Se il contribuente indica nella dichiarazione il diritto al rimborso IVA tale diritto non può essere assoggettato al termine biennale ma bensì a quello di prescrizione ordinario decennale.
È quanto affermato la Corte di Cassazione, sez. Tributaria Civile, con la sentenza n. 5172 depositata il 16 marzo 2016.
Il caso
La Commissione tributaria regionale del Piemonte rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate nei confronti di un contribuente, confermando l’annullamento dell’atto di diniego del rimborso IVA per l’anno d’imposta 1999.
Il giudice d’appello premetteva in fatto che il contribuente aveva presentato la dichiarazione IVA per l’anno 1998, contenente l’esposizione “a rimborso” di un credito d’imposta pari 580 milioni di lire e di una ulteriore eccedenza di 55.812.000 di lire da utilizzare in compensazione nell’anno successivo. Tuttavia, nella dichiarazione per l’anno 1999, per mero errore, il credito verso l’erario era utilizzato nella minor misura di 35.812.000 di lire. L’ufficio, a fronte della domanda avanzata il 17 maggio 2005, aveva negato rimborso della ulteriore eccedenza di 20 milioni di lire, essendo decorso il termine biennale di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2.
Riteneva, invece, il giudice territoriale che la domanda di rimborso fosse stata tempestivamente avanzata entro il termine decennale di prescrizione di cui all’art. 2946 cod. civ. e che il credito d’imposta si fosse consolidato una volta decorsi senza rilievi due anni dalla presentazione della dichiarazione annuale e gli ulteriori tre mesi per l’esigibilità del credito stesso.
L’Agenzia delle entrate proponeva, così, ricorso per cassazione.
La decisione
I Giudici di legittimità hanno ritenuto di dover dare continuità all’orientamento recentemente ribadito dalla sentenza della Cassazione n. 6684 del 2 aprile 2015, secondo cui, in tema di IVA, deve tenersi distinta la domanda di rimborso o restituzione del credito d’imposta maturato dal contribuente, da considerarsi già presentata con compilazione nella dichiarazione annuale dei quadro relativo che configura formale esercizio del diritto, rispetto alla presentazione del modello apposito (VR), che costituisce – ai sensi dell’art. 38 , comma 1, del d.P.R. n. 633/1972, solo presupposto per l’esigibilità del credito e, dunque, adempimento per dar inizio al procedimento di esecuzione del rimborso.
Ne consegue che, una volta esercitato tempestivamente in dichiarazione il diritto al rimborso, esso non può considerarsi assoggettato al termine biennale di decadenza previsto dall’art. 21, del d.lgs. n. 546/1992, ma solo a quello di prescrizione ordinario decennale ex art. 2946 c.c..
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La soluzione prospettata, oltre ad essere assolutamente maggioritaria e oramai consolidata, è coerente con l’intero sistema fiscale delineato dalla giurisprudenza di legittimità, atteso che da tempo si afferma che l’esposizione di un credito d’imposta nella denuncia dei redditi fa sì che non occorra, da parte del contribuente, al fine di ottenerne il rimborso, alcun altro adempimento, dovendo solo attendere che l’Amministrazione finanziaria eserciti, sui dati esposti in dichiarazione, il potere-dovere di controllo secondo la procedura di liquidazione delle imposte, ovvero, ricorrendone i presupposti, secondo lo strumento della rettifica della dichiarazione.
Sicché una volta che il credito si sia consolidato, l’Amministrazione è tenuta ad eseguire il rimborso e il relativo credito del contribuente è soggetto alla ordinaria prescrizione decennale.
La Cassazione ha, pertanto, respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate.
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