Il danno risarcibile, in caso di invalidità, non concerne la incapacità lavorativa in sé, ma la conseguenza del mancato guadagno e, qualora sia il caso di invalidità permanente, la riduzione della capacità di guadagno.
Riconosciuto dunque il danno da diminuzione del reddito nel breve periodo, occorre passare al vaglio della questione relativa al danno patrimoniale futuro, ovverossia la conseguenza provocata dalla invalidità permanente. Il danno da lucro cessante, pertanto, può essere tanto attuale, quanto futuro: esso ricorre in tutti quei casi in cui, pur avendo la vittima conservato il reddito, ha perso o comunque perderà gli incrementi stipendiali o reddituali futuri a cui avrebbe, invece, potuto ambire se non avesse subito il danno.
La liquidazione del danno
La liquidazione di questa particolare tipologia di danno così come il suo accertamento probatorio è un’ipotesi di non facile valutazione.
Sul punto si riportano due orientamenti: il primo, che considera il danno patrimoniale come presunto qualora il grado di invalidità permanente superi una determinata percentuale, e, quindi, si ritiene che il danno relativo debba essere liquidato in una frazione del danno biologico in modo automatico (cfr. Cass sent. n. 475 del 1999); il secondo, prevalente, rileva che il danno patrimoniale da riduzione del reddito futuro possa essere quantificato in termini percentuali dal medico legale e liquidato secondo il metodo tabellare.
Pertanto in tema di risarcimento del danno patrimoniale futuro, l’accertamento di postumi permanenti, incidenti con una certa entità sulla capacità lavorativa specifica, non comporta l’automatico obbligo del danneggiante di risarcire il danno patrimoniale, conseguenza della riduzione della capacità di guadagno – derivante dalla ridotta capacità lavorativa specifica – e quindi di produzione di reddito, dovendo esso essere accertato in concreto attraverso la dimostrazione che il soggetto leso (cui incombe l’onere della prova) svolgesse o presumibilmente avrebbe svolto un’attività produttiva di reddito.
La prova del danno
Il danno patrimoniale futuro, nel caso di fatto illecito lesivo della persona, è da valutare su base prognostica ed il danneggiato, tra le prove, può avvalersi anche delle presunzioni semplici ex art 2729 c.c..
Dunque, provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, se essa è di una certa entità e non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità (cosiddette “micropermanenti”, le quali non producono danno patrimoniale ma costituiscono mere componenti del danno biologico), è possibile presumersi che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura – non necessariamente in modo proporzionale – qualora la vittima già svolga un’attività o presumibilmente la svolgerà. In quanto prova presuntiva essa potrà essere superata dalla prova contraria che, nonostante la riduzione della capacità di lavoro specifico, non vi è stata alcuna riduzione della capacità di guadagno e che, quindi, non è venuto a configurarsi in concreto alcun danno patrimoniale.
Quanto alla determinazione del quantum, il danno patrimoniale futuro da perdita della capacità lavorativa specifica, in applicazione del principio dell’integralità del risarcimento sancito dall’art. 1223 c.c., deve essere liquidato moltiplicando il reddito perduto per un adeguato coefficiente di capitalizzazione, utilizzando quali termini di raffronto, da un lato, la retribuzione media dell’intera vita lavorativa della categoria di pertinenza, desunta da parametri di rilievo normativi o altrimenti stimata in via equitativa, e, dall’altro, coefficienti di capitalizzazione di maggiore affidamento, in quanto aggiornati e scientificamente corretti, quali, ad esempio, quelli approvati con provvedimenti normativi per la capitalizzazione delle rendite previdenziali o assistenziali oppure quelli elaborati specificamente nella materia del danno aquiliano.
La nuova tabella INAIL per il danno biologico da origine lavorativa (D.M. 45/2019) sostituisce la precedente risalente al 2000 (D.M. 12 luglio 2000). Tra le novità più rilevanti, emergono l’eliminazione della differenziazione per sesso nella determinazione dell’indennizzo ed un aumento di circa il 40% rispetto agli indennizzi precedenti.
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