Decorrenza prescrizione per le vittime dell’amianto: CEDU

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La CEDU ha esaminato la vicenda di un uomo che da bambino aveva vissuto in una casa nelle vicinanze di uno stabilimento di lavorazione dell’amianto, ed è poi morto per cancro alla pleura, decidendo sulla questione della prescrizione del risarcimento richiesto da vedova e figlio.

Scarica la decisione CEDU n.4976/20

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1. La vicenda: vittima dell’amianto


Un uomo chiamato Marcel, nato nel 1953, moriva nel 2006 per cancro alla pleura, presumibilmente a causa dell’esposizione all’amianto. Da bambino, per 11 anni, aveva abitato in una casa nelle immediate vicinanze dello stabilimento della Eternit AG, dove i minerali fibrosi dell’amianto venivano trasformati in pannelli di cemento. La casa era stata affittata dall’azienda ai genitori di Marcel. Lo stesso aveva dichiarato di essere stato regolarmente esposto all’amianto attraverso la polvere, giocando sopra e intorno ai tubi della fabbrica. In Svizzera l’uso dell’amianto era stato vietato nel 1989. Prima della sua morte, Marcel aveva avviato un procedimento per lesioni personali gravi, che tuttavia veniva rigettato dai tribunali svizzeri. Nel 2009, dopo la sua morte, la vedova e il figlio hanno proposto azione contro Eternit AG, chiedendo un risarcimento. In prima battuta le richieste sono state rigettate, ritenendo spirato il termine di prescrizione. ​I ricorrenti hanno presentato ricorso presso la Corte europea dei diritti dell’uomo nel 2020.

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2. La CEDU fa riferimento alla scienza


La Corte europea dei diritti dell’uomo ha affermato, all’unanimità che, nella vicenda esaminata, sussiste una violazione dell’articolo 6 § 1 (diritto ad un giusto processo) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che riguarda l’impossibilità di accesso a un tribunale, a causa della decisione dei tribunali svizzeri che hanno dichiarato decorso il termine di prescrizione dal momento in cui Marcel Jann si era accorto della malattia e quindi la pretesa era caduta in prescrizione. ​La Corte ha osservato che non esisteva alcun periodo massimo di latenza scientificamente riconosciuto, tra il periodo di esposizione all’amianto e l’insorgenza del cancro alla pleura. I periodi di latenza variavano da 15 a 45 anni, o più, dopo l’esposizione. La Corte ha ribadito che è scientificamente provato che è impossibile per una persona sapere di soffrire di una certa malattia, quindi, in presenza di una circostanza del genere occorre tenerne conto nella fissazione del termine di prescrizione.

3. Il dies a quo della prescrizione


Per effetto dell’indirizzo seguito dalla giurisprudenza della Corte Federale, che ha fissato il dies a quo del termine di prescrizione alla fine del dell’atto dannoso in questione, i ricorrenti non avevano potuto fare esaminare le loro richieste di risarcimento da parte di un tribunale. Inoltre, poiché la giurisprudenza interna aveva attribuito maggiore importanza ai responsabili del danno, non vi era alcuna certezza rispetto al diritto delle vittime sull’accesso alla giustizia, con la conseguenza che non vi è stata una ragionevole proporzionalità tra gli obiettivi perseguiti e i mezzi impiegati. I tribunali svizzeri avevano limitato il diritto di accesso dei ricorrenti a un tribunale in modo tale che la stessa essenza del diritto fosse compromessa. Al contempo, la Corte ha riscontrato la violazione dell’articolo 6 § 1 per quanto riguarda la durata dei procedimenti dinanzi ai giudici nazionali perché il rinvio da parte della Corte Federale in attesa della nuova legislazione non era stato necessario. Per il pronunciamento della CEDU, la Svizzera dovrà pagare ai ricorrenti 20.800 euro per danno morale e 14.000 a titolo di costi e spese.

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Avv. Biarella Laura

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