Decreto liberalizzazioni e abolizione delle tariffe per le professioni

Redazione 13/01/12
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Anna Costagliola

Nel pacchetto di misure pensate dal Governo per rimuovere ogni ostacolo all’apertura dei mercati, al fine di meglio promuovere la concorrenza, la competitività e la crescita del Paese, sono previsti decisivi interventi anche in materia di liberalizzazione delle professioni per superare definitivamente le numerose incrostazioni corporative che impediscono un’effettiva apertura del mercato. Nella bozza del decreto legge sulle liberalizzazioni un preciso riferimento è fatto alle tariffe professionali, le quali scompaiono del tutto, rimettendosi la determinazione del compenso del professionista esclusivamente alla libera contrattazione tra le parti. Dietro il monito ultimo dell’Antitrust, il Governo si è indotto, pertanto, all’eliminazione di qualsiasi riferimento alle tariffe professionali, che vengono abrogate tutte, sia minime che massime.

Già il D.L. 138/2011 (conv. in L. 148/2011) aveva previsto la definizione del compenso spettante al professionista all’atto del conferimento dell’incarico, avendosi riguardo, solo come riferimento, alle tariffe professionali, e anche in deroga alle tariffe stesse. Lo stesso provvedimento disponeva che in caso di mancata determinazione consensuale del compenso, quando il committente è un ente pubblico, in caso di liquidazione giudiziale dei compensi, ovvero nei casi in cui la prestazione professionale è resa nell’interesse dei terzi, si applicano le tariffe professionali stabilite con decreto dal Ministro della Giustizia (vedi articolo su questo sito).

Successivamente, la Legge di Stabilità per il 2012 (L. 183/2011) ha cancellato anche il mero «riferimento» alle tariffe professionali nella contrattazione del compenso del professionista, rimanendo invece le stesse in vigore solo per i casi espressamente previsti dal precedente decreto legge (vedi articolo su questo sito).

Con il prossimo provvedimento dovrebbero essere aboliti gli ultimi vincoli alla determinazione dell’onorario del professionista, eliminando anche l’obbligo di riferimento al tariffario anche nei casi di contenzioso e per prestazioni a favore di enti pubblici o rese nell’interesse di terzi, così come era stabilito dalla Manovra estiva.

L’abolizione delle tariffe è vista, nella prospettiva del legislatore, come un passo decisivo per la completa liberalizzazione delle professioni, consentendosi, nella pratica, a chi debba rivolgersi, ad esempio, a un avvocato, a un commercialista o ad un architetto, di poter scegliere quel professionista che pratichi prezzi più competitivi. In tal modo, peraltro, viene altresì facilitato l’ingresso di giovani professionisti sul mercato, i quali potranno agevolmente trovare più clienti in relazione al compenso proposto. L’imposizione, infatti, di tariffe minime per determinate prestazioni finisce inevitabilmente per avvantaggiare il professionista esperto e già sul mercato da anni rispetto a quello che muove i primi passi nell’esercizio della professione, rivolgendosi il cliente, a parità di prezzo, certamente al primo.

Una volta eliminate le tariffe professionali, la bozza del decreto prevede, agli effetti della trasparenza, un vero e proprio obbligo, a carico del professionista, di redigere il preventivo per la prestazione richiesta, indicando al cliente, nel relativo atto di determinazione, l’esistenza di una copertura assicurativa, se stipulata, per i danni provocati nell’esercizio dell’attività professionale, la sua durata e il suo massimale. L’inadempimento di tale obbligo assume una rilevanza deontologica, integrando gli estremi di un illecito disciplinare.

Al fine di coordinare la normativa esistente con la prevista abolizione delle tariffe professionali, si interviene anche sul disposto dell’art. 2233 c.c., dedicato al compenso per l’esercizio delle professioni intellettuali, attraverso l’eliminazione del riferimento alle «tariffe» e la previsione che quando il compenso non possa essere determinato secondo gli usi, il giudice decide «secondo equità» e non più sul presupposto del parere richiesto all’associazione professionale cui il professionista appartiene.

Infine, sempre per favorire un più agevole accesso dei giovani al mercato del lavoro, l’emanando decreto introduce la possibilità per le università di prevedere nei rispettivi statuti e regolamenti che il tirocinio o la pratica finalizzati all’iscrizione negli albi professionali siano svolti nel corso dell’ultimo biennio di studi per il diploma di laurea specialistica o magistrale, con la sola eccezione delle professioni mediche e sanitarie.

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