GARANZIE COSTITUZIONALI E NORMATIVE.
DOVERI E COMPITI DEL TRIBUNALE DEL RIESAME.
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Sovente accade di imbattersi in provvedimenti cautelari carenti di ogni concreto elemento di riferimento penalmente rilevante in danno dei destinatari di essi. Eppure è noto l’indirizzo della S.C., la quale costantemente afferma (cfr. sent. 30 novembre 1999, ric. Russo e da ultimo cfr. Cass. pen. sez. III, 07.04.2000 n. 414 – Pres. Acquarone R – Rel. Franco A – PM in proc. Cavagnoli – P.M. -conf.-), che per procedere a sequestro preventivo occorre una valutazione rigorosa in ordine alla esistenza di gravi indizi di colpevolezza in relazione all’esistenza di una imputazione che indichi, sia pure in termini essenziali, un fatto inquadrabile nel reato in relazione al quale è stato disposto o eseguito il sequestro, con la necessità di verificare in concreto la tesi accusatoria.
È, infatti, di tutta evidenza l’esigenza di tutelare una serie di fondamentali principi costituzionali, fra i quali in primo luogo il diritto di difesa – più volte definito come “inviolabile” dalla Corte costituzionale ed insuscettibile di essere derogato o limitato con una legge di revisione costituzionale o con un’altra legge costituzionale – ed il diritto di proprietà.
È, per vero, sufficiente che il pubblico ministero – ossia una delle due parti in giudizio, posta in condizioni di parità con l’altra, secondo il principio costituzionale dettato dall’art. 111 Cost. – contesti all’indagato un qualsiasi fatto suscettibile di essere astrattamente inquadrato in una fattispecie di reato, per rendere possibile una grave compromissione del diritto costituzionale di proprietà senza che sia data all’indagato stesso alcuna possibilità di difendersi, dal momento che il giudice del riesame dovrebbe in ogni caso prendere per certi i fatti così come esposti dal pubblico ministero nell’imputazione, e quindi limitarsi a valutare se il fatto contestato sia astrattamente inquadrabile in un’ipotesi di reato, senza nemmeno poter valutare se i fatti esposti dall’accusa trovino o meno una corrispondenza con le risultanze processuali, senza nemmeno poter esaminare i fatti e gli argomenti che l’indagato alleghi eventualmente in sua difesa e, quindi, senza nemmeno poter valutare se vi sia (non già la presenza dei gravi indizi di colpevolezza richiesti dall’art. 273 cod. proc. pen., bensì) quanto meno il “fumus” in concreto del reato ipotizzato dal pubblico ministero e che dovrebbe stare alla base del provvedimento di sequestro.
D’altra parte, risulta innegabile che per disporre tale sequestro occorra la presenza di “fondati motivi” che la “res” costituisca cosa pertinente al reato, non essendo sufficiente una soggettiva opinione né un semplice sospetto, perché questi non abilitano all’esercizio di poteri che comprimono diritti di proprietà, di possesso, di riservatezza costituzionalmente garantiti, essendo la coercizione consentita solo nei casi e con i limiti posti dalla legge allorquando si vuole dare preminenza ad un pubblico interesse. Quindi è necessario che il provvedimento che dispone il sequestro sia adeguatamente motivato, nel senso che debba dar conto delle ragioni per cui la fattispecie concreta potrebbe integrare il reato ipotizzato, il quale costituisce antecedente logico e necessario del provvedimento stesso. A maggior ragione, poi, tali requisiti minimi della motivazione sono richiesti al giudice del riesame quando la sussistenza e la configurabilità del reato siano state specificamente contestate dalla difesa in sede di richiesta di riesame (cfr. Sez. III, 29 novembre 1996, Carli, m. 207.450; cfr. pure Cass. pen., sez. III, 07-04-2000 n. 414 – Pres. Acquarone R – Rel. Franco A – PM in proc. Cavagnoli – P.M. -conf.-). Sotto tal profilo pure, dunque, si appalesa illegittimo il sequestro operato nei confronti dell’indagato e non potrà non essere dichiarato tale ed annullato.
Il controllo del giudice del riesame, invero, non potrà essere limitato soltanto all’astratta configurabilità dell’ipotesi di reato formulata, ma dovrà accertare l’esistenza della relazione d’immediatezza, descritta nel secondo comma dell’art. 253 cod. proc. pen., tra la cosa stessa e l’illecito penale e la delibazione non può prescindere dal riferimento alla situazione risultante dagli elementi fattuali, considerati giustificativi dall’accusa (per tutti cfr. Sezioni Unite n. 20 del 29/11/94 -c.c./11/94, rv. 199172, ric. P.M. in proc. Ceolin ), per cui è indispensabile un’ulteriore e più netta chiarificazione, al fine d’assicurare, nell’ambito delle disposizioni processuali vigenti, una maggiore tutela delle posizioni individuali, contemperandole in materia di sequestro preventivo con le esigenze di protezione degli interessi collettivi ed in tema di sequestro probatorio con quelle endoprocessuali. Né si deve omettere di tenere presente che nella Relazione al Progetto preliminare (pag. 79) tale intento del legislatore sia reso evidente laddove è precisato che dal sequestro derivano “vincoli che, si potrebbe dire, dalla cosa passano alla persona”. Quest’aspetto è attualmente accentuato dal danno, spesso irreparabile, prodotto anche da provvedimenti di perquisizione o sequestro illegittimi, attesa la penetrante incidenza e lo “strepitus”, che frequentemente derivano dalle indagini, a prescindere dal loro esito. Accade sovente, infatti, che gli aspetti di garanzia, avuti di mira in “subiecta” materia dal legislatore del 1988, solennemente affermati in teoria, vengano, poi, vanificati nella pratica con un’interpretazione erroneamente riduttiva. Ed a tal illegittimità non potrà non porre rimedio mediante annullamento il Giudice dell’impugnazione per il riesame, il cui ruolo di garanzia non potrà essere ristretto negli angusti steccati della semplice constatazione dell’astratta asserzione di un’ipotesi di reato, ma dovrà verificare il collegamento con la realtà processuale, in virtù dell’innegabile raccordo che, invece, è indispensabile tra ipotesi tipica, indicata nella formulazione accusatoria, e fattispecie concreta, in conformità anche alla stessa nozione normativa di “corpo di reato”, di cui al comma 2 dell’art. 253 cod. proc. pen., che richiama in modo espresso il “reato… commesso”.
Peraltro, spesso si assiste a provvedimenti dei PPMM che dispongono cautele preventive delegando la polizia giudiziaria all’esecuzione di sequestro, oltre che degli oggetti e/o documenti esplicitamente indicati, anche di “quanto rinvenuto ed, in ogni caso, ritenuto utile a fini di indagine”, ma in tal caso a ns. sommesso parere l’Ufficio di Procura è tenuto a provvedere alla sua convalida laddove il sequestro abbia ad oggetto cose non specificate nel provvedimento, la cui carenza non darebbe luogo al procedimento di riesame, bensì ad una semplice istanza al GIP per il dissequestro e la restituzione di un sequestro illegittimo (per tutti cfr. Cass. pen. sez. III, 11-07-1989 n. 2590 – Pres. GLINNI PP – Rel. DE MAIO B – BEZICHERI; cfr. pure Cass. pen., sez. III, 04-07-1989 n. 2596 – Pres. GLINNI PP – Rel. DE MAIO B – MANCINI). Infatti, poiché l’indeterminatezza della indicazione rimette al giudizio della polizia giudiziaria operante (salvo che non ci si trovi in presenza di beni soggetti a confisca obbligatoria) l’individuazione del presupposto fondamentale del sequestro, il relativo accertamento non può che avere natura provvisoria (per tutti cfr. Cass. pen. sez. V, 17-03-2000 – Pres. Ietti G – Rel. Nappi A – Beha ed altri – P.M. (conf.) Cosentino F.; cfr. pure Cass. Pen. sez. V, 25-06-1992 n. 1170; Cass. pen. sez. II, 24-04-1995 n. 1711; Cass. pen. sez. V, 27-12-1995 num. 2793; Cass. pen., sez. I, 16-11-1995, n. 5430) ed è soggetto al vaglio di cui all’art. 355 c.p.p..
Infine, poiché la perquisizione è mezzo di ricerca della prova, presuppone l’esistenza di un fondato motivo che consenta di ritenere che il corpo del reato o cose pertinenti al reato si trovino sulla persona di un determinato soggetto o in un determinato luogo, sicché è essenziale la previa individuazione del “thema probandum” ed è necessaria l’esistenza di indizi di concreto rilievo convergenti in riferimento ad una concreta figura di reato, verso la probabilità di rinvenimento della “res” oggetto della ricerca.
Pertanto, qualora si proceda in base a semplici sospetti o illazioni e in difetto di un concreto nesso strumentale con una determinata attività criminosa, come si ritiene sia avvenuto nel caso in ispecie, la perquisizione e il sequestro ad essa conseguente si sono trasformati da mezzo di ricerca della prova in mezzo di acquisizione di una “notitia criminis”, come tale inammissibile perché lesivo della libertà individuale “lato sensu”, che ha i suoi referenti negli artt. 13 e 14 della Costituzione (per tutti cfr. Cass. pen., sez. I, 07-01-199, n. 4556 – Pres. Sibilia S – Rel. Silvestri G – Lenzi; cfr. pure Cass. pen. sez. I, 08-06-1993 num. 1686; Cass. pen. sez. V, 23-05-1992 n. 899 -ord.-).
avv. Alfonso Maria Parisi
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