Delitto di abuso dei mezzi di correzione e disciplina: profili pedagogici

Quali sono i profili pedagogici e non del delitto di abuso dei mezzi di correzione e disciplina?
La presente disamina si preoccupa di affrontare il delitto di abuso dei mezzi di correzione e disciplina, sia dal punto di vista giuridico, che psico-sociale, alla luce anche delle vicende quotidiane che interessano la realtà scolastica di stretta attualità.

Indice

1. I profili pedagogici del reato di abuso dei mezzi di correzione

La figura dell’insegnante è oggi notevolmente importante per la scuola italiana.
Un tempo, la scuola era uno strumento privilegiato di elaborazione della coscienza personale e sociale: rifiutare questa prospettiva o non potervi accedere produceva passività e conformismo. Andare in fondo alle cose, ragionare con la propria testa, porre domande è l’humus culturale in cui non può annidarsi l’ingiustizia. Fare scuola significava svolgere un compito civile di altissimo valore: insegnare a non obbedire acriticamente, in quanto l’obbedienza non è più una virtù ma, a livello sociale, la più devastante delle tentazioni e a livello individuale la più subdola. Questa è la definizione di scuola e di insegnamento fornita da un noto pedagogista quale era Don Milani. In particolare, a lui si deve il merito di aver intuito sul piano pratico metodiche e teorie che saranno oggetto della riflessione didattica dei decenni successivi, più in generale il merito di aver precorso tematiche che saranno oggetto del dibattito sulla riforma della scuola. Come lui stesso diceva,  “La scuola è l’unica differenza che c’è tra l’uomo e gli animali. Il maestro dà al ragazzo tutto quello che crede, ama, spera. Il ragazzo crescendo ci aggiunge qualche cosa e così l’umanità va avanti”.
Oggi, invece, l’insegnante è chiamato ad essere più un accompagnatore. Il suo compito principale è creare la figura di un alunno competente e responsabile pronto per affrontare il domani.
Nei primi anni del Novecento, Il livello di punizioni e abusi andava oltre il lecito nelle scuole o nei collegi.
Da qui emerse l’idea del legislatore italiano di dover tutelare quelle violenze inaudite sui poveri discenti.
I concetti di mezzi di correzione e di disciplina hanno subito un’evoluzione storica. Tradizionalmente infatti la dottrina li riconduceva allo ius corrigendi riconosciuto in capo a soggetti in posizioni di autorità che dunque potevano impiegare l’uso della violenza fisica o morale nei confronti di coloro che risultavano essere assoggettati alla loro autorità (si pensi ad esempio al rapporto genitore-figlio). Di conseguenza il reato in esame si considerava configurabile qualora fossero travalicati i limiti di tale violenza. Attualmente invece si nega che possa ricorrere all’uso di mezzi correttivi nell’ambito di alcune relazioni, quindi di abuso può parlarsi solo nei casi di uso improprio o abnorme di mezzi leciti.

2. Il reato di abuso dei mezzi di correzione e disciplina: art.571 c.p.

Il delitto di abuso di mezzi di correzione o di disciplina sussiste quando un soggetto, titolare di legittimo potere disciplinare o di correzione nei confronti di una determinata categoria di persone, esercita tale potere in modo distorto, travalicando i limiti inerenti ad un uso proporzionato al fine da  raggiungere.
La norma richiede, inoltre, che dal fatto derivi un pericolo di malattia del corpo o della mente. Il delitto in discorso potrà venire a giuridica esistenza, ove l’esercizio strettamente lecito dello ius correggendi trasmondi nell’abuso.
È stato evidenziato da notevole dottrina che la potestà disciplinare, così come configurata nell’articolo 571 del codice penale, non si discosta dal potere di correttivo riconosciuto in epoca medievale al capofamiglia.
Nei limiti e per i fini che qui interessano, occorre avere riguardo all’evoluzione del concetto di famiglia alla quale anche se con sfumature diverse è stata concepita sin dall’antichità come il nucleo fondamentale della sospensione della società civile dello Stato.
D’altro canto occorre evidenziare che l’articolo 571 del codice penale qualifica in senso indeterminato il soggetto attivo con il pronome “chiunque“. La norma richiede però, in capo al soggetto agente, la titolarità di un potere disciplinare nei confronti di quello passivo, circostanza questa che qualifica rispettivamente la sfera dei soggetti.
Pertanto, se la violenza esercitata dall’insegnante che provoca nel discente la lesione, sarà ipotizzabile il delitto delle lesioni previsto dall’articolo 582 del codice penale.
Vi è poi da osservare che l’elemento materiale del delitto di cui all’articolo 571 del codice penale, si identifica in qualsiasi condotta abuso dei mezzi di correzione e di disciplina da intendere quale superamento e, dunque eccesso dai limiti di un uso consentito e legittimo di tali mezzi effettivamente spettante al titolare del relativo potere.
Il momento essenziale e caratteristico del reato è costituito solo dall’abuso dei mezzi correttivi disciplinari, mentre non assume rilevanza il fine educativo sotteso all’azione.
Occorre premettere, inoltre, che l’elemento soggettivo del reato in esame consiste nella coscienza e volontà di compiere il fatto costituente abuso, dal quale una volta accertato il pericolo, deriva la punibilità del fatto. L’elemento psicologico richiesto dalla norma consiste, dunque, nel dolo; peraltro i dubbi sulla valenza dell’elemento intenzionale si riflettono sulla qualificazione dell’elemento psicologico. Infine, si è precisato che sussiste il reato di abuso dei mezzi di correzione e non quello di maltrattamenti in famiglia nel caso dell’  agente che mediante un comportamento che si concretizza in un unico episodio, costringe il soggetto passivo, per punizione, a sottostare ad una condotta degradante, umiliante e contraria ad ogni principio di umanità.
Il reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina è stato definito una norma anacronistica poiché adesso, si pone in netto contrasto con i valori generalmente recepiti nella società contemporanea, tesi a riconoscere come  presupposto fondamentale il rispetto della persona umana e  ad escludere la violenza come strumento educativo.

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3. La visione della giurisprudenza

Come si è espressa la giurisprudenza con sentenza n. 13145 del 3 marzo 2022 (dep. 6 aprile 2022), la sesta sezione penale della Corte di cassazione ha ricordato che l’uso della violenza per fini correttivi o educativi non è mai consentito e che il reato di abuso dei mezzi di correzione e di disciplina ex art. 571 c.p. presuppone l’uso non appropriato di metodi o comportamenti correttivi in via ordinaria consentiti, del tipo di quelli individuabili, a mero titolo esemplificativo, nell’esclusione temporanea dalle attività ludiche o didattiche, nell’obbligo di condotte riparatorie o nel ricorso a forme di rimprovero non riservate.
Si segnala la sentenza n. 29661/2022, con cui la Corte di legittimità è tornata sul tema dell’abuso dei mezzi di correzione e disciplina da parte degli insegnanti in danno dei propri alunni.
Il giudice nomofilattico ha ribadito le costanti acquisizioni giurisprudenziali degli ultimi tempi. In particolare, ha rammentato che il reato in esame ha natura di reato solo eventualmente abituale, potendo essere integrato da un unico atto o da una serie di comportamenti lesivi dell’incolumità psicofisica del minore.
Sul piano obbiettivo, «la condotta abusante può […] consistere in qualsiasi comportamento dell’insegnante che umili, svaluti, denigri o violenti psicologicamente un alunno causandogli pericoli per la salute, atteso che, in ambito scolastico, il potere educativo o disciplinare deve sempre essere esercitato con mezzi consentiti e proporzionati alla gravità del comportamento deviante del minore, senza superare i limiti previsti dall’ordinamento o consistere in trattamenti afflittivi dell’altrui personalità» (in termini, Cass. sez. V, 16 luglio 2015, n. 47543, CED 265496; Cass. sez. VI, 14 giugno 2012, n. 34492, CED 253654).

4. Conclusioni

In conclusione, alla luce delle pregresse considerazioni, occorre rilevare che il reato di abuso dei mezzi di correzione presuppone, dunque, l’uso non appropriato di metodi o comportamenti correttivi, in via ordinaria consentiti, da cui consegua l’insorgenza di un pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, con esclusione, dunque, dell’uso della violenza, quand’anche esercitata per fini correttivi o educativi (Corte di Cassazione sez. VI penale, ud. 20 maggio 2022 (dep. 25 luglio 2022), n. 29661; Cassazione penale, Sez. VI, sentenza 15 novembre 2022, n. 43434).
Recentemente, si è potuto osservare che nel 2022 sono cresciuti gli abusi sui minori nelle scuole. Nei primi sei mesi dell’anno in Italia sono aumentati del 54% i casi di “violenza sessuale aggravata perchè commessa presso istituti di istruzione”. In crescita anche la “violenza sessuale” – che aumenta del 19% – e l’”abuso dei mezzi di correzione o di disciplina” (+3%). Sono i dati che emergono dal rapporto sui “Minorenni vittime di abusi” del Servizio analisi criminale del dipartimento di pubblica sicurezza.
Questi dati non possono fare altro che farci riflettere su come il sistema scuola necessiti di aiuti concreti, soprattutto nei confronti degli insegnanti, che hanno bisogno di preparare costantemente scudi di ferro per difendersi dagli attacchi degli stessi alunni devianti, nonché dalle ragioni dei genitori. È necessario quindi, che la figura dell’insegnante sia accompagnata nelle situazioni più difficili e critiche, dalla figura di un mediatore scolastico, diligente e preparato, al fine di prevenire determinati casi disperati e di difficile risoluzione.

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Dott. Pietro D’Urso

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