Deontologia e negoziato

L’entrata in vigore delle disposizioni in materia di negoziazione assistita – Decreto Legge 12.9.2014  convertito con

modificazioni  in Legge 10.11.2014 n. . n. 162 impone specifici obblighi di Etica durante tutto l’iter del processo negoziativo.

Com’è noto la riforma del Codice Deontologico approvata dal CNF il 31 Dicembre 2014 introducendo il principio di tipizzazione dell’illecito in base al brocardo nullum crimen, nulla poena sine lege stabilisce che tutte le violazioni dei doveri e delle regole di condotta indicate in linea generale negli articoli da 1 a 19 costituiscono illeciti disciplinari ai sensi dell’articolo 51 co. 1 della L. 31 Dicembre 2012 n. 247 (legge professionale forense).

Quantunque la giurisprudenza ritenesse che il principio di legalità non si applicasse alle sanzioni disciplinari, la nuova

L.P. adottando una scelta diversa all’articolo 3 ha disposto che le norme del Codice Deontologico devono essere caratte-

rizzate dal principio di tipizzazione della condotta e devono contenere l’espressa indicazione della sanzione applicabile con  il sintagma “per quanto possibile”.

La precisazione riveste particolare rilevanza e riduce sensibilmente il criterio di tipizzazione, estendendo ipotesi di resposabilità  a tutti quei comportamenti di principio che debbono essere osservati in via generale.

Ed in questa ottica tendente a sanzionare la variegata e potenzialmente illimitata casistica di tutti quei comportamenti

(anche nella vita privata) pur censurabili ma che non consentono una individuazione dettagliata e tassativa, possiamo parlare di illecito atipico.

L’etica dell’Avvocato Negoziatore

In particolare  il Consiglio Nazionale Forense con la delibera  pubblicata sulla G.U.  serie generale del 13 Aprile 2018 ed entrata in vigore il 12 Giugno 2018, ha modificato gli articoli 20 (responsabilità disciplinare) e 27 comma 3 (doveri di informazione) chiarendo nella relazione di accompagnamento alle modifiche, che la nuova formulazione dell’art. 20 è stata apportata per esplicitare che il principio della tipicità del CDF è solo tendenziale (1), mentre l’inserimento del comma 3 in aggiunta ai primi due (invariati) dell’articolo 27 consente di informare il cliente dei percorsi alternativi-negoziazione o mediazione-al contenzioso giudiziario.

Le disposizioni etiche si rinvengono nel Decreto Legge n. 132 del 12 Settembre 2014Capo II articolo 2 commi 1 e 7, articolo 5 commi 2 e 4, articolo 9 comma 4-bis quest’ultimo introdotto dalla Legge di conversione del 10 Novembre 2014 n. 162-allegato parte 1.

Si applica tuttavia anche il CDF a tutte le condotte che, tenute nella procedura di negoziazione come in ogni altra procedura, siano rilevanti dal punto di vista disciplinare.

Il crescente numero di casi avviati e portati a termine in regime di Negoziazione obbligatoria o facoltativa che sia, ha

dunque portato in tal modo all’individuazione di specifiche regole comportamentali nella conduzione di tale metodologia di risoluzione alternativa delle controversie-A.D.R. e quelle che anteriormente rappresentavano comuni trattative sono state procedimentalizzate attraverso un percorso plurifasico (prodromico, attivazione, negoziazione, conclusione o conciliazione, fase successiva di trasmissione atti).

Ciascuna fase  presenta specifici obblighi deontologici che divengono via via più  stringenti allorchè dalla negoziazione assistita obbligatoria o generica  si passa alla negoziazione assistita facoltativa in ambito familiare con i relativi obblighi deontologici  che si affiancano a quelli di natura  generica,  con particolare riguardo al conflitto in presenza di minori.

Prima di qualsiasi ulteriore considerazione, ed assorbente su tutto,  è l’interpretazione  dell’assistenza tecnica nella negoziazione.

L’articolo 2 del d.l. n. 132 del 2014 prescrive con estrema chiarezza  che la procedura sia seguita da avvocati iscritti

all’albo ovvero all’elenco speciale degli avvocati stabiliti, escludendo quindi fermamente che il praticante anche

abilitato possa assistere le parti in questa procedura, ed in tal senso le indicazioni del Consiglio Nazionale Forense sono quantomai tassative seppur  a giudizio dello scrivente, opinabili quantomeno relativamente al Praticante abilitato.

La mancata iscrizione all’albo, pertanto, oltre alle conseguenze penali  derivanti dall’esercizio abusivo della professione, impedisce che l’attività da questi compiuta  in tutto l’iter negoziale possa produrre gli effetti di cui ai successivi articoli 3 (avveramento della condizione di procedibilità) e 5 (esecutività dell’accordo raggiunto) del d.l. 132/2014 ed integra gli estremi di violazione dell’articolo 5 del Codice Deontologico Forense (condizione per l’esercizio dell’attività professionale), e dell’articolo 36 comma 1 del CDF (divieto di attività professionale senza titolo).

Per tale violazione è prevista la sanzione disciplinare  della sospensione da sei mesi ad un anno.

Le linee guida dell’analisi

Possiamo a questo punto agevolmente  individuare le regole deontologiche specifiche da seguire nelle fasi in cui si estrinseca la dinamica del procedimento  di negoziazione, associarle al relativo capo d’incolpazione del CDF ascrivibile alla loro violazione menzionando infine  la relativa sanzione.

Seguono nell’analisi le regole deontologiche comuni a tutte le fasi, infine le ulteriori disposizioni etiche da osservarsi nella negoziazione assistita facoltativa familiare.

a- Nella negoziazione assistita sia obbligatoria che facoltativa- all’atto del conferimento dell’incarico-, fase prodromica

Informare il cliente della possibilità di ricorrere alla convenzione di negoziazione assistita.

Tale obbligo è previsto dall’articolo 2 comma 7,  del d.l. 132/2014. Quantunque la disposizione si limiti a qualificare l’informazione come un “dovere deontologico” senza indicare alcuna sanzione, l’omessa informativa  circa gli strumenti alternativi al contenzioso integra la violazione del dovere di fedeltà,  diligenza , competenza  ed informazione (rispettivamente articoli 101214 e 27 comma 3  del CDF).

In forza dell’articolo 27 comma 9 del CDF l’omessa o tardiva  informativa della possibilità di ricorrere al procedimento di negoziazione assistita comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.

Quanto all’informazione meramente viziata sotto il profilo di inesattezza o parzialità, il diritto della parte assistita di conoscere sin dall’inizio del rapporto professionale e con esattezza gli strumenti anche alternativi che l’ordinamento mette a disposizione per la risoluzione della propria controversia, in aggiunta od in alternativa all’articolo 27 comma 3 è ravvisabile anche la violazione del dovere di competenza previsto dall’articolo 26 comma 1 del CDF e, parimenti, la sanzione disciplinare irrogabile è l’avvertimento.

-Informare il cliente della possibilità di fruire del patrocinio a spese dello Stato.

L’avvocato, all’atto del conferimento dell’incarico e sempreche la negoziazione assistita sia condizione di procedibilità,  deve informare la parte assistita  della possibilità di avvalersi del patrocinio a spese dello Stato.

In tal caso il negoziatore sarà  tenuto a certificare sotto la propria responsabilità l’autenticità della sottoscrizione del  cliente apposta sulla dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà che la parte consegna all’avvocato ai sensi dell’arti- colo 3 comma 6 del D.L. 132/2014.

Tali obblighi si rinvengono   nell’articolo 3 comma 6 del d.l. 132/2014,  e nell’articolo 27 comma 4 del CDF, e la violazione  comporta la sanzione disciplinare dell’avvertimento (art. 27  comma  9).

b-In entrambe le tipologie di negoziazione assistita, fasi di avvio e di negoziazione.

-Dovere di diligenza, dovere di competenza.

Le disposizioni sono contenute negli  articoli 12 (dovere di diligenza ed assicurazione di qualità della prestazione professionale), 14 (divieto di accettare incarichi in assenza di adeguata competenza) e 26 comma 1 del CDF -“l’accettazio- ne di un incarico presuppone la competenza a svolgerlo”-.

La violazione dei doveri di cui all’articolo 26 comma 1 CDF comporta la sanzione disciplinare dell’avvertimento.

-Dovere di certificazione

 

Le disposizioni generali sulla negoziazione assistita previo accertamento all’atto dell’incarico dell’identità della persona che lo conferisce e della parte assistita,  impongono all’avvocato negoziatore di certificare sotto la propria responsabilità professionale  l’autenticità delle sottoscrizioni apposte: – sulla convenzione di negoziazione (obbligo previsto dall’art. 2 comma 6 del d.l.132/2014), – sull’invito alla negoziazione ( art. 4 comma 2 d.l.cit.), –sulla dichiarazione di mancato accordo (art. 4 comma 3 d.l. cit.).

L’omissione  può implicare una responsabilità disciplinare per violazione dell’articolo 23 comma 2 del CDF ed in certi casi anche  del dovere di verità  ai sensi dell’articolo 50 del CDF.

Nel primo caso la sanzione irrogabile sarà l’avvertimento, mentre l’inosservanza del dovere di verità comporta l’applicazione della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni relativamente ai commi 1-2-3-4 e 5 dell’articolo 50, dell’avvertimento relativamente al comma 6.

c-In entrambe le tipologie, fase di conciliazione

-Dovere di attestazione di conformità dell’accordo alle norme imperative

 

Il negoziatore è tenuto non solo a certificare sotto la propria responsabilità l’autenticazione delle sottoscrizioni apposte sull’accordo per il che valgano le responsabilità deontologiche e le comminatorie esposte al precedente capoverso ‘b’, ma deve altresì  attestare che  il raggiunto accordo assistito  è conforme  alle norme imperative ed all’ordine pubblico.

La disposizione è contenuta nell’articolo 5 comma 2 del d.l. 132/2014 la cui violazione comporta responsabilità disciplinare per l’inosservanza dell’articolo 23 comma 6 del CDF, in forza del quale l’avvocato non deve suggerire comportamenti, atti o negozi nulli, illeciti o fraudolenti.

In ogni caso è comunque generalmente ravvisabile cumulativamente od alternativamente la violazione dell’articolo 26 comma 1 CDF (dovere di competenza) e nell’ipotesi di omissione dell’attestazione, dell’articolo 23 comma 3 CDF sul mancato-ritardato o negligente compimento di atti inerenti il mandato.

L’inosservanza del divieto di  atti nulli illeciti o fraudolenti-art. 23.6 CDF- comporta la comminatoria della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni.

Le violazioni degli articoli 23 comma 1 e comma 3 rispettivamente l’avvertimento e la censura.

-Divieto di impugnazione dell’accordo al quale si è partecipato

All’avvocato è fatto veto di impugnare l’accordo assistito al quale ha partecipato in base all’articolo 5 comma 4 del D.L. 132 del  2014-

La violazione è espressamente qualificata come illecito disciplinare dalla norma stessa, nonché dall’articolo 44 comma 1 del CDF…’salvo che l’impugnazione sia giustificata da fatti sopravvenuti o dei quali dimostri di non avere avuto conoscenza’ .

In assenza dell’esimente, la violazione del dovere comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Come in precedenza menzionato, esistono obblighi deontologici comuni ad entrambe le negoziazioni ed a tutte le fasi:

-Dovere di lealtà, dovere di riservatezza

E’ fatto obbligo agli avvocati ed alle parti di comportarsi con lealtà e di tenere riservate le informazioni ricevute. Le dichiarazioni rese e le informazioni acquisite nel corso nel procedimento non possono esser utilizzate nel giudizio avente in tutto o in parte il medesimo oggetto.

Questi doveri previsti dall’articolo 9 comma 2 del d.l. cit.  sono espressamente qualificati in caso di violazione, come ‘illeciti disciplinari’ nel successivo comma 4-bis quantunque la specifica non si accompagni ad un particolare capo d’incolpazione  e conseguente sanzione disciplinare che-al contrario-si rinvengono nel CDF, articolo 19 (doveri di lealtà e correttezza verso i colleghi e le Istituzioni forensi) e 28 (riserbo professionale).

Il mancato rispetto del dovere di lealtà secondo la Relazione del CNF di accompagnamento alle modifiche dell’articolo 20 e del comma 3 del CDF, costituisce illecito disciplinare ai sensi dell’articolo 51 comma 1 della L. 31 dicembre 2012 n. 247  (nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense).

Quanto alla tipizzazione del relativo illecito tuttavia, alquanto farraginosamente il novellato articolo 20 comma 2 CDF stabilisce che tutte le violazioni dei doveri e delle regole di condotta ‘…di cui ai precedenti articoli’ incluso quindi il 19 sulla lealtà, …ove riconducibili alle ipotesi  tipizzate ai titoli II, III, IV, V e VI del CDF comportano l’applicazione delle sanzioni espressamente previste; ove non riconducibili…comportano l’applicazione delle sanzioni disciplinari di cui agli articoli 52 lett. c e 53 della nuova LP, da individuarsi e determinarsi, quanto alla loro entità, sulla base dei criteri di cui agli artt. 21 e 22 del CDF.

Ad una certezza quanto all’obbligo di lealtà in senso stretto, non si accompagna altrettanta certezza nell’individuazione del capo d’incolpazione conseguente alla violazione, ed ancor meno nella parte sanzionatoria la cui gravità è parametrata ad ampi margini discrezionali dei Consigli Distrettuali di Disciplina che dovranno valutare e calibrare in base ad un insieme di criterii che spaziano dalla gravità del fatto al grado della colpa, dall’eventuale sussistenza del dolo ed alla sua intensità, al comportamento dell’incolpato precedente e successivo al fatto, avuto riguardo alle circostanze soggettive e oggettive, nel cui contesto è avvenuta la violazione.

Ben diversamente, sul dovere di riservatezza, il comma 5 dell’articolo 28 CDF comporta l’applicazione della censura e nei casi in cui la violazione attenga al segreto professionale, la sospensione da uno a tre anni.

-Dovere di collaborazione con il Consiglio dell’Ordine

L’articolo 11 comma 1 del d.l. 132/2014 prevede che gli avvocati trasmettano copia dell’accordo assistito al quale hanno partecipato alternativamente “al Consiglio dell’Ordine circondariale dove l’accordo è stato raggiunto” ovvero “al Consiglio dell’Ordine presso cui è iscritto uno degli avvocati”.

Non attenendo alla procedura strictu sensu, il mancato rispetto non pregiudica la validità dell’accordo negoziale.

Nondimeno l’omissione assume un indiscusso rilievo deontologico.

L’articolo 71 comma 1 del CDF infatti impone all’avvocato di “collaborare con le Istituzioni forensi per l’attuazione delle loro finalità” pena la sanzione discipilinare dell’avvertimento.

Specifiche disposizioni nella negoziazione assistita facoltativa familiare

Al compatto insieme di norme etiche competetrate tra quelle espressamente contenute nel d.l. 132/2014 ed ai comportamenti deontologicamente previsti e sanzionati dal CDF, il legislatore nel contemplare la possibilità di negoziare  anche il conflitto di coppia e le modifiche di assetti familiari conseguenti ad un sopravvenuto mutamento delle condizioni fattuali e reddituali del nucleo disgregato, per la delicatezza della materia involgente anche diritti indisponibili, ha ulteriormente delineato gli aspetti deontologici da seguire nella negoziazione facoltativa familiare.

Agli obblighi che riassumiamo di:

-Informazione (art. 2 comma 7 ed art. 3 comma 6 d.l. cit)

-Certificazione  (varie norme del Capo II d.l. cit.)

-Non impugnazione dell’accordo (art. 5 comma 4 d.l. cit.)

-Lealtà (art. 9 d.l. cit.)

-Riservatezza (art. 9 d.l. cit.)

-Collaborazione con il Consiglio dell’Ordine (art. 11 d.l. cit.)

il legislatore ha affiancato una serie di ulteriori precetti deontologici atti a regolamentare l’impatto dell’istituto deflattivo della negoziazione assistita a tutti gli istituti che pongono fine alla crisi coniugale od all’unione civile ai sensi dell’articolo 1 comma 25 della Legge n. 76/2016 “Cirinnà”, nell’ottica della più scrupolosa verifica nei tempi a venire per riscontrare se effettivamente l’obiettivo della deflazione possa dirsi realizzato. Proseguendo quindi nella progressione dei doveri deontologici da osservare, quale obbligo prioritario nel senso che l’avvocato negoziatore è tenuto al suo adempimento prima ancora di adempiere all’obbligo di informazione , indichiamo il

-Dovere di astensione

L’articolo 68 comma 4 del CDF (assunzione di incarichi contro una parte già assistita) proibisce all’avvocato che abbia congiuntamente assistito i coniugi, gli uniti civilmente od i conviventi in vertenze familiari, di assumere successivamente il mandato per la rappresentanza di uno di essi contro l’altro.

Vieta altresì all’avvocato che abbia assistito il minore in controversie familiari, di assumere il mandato in favore di uno dei genitori “in successive controversie aventi la medesima natura”-articolo 68 comma 5.

Ai fini della configurabilità dell’illecito,  per “assistenza” si ritiene che il concetto non sia limitato alla sola attività difensiva e di rappresentanza tecnica, ma si estenda ad ogni attività  inclusa quindi la semplice consulenza in vista di una controversia familiare.

L’inosservanza dell’articolo 68 comma 4 comporta la sanzione disciplinare  della sospensione da due a sei mesi, del comma 5 la sospensione da uno a tre anni.

-L’ascolto del minore

L’articolo 56 comma 2 del CDF prevede che nelle controversie in materia familiare o minorile l’avvocato del genitore debba astenersi da ogni forma di colloquio e contatto con i figli minori “sulle circostanze oggetto della controversia”.

La disposizione, inserita all’interno del Titolo IV  CDF dedicato ai “doveri dell’avvocato nel processo”, stante la precisazione di ordine ‘processuale’,  è stata oggetto di discussione sull’applicabilità, o meno, nel rito alternativo della negoziazione.

Atteso che la ratio della norma è quella di tutelare il diritto del minore di esprimersi nelle questioni che lo riguardano incluse quelle familiari,  e di esprimersi libero dai condizionamenti che potrebbe subire  se ad ascoltarlo fossero soggetti che pur con tutte le cautele possibili avrebbero comunque interesse alle sue parole, l’opinione condivisibile è favorevole all’applicazione dell’articolo 56 comma 2 CDF anche nell’ambito della negoziazione assistita familiare indipendentemente dalla sua collocazione all’interno del CDF (2).

L’illecito è punito con la sospensione da sei mesi ad un anno.

Considerando la peculiarità della negoziazione assistita familiare il cui accordo “produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali” (3),  l’articolo 6 comma 3 del d.l. 132/2014  impone specifici comportamenti alla cui osservanza l’avvocato negoziatore è ulteriormente tenuto.

-Dovere di informazione, dovere di esecuzione o compimento

Preventivamente l’avvocato all’atto dell’assunzione del ruolo di assistente alla negoziazione è tenuto ad informare la parte assistita della necessità di compierte determinati atti (conciliare, informare della possibilità di ricorrere alla mediazione familiare e nei conflitti in presenza di minori, informare dell’importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascun genitore).

Si tratta quidi di una negoziazione informata al fine di ottenere dal cliente quel consenso consapevole che richiede, per poter essere definito tale, una previa conoscenza dei diritti e degli obblighi di tutti i soggetti coinvolti.

Ne discende, con specifico riferimento agli aspetti patrimoniali, che  l’impegno a cooperare con buonafede e lealtà implica una necessaria disclosure avendo riguardo a tutti i documenti ed a tutte le informazioni di cui la parte sia in possesso nei limiti in cui tali informative possano essere decisive ai fini della formazione del consenso.

 

Conseguentemente, al momento dell’esecuzione, il negoziatore sarà tenuto a esperire il tentativo di conciliazione, informare sulla possibilità di ricorrere alla mediazione familiare, dare atto dell’importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con l’uno e con l’altro genitore.

L’omessa od incompleta informazione preventiva integra la violazione dell’articolo 12 (dovere di diligenza)  e 14 (dovere di competenza) CDF.

La parte sanzionatoria segue i criterii dell’articolo 20 comma 2 CDF così come modificato dal CNF nella seduta amministrativa del 23 febbraio 2018 in G.U. n. 86/29018.

L’omessa informazione sulla possibilità di ricorrere alla mediazione familiare integra gli estremi dell’articolo 27 comma 3 CDF, con l’avvertimento quale sanzione prevista.

-Dovere di trasmissione degli atti alla Procura

Nei dieci giorni dalla sottoscrizione dell’accordo lo stesso deve essere trasmesso alla Procura per il nulla-osta, così come previsto dall’articolo 6 comma 3 d.l. cit.

L’omissione è punita al successivo comma 4 con la sanzione amministrativa pecuniaria da € 2.000 ad € 10.000.

All’irrogazione della sanzione è competente il Comune in cui devono essere eseguite le annotazioni previste dall’articolo 69 del DPR 3 novembre 2000 n. 396 quindi dove è stato trascritto il matrimonio o l’unione.

L’importanza della tempestiva comunicazione dell’accordo in Procura trova la sua ragion d’essere particolarmente all’esito delle negoziazioni in presenza di figli minori, maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti, affinchè come specifica l’articolo 6 comma 2 dl.cit. qualora il P.M. in sede ritenga che l’accordo non risponda all’interesse dei figli, entro i successivi cinque giorni lo trasmette al Presidente del Tribunale per la fissazione entro i successivi trenta giorni, della comparizione delle parti.

L’importanza dell’adempimento oltre all’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria, consente di ravvisare nel comportamento omissivo od ingiustificatamente dilatorio del negoziatore,  la violazione dell’articolo 71 comma 1  CDF (dovere di collaborazione con le Istituzioni forensi), con l’avvertimento  come  sanzione disciplinare irroganda.

L’inosservanza dell’articolo 6 commi 2 e 3 d.l. 132/2014 può esser sufficiente ad integrare il capo d’incolpazione di cui all’articolo 26  comma 3 CDF-mancato ritardato o negligente compimento di atti inerenti al mandato-con applicazione della più grave sanzione della censura.

Considerazioni ed aspettative

Nettamente percepita, quantomeno a livello europeo, l’assenza di un codice etico/deontologico del negoziatore.

Nel Regno Unito l’etica nel negoziato non è contenuta in regole codificate quantunque il sovrano criterio di buonafede “behaving-honorably” permei il ruolo dell’avvocato in negoziazione (4).

In Francia disposizioni etiche sulla  procédure partecipative  sono contenute nella L. n. 2010-1609  del 22 dicembre 2020 articolo 37, nel Decreto n. 2012-66 del 20 gennaio 2012 –‘résolution amiable des différends’-Titolo II articoli da 1544 a 1557, e nel RIN-Réglement Intérieur National de la profession d’avocat-segnatamente artt. 4.2, 6.3.1 ed 8.4.

Non possiamo tuttavia per l’Avvocato  parlare propriamente  di un insieme organico al contrario della figura collaborativa del Mediatore Professionista che oltralpe si è dotato di un Codice d’etica e di deontologia (CODEOME) il 24 Giugno 2006.

A ben vedere pertanto il nostro legislatore ha previsto con più che apprezzabile risultato in ambito di negoziazione assistita,  disposizioni etiche e relative sanzioni quantunque l’istituto sia stato introdotto quattro anni dopo il suo omologo francese.

Non resta che valcare l’oceano per constatare, integrando un qualificato contributo  deontologico comparato qui apparso (5) , che nella culla del Diritto Collaborativo l’ABA  -American Bars Association-ha varato nel 1983 il codice di etica forense Model Rules of Professional Conduct incentrato per  quel che concerne la negoziazione sulle Regole 1.3 (Diligence), 2.1 (Negotiator’s Duties to Client),  4.1 (Truthfulness in Statements to Others) e  8.4 (Misconduct) cristallizzando quindi i principii cardine di diligenza,  doveri del negoziatore verso il cliente, veridicità nelle dichiarazioni alle altre parti e  cattiva condotta.

La Regola 8.4 è stata inserita nel capoverso relativo alla conservazione dell’integrità della Professione.

Numerosi emendamenti a livello di singoli Stati dell’Unione (6) e l’indispensabilità di dettare criterii  uniformi hanno portato l’ABA ad adottare nell’agosto 2002 il complesso apparato denominato Ethical Guidelines for Settlement Negotiations composto di 35 articoli contenuti in 4 sezioni e corredato da 4 tavole integrative.

Il laborioso testo è stato recepito da 49 Stati su 50 e rappresenta non solo e non tanto la formazione di un’etica parallela ed integrativa a quella forense quanto il riconoscimento della piena autonomia della  figura professionale collaborativa dell’avvocato negoziatore.

 

Volume consigliato   

 

(1)- L’illecito quindi, anche se non tipizzato da una specifica norma, resta comunque disciplinato compiutamente dalla legge professionale e dal codice deontologico

(2)-Sul punto v.si: G.NAPOLITANO, Il codice deontologico e la sua applicazione nelle misure di definizione alternativa dei processi, con particolare riguardo a separazioni e divorzi, articolo del 26 settembre 2015 su movimentofirense.it; S.BORSACCHI, La Legge n. 162 del 10 novembre 2014 e le “novità” della deontologia dell’avvocato protagonista della negoziazione assistita nella separazione e nel divorzio, in “Negoziazione assistita nella separazione e nel divorzio”, Cap XIII, I ed. Maggioli, Bologna, Aprile 2016

(3)-L’Ordinanza Tribunale di Milano Sez. IX Civile 23 Marzo 2016-G.U. BUFFON-evidenzia il concetto dottrinale di ‘giurisdizione dell’avvocatura’     

(4)-Roger Fischer, A Code of Negotiation Practices for Lawyers in’What’s Fair Ethics for Negotiators’, eds.Carrie-Mendel-Meadows and Michael Wheller 23 (2004).

(5)-“La deontologia americana che si fa strada in Italia” di Domenico Bilotti, su ‘diritto.it’  5 Novembre 2015

(6)-La California non ha adottato la Regola 4.1, la Georgia  ha previsto per la violazione la sanzione della radiazione dall’albo, il Minnesota ha interamente riformulato il precetto

 

 

 

 

 

Avv. Fabrizio Seghetti

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