Tale esigenza nasce dalla necessità per il condominio di garantire la gestione della cosa comune e, pertanto, l’esistenza in vita dello stesso, di talché il credito dell’ente di gestione, nei confronti dei singoli condòmini, emerge già dalle delibere assembleari di approvazione del rendiconto o del bilancio preventivo.
Le stesse, conservano la loro efficacia e, pertanto, la loro obbligatorietà, anche in caso di impugnazione, fatta salva la sospensione cautelare della delibera da parte dell’autorità giudiziaria, per come disposto dall’art. 1137 Cc, a mente del quale, “le deliberazioni prese dall’assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini”, e che l’eventuale “azione di annullamento non sospende l’esecuzione della deliberazione, salvo che la sospensione sia ordinata dall’autorità giudiziaria”.
Va ricordato che in caso opposizione a decreto ingiuntivo e di contestuale, precedente o successiva, impugnativa della delibera assembleare posta a base del monitorio, tra le due azioni giudiziarie non sussiste alcun rapporto di connessione, continenza o pregiudizialità, pertanto, non risulta possibile neppure sospendere uno dei due giudizi nell’attesa della definizione dell’altro.
Ciò a cagione dell’ontologica differenza esistente tra le due azioni giudiziarie, in considerazione del fatto che quella di opposizione a decreto ingiuntivo è limitata alla sola verifica dell’esistenza ed efficacia della sottostante delibera assembleare di approvazione e riparto della spesa (Ex multis: Cass. civ. Sez. II, 19/02/2016, n. 3354), quella di impugnativa a delibera assembleare, invece, attiene ad eventuali vizi della stessa.
A riprova di ciò risulta pacifico che, solo in caso di sospensione della delibera e, pertanto, di sopravvenuta inefficacia della stessa, il Giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo dovrà a sua volta sospendere il giudizio, venendo meno uno dei presupposti per l’emissione del decreto ingiuntivo, in attesa della definizione del giudizio di impugnazione della delibera assembleare.
Tale principio, tuttavia, risulta derogabile quando la delibera sottesa all’emissione del decreto ingiuntivo sia radicalmente nulla, e non solo annullabile.
A tal proposito, giova ricordare come “le delibere dell’assemblea di condominio sono nulle se prive degli elementi essenziali, con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume), con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, se incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini ed, infine, se comunque invalide in relazione all’oggetto, mentre sono annullabili se affette da vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea, affette da irregolarità nel procedimento di convocazione e se violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all’oggetto” (Cass. civ. Sez. Unite, 07/03/2005, n. 4806).
Ebbene, in tali casi, infatti, quando la delibera è affetta dal più grave vizio della nullità vige il principio, già espresso dalla Corte di Cassazione nella sentenza 9641/2006 e, sostanzialmente confermato in motivazione dalle sentenze n. 23688/2014 e n. 1439/2014, secondo cui ben può il Giudice rilevare d’ufficio la nullità quando si controverta in ordine all’applicazione di atti (delibera d’assemblea di condominio) posti a fondamento della richiesta di decreto ingiuntivo, la cui validità rappresenta elemento costitutivo della domanda (Cass. 305/2016).
Tale principio è stato di recente ribadito dalla VI Sezione civile della Corte di Cassazione, Presidente dott. P. D’Ascola, Relatore dott. A. Scarpa, nell’ordinanza n. 16389, pubblicata in data 21 giugno 2018.
Il fatto
La vicenda giudiziaria prende le mosse dalla spiegata opposizione a decreto ingiuntivo afferente spese condominiali relative a lavori edili sistemazione esterna dell’edificio, approvati con delibera assembleare assunta in assenza di quattro condòmini, con la quale, tra l’altro, si stabiliva la ripartizione delle spese in parti uguali tra tutti i condòmini.
Orbene, nel caso di specie, la delibera assembleare posta a sostegno del monitorio risulta senz’altro nulla, siccome adottata in deroga ai criteri di proporzionalità di spesa indicati dall’art. 1123 Cc, senza la necessaria unanimità dei consensi di tutti i partecipanti al condominio.
Decisione della Corte Suprema
Nello specifico, pertanto, la Suprema Corte rammenta come sia <<certamente da ribadire che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di contributi per spese, il condominio soddisfa l’onere probatorio su esso gravante con la produzione del verbale dell’assemblea condominiale in cui sono state approvate le spese, nonché dei relativi documenti (Cass. Sez. 2, 29 agosto 1994, n. 7569).>>.
Conseguentemente, <<nello stesso giudizio di opposizione, il condomino opponente non può far valere questioni attinenti alla annullabilità della delibera condominiale di approvazione dello stato di ripartizione. Tale delibera costituisce, infatti, titolo sufficiente del credito del condominio e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condominio a pagare le somme nel processo oppositorio a cognizione piena ed esauriente, il cui ambito è, dunque, ristretto alla verifica della (perdurante) esistenza della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere (Cass. Sez. U., 18 dicembre 2009, n. 26629; da ultimo, Cass. Sez. 2 , 23/02/2017, n. 4672).>>.
Tuttavia, così come chiarito dalla medesima Corte di Cassazione, <<nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali, il limite alla rilevabilità, anche d’ufficio, dell’invalidità delle sottostanti delibere non opera allorché si tratti di vizi implicanti la loro nullità, trattandosi dell’applicazione di atti la cui validità rappresenta un elemento costitutivo della domanda (Cass. Sez. 2, 12/01/2016, n. 305). La nullità di una deliberazione dell’assemblea condominiale, del resto, comporta che la stessa, a differenza delle ipotesi di annullabilità, non implichi la necessità di tempestiva impugnazione nel termine di trenta giorni previsto dall’art. 1137 c.c. Una deliberazione nulla, secondo i principi generali degli organi collegiali, non può, pertanto, finché (o perché) non impugnata nel termine di legge, ritenersi valida ed efficace nei confronti di tutti i partecipanti al condominio, come si afferma per le deliberazioni soltanto annullabili. Alle deliberazioni prese dall’assemblea condominiale si applica, perciò, il principio dettato in materia di contratti dall’art. 1421 c.c., secondo cui è comunque attribuito al giudice, anche d’appello, il potere di rilevarne pure d’ufficio la nullità, ogni qual volta la validità (o l’invalidità) dell’atto collegiale rientri, appunto, tra gli elementi costitutivi della domanda su cui egli debba decidere (Cass. Sez. 2, 17/06/ 2015, n. 12582; Cass. Sez. 6 -2, 15/03/2017, n. 6652).>>.
Corretta, pertanto, risulta la decisione adottata dal Tribunale di Castrovillari, da ciò consegue il rigetto del ricorso e la condanna del condominio ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
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