La destinazione al consumo esclusivamente personale – quale circostanza scriminante – può formare oggetto di deduzione anche in presenza di un quantitativo lordo non modico di stupefacente, ove, però, il principio attivo risulti oggettivamente modesto ed idoneo a permettere di ottenere un numero di dosi (meglio, però, sarebbe usare il criterio della Q.M.D.) effettivamente ridotto ed appaia coerente con un fabbisogno del detentore.
Questo canone interpretativo, unitamente alla allegazione-dimostrazione, da parte dell’indagato, di essere abituale assuntore di cannabis, è stato, quindi, posto a base dell’assoluzione di un giovane (accusato di detenere 237 grammi lordi di cannabis indica), pronunziata dalla Corte di Appello di Cagliari, con la sentenza n. 1510 del 4/19 dicembre 2013.
La sentenza appare, inoltre, anche di specifico interesse, perchè il Collegio – ai fini della propria decisione – pone una inusuale attenzione all’effettivo comportamento generale dell’imputato – condannato, invece, in primo grado –.
Da tale esame la Corte territoriale estrapola, infatti, ulteriori argomenti, che risultano convergenti, nel senso di dimostrare la sussistenza dell’evocata scriminante dell’uso esclusivamente personale.
Dal reperimento di una minima quantità di stupefacenti (circa 250 mg.) nella camera del giovane, la Corte perviene, pertanto, alla considerazione, che l’indagato potesse fare uso cadenzato della sostanza complessivamente trovata in suo possesso, attraverso un prelevamento, ogni volta, dal compendio generale, di quanto gli servisse effettivamente per il proprio contingente fabbisogno.
Questa valutazione si dimostra assolutamente corretta metodologicamente.
Essa viene, poi, corroborata e rafforzata anche dalla circostanza che, nel caso concreto, non è stata ravvisata quella tipologia di modalità di confezionamento (ad esempio ripartizione della marjiuana in più dosi), che può, invece, congiurare per escludere il consumo personale d indurre a ritenere esistente un’ipotesi di destinazione alla cessione in favore di terzi.
Altri ulteriori elementi che la Corte distrettuale ha valorizzato per la propria pronunzia, consistono, poi,
- sia nell’assenza dell’attrezzatura usualmente rinvenibile nella disponibilità di colui (o coloro) che venga identificato nella figura del pusher – bilancine di alta precisione, strumenti per ripartire in dosi lo stupefacente, cellophane per il confezionamento etc. -,
- sia nella dimostrata capacità economica del giovane, condizione di autosufficienza economica che contrasta efficacemente qualsiasi ipotesi accusatoria avversa.
Si può, quindi, affermare che l’onere di allegazione di elementi a discarico da parte dell’imputato – pur non venendo equiparato dalla giurisprudenza ad un vero e proprio adempimento dell’onus probandi – nella fattispecie appare atteggiamento difensivo proficuo e decisivo.
Da ultimo si osserva che neppure il rinvenimento di semi coltivabili – condotta che, peraltro, non costituisce di per sé illecito di alcun tipo – può venire assunto come sintomatico di una rilevanza penale della detenzione accertata (semmai, al limite, avrebbe potuto configurare situazione preliminare alla coltivazione, che, peraltro, non può essere contestata nelle forme del tentativo).
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