Il Consiglio di Stato (Sezione II, sentenza non definitiva 07 marzo 2024, n. 2228) ipotizzando la possibilità dell’insorgere di un contrasto ermeneutico, ha deferito all’Adunanza plenaria, ex art. 99, c. 1, c.p.a., la questione sul dubbio interpretativo in ordine all’efficacia ex nunc, ovvero ex tunc, della decadenza del permesso di costruire derivante all’infruttuoso spirare del termine di conclusione dei lavori e del conseguente regime giuridico, in termine di legittimità o abusività, di quanto edificato nella vigenza di validità del titolo edilizio.
Indice
1. La pronuncia non definitiva
Mediante la pronuncia non definitiva del 07 marzo, il Consiglio di Stato ha richiesto l’intervento nomofilattico dell’Adunanza plenaria nella finalità di sciogliere il dubbio interpretativo sugli effetti, ex tunc ovvero ex nunc, della decadenza del permesso di costruire rilasciato in ipotesi di omesso completamento delle opere assentite col titolo nel termine, eventualmente prorogato, ex art. 15, c. 2, d.P.R. n. 380/2001.
2. La questione interpretativa: decadenza del permesso di costruire
Un’amministrazione comunale, con un proprio provvedimento ha dichiarato, in ragione dell’infruttuoso spirare del termine di ultimazione dei lavori, la decadenza del permesso di costruire rilasciato nel 2010 e la conseguente ordinanza di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi come risultante in via antecedente all’esecuzione delle opere parzialmente eseguite in forza del permesso di costruire.
3. L’approccio del Tar
Nonostante il permesso decada, decorso inutilmente il termine di conclusione dei lavori, per la sola parte non eseguita, secondo il Tar ciò presuppone la possibilità di portare a compimento l’opera iniziata e, diversamente opinando, dovrebbe ammettersi la possibilità per il titolare di un permesso di costruire di abbandonare l’opera incompiuta con ingiustificato deturpamento del contesto circostante. Sempre per lo stesso Tar, risulta legittima l’ordinanza di demolizione e ripristino dell’originario stato dei luoghi così come alterato dalle opere eseguite in parziale esecuzione del titolo edilizio di cui è intervenuta la decadenza.
4. In appello
E’ stato appellato il punto che il permesso di costruire non sia stato annullato in autotutela o revocato, ma sia solo divenuto inefficace per decorrenza dei termini di conclusione dei lavori, con conseguente legittimità delle opere realizzate nella propria vigenza, con la conseguente illegittimità della declaratoria di inefficacia retroattiva e dell’ordine di remissione in pristino.
5. Il dubbio ermeneutico
Nel rimettere la questione all’Adunanza plenaria, la II sezione del Consiglio di Stato ha rilevato come sulla predetta problematica si sia plurime volte espressa la giurisprudenza del Consiglio di Stato. In dettaglio:
- la decadenza dal titolo edilizio per mancata ultimazione dei lavori nei termini, cioè per fatto imputabile al titolare e relativo alle modalità di utilizzo/inutilizzo del titolo, ha efficacia ex nunc e non ex tunc e, pertanto, non implica l’obbligo di disporre la demolizione delle opere poste in essere nel periodo di validità del titolo edilizio, ove queste risultino conformi al progetto approvato col permesso di costruire, ma comporta semplicemente la necessità, per il titolare decaduto, di chiedere un nuovo permesso per l’esecuzione delle opere non ancora ultimate;
- in mancanza di proroga ovvero rinnovo del titolo, gli interventi effettuati dopo la decadenza del titolo risultano abusivi, e ciò comporta la legittimità dell’ordine di demolizione solo per quanto realizzato successivamente all’intervenuta decadenza, ma non per quanto realizzato in precedenza;
- ha evidenziato come il T.U. edilizia abbia differenziato gli effetti dell’edificazione eseguita in assenza o in totale difformità del permesso di costruire cui consegue ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, ovvero in base a un permesso di costruire successivamente annullato prevedendo, in tal caso, ex art. 38 del d.P.R. n. 380/2001, la possibilità che in luogo della demolizione possa essere applicata dall’Amministrazione una sanzione pecuniaria con salvezza degli interventi edilizi eseguiti.
Per il Consiglio di Stato il trattamento più mite contemplato dall’art. 38 del d.P.R. n. 380/2001, si ispira a un principio di tutela degli interessi del privato per l’esecuzione di opere edilizie conformi a un titolo abilitativo in seguito rimosso, rispetto a ulteriori interventi abusivi eseguiti sin dall’origine in assenza di titolo (Cons. Stato, sez. VI, n. 2155/2018). Inoltre, alla luce di tali considerazioni, prevedere la demolizione ex art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 in una fattispecie di opere eseguite in conformità a un titolo decaduto, per lo stesso giudice non appare rispondente ai criteri di graduazione del trattamento sanzionatorio. Infine, nonostante dette argomentazioni siano favorevoli all’effetto ex nunc della decadenza ex art. 15 del d.P.R. n. 380/2001 del titolo edilizio, l’orientamento del giudice di primo grado, che ipotizza l’effetto ex tunc assoluto, non appare non irragionevole. Tuttavia secondo il Consiglio di Stato è necessario escludere, in carenza di una norma che espliciti il regime delle opere parzialmente eseguite cui non faccia seguito il completamento dei lavori in virtù di un nuovo titolo, l’applicazione analogica di una disciplina sanzionatoria riservata a opere eseguite senza titolo, o in difformità dallo stesso.
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