in sede di legittimità trova un limite là dove la sentenza di merito non dia conto del processo logico attraverso cui ha ritenuto di poter liquidare il danno ovvero adotti un processo decisionale che, avendo pretermesso la dimostrazione della ricorrenza dei fatti costitutivi della fattispecie risarcitoria, dimostra di avere travisato la morfologia del danno da perdita di chance.
E’ bene chiarire che, benchè l’onere probatorio della perdita di chance è “attenuato” rispetto a quello richiesto ove si lamenti di non avere conseguito il bene della vita, tuttavia tale attenuazione non significa “evanescenza degli elementi costitutivi della fattispecie“.
Del resto, il problema principale della perdita di chance attiene proprio alla valutazione equitativa (l’an) ed alle tecniche di liquidazione del danno (il quantum).
I Supremi giudici hanno avuto modo di chiarire che si  configura la chance come bene sostanzialmente “etereo”, sancendo, in particolare, la evaporazione della distinzione tra chance ontologica (qualificazione, per lo più, adottata da chi riconduce la chance al danno emergente) e chance eziologica (che fa perno sul lucro cessante), giudicandola foriera di confusione concettuale ed applicativa, confermando il rilievo centrale della relazione tra la possibilità andata perduta ed il risultato finale precluso (Cass. 11/11/2019, n. 28993) e concludendo che, in ultima analisi, la chance non è che una tecnica per accertare un nesso in condizioni di ineludibile incertezza; essa è frutto dell’esigenza di temperare l’onere della prova del nesso di causa, e ciò che conta non sono le etichette che non incidono sulla concreta funzione che il formante giurisprudenziale le affida, ma i criteri per far sì che la tecnica di liquidazione ex art. 1226 c.c., da cui non può prescindersi, non si risolva in una formula vuota o in uno stratagemma per evocare ed ottenere il riconoscimento di voci risarcitorie non adeguatamente allegate e supportate sul piano probatorio.
Il tutto, chiaramente, deve essere ponderato dal più volte evidenziato bando ad ogni automatismo risarcitorio, avendo la Corte di Cassazione più volte richiesto al giudice di merito, di valutare il comportamento illecito del danneggiante, effettuando i seguenti passaggi:
a) la relazione causale tra tale condotta e l’evento di danno, cioè la perdita definitiva della possibilità di conseguire il risultato, avuto riguardo al momento in cui il comportamento illecito ha reciso la possibilità di conseguire il risultato favorevole, senza alcuna interferenza dei concetti di probabilità causale e di possibilità;
b) la dimostrazione di una apprezzabile possibilità di giungere al risultato atteso sul piano dell’evento di danno.
Questa precisazione è importante, perché l’accertamento del nesso di causa avente ad oggetto la perdita di chance di conseguire un risultato utile non richiede anche l’accertamento della concreta probabilità di conseguire il risultato (e non va confuso con esso).
Venendo al caso di specie, la Corte ha errato perché ha preteso dall’attrice una prova impossibile, oltre che inutile, in quanto, una volta accertato che l’inadempimento ha comportato la perdita di concrete (maggiori) possibilità di recupero del mezzo, il giudice di merito avrebbe dovuto liquidare il valore di tale chance sulla base di una valutazione che non poteva che essere equitativa (a fronte di una prova del danno che era insita nell’inadempimento, per come allegato e provato). La pretesa della Corte che l’attrice indicasse le concrete probabilità di recupero avrebbe potuto avere un senso se si fosse trattato di riconoscere un danno da perdita del veicolo; in quel caso sarebbe stato necessario accertare se fosse “più probabile che non” il recupero del mezzo; ma una volta che si ritiene di liquidare un ‘danno minore’ costituito dal fatto pacifico della perdita di possibilità di rintracciare il mezzo (che sarebbero state maggiori in caso di esatto adempimento), la prova del danno è già raggiunta per il fatto di aver accertato l’inesattezza dell’adempimento e quindi il giudice di merito avrebbe dovuto procedere alla liquidazione senza pretendere prove ulteriori da parte dell’attrice.

3. Le conclusioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione conclude ritenendo la motivazione della decisione della sentenza impugnata viziata da illogicità e contraddittorietà, tanto da risultare meramente apparente, in quanto, pur rilevando che lo scopo precipuo del contratto stipulato dalla ricorrente con la società era quello di rintracciare ed eventualmente recuperare il veicolo in caso di furto e pur avendo accertato l’inadempimento della società agli obblighi scaturenti da tale contratto, ha poi ritenuto che fosse onere della proprietaria dell’auto allegare e dimostrare (anche presuntivamente) l’esistenza di una chance di recuperare il veicolo, frustrata dall’inadempimento della controparte. Risulta evidente che ove la corretta attivazione delle misure previste in contratto non avesse comportato la chance di recuperare il veicolo, non vi sarebbe stata alcuna ragione per stipulare il contratto in questione. Pertanto, da un lato, l’allegazione dell’esistenza della chance risulta implicita nella deduzione di aver stipulato il contratto di telesorveglianza in grado di favorire il ritrovamento; dall’altro lato, l’esistenza di una simile chance può ritenersi una nozione di fatto rientrante nella comune esperienza ai sensi dell’art. 115 c.p.c., comma 2), di cui il giudice ha omesso di tenere conto.
La causa veniva quindi rinviata alla Corte d’appello che, in diversa composizione, provvederà a decidere la causa applicando i principi esposti.

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Michele Allamprese

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