1. Premessa
E’ utile in proposito ricordare taluni principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità maggioritaria in tema di delega del datore di lavoro.
E’ vero che nelle imprese di grandi dimensioni, come sostenuto dalla difesa, si pone la delicata questione, attinente all’individuazione del soggetto che assume su di sè, in via immediata e diretta, la posizione di garanzia, la cui soluzione precede, logicamente e giuridicamente, quella della (eventuale) delega di funzioni.
In imprese di tal genere, infatti, non può individuarsi questo soggetto, automaticamente, in colui o in coloro che occupano la posizione di vertice, occorrendo un puntuale accertamento, in concreto, dell’effettiva situazione della gerarchia delle responsabilità all’interno dell’apparato strutturale, così da verificare la eventuale predisposizione di un adeguato organigramma dirigenziale ed esecutivo il cui corretto funzionamento esonera l’organo di vertice da responsabilità di livello intermedio e finale (così Cass. pen., Sez. IV, 9 luglio 2003). In altri termini, nelle imprese di grandi dimensioni non è possibile attribuire tout court all’organo di vertice la responsabilità per l’inosservanza della normativa di sicurezza, occorrendo sempre apprezzare l’apparato organizzativo che si è costituito, si da poter risalire, all’interno di questo, al responsabile di settore.
Diversamente opinando, del resto, si finirebbe con l’addebitare all’organo di vertice quasi una sorta di responsabilità oggettiva rispetto a situazioni ragionevolmente non controllabili, perchè devolute alla cura ed alla conseguente responsabilità di altri.
2. Condizioni di legittimità della delega
E’ altrettanto vero che il problema interpretativo ricorrente è sempre stato quello della individuazione delle condizioni di legittimità della delega: questo, per evitare una facile elusione dell’obbligo di garanzia gravante sul datore di lavoro, ma, nel contempo, per scongiurare il rischio, sopra evidenziato, di trasformare tale obbligo in una sorta di responsabilità oggettiva, correlata tout court alla posizione soggettiva di datore di lavoro.
Sul punto, costituisce affermazione consolidata che il datore di lavoro è il primo e principale destinatario degli obblighi di assicurazione, osservanza e sorveglianza delle misure e dei presidi di prevenzione antinfortunistica. Ciò dovendolo desumere, anche a non voler considerare gli obblighi specifici in tal senso posti a carico dello stesso datore di lavoro dal decreto legislativo in commento, dalla “norma di chiusura” stabilita nell’art. 2087 c.c., che integra tuttora la legislazione speciale di prevenzione, imponendo al datore di lavoro di farsi tout court garante dell’incolumità del lavoratore.
Va, quindi, ancora una volta ribadito che il datore di lavoro, proprio in forza delle disposizioni specifiche previste dalla normativa antinfortunistica e di quella generale di cui all’art. 2087 c.c., è il “garante” dell’incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale del lavoratore, con la già rilevata conseguenza che, ove egli non ottemperi agli obblighi di tutela, l’evento lesivo gli viene addebitato in forza del principio che “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo” (art. 40, comma 2, c.p.).
Altrettanto consolidato è il principio che la delega non può essere illimitata quanto all’oggetto delle attività trasferibili.
In vero, pur a fronte di una delega corretta ed efficace, non potrebbe andare esente da responsabilità il datore di lavoro allorchè le carenze nella disciplina antinfortunistica e, più in generale, nella materia della sicurezza, attengano a scelte di carattere generale della politica aziendale ovvero a carenze strutturali, rispetto alle quali nessuna capacità di intervento possa realisticamente attribuirsi al delegato alla sicurezza (v., tra le altre, Sez. 4, 6 febbraio 2007, Proc. gen. App. Messina ed altro in proc. Chirafisi ed altro).
E’ da ritenere, quindi, senz’altro fermo l’obbligo per il datore di lavoro di intervenire allorchè apprezzi che il rischio connesso allo svolgimento dell’attività lavorativa si riconnette a scelte di carattere generale di politica aziendale ovvero a carenze strutturali, rispetto alle quali nessuna capacità di intervento possa realisticamente attribuirsi al delegato alla sicurezza.
Tali principi hanno trovato conferma nell’art. 17 del D. Lgs. 81/2008 e successive modifiche, che prevede, infatti, gli obblighi del datore di lavoro non delegatali, per l’importanza e, all’evidenza, per l’intima correlazione con le scelte aziendali di fondo che sono e rimangono attribuite al potere/dovere del datore di lavoro.
Trattasi:
a) dell’attività di valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza al fine della redazione del documento previsto dal cit. D.Lgs., art. 28, contenente non solo l’analisi valutativa dei rischi, ma anche l’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate;
b) della designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi (RSPP).
Rocchina Staiano
Docente all’Univ. Teramo; Docente formatore accreditato presso il Ministero di Giustizia e Conciliatore alla Consob con delibera del 30 novembre 2010; Avvocato. E’ stata Componente della Commissione Informale per l’implementamento del Fondo per l’Occupazione Giovanile e Titolare di incarico a supporto tecnico per conto del Dipartimento della Gioventù.
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