Il decision making in ambito sanitario: le basi giuridiche

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L’articolo ha l’obiettivo di far conoscere il decision making, la valutazione economica, la razionalizzazione, il razionamento, il Qaly. In particolare si cercherà di capire che il nesso di causalità tra azione del medico e risultato sul paziente (outcome) non è mai standardizzabile a priori, vista la caratteristica relazionale del servizio erogato. Si cercherà di comprendere la differenza tra efficacia, efficienza e customer satisfaction. Si introdurrà il concetto di benchmark e di stakeholder. Per approfondimenti consigliamo il volume: Management in sanità -Manuale per Direttori di Struttura complessa

Indice

1. Il “decision making” in ambito sanitario


Il nesso di causalità tra azione del medico ed il risultato sul paziente (outcome) non è mai standardizzabile a priori, vista la caratteristica relazionale del servizio erogato. Sono tuttavia stati introdotti metodi di misurazione dell’efficacia, dell’efficienza, della customer satisfaction.
A partire dagli anni novanta del XX secolo, la rilevanza strategica della soddisfazione del cliente come obiettivo aziendale, è andata sempre aumentando a livello globale, sostenuta da alcune tendenze evolutive del mercato. Tra le cause dell’orientamento alla soddisfazione del cliente, Busacca[1]  adduce quattro tendenze strutturali del rapporto domanda ed offerta: il progressivo incremento della pressione concorrenziale, che aumenta nelle aziende, anche pubbliche, il bisogno di una vicinanza psicologica nei confronti del cliente. L’affermarsi di nuove fonti di vantaggio competitivo, connesse allo sviluppo delle risorse immateriali dell’azienda, anche pubblica, legate al valore aggiunto del prodotto ed in generale tutte le caratteristiche che avvolgono la fisicità del prodotto/servizio. L’aumento della complessità tecnologica dei prodotti/servizi, caratteristica comune alla quasi totalità degli odierni mercati, manifesta i suoi effetti anche sui processi d’acquisto. Si rende infatti problematica, per il consumatore, la formulazione di criteri di scelta chiari ed espliciti. Alla luce di questa esigenza, si richiede allora una più attenta ed attiva politica di servizio erogato dalla PA, che permea ed avvolge il servizio stesso, ridefinendo le sue componenti intangibili a misura di utente. Per approfondimenti consigliamo il volume: Management in sanità -Manuale per Direttori di Struttura complessa

FORMATO CARTACEO

Management in sanità

Il Manuale è un utilissimo strumento di supporto per l’abilitazione alle funzioni direttive dei dirigenti di vertice e intermedi presso le Asl e le aziende ospedaliere.Questa quinta edizione contiene tutti gli aggiornamenti normativi legati alla normativa di contrasto al Covid-19, al Documento AGENAS, D.M. 77/2022, alle Missioni 5 e 6 PNRR e al Piano oncologico nazionale 2023/2027.Il volume inizia con una riflessione sul diritto alla salute per poi passare all’analisi dell’evoluzione del Sistema Sanitario Nazionale prima e dopo la legge n. 833/1978.La disamina prosegue focalizzando l’attenzione sul sistema di finanziamento, il rapporto fra Stato e Regioni e il ruolo degli enti locali.Il manuale analizza poi i principali aspetti del SSN: la governance, l’organizzazione, l’integrazione sociosanitaria e la committenza e prende in esame il ruolo del cittadino, il welfare di comunità, i livelli essenziali di assistenza e la sanità integrativa.Segue un’attenta disamina sull’evoluzione dei sistemi informativi e informatici, della ricerca scientifica, del risk management e della sicurezza nei luoghi di lavoro.Fosco Fogliettauna vita nel Sistema sanitario italiano: direttore amministrativo nella ASL di Cesena, poi dal 1998 al 2010 Direttore Generale nelle ASL di Bologna sud e Ferrara. Vice presidente FIASO (Federazione italiana delle aziende sanitarie ed ospedaliere) nel secondo quinquennio degli anni 2000. Dal 2011 al 2017, presidente del Consiglio di amministrazione CUP 2000 s.p.a. (sanità elettronica dell’Emilia-Romagna). Docente a contratto di varie università e di organismi di formazione internazionali. Autore di numerose pubblicazioni (7 volumi e centinaia di articoli in riviste specializzate).

Fosco Foglietta | Maggioli Editore 2024

2. La “valutazione economica”


Sin dalla sua istituzione, il Servizio Sanitario Nazionale è stato caratterizzato dai principi di “universalità” ed “eguaglianza”, come previsto dalla riforma del 1978 che si apriva con l’affermazione che “il Servizio Sanitario Nazionale è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio”. Venne sancita l’obbligatorietà dell’assicurazione contro le malattie superando così il sistema mutualistico a favore di un sistema di sicurezza sociale caratterizzato dalla “universalità dell’assistenza” per tutta la popolazione tramite il SSN e finanziato con la fiscalità generale. La definizione di “universalità” è stata progressivamente precisata con riferimento alla situazione reddituale dei beneficiari prevedendo la compartecipazione, oppure l’esenzione, al costo delle prestazioni, e sulla natura della prestazione sanitaria richiesta, che deve risultare “appropriata”. Ciò ha contribuito alla affermazione di una idea di universalità “forte” basata sul modello del “tutto a tutti a prescindere dai bisogni” , basato sulla ipotesi di una sostanziale “uniformità organizzativa” sull’intero territorio nazionale, a un’idea di universalità “mitigata” rappresentata dal modello delle “prestazioni necessarie ed appropriate a chi ne ha bisogno”, a sua volta basato sulla possibilità di differenziazione organizzativa nei singoli territori[2] ,  ferma restando la garanzia del progressivo superamento delle disuguaglianze e degli squilibri sociali e territoriali, finalità assicurata anche in sede di programmazione sanitaria[3] .
Le prestazioni erogabili da parte del SSN sono state selezionate in base al principio di “appropriatezza”, inteso sia come “appropriatezza clinica” delle prestazioni più efficaci a fronte del bisogno accertato e di “appropriatezza come regime di erogazione della prestazione più efficace” ma al tempo stesso a minor consumo di risorse. Quindi il principio di “eguaglianza” ed il principio di “universalità” del SSN sono anche i presupposti per assicurare la coesione sociale del Paese e per contrastare le conseguenze sulla salute dovute alle disuguaglianze sociali, derivate dalle diverse condizioni socio-economiche dei singoli territori.  L’idea iniziale di “eguaglianza” in base alla quale “gli individui con lo stesso stato di salute  devono venire trattati egualmente”, è evoluta nella idea che “gli individui con peggiore stato di salute o con maggiore bisogno devono venire trattati più favorevolmente” (“equità verticale”). Questa evoluzione del principio di “eguaglianza” ha consentito di individuare tre diversi ambiti in cui l’”equità” deve trovare realizzazione: l’accesso alle prestazioni ed ai servizi sanitari; i risultati di salute in capo ai singoli soggetti; l’allocazione delle risorse e dei servizi secondo i bisogni; la tutela della “salute” nella Costituzione Repubblicana.
Nella Costituzione Italiana gli articoli concorrenti a creare il “contesto italiano” sono i seguenti:

  • art. 2. “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”;
  • art. 3. “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso , di razza, di lingua , di religione , di opinioni politiche , di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”;
  • art. 32. “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”;
  • art. 41.  “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché´ l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”.

Le opportunità sociali di poter godere di un buon livello di salute sembravano poter essere garantite dal progresso che la società ha vissuto in questi anni. Tuttavia, questo fenomeno non si riscontra in modo omogeneo ed uniforme per tutti i cittadini. Infatti, nonostante l’evoluzione delle condizioni di vita e il progresso del sistema di tutela sanitaria e sociale che fin dall’inizio degli anni ’90 abbiano migliorato le aspettative di vita e lo stato di salute in molti paesi, non si è verificata una tendenziale distribuzione omogenea nel rapporto benessere/malattia, come peraltro nella distribuzione dei redditi.  La globalizzazione ha impattato sulla struttura economico sociale delle democrazie occidentali determinando una tendenziale crisi dei ceti medi, una perdita di importanza dei “corpi intermedi”, contribuendo alla affermazione di una società “liquida” e alla sfiducia verso le istituzioni e la politica. In pratica, la popolazione vive più a lungo ma l’agiatezza economica, l’istruzione scolastica, la posizione lavorativa ed altri fattori incidono, diversamente per ognuno, sulla qualità della salute e sulle garanzie di un complessivo benessere della persona.
Margaret Whitehead precisava già nel 1990[4]  che: “il termine equità possiede una dimensione morale ed etica. Esso si riferisce alle differenze sociali ritenute evitabili, non necessarie ma anche ingiuste. Quindi, per poter ritenere un fenomeno non equo, bisognerebbe identificare la sua causa e valutarla ingiusta nel contesto sociale dove agisce”.
I determinanti di salute sono quei fattori che influenzano e determinano la salute e il benessere degli individui. In letteratura scientifica[5]  vengono distinti in:

  • A) determinanti prossimali che includono: i fattori individuali non modificabili (età, sesso, etnia, caratteristiche genetiche); gli stili di vita individuali, alcuni dei quali possono essere a rischio (es.: abitudine al fumo, abuso di alcol, sedentarietà, consumo di droghe): si tratta di fattori modificabili con opportune politiche ed interventi di prevenzione e promozione della salute;
  • B) determinanti distali: che comprendono quei fattori individuali ed ambientali che sono responsabili delle disuguaglianze sociali e che influenzano l’azione degli altri determinanti di salute: le reti sociali in cui l’individuo è inserito all’interno della comunità (se deboli, esse rappresentano un fattore di rischio per lo stato di salute e benessere psico-sociale dell’individuo; al contrario se forti, sono una risorsa per la comunità intera); il contesto specifico individuale (es.: livello di istruzione, condizione professionale, alloggio) o locale (es.: acqua e igiene, servizi sanitari locali) e, a livello più macro, le condizioni socioeconomiche e culturali del contesto generale.

Circa la dinamica della spesa sanitaria, secondo i dati OECD,  l’Italia è in controtendenza rispetto agli anni ’90: a fronte infatti di aumenti quasi generalizzati, il nostro paese registrerebbe un drastico contenimento delle risorse destinate alla sanità pubblica, solo in parte mitigato dal recupero degli ultimi anni ‘90: dal 6,4% del PIL nel 1990 al 5,9% nel 2000. Secondo la Ragioneria Generale dello Stato, fra 50 anni la quota di risorse assorbita dal SSN sarà pari a 7,2 punti di PIL, un valore che è rispettivamente inferiore e pari a quelli attuali della Germania e della Francia. Quali allora le ragioni del diffuso allarme per la spesa sanitaria? Lo stato della finanza pubblica  imporrebbe un faticoso percorso di risanamento.  Il grido di allarme sulla spesa sanitaria risponderebbe quindi ad esigenze per lo più estranee alle dinamiche della sanità, funzionali più a favorire un progressivo ridimensionamento dell’intervento pubblico nel settore sanitario che a contenerne i costi e a migliorarne l’efficacia[6]  .
La spesa sanitaria corrente tra il 2013 e il 2022 è passata da 109.429,4 a 129.271,2 milioni di euro, equivalente ad un incremento medio annuo dell’1,9%. Il persistente aumento della spesa osservato nel decennio in esame è contraddistinto da un’accelerazione tra il 2020 e il 2021 per via dei maggiori costi connessi con la gestione dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Fino al 2019 l’incremento medio annuo è dell’1,1%, mentre nel biennio successivo ha raggiunto il 4,2%. In particolare, la crescita osservata nel 2020 (+5,4%) risulta essere più consistente di quella riscontrabile nel 2021 (+2,9%), presumibilmente per via dei diversi modelli organizzativi messi in atto dalle regioni per fronteggiare la crisi epidemiologica. Meno accentuato risulta, invece, il tasso di incremento (+1,9%) osservato nell’ultimo anno in ragione dell’attenuarsi degli oneri strettamente legati alle misure emergenziali benché in parte compensati dai citati rincari delle fonti energetiche. A livello di singola regione, nel 2020 solo il Molise ha mostrato un calo della spesa (-7,2%), principalmente dovuto ad iscrizioni contabili presenti nel 2019 registrate a carico del SSR in modo improprio. Per la provincia autonoma di Bolzano è, invece, rinvenibile l’aumento maggiore (+10,7%). Nel 2021 una leggera flessione dei costi si è manifestata in Calabria (-0,7%) ed in Emilia Romagna (-0,1%). La crescita più rilevante è associata alla Sardegna (+6%). Nell’ultima annualità, invece, il decremento è riscontrabile nella provincia autonoma di Bolzano, in Toscana ed in Molise visto che le restanti regioni fanno osservare un aumento con un valore massimo per la provincia autonoma di Trento di oltre 9 punti percentuali.
Nel complesso scenario della Sanità Pubblica, gli aspetti economici sono fortemente condizionati innanzitutto dal delicato equilibrio tra domanda di salute ed offerta di prestazioni: tuttavia, la domanda può essere anche indotta; ad esempio, secondo la legge di Roemer[7],    un letto reso disponibile equivale ad un letto occupato,  ovvero, l’aumento della disponibilità di posti-letto in un ospedale può stimolare un aumento della domanda. Abbiamo poi la “sindrome di Baumol” che  è la correlazione tra aumento del reddito pro–capite e la spesa sanitaria; ovvero, è il benessere che può indurre la domanda.  Nella sua pubblicazione del 1967 l’economista statunitense William Baumol ha postulato,  con l’intento di spiegare i motivi che spingono la spesa pubblica a crescere costantemente ,  la c.d. “malattia dei costi” o “legge di Baumol”. Essa aiuta a riflettere,  alla luce dei tagli e dei de-finanziamenti al SSN degli ultimi anni,  sull’importanza di una costante crescita della spesa sanitaria pubblica e sulle politiche da intraprendere nel futuro. Secondo la Legge di Baumol è possibile suddividere le attività economiche in due settori:

  • settore progressivo;
  • settore non progressivo.

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3. Razionalizzazione e razionamento


Circa l’offerta, le previsioni sono di regola molto difficili, soprattutto sul lungo periodo, anche per il rapido evolversi delle tecnologie; è inoltre condizionata dalla competizione tra provider e dalla economicità delle prestazioni. Sono state individuate come cause di distorsione dell’offerta: gli elevati costi prodotti dai presidi sanitari insediati presso piccole comunità; le diseconomie di scala in ospedali con meno di 300/400 posti letto; le incertezze sui percorsi diagnostici e terapeutici; le manipolazioni determinate dal rapporto di agenzia tra medico e paziente che è uno dei punti critici  dell’economia sanitaria. Il paziente affida all’agente (il medico), in suo nome e per suo conto, la richiesta di prestazioni, che non è in grado di scegliere per carenza di informazioni; il medico “agisce”, ovvero effettua le scelte in nome del paziente. L’ignoranza del paziente/consumatore è un notevole ostacolo al funzionamento della concorrenza: tra medico e paziente vi è una asimmetria informativa: le informazioni tra chi acquista e chi vende i servizi sono certamente diverse. Il mercato sanitario è influenzato dal fatto che spesso non esiste un’adeguata informazione e,  comunque sia,  le informazioni non sono distribuite in modo omogeneo.

4. Il Qaly


L’efficienza economica è intesa come la misura delle modalità di allocazione delle risorse per ottenere i risultati più favorevoli al costo più basso. Il costo di una malattia (o di una cura) è la misura di tutte le risorse consumate. Una malattia non solo assorbe risorse (costi per il personale, farmaci, trattamento alberghiero ecc.), ma può comportare costi indiretti per la famiglia, per il datore di lavoro e per tutta la collettività. In economia sanitaria i metodi di misurazione sono molteplici. Nel misurare l’efficacia di una cura è importante valutare non solo l’outcome ma anche la qualità della vita. L’ analisi di minimizzazione dei costi si basa sul concetto che, a parità di efficacia (o di “outcome”), la scelta debba ricadere sulla cura che comporti il costo più basso. Circa la analisi costo/benefici, è ormai scarsamente utilizzata in ambito sanitario, poiché si basa su valutazioni troppo soggettive del paziente, oltre che prestarsi a critiche dei difensori del Welfare State a causa delle discutibili decodificazioni del valore economico della salute.

Note

  1. [1]

    “Le risorse di fiducia dell’impresa. Soddisfazione del cliente, creazione del valore, strategie di accrescimento” di Bruno Busacca edito da UTET Università, 1994.

  2. [2]

    Riforma del Titolo V della Costituzione.

  3. [3]

    cfr i “Piani di Rientro” imposti alle Regioni non performanti.

  4. [4]

    cfr Physical Literacy: Throughout the Lifecourse Routledge Studies in Physical Education and Youth Sport.

  5. [5]

    cfr Hogstedt C, Moberg H, Lundgren B, Backans M. Health for all?. Swedish National Institute of Public Health. Report 2008

  6. [6]

    cfr di Nerina Dirindin , Enza Caruso , Il Mulino 2019, Salute ed economia. Questioni di economia e politica sanitaria.

  7. [7]

    cfr Shain, Max, Milton , Roemer “Hospital costs relate to the supply of beds.” Journal of Occupational and Environmental Medicine , 1959.

Dott. Corteselli Emilio

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