Il decreto correttivo al Codice dei contratti e le prime correzioni al correttivo

Redazione 17/01/18
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di Antonio Vespignani

Alla fine dunque – come ci si attendeva – la scadenza è stata rispettata in extremis e il decreto correttivo al Codice dei contratti – d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 – è stato pubblicato sul supplemento ordinario n. 22/L alla G.U. n. 103 del 5 maggio scorso, per entrare in vigore il successivo 20 maggio.
Il provvedimento – che reca “Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50” – si compone di 131 articoli e di fatto rappresenta una sostanziale riscrittura del Codice, atteso che ne modifica oltre 120 articoli (su 220) aggiungendone due (il 17-bis e il 113-bis).
È un dato di fatto oggettivo che il Codice degli appalti dello scorso anno è nato sotto cattivi auspici, non per un Fato avverso ma per ben precise responsabilità. Approvato allo scadere del termine utile per il recepimento delle direttive comunitarie, già a luglio era stato necessario un avviso di rettifica contenente oltre 170 correzioni.
Inoltre la sua entrata in vigore aveva avuto l’effetto di bloccare per mesi un mercato degli appalti che dopo anni stava finalmente cominciando a riprendere fiato. Era legittimo sperare che la lezione fosse servita.

Invece, pur avendo davanti l’orizzonte temporale di un anno, l’elaborazione del Correttivo è cominciata a ridosso della scadenza del termine di legge, cosicché ancora una volta un iter legislativo complesso e articolato, che richiedeva scelte non frettolose, ma attente e meditate, si è concentrato in poche settimane.
Com’era facilmente prevedibile, ne sono risultate delle conseguenze che sarebbero esilaranti se non fossero drammatiche, come (solo per citare il caso più eclatante) l’assurdo pasticcio per cui – ad una lettura rigorosa della norma – le procedure negoziate sotto il milione di euro possono essere aggiudicate solo con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Va ricordato che il decreto correttivo trova la propria fonte nell’art. 1, comma 8, della legge delega (l. n. 11/2016) che attribuiva al Governo la facoltà di adottare, entro un anno dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016, “disposizioni integrative e correttive nel rispetto dei principi e criteri direttivi” fissati dalla stessa legge delega.

Nella relazione di accompagnamento all’originario schema di decreto licenziato dal Consiglio dei Ministri si legge che “le modifiche proposte sono mirate a perfezionare l’impianto normativo senza intaccarlo, con lo scopo di migliorarne l’omogeneità, la chiarezza e l’adeguatezza in modo da perseguire efficacemente l’obiettivo dello sviluppo del settore che la stessa legge delega si era prefissata”.
Come si vedrà, dopo aver letto il testo del Codice quale risulta dalle modifiche introdotte, è difficile sostenere che gli obiettivi di chiarezza, omogeneità e adeguatezza possano dirsi raggiunti, anche se è innegabile che alcuni importanti passi avanti siano stati fatti nella direzione della semplificazione.
Oltre a ciò, occorre anche considerare che l’entrata in vigore del correttivo rende indispensabile un adeguamento di alcuni provvedimenti attuativi emanati sulla base del “vecchio” testo. Tant’è che il 12 giugno l’Anac, alla luce delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 56/2017 al Codice dei contratti, ha aggiornato: a) le linee guida n. 3 (Nomina, ruolo e compiti del RUP); b) le linee guida n. 5 (Criteri di scelta dei commissari di gara e di iscrizione degli esperti nell’Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici); c) le linee guida n. 6 (Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto significative per la dimostrazione delle cause di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice), riavviando la relativa procedura di consultazione.

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Ritornando al Correttivo e alle novità apportate al Codice, queste hanno inizio sin dall’intestazione, che ora reca il più sintetico ed efficace titolo “Codice degli appalti pubblici”.
Anche l’art. 3, “Definizioni”, ha subito importanti integrazioni, con l’aggiunta delle nozioni di categoria prevalente e categoria scorporabile (lett. oo-bis e oo-ter), di manutenzione ordinaria e manutenzione straordinaria e con la rivisitazione delle nozioni di concessione di lavori (lett. uu), di rischio operativo (lett. zz), di categorie di opere specialilzzate (lett. aaaaa) e infine aggiungendo una serie di nuove definizioni (lett. da ggggg-bis a ggggg-undecies) che vanno dai programmi biennale e triennale al capitolato prestazionale, dal quadro esigenziale al cottimo.
Con riferimento all’ambito oggettivo, viene inserito l’art. 17-bis (Altri appalti esclusi), che sottrae all’ambito di applicazione del Codice gli appalti aventi ad oggetto l’acquisto di prodotti agricoli e alimentari di valore non superiore a 10.000 euro annui per ciascuna impresa, da imprese agricole situate in comune totalmente montani o nei comuni delle isole minori o comunque nei comuni sul cui territorio i terreni agricoli sono esenti dall’imposta comunale sugli immobili.
L’art. 21 viene modificato stabilendo che, ai fini dell’inserimento nel programma triennale, le amministrazioni redigono il documento di fattibilità delle alternative progettuali (la cui definizione di rinviene all’art. 3, lett. ggggg-quater). Inoltre (comma 8-bis) i soggetti aggregatori e le centrali di committenza sono sottratte alle norme sulla programmazione contenute nello stesso art. 21.
Importanti interventi riguardano l’attività di progettazione. In primo luogo, il decreto ministeriale che fisserà i contenuti della progettazione dovrà definire anche il contenuto minimo del quadro esigenziale che le stazioni appaltanti devono predisporre. Un ulteriore decreto del Ministero delle infrastrutture disciplinerà la programmazione semplificata degli interventi di manutenzione ordinaria di importo non superiore a 2,5 milioni di euro.

La novella legislativa prevede che il progetto di fattibilità possa essere articolato in due fasi di elaborazione successive, anziché in unica fase, ai soli fini dell’attività di programmazione triennale dei lavori pubblici, dell’espletamento delle procedure di débat public, dei concorsi di progettazione e di idee. Vengono integrati e rafforzati i contenuti del progetto di fattibilità (comma 6). Gli oneri di progettazione devono intendersi comprensivi di quelli relativi all’eventuale dibattito pubblico, mentre per la definizione dell’importo stimato degli oneri, occorre tener conto anche di tutti i servizi, ivi compresa la direzione lavori nel caso di affidamento esterno.
Particolarmente penetranti le modifiche al comma 16 dell’art. 23. Da un lato viene stabilito che, per i contratti relativi ai lavori, il riferimento è rappresentato dai prezzari regionali aggiornati annualmente. Nel caso di mancato rispetto dei tempi da parte della Regione, all’aggiornamento provvedono le competenti articolazioni territoriali del Ministero delle infrastrutture, sentita la Regione interessata. Dall’altro si stabilisce che, per lavori e servizi, la stazione appaltante, per determinare l’importo a base d’asta, individua nei documenti di gara i costi della manodopera sulla base di quanto stabilito dalle competenti tabelle ministeriali.

I costi della sicurezza – e sono quelli – sono scorporati dal costo dell’importo soggetto a ribasso.
E ancora (art. 24) i corrispettivi di cui al d.m. 17 giugno 2016 sono utilizzati dalle stazioni appaltanti quale “criterio o base di riferimento” per l’individuazione dell’importo da porre a base di gara dell’affidamento. È vietata la clausola che subordini la corresponsione dei compensi per attività di progettazione all’ottenimento del finanziamento dell’opera (comma 8-bis) ed è vietata altresì la previsione di corrispettivo sotto forma di sponsorizzazione o rimborso, fatto salvo quanto previsto dal Codice in materia di contratti relativi ai beni culturali.
L’art. 26, comma 2, coerentemente con l’ampliamento (sia pure modesto) dei casi in cui è ammesso l’appalto integrato, stabilisce che in tale ipotesi la verifica della progettazione redatta dall’aggiudicatario va necessariamente compiuta prima dell’inizio dei lavori.

Meritevole di segnalazione la disposizione del nuovo comma 1-bis dell’art. 27: nel caso di appalti conseguenti al ritiro, revoca o annullamento di precedente appalto, è possibile fare salvi i pareri e le autorizzazioni già rilasciati per un periodo non superiore a 5 anni, se sia rimasto invariato il quadro progettuale e regolamentare di riferimento.
All’art. 29, in materia di trasparenza, viene precisato che il termine per l’impugnazione di cui all’art. 120, comma 2-bis, del cod. proc. amm., dei provvedimenti di ammissione ed esclusione, decorre dal momento in cui gli atti indicati nel secondo periodo del comma 1, corredati di motivazione, sono resi concretamente disponibili.
L’art. 30 reintroduce espressamente nell’ordinamento la ritenuta dello 0,5% sull’importo netto progressivo delle prestazioni, da svincolarsi in sede di liquidazione finale, dopo l’approvazione del certificato di collaudo (o di verifica di conformità) previo rilascio del durc.
In ordine al RUP, viene modificato il comma 5 dell’art. 31, stabilendosi che le linee guida dell’Anac debbano regolare anche i presupposti e le modalità di nomina del RUP, nonché importo massimo e tipologia di lavori, servizi e forniture nei quali il RUP può coincidere, con il progettista, il d.l. o il direttore dell’esecuzione. Tali modifiche rendono evidentemente necessario, come detto, una rielaborazione delle linee guida già approvate a suo tempo dall’Anac.

L’art. 32 introduce, per gli affidamenti diretti (possibili al di sotto dei 40.000 euro) una forma semplificata di determina a contrarre (o atto equivalente) che contenga oggetto dell’affidamento, importo, fornitore, motivi della scelta, possesso da parte di quest’ultimo dei requisiti di carattere generale e, se prescritti, di quelli tecnico-professionali. Il nuovo comma 14-bis precisa che anche il computo metrico estimativo (o “estimativo metrico” come dice la norma) diventa elemento contrattuale.
Profonde modifiche vengono apportate alla disciplina dei CAM (criteri ambientali minimi), che al comma 2 viene semplificata e depurata di ogni riferimento quantitativo, sancendo il principio che i CAM – con particolare riferimento a quelli premianti – devono essere tenuti in considerazione ai fini della stesura dei documenti di gara per l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

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