1. La questione
Il Tribunale di Catania, in sede di riesame ex art. 309 cod. proc. pen., confermava una ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della medesima città aveva disposto la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria nei confronti di una persona indagata per i reati provvisoriamente contestati di detenzione di armi da sparo in relazione a due fucili e di detenzione di sostanza stupefacente di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309 del 1990.
Avverso il provvedimento summenzionato era proposto ricorso per Cassazione in cui, tra le doglianze ivi addotte, si proponeva le violazioni dell’art. 110 cod. pen., dell’art. 2 legge n. 895 del 1967, dell’art. 73, comma 4, d.P.R. 309 del 1990, dell’art. 273 cod. proc. pen., e vizi di motivazione, rilevandosi, in particolare, come non fossero emersi elementi atti a ritenere dimostrato che il ricorrente avesse avuto un’autonoma signoria di fatto al di fuori dell’altrui controllo e avesse contribuito alla commissione dell’illecito con la necessaria coscienza e volontà.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
La Suprema Corte riteneva il motivo summenzionato fondato.
In particolare, gli Ermellini, una volta fatto presente che la giurisprudenza di legittimità, da un lato, ha affermato che, in tema di reati concernenti gli stupefacenti, il termine “detenzione” non implica necessariamente un contatto fisico immediato tra il soggetto attivo e la sostanza, ma deve essere inteso nel senso di disponibilità di fatto della sostanza stupefacente, realizzata attraverso l’attrazione della stessa nell’ambito della propria sfera di custodia, anche in difetto dell’esercizio continuo e/o immediato di un potere manuale da parte del soggetto attivo (Sez. 3, n. 3114 del 21/11/2013), dall’altro, ha spiegato che, per la configurazione del delitto di detenzione abusiva di arma comune da sparo, è necessaria una relazione stabile del soggetto con l’arma, in quanto il concetto di detenzione per sua natura implica un minimo di permanenza del rapporto materiale tra detentore e oggetto detenuto ed un minimo apprezzabile di autonoma disponibilità del bene da parte dell’agente (Sez. 1, n. 42886 del 20/12/2017), rilevando al contempo che il concetto di detenzione a fini penalistici consiste in un’autonoma disponibilità del bene, anche di fatto, pur in assenza di un contatto materiale tra l’agente e il bene, giungeva alla conclusione secondo cui, nel caso di specie, il Tribunale avesse desunto la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente, per reati concernenti la detenzione di sostanza stupefacente e di armi, in modo incongruo.
Di conseguenza, il provvedimento impugnato era annullato e rinviato per nuovo giudizio al Tribunale di Catania.
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito come debba essere intesa la detenzione di sostanza stupefacente e di armi in materia penale.
Difatti, si afferma in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che, da una parte, in tema di reati concernenti gli stupefacenti, il termine “detenzione” non implica necessariamente un contatto fisico immediato tra il soggetto attivo e la sostanza, ma deve essere inteso nel senso di disponibilità di fatto della sostanza stupefacente, realizzata attraverso l’attrazione della stessa nell’ambito della propria sfera di custodia, anche in difetto dell’esercizio continuo e/o immediato di un potere manuale da parte del soggetto attivo, dall’altra, per la configurazione del delitto di detenzione abusiva di arma comune da sparo, è necessaria una relazione stabile del soggetto con l’arma, in quanto il concetto di detenzione per sua natura implica un minimo di permanenza del rapporto materiale tra detentore e oggetto detenuto ed un minimo apprezzabile di autonoma disponibilità del bene da parte dell’agente.
Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba appurare, in ordine alla sussistenza di codesti illeciti penali, se ricorra una condotta “detentiva” rilevante ai fini della configurabilità dei delitti de quibus.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in questa sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su tale tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, dunque, non può che essere positivo.
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