Numerosi i comuni che hanno stabilito un termine differente dal 4 febbraio 2013 per incassare una particolare agevolazione di tipo locale, altri invece non fanno venir meno l’agevolazione, però fissano una multa da 52 a 258 euro
Alessandro Camillini (tratto da www.lagazzettadeglientilocali.it)
Comune che vai, Imu che trovi; modificando un celebre proverbio popolare si riassume con efficacia l’attuale situazione dell’imposta sugli immobili e delle criticità che questo può portare al contribuente. Nei 2 mila Comuni che hanno applicato regole specifiche per la dichiarazione dell’Imu bisogna prestare attenzione a 3 parametri; la data entro cui presentare la denuncia, i documenti da allegare e le differenze rispetto alla normativa nazionale.
Sono numerosi i Comuni che hanno stabilito un termine differente dal 4 febbraio 2013 per incassare una particolare agevolazione di tipo locale, in alcuni casi l’invio è stato rinviato al 30 giugno 2013, ma di frequente la scadenza è anticipata al 31 dicembre, o addirittura al 30 settembre. Dunque per coloro che non si sono accorti della scadenza del termine, alcuni regolamenti comunali stabiliscono la data a pena di decadenza, altri, nel comminare la decadenza, chiariscono che il recupero dell’imposta si verificherà senza l’applicazione di sanzioni.
Ci sono poi Comuni che non fanno venir meno l’agevolazione, però fissano una multa da 52 a 258 euro, qualora le norme comunali non dicano cosa fare a riguardo, la possibilità è quella di applicare la disposizione residuale inserita nell’articolo 7 – bis del Tuel (Dlgs 267/2000), che permette di applicare una sanzione da 25 a 500 euro per le infrazioni delle norme regolamentari.Rimane comunque necessaria l’individuazione della quota da applicare nel caso concreto, a meno che il Comune non voglia in nessuna maniera punire i contribuenti distratti, almeno non il primo anno di applicazione dell’imposta.
Altro capitolo è quello dedicato invece alla documentazione da allegare all’autocertificazione per il Comune; generalmente, infatti, viene richiesta una copia del contratto (d’affitto o di comodato, ad esempio), ma ci sono anche città che esigono una copia delle utenze domestiche. Qualora si verificasse un invio parziale si potrebbe ipotizzare l’accettazione dell’invio incompleto, seguita ad una richiesta di integrazione oppure un rifiuto netto da parte del Comune.
L’ideale è che gli uffici si dotino di buon senso, ammettendo le difficoltà dei contribuenti di fronte alle numerose norme nazionali e locali, che non sempre è semplice interpretare. Ci sarebbero quindi gli estremi perché scatti l’esimente delle oggettive condizioni di incertezza, fissate dalla legge 212/2000 (statuto del contribuente) ma anche dal Dlgs 472/97 (sanzioni tribunarie) e dal Dlgs 546ù/92 (processo tributario).
Un’ultima questione delicata coinvolge le possibili contraddizioni tra le regole locali e quelle imposte dal ministero dell’Economia, ci sono regolamenti, infatti, che chiedo la denuncia delle pertinenze, nella situazione classica in cui il contribuente possieda due box auto e possa tassarne solo uno con la prima casa. Ci sono, però, anche città che non riconoscono la validità delle dichiarazioni Ici presentate negli anni precedenti, ad esempio per una casa data in comodato a un figlio con contratto registrato nel 2009.
L’obbligo dichiarativo non dovrebbe scattare anche per i separati assegnatari della ex casa coniugale, ma certi Comuni richiedono comunque una comunicazione. In ogni caso – almeno in questa fase – è consigliabile che il contribuente segua le indicazioni comunali se vuole essere certo di godere dell’agevolazione prevista dalla norma (o quantomeno per evitare di essere sanzionato).
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