Deep web e Dark web: prospettive giuridiche nel mondo sommerso di Internet

Il mondo digitale è un terreno vasto e variegato, con le sue molteplici sfaccettature che spesso sfuggono al controllo delle normative tradizionali. In questo contesto, il Deep Web emerge come un enigma legale, suscitando interrogativi su come i profili giuridici possano affrontare le sfide connesse a questo mondo criptico e nascosto.
In particolare Il termine “Deep Web” evoca l’immagine di un mondo sommerso e oscuro, con il “Dark Web” che si distingue come un suo sottoinsieme, rappresentando un lato di internet inesplorato e talvolta al di là dei confini della legalità. Nel corso degli anni, il “Deep Web” inteso come quella porzione non indicizzata della rete, accessibile solo attraverso specifici mezzi e protocolli, è stato associato a potenziali minacce per la sicurezza informatica, ma è essenziale comprendere che questo ambiente digitale nasconde anche origini meno torbide. Ospita infatti, anche risorse legittime come basi di dati private e contenuti accademici. In particolare, nei paesi sottoposti a leggi di censura, il “Deep Web” è stato un rifugio per giornalisti, attivisti e dissidenti per esprimere liberamente le proprie idee. Tuttavia, l’evoluzione di questa sfera digitale ha dato vita a nuove sfide giuridiche, specialmente con l’emergere del “Dark Web”.

Indice

1. Origini e nascita del Deep web e Dark web: le sue radici meno ombrose


Inizialmente concepito come uno spazio sicuro di comunicazione per coloro oppressi da dittature e censure, il “Deep Web” ha svolto un ruolo cruciale nel facilitare la connessione tra individui e gruppi che cercano di sfuggire a restrizioni governative. La sua natura criptata è stata anche sfruttata per proteggere segreti industriali, creando uno spazio virtuale di scambio di informazioni commerciale e industriale.
Nel contesto del “Deep Web”, è fondamentale distinguere tra pagine “statiche”, rappresentate da file HTML tradizionali, e pagine “dinamiche”, basate su programmi server eseguiti direttamente dal browser. Questa distinzione diventa rilevante in quanto le pagine dinamiche possono generare una varietà di contenuti, rendendo difficile prevederne il contenuto in anticipo.
Il “Dark Web” invece come su accennato si configura come una sottosezione del “Deep Web”, caratterizzata da reti virtuali private, note come “darknet”, che facilitano lo scambio di informazioni tra gli utenti. TOR (The Onion Router) è uno degli esempi principali di tecnologie che consentono la navigazione anonima nel “Dark Web”, nascondendo l’indirizzo IP dell’utente e crittografando il traffico.

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2. Problemi giuridici, privacy e contenuti illegali


Il “Dark Web” è spesso associato a “black market“, piattaforme multimediali per la compravendita di beni e servizi di natura illecita, come droga, armi, pedopornografia. Un esempio noto è stato “Silk Road“, chiuso dall’FBI, che funzionava come un mercato online per sostanze stupefacenti. Questi spazi digitali nascondono attività illegali sotto uno strato di crittografia e anonimato.
L’accesso al “Deep Web” o al “Dark Web” non costituisce, di per sé, un reato nel panorama legale italiano. Tuttavia, l’eventuale coinvolgimento in attività illegali, come contrattazioni nei black market o la partecipazione a comunità criminali virtuali, può configurare reati specifici previsti dal codice penale e allora come possono i legali affrontare le sfide di identificare e perseguire gli attori coinvolti in attività illegali senza compromettere la privacy?
La tensione tra la necessità di garantire la privacy e la sicurezza online è dunque al centro del dibattito. I professionisti legali sono chiamati a trovare un equilibrio delicato, affrontando attività illegali senza compromettere i diritti fondamentali sulla privacy. Occorre quindi ragionare in un’ottica di bilanciamento tra privacy e sicurezza.

3. Il reato di associazione a delinquere nel contesto virtuale


La giurisprudenza, soprattutto nel caso di reati legati alla pornografia minorile, è unanime nel rilevare nei confronti dei net users anche il reato di associazione per delinquere ex art. 416 del codice penale. 
La suprema corte italiana ha affrontato la questione dell’associazione per delinquere nel contesto del “Dark Web”. Gli utenti, sottoponendosi a prove di iniziazione, possono essere considerati associati a un sodalizio criminoso, secondo quanto stabilito dalla Cassazione in specifici casi legati alla pornografia minorile. Secondo i Giudici di legittimità, “la deliberata sottoposizione a questo esame preliminare dimostra come l’utente sia indefettibilmente al corrente del fine illecito perseguito dal gruppo e, pertanto, deve considerarsi un associato del sodalizio criminoso a tutti gli effetti (Cass. Pen., Sez. III, Sent. 15 maggio 2013, n. 20921)”.
Nella fattispecie di cui sopra, una complicata indagine della Polizia Postale italiana aveva portato alla luce la presenza nel Dark Web di una comunità virtuale riunita allo scopo di scambiare e diffondere materiale pedopornografico. Si trattava di una struttura informatica molto simile a quella di un social network denominato “PedoBook”. Gli utenti una volta registrati, dopo aver superato una prova iniziale, venivano ammessi dalla comunità ad accedere ad un archivio che contava oltre un milione di files che ritraevano minori, anche di tenerissima età, in condizioni di nudità e intimità sessuale.
Le istituzioni europee invece, attraverso l’Europol, stanno affrontando le minacce legate al deep web con il modello “S.O.C.T.A.” (Serious and Organised Crime Threat Assessment). Questo modello mira a coordinare gli sforzi tra gli stati membri per contrastare la criminalità organizzata, compresa quella online. Tuttavia, per una lotta più efficace, potrebbe essere necessaria un’apposita normativa europea e l’adozione di mezzi tecnologici avanzati da parte delle forze dell’ordine per risalire agli autori di attività illegali all’interno del deep web.

4. Conclusioni


Il Web Profondo, originariamente concepito come un rifugio per la libera espressione e lo scambio sicuro di informazioni, è diventato un terreno fertile per la criminalità. Sulla base di quanto è stato analizzato, e con particolare riferimento alla potenzialità del deep web di costituire uno strumento in grado di agevolare la realizzazione di attività illegali difficilmente perseguibili, si è obbligati a concludere che solo attraverso un’attività di monitoraggio della rete il più possibile precisa e specifica sarà possibile evitare, o quantomeno ridurre, i pericoli connessi ad un uso della rete eccessivamente libero come quello attuale. Il Dark Web dal canto suo supera i confini nazionali, richiedendo una cooperazione internazionale più stretta.  Le attuali leggi mostrano infatti limiti nell’affrontare questa realtà sfuggente, e i legislatori devono affrontare con precisione le sfide poste dal “Deep” e dal “Dark Web”, attraverso una collaborazione tra di essi in grado di sviluppare soluzioni che tengano conto delle peculiarità di questi due oscuri spazi virtuali. Manca ad oggi infatti un’apposita normativa europea specificamente dedicata alla repressione dei reati commessi mediante Internet. La creazione di normative specifiche e l’adattamento alle nuove frontiere digitali sono imperativi per garantire una tutela legale efficace nel mondo sommerso di internet.

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Vincenzo Celeste

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