Conseguentemente, la medesima compagnia assicuratrice sarà tenuta a risponderne verso l’assicurato.
Al caso di specie, infatti, si applica l’art. 118 del Codice delle Assicurazioni Private, nella versione esistente all’epoca dei fatti, a mente della quale <<il pagamento del premio eseguito in buona fede all’intermediario o ai suoi collaboratori si considera effettuato direttamente all’impresa di assicurazione>>.
Tale principio, risulta vieppiù applicabile anche all’attualità, alle condizioni tuttavia dettate dal riformato art. 118 citato, per il quale: <<Il pagamento del premio eseguito in buona fede all’intermediario o ai suoi collaboratori si considera effettuato direttamente all’impresa di assicurazione. Salvo prova contraria a carico dell’impresa o dell’intermediario, le somme dovute agli assicurati ed agli altri aventi diritto a prestazioni assicurative si considerano effettivamente percepite dall’avente diritto solo col rilascio di quietanza scritta. La disposizione di cui al comma 1 si applica nei confronti dell’intermediario iscritto nella sezione del registro di cui all’articolo 109, comma 2, lettera b), esclusivamente se tali attività sono espressamente previste dall’accordo sottoscritto con l’impresa. A tal fine l’intermediario è tenuto a darne specifica comunicazione al cliente nell’ambito dell’informazione precontrattuale di cui all’articolo 120. La disposizione di cui al comma 1 si applica nei confronti dell’intermediario iscritto alla sezione del registro di cui all’articolo 109, comma 2, lettera b), anche nel caso di polizza assunta in coassicurazione ed ha effetto nei confronti di ogni impresa coassicuratrice se le attività previste dal comma 1 sono incluse nell’accordo sottoscritto con l’impresa delegataria. Nei casi previsti ai commi 2 e 3 l’omissione o la comunicazione non veritiera è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’articolo 324 e con la sanzione disciplinare disposta ai sensi dell’articolo 329.>>.
Queste le motivazioni dell’ordinanza n. 12662, pubblicata in data 23 maggio 2018, dalla Corte di Cassazione, VI Sezione civile.
Fatto
Il titolare di un contratto di assicurazione sulla vita conveniva in giudizio la società assicuratrice premettendo di avere esercitato il diritto di riscatto della polizza ma che, tuttavia, una volta ottenuta la liquidazione del capitale assicurato, si avvedeva che il capitale riscattato non corrispondeva a quello versato. In virtù di ciò, chiedeva la condanna della compagnia di assicurazioni al pagamento della differenza.
Questa si costituiva in giudizio eccependo che nulla era dovuto in considerazione del fatto che i maggiori premi non le erano mai pervenuti. Chiedeva in via subordinata di essere garantita e manlevata dal proprio agente, al quale imputava il ricevimento degli importi di premio pagati senza, tuttavia, versarli alla società.
Quest’ultimo si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda e, comunque, chiamava in causa il proprio subagente, per essere dallo stesso garantito in caso di condanna.
La domanda, limitatamente a quella proposta nei confronti della società assicuratrice e quella proposta dalla stessa nei confronti dell’agente, veniva accolta dal Giudice di pace di Andria che, tuttavia, rigettava quella di garanzia proposta nei confronti del subagente.
Il gravame avanzato dalla compagnia di assicurazioni veniva rigettato dal Tribunale di Trani il quale confermava la sentenza di primo grado, in considerazione del fatto che il premio era stato regolarmente pagato nella mani del subagente se pur, questi, avesse omesso di versarlo all’assicuratore circostanza che, tuttavia, non esentava da responsabilità la compagnia di assicurazioni, tenuta a risponderne verso l’assicurato in virtù del principio dell’apparenza.
Ricorre per cassazione la medesima assicuratrice soccombente, eccependo la violazione e falsa applicazione degli artt. 1745, 1903, 2049 Cc e 119 Cod. ass., per avere il Tribunale – se pur ritenuto che il mancato versamento all’assicuratore dei premi versati dalla contraente fosse ascrivibile all’operato del subagente – non considerato che questi non risultava legato da alcun rapporto con la società assicuratrice, bensì solo da un rapporto di subagenzia con l’agente.
Decisione della Cassazione
Il Giudice di legittimità evidenzia come non sia in discussione il versamento del premio da parte dell’assicurato, bensì il versamento dello stesso da parte dell’intermediario alla società assicuratrice.
Ciò posto, assume come <<nel 2008 era già in vigore l’art. 118 cod. ass. (d. lgs. 7.9.2005 n. 209), il quale stabilisce che “il pagamento del premio eseguito in buona fede all’intermediario o ai suoi collaboratori si considera effettuato direttamente all’impresa di assicurazione”. E poiché non v’è dubbio che il subagente rientri tra i collaboratori dell’agente [art. 109, comma 2, lettera (e), cod. ass., il pagamento a questi effettuato si presume juris et de jure compiuto nelle mani dell’assicuratore.>>.
Pertanto, corretta si attaglia la decisione del Tribunale, sebbene occorra rettificarne la motivazione, nel caso di specie, infatti, <<era superfluo il richiamo all’art. 2049 c.c., e superfluo l’accertamento dei presupposti per l’applicabilità di tale norma, giacché non si poneva un problema di responsabilità (dell’assicuratore per il fatto altrui), ma un problema di imputabilità del pagamento: problema, come s’è detto, direttamente risolto dalla legge con la previsione di cui all’art. 118 cod. ass.. Il che rende, altresì, non pertinenti rispetto al caso di specie le ulteriori deduzioni svolte dalla società ricorrente nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., circa l’autonomia del rapporto di subagenzia rispetto al rapporto di intermediazione assicurativa.>>.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, devono essere poste a carico della ricorrente, ai sensi dell’art. 385, 1° co., Cpc, comma 1, c.p.c., e sono liquidate come da dispositivo. Peraltro, al rigetto del ricorso consegue anche il pagamento a carico della parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 13, 1° co., quater, D.P.R. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, 17° co, L. n. 228/2012.
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