Con 481 voti a favore, 31 contrari e 71 astensioni, il Parlamento europeo ha definitivamente approvato il Data Act, la nuova legge che ha l’obiettivo di promuovere l’innovazione, eliminando il più possibile le barriere per l’accesso ai dati. L’accordo diventerà legge una volta che verrà ratificato dal Consiglio.
Indice
1. Perché c’era bisogno del data act
Come abbiamo più volte ripetuto, non solo i dati (personali e non) sono il nuovo petrolio, ma il loro volume sta ormai diventando immenso, cresce ad un ritmo esponenziale e diventano sempre più impellenti le esigenze ad essi correlate: proteggerli, gestirli, accedervi.
L’accesso e l’utilizzo (corretto) dei dati diventano così fattori critici per l’innovazione delle imprese e delle pubbliche amministrazioni (pensiamo, ad esempio, alla creazione delle smart city, oppure all’annoso tema dell’interoperabilità dei dati). Per rispondere a queste esigenze si è pensato alla legge appena approvata.
Il Data Act nasce quindi per consentire agli utenti di accedere ai dati che generano. Secondo la Commissione europea, l’80% dei dati industriali raccolti non viene mai utilizzato: un vero e proprio patrimonio, in reali termini economici, che, se correttamente sfruttato, porterebbe benefici per tutti, tra cui, come raccomandato dalla Conferenza sul futuro dell’Europa, un’economia digitale solida ed equa.
Il Data Act si pone nel solco della copiosa legislazione europea in tema digitale e contribuisce a sostenere la trasformazione digitale dei servizi pubblici e l’introduzione di un’identità digitale comune europea (il wallet digitale europeo, anch’esso recentemente approvato in via definitiva), al fine di semplificare le transazioni e i servizi digitali transfrontalieri.
Tra i principi ispiratori ci sono quelli dettati dalla Conferenza sul futuro dell’Europa, che ha sottolineato la necessità di un’infrastruttura di dati resiliente in linea con i valori costitutivi europei.
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2. Che cosa disciplina la nuova normativa
La normativa regola la condivisione dei dati generati dall’utilizzo di prodotti connessi o servizi correlati, come ad esempio l’internet delle cose e macchinari industriali. Tale regolamentazione consente agli utenti di accedere e verificare i dati da loro generati, contribuendo parallelamente allo sviluppo di nuovi servizi, soprattutto nell’ambito dell’intelligenza artificiale generativa, dove sono richieste immense quantità di dati per l’addestramento degli algoritmi. Un ulteriore obiettivo è quello di ridurre i costi dei servizi post-vendita e delle riparazioni dei dispositivi connessi.
Inoltre, il Data Act prevede che, in circostanze eccezionali o di emergenza, come inondazioni e incendi, gli enti pubblici possano accedere e utilizzare i dati detenuti dal settore privato.
Il Parlamento ha altresì introdotto una definizione chiara del segreto commerciale e dei titolari di segreti commerciali per prevenire trasferimenti illeciti di dati e fughe di informazioni verso Paesi con normative meno rigorose sulla protezione dei dati, con il dichiarato obiettivo di evitare che i concorrenti in un determinato settore possano sfruttare l’accesso ai dati per decifrare i servizi o i dispositivi dei loro rivali.
Infine, attraverso questa nuova normativa, dovrebbe verificarsi una concreta semplificazione nel passaggio da un fornitore di servizi cloud a un altro, nonché l’introduzione di misure di salvaguardia contro i trasferimenti internazionali illeciti di dati da parte dei gestori della cosiddetta “nuvola”.
3. Il commento della relatrice: svolta epocale
In merito all’approvazione del Data Act, così si è espressa la relatrice Pilar del Castillo Vera, eurodeputata: “Il Data Act è una svolta epocale. Disporre di dati sul funzionamento delle apparecchiature industriali consentirà a fabbriche, aziende agricole e imprese edili di ottimizzare i cicli operativi, le linee di produzione e la gestione della catena di approvvigionamento. Il Data Act creerà un nuovo sistema agile che consentirà di accedere facilmente a una quantità quasi infinita di dati di alta qualità. Sarà determinante per ottimizzare i modelli e i processi aziendali esistenti, dare impulso allo sviluppo di nuovi modelli e creare nuovo valore. In altre parole, un’opportunità per l’innovazione e la competitività”.
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