E’ quanto ha statuito la Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, con sentenza n. 19526 del 23 luglio 2018, sul punto ritenendo fondata la censura di un avvocato, che era stato sanzionato dapprima da Coa e poi dal Cnf (ed avverso la sanzione disciplinare ricorreva in Cassazione) per aver utilizzato espressioni sconvenienti in atti giudiziari e nella corrispondenza epistolare.
Accolta pertanto la doglianza relativa alla nullità della notificazione della sentenza impugnata, per essere stata effettuata presso lo stesso Consiglio nazionale forense, laddove avrebbe invece dovuto essere eseguita presso il domicilio del legale, ovvero al suo indirizzo di posta elettronica certificata. Sicché, potendo in tal caso operare il termine lungo di impugnazione, il ricorso avrebbe dovuto dirsi tempestivo. Respinte invece le altre censure nel merito.
Notifica al domicilio digitale, ovvero all’indirizzo Pec dell’avvocato
Nel caso di specie, sottolineano le Sezioni Unite, mancando l’elezione di domicilio in Roma – bensì solo in altro Comune – la notificazione d’ufficio della decisione all’avvocato, è stata effettivamente eseguita mediante deposito presso il Cnf. Sennonché, a seguito dell’introduzione del domicilio digitale, corrispondente all’iindirizzo Pec che ciascun avvocato ha indicato al Coa di appartenenza, non è più possibile effettuare notificazioni e comunicazioni presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario procedente; questo anche se l’avvocato domiciliatario ha omesso di eleggere domicilio nel Comune ove ha sede quest’ultimo. Ciò a meno che non ricorra la circostanza che l’indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario; circostanza non riscontrata nel caso di specie, per cui opera dunque il termine lungo di impugnazione, con conseguente tempestività del ricorso proposto.
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