Indice
1. La questione
La Corte di Appello de L’Aquila confermava una decisione di primo grado di condanna di un imputato per i delitti di peculato continuato (artt. 81, 314 cod. pen., capo A) e induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater cod. pen., capo B), rideterminando unicamente la pena nella misura di tre anni di reclusione ma ribadendo la condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita.
Nel proporre ricorso per Cassazione, il difensore dell’imputato, tra i motivi addotti, per quello che rileva in questa sede, proponeva uno con cui costui prospettava vizi congiunti di motivazione in relazione all’art. 539 cod. proc. pen. ed in ordine alla ribadita condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile (Agenzia delle Entrate) nonostante la costituzione in giudizio della stessa nel contemporaneo giudizio per danno erariale e l’intervenuta condanna del ricorrente al pagamento della somma di 1.400,00 euro oltre interessi per la presunta appropriazione delle somme indicate nel capo A dell’imputazione.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
La Suprema Corte riteneva il motivo summenzionato infondato perché, in tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, è ammessa la costituzione di parte civile per far valere il risarcimento del danno all’immagine arrecato all’ente pubblico, non essendo prevista una riserva di giurisdizione esclusiva in favore del giudice contabile, in quanto l’art. 17, comma 3-ter, legge 3 agosto 2009, n.102, nel prevedere la proposizione dell’azione risarcitoria da parte della Procura della Repubblica presso la Corte dei Conti nel giudizio erariale, si limita a circoscrivere oggettivamente l’ambito di operatività dell’azione, senza introdurre una preclusione alla proposizione della stessa dinanzi al giudice ordinario (Sez. 6, n. 48603 del 27/09/2017), così come non sussiste la violazione del principio del ne bis in idem tra il giudizio civile introdotto dalla pubblica amministrazione mediante l’esercizio dell’azione civile in sede penale e quello promosso dal procuratore contabile innanzi alla Corte dei conti per danno erariale poiché il primo ha ad oggetto l’accertamento del danno derivante dal reato, con funzione riparatoria e integralmente compensativa a protezione dell’interesse particolare dell’amministrazione costituita, mentre il secondo l’accertamento dell’inosservanza dei doveri inerenti al rapporto di servizio, con funzione essenzialmente o prevalentemente sanzionatoria a tutela dell’interesse generale al buon andamento della pubblica amministrazione ed al corretto impiego delle risorse pubbliche. (Sez. 5, n. 13382 del 03/11/2020).
Di conseguenza, alla stregua di tali approdi ermeneutici, il Supremo Consesso riteneva come nel caso di specie la Corte di merito, correttamente, non avesse mancato di sottolineare come la costituzione di parte civile dell’Agenzia delle Entrate fosse stata determinata dallo intento di vedere reintegrato il proprio prestigio istituzionale, gravemente compromesso dalle condotte criminose ascritte all’imputato e commesse in veste di suo dipendente ed il danno di cui aveva chiesto ed ottenuto il risarcimento è il danno non patrimoniale conseguente alla lesione di detta immagine istituzionale e non il danno erariale propriamente considerato.
3. Conclusioni
Con la decisione in esame, si ribadisce quell’orientamento nomofilattico secondo il quale in tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, è ammessa la costituzione di parte civile per far valere il risarcimento del danno all’immagine arrecato all’ente pubblico, non essendo prevista una riserva di giurisdizione esclusiva in favore del giudice contabile, in quanto l’art. 17, comma 3-ter, legge 3 agosto 2009, n.102, nel prevedere la proposizione dell’azione risarcitoria da parte della Procura della Repubblica presso la Corte dei Conti nel giudizio erariale, si limita a circoscrivere oggettivamente l’ambito di operatività dell’azione, senza introdurre una preclusione alla proposizione della stessa dinanzi al giudice ordinario, così come quel filone interpretativo secondo cui non sussiste la violazione del principio del ne bis in idem tra il giudizio civile introdotto dalla pubblica amministrazione mediante l’esercizio dell’azione civile in sede penale e quello promosso dal procuratore contabile innanzi alla Corte dei conti per danno erariale poiché il primo ha ad oggetto l’accertamento del danno derivante dal reato, con funzione riparatoria e integralmente compensativa a protezione dell’interesse particolare dell’amministrazione costituita, mentre il secondo l’accertamento dell’inosservanza dei doveri inerenti al rapporto di servizio, con funzione essenzialmente o prevalentemente sanzionatoria a tutela dell’interesse generale al buon andamento della pubblica amministrazione ed al corretto impiego delle risorse pubbliche.
E’ dunque sconsigliabile, perlomeno alla luce di questi indirizzi ermeneutici, ove si verifichi una situazione di questo genere, eccepirne l’illegittimità.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su tale tematica processuale sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere positivo.
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