Il reato di “stalking “ derivante dall’inglese “to stalk” (fare la posta “alla preda”) allude a condotte criminose atte ad interferire nella vita privata altrui con comportamenti antigiuridici. Il reato di atti persecutori (c.d. stalking) si sostanzia in condotte reiterate che ingenerano un fondato timore da parte della vittima di un male più grave, pure senza arrivare ad integrare il reato di lesioni o maltrattamenti (1). Il decreto legge 23 febbraio 2009, n. 11 all’art. 7 comma 1, inserisce nel codice penale l’art. 612 bis rubricato “atti persecutori” tristemente noto come reato di stalking. L’art. 612 bis al primo comma dispone che salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, e’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumita’ propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. Il dettato normativo fa riferimento a “condotte reiterate” con ciò il legislatore mira a punire i comportamenti c.d “seriali” ossia una serie di condotte antigiuridiche poste in essere dal soggetto agente in un arco di tempo determinato. Il soggetto attivo del reato (definito comunemente stalker) in genere è colui che è legato alla vittima da rapporti affettivi o sentimentali, quale potrebbe essere un fidanzato o un ex geloso; un ex marito; un corteggiatore non corrisposto, che pone in essere una serie di comportamenti persecutori quali appostamenti; pedinamenti; inseguimenti; invio di posta elettronica; telefonate; sms; fotografie, nonché messaggi tramite social network, in alcuni casi il soggetto attivo del reato commette atti di violenza fisica oltre alla violenza psicologica quest’ultima deve essere tale da turbare le normali condizioni di vita della persona offesa del reato ed indurre la stessa a cambiare condizioni o stile di vita. Integrano il delitto di atti persecutori, di cui all’art. 612 bis c.p., anche due sole condotte di minaccia o di molestia, come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice.
Gli atti persecutori non possono non riversare i loro effetti nei confronti dello stato psicologico della vittima, la quale percepisce come “anomalo e pericoloso” il rapporto che si potrebbe instaurare con il reo, tale da alterare la “serenità e l’equilibrio”della stessa, nonché un evidente turbamento interiore destabilizzato, foriero di modificare “le proprie abitudini di vita”. (3) Perché sussista la fattispecie delittuosa degli atti persecutori introdotta dal d.l 23 febbraio 2009 n. 11, invero, è necessario il ripetersi di una condotta di minaccia o molestia. Le condotte, inoltre, debbono produrre l’effetto di provocare disagi psichici (un perdurante e grave stato di ansia e di paura) ovvero timore per la propria incolumità e quella delle persone care o ancora una alterazione delle proprie abitudini di vita. Il quid pluris che caratterizza il reato in esame rispetto alle minacce ed alle molestie è costituito dalla:
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reiterazione delle condotte, sicchè l’illecito può ascriversi nel novero dei reati abituali;
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la produzione di un grave e perdurante stato di ansia o di paura o di un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da una relazione affettiva o una alterazione, non voluta,delle proprie abitudini di vita (4).
Per quanto attiene, invece, all’incolumità la norma oltre a tutelare l’integrità psico-fisica della persona offesa del reato o soggetto passivo estende la tutela a quanti sono legati alla vittima da rapporti di parentela, di coniugio o affettivi. Infine per “alterazioni delle proprie abitudini di vita”, il giudice di merito dovrà valutare, anche ai fini del risarcimento dei danni in sede civile la sussistenza dell’eventuale danno esistenziale, e precisamente se lo stile d vita del soggetto passivo abbia subito delle modificazioni in senso peggiorativo a seguito della condotta criminosa posta in essere dal soggetto agente.
L’elemento soggettivo del reato di stalking è il dolo generico, la nozione di dolo è da ricercarsi nella previsione e nella volontarietà del fatto lesivo (5). Il dolo è costituito da due momenti distinti ma strettamente connessi ed individuati dall’art. 43 c.p. quali l’elemento intellettivo (rappresentazione) e l’elemento volitivo ( volontà). La rappresentazione è la visione di tutti gli elementi del fatto tipico del reato mentre la volontà consiste nell’intenzione in capo al soggetto agente di commettere l’azione o l’omissione che costituisce la condotta criminosa (6). Nel caso oggetto della nostra trattazione, il soggetto agente pone in essere delle condotte, prima rappresentate e poi volute, e se dal caso compiute attraverso un ben preciso iter criminis.
Si tratta di un reato abituale la cui condotta è a forma libera, e come tale consistente in una serie di comportamenti reiterati (minaccia, molestia) posti in essere dal soggetto agente.
Il reato si consuma nel momento in cui si verifica la condotta criminosa a seguito delle reiterate condotte (molestie) – (minacce) previste dalla norma.
Il tentativo si configura quando la condotta posta in essere dal soggetto agente non perfeziona l’iter criminis rimanendo così nella sfera del tentativo.
Il bene giuridico tutelato è la libertà morale del soggetto passivo.
3. Rapporti con altri reati
Nell’ inciso iniziale l’art. 612 bis afferma che “Salvo che il fatto non costituisca più grave reato (…) in sostanza qualora vi sia un concorso di norme e la condotta posta in essere costituisce reato più grave (ad esempio maltrattamenti art. 572 c.p) si applicherà la pena prevista per il reato più grave. Per quanto riguarda, invece, la presenza di reati meno gravi bisogna verificare se questi risultano assorbiti o meno dall’art. 612 bis, pertanto i reati che potrebbero concorrere con la fattispecie in esame quali molestia (art. 660 c.p); minaccia (art.612 c.p) verranno assorbiti dall’art. 612 bis, secondo lo schema del reato complesso di cui all’art. 84 c.p, in quanto elementi costituitivi della norma medesima. Analogamente il “costringimento ad alterare le proprie abitudini di vita”, previsto dalla norma in esame, costituisce un’ipotesi speciale di violenza privata, rispetto a quanto disposto dall’art. 610 c.p secondo cui è punito chiunque, “con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa” (..) ,avente carattere generale. In sostanza in virtù del principio di specialità di cui all’art. 15 c.p secondo cui quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito, quindi prevarrà la norma speciale di cui all’art. 612 c.p. (7).
2. Circostanze aggravanti
Il legislatore ha previsto le circostanze aggravanti infatti la pena e’ aumentata se il fatto e’ commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa. La pena e’ aumentata fino alla meta’ se il fatto e’ commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilita’ di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.
4 – Condizioni di procedibilità
L’ultimo comma dell’art. 612 bis prevede la punibilità del delitto a querela della persona offesa entro il termine di mesi sei. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto e’ commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilita’ di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonche’ quando il fatto e’ connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.
Il D.l 23 febbraio 2009, n.11, conv., con modificazioni, nella legge 23 aprile 2009, n. 38, prevede all’art. 8 l’istituto dell’ammonimento, prevedendo la possibilità del questore di ammonire l’autore della condotta su richiesta della persona offesa, tale procedura viene utilizzata prima della proposizione della querela. Il questore, assunte se necessario le opportune informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l’istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Altresì tale articolo prevede per il delitto di cui all’art. 612 bis un aumento di pena se il fatto è commesso da soggetto già ammonito e la conseguente procedibilità d’ufficio.
Conclusione
Alcuni degli elementi che compongono il reato di stalking sono previsti in norme sparse all’interno del codice penale, basti pensare al delitto di molestia (660) ; minaccia (612); percosse (581 c.p); lesioni personali (582 c.p); violenza sessuale (609 bis c.p); omicidio (575 c.p); violenza privata (610 c.p). Tuttavia il legislatore ha ritenuto opportuno creare una norma ad hoc che permette la punibiltà di una determinata condotta criminosa, colmando una lacuna dell’ordinamento giuridico, con un regime sanzionatorio che consenta di punire delle condotte che prima venivano considerate singolarmente ma con l’aggravante della “reiterazione” non prevista da altre norme. Alla persona offesa del reato è altresì offerta la possibilità dal nostro ordinamento giuridico di potere chiedere il risarcimento del danno esistenziale nell ‘ipotesi che la stessa si costituisca come parte civile nel processo penale.
Bibliografia
– Compendio di Diritto Penale parte generale SARA FARINI -ALESSANDRO TRINCI (collana Compendi diretta da Francesco Caringella- Giuseppe De Marzo) seconda edizione, Giuridica editrice Dike 2009;
– Compendio di Diritto Penale parte speciale (collana compendi diretta da Francesco Caringella – Giuseppe DeMarzo) SARA FARINI- ALESSANDRO TRINCI seconda edizione, Giuridica Editrice Dike 2009 ;
– Lezioni e Sentenze di Diritto Penale 2010 ( diretta da Francesco Caringella ) terza edizione FRANCESCO CARINGELLA- MICHELE DE PALMA, Giuridica Editrice Dike.
- Tribunale di Bari, 6 aprile 2009, n.768
- (Cass., sez. V, 21 gennaio 2010-17 febbraio 2010, n. 6417)
- Cassazione penale , sez. V, sentenza 26.03.2010 n° 11945
- Tribunale di Napoli, G.i.p., 30.06.2009
- Cass., sez. I, 5 luglio 1976- 4 febbraio 1977, n.1991
- Compendio di diritto penale parte generale SARA FARINI -ALESSANDRO TRINCI (collana Compendi diretta da Francesco Caringella- Giuseppe De Marzo) Edizione Dike 2009 pagg. 185/187
- Lezioni e sentenze di diritto penale 2010 ( diretta da Francesco Caringella) Casa Editrce Dike pagg. 809/814
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