Delitto di rapina: non incidono le intenzioni sulla qualificazione del reato

L’assenza di intento di arricchimento patrimoniale e/o la volontà di fare un uso solo temporaneo della res sottratta non escludono il delitto di rapina

    Indice

  1. Il fatto
  2. I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
  3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
  4. Conclusioni

(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 628)

1. Il fatto

Il Tribunale per il riesame di Brescia confermava integralmente una decisione del GIP del Tribunale di Mantova che, all’esito della convalida dell’arresto in flagranza, applicava al prevenuto la misura cautelare della custodia in carcere in riferimento ai delitti di rapina aggravata e sequestro di persona.

2. I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso il provvedimento summenzionato proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’indagato che deduceva i seguenti motivi: 1) violazione e falsa applicazione della legge penale sostanziale (art. 606, comma 1, lett. b, cod. proc. pen.) per avere il Tribunale confermato la qualificazione giuridica dei fatti sottrattivi come rapina aggravata, pur non avendo in concreto l’agente usato minaccia o violenza alla persona per sottrarre alla p.o. il telefono cellulare, il telecomando della rimessa e la carta di circolazione del veicolo; talché, ad avviso della difesa, sarebbe mancato l’elemento costitutivo del delitto contestato e ritenuto in cautela; 2) violazione e falsa applicazione della legge penale sostanziale (art. 606, comma 1, lett. b, cod. proc. pen.) in riferimento alla qualificazione come sequestro di persona della condotta di trattenimento per il braccio della persona offesa, al più funzionale alla consumazione del delitto di rapina mentre la complessiva condotta tenuta dall’indagato, per la difesa, avrebbe potuto al più qualificarsi in termini di violenza privata.


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3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

In riferimento ad entrambi i motivi di ricorso, che lamentavano vizi rilevanti nel riconoscimento e nella qualificazione dei due distinti delitti contestati in cautela (rapina e sequestro di persona), gli Ermellini rilevavano la manifesta infondatezza di ambedue le doglianze.

In particolare, quanto al primo motivo, i giudici di piazza Cavour ritenevano come esso si fosse ridotto a dubitare solo di una qualificazione giuridica del fatto (rapina propria o impropria, delitti sanzionati con la medesima pena) senza accompagnare la deduzione con l’allegazione del motivo di interesse concreto a tale corretta qualificazione giacché il furto (con strappo) restava escluso dalla manifestazione di violenza alla persona successiva alla apprensione.

Sicché dall’eventuale accoglimento del motivo di impugnazione, per il Supremo Consesso, non sarebbe potuto comunque scaturire un effetto più favorevole in termini di gravità del fatto e, dunque, anche al di là della manifesta infondatezza del motivo sulla qualificazione giuridica del fatto, sempre ad avviso della Cassazione, non si poteva nella fattispecie concretizzare alcun interesse a contestare la ritenuta qualificazione (in questo senso: Sez. 5, n. 28600, del 7 aprile 2017; Sez. 5, n. 25597 del 14 maggio 2019), tenuto conto altresì del fatto che il giudice di merito aveva altresì precisato, in continuità con il consolidato orientamento di legittimità (Sez. 1, n. 6797, del 25/2/1980; Sez. 3 n. 226, del 11/11/1986; Sez. 2, n. 23177, del 16/4/2019; Sez. 2, n. 11467, del 10/3/2015), che il delitto di rapina resta integrato anche allorquando la sottrazione non sia accompagnata da intento di arricchimento patrimoniale e anche allorquando la sottrazione avvenga per fare uso solo temporaneo della res sottratta (Sez. 1, n. 15405, del 10/2/2010; Sez. 2, n. 788, del 18/2/2003) mentre il dolo di rapina può assumere anche le forme e la cronologia del dolo concomitante o, addirittura successivo, allorquando l’intento segua o accompagni la sottrazione violenta (Sez. 2, n. 3116, del 12/1/2016).

Ciò posto, quanto al secondo motivo di ricorso, i giudici di piazza Cavour notavano come la rapina e il sequestro di persona concorrano senza che il disvalore penale dell’una possa ritenersi consunto o assorbito in quello dell’altra (Sez. 2, n. 22096, del 19/5/2015, che si richiamava anche per la messe di precedenti conformi annotati al C.E.D.; da ultimo Sez. 2, n. 14704, del 1/4/2022, n.m., in motiv. sub 4, pag. 3) fermo restando che la privazione della libertà di allontanarsi dal domicilio costituisce infine l’elemento distintivo rispetto alla invocata violenza privata (Sez. 5, n. 49610 del 14/10/2014). 

4. Conclusioni

La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito, sulla scorta di un consolidato orientamento nomofilattico, che il delitto di rapina resta integrato anche allorquando la sottrazione non sia accompagnata da intento di arricchimento patrimoniale e/o la sottrazione avvenga per fare un uso solo temporaneo della res sottratta.

È dunque sconsigliabile intraprendere una linea difensiva che, al contrario, sostenga l’insussistenza di questo illecito penale laddove ricorra una di queste situazioni.

Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su codesta tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere positivo.

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