Dichiarazione di domicilio: basta il richiamo a una dichiarazione già agli atti?

L’onere del deposito della dichiarazione di domicilio può ritenersi assolto con richiamo specifico a una precedente elezione presente nel fascicolo?

Allegati

L’onere del deposito della dichiarazione di domicilio può ritenersi assolto mediante richiamo specifico a una precedente elezione già presente nel fascicolo? Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025”, giunto alla sua V edizione.

Corte di Cassazione -SS. UU. pen.- sentenza n. 13808 del 24-10-2024

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Indice

1. Il fatto


La Corte di Appello di Roma dichiarava inammissibile un appello proposto nei confronti di una sentenza emessa dal Tribunale della medesima città, con la quale l’imputato era stato dichiarato responsabile del reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 223, primo comma, e 216, primo comma, n. 1, R.D. 16 marzo 1942 n. 267 (capo A della rubrica), e del reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 223, primo comma, e 216, primo comma, n. 2, R.D. 16 marzo 1942 n. 267 (capo B della rubrica), e condannato alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione, con l’applicazione delle pene accessorie di cui all’art. 216, ultimo comma, R.D. 16 marzo 1942 n. 267, e anche di quelle di cui all’art. 29 cod. pen..
In particolare, la Corte territoriale capitolina, dato atto della data della pronuncia della sentenza impugnata e dell’applicabilità dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., introdotto dal D.Lgs. n. 150 del 2022, rilevava nel caso di specie il mancato deposito, unitamente all’atto d’appello, della dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato, e aveva, conseguentemente, dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione ai sensi dell’art. 591, primo comma, lett. c), cod. proc. pen., a causa del mancato assolvimento degli oneri imposti all’imputato appellante che sia stato presente nel giudizio di primo grado.
Ciò posto, avverso questa decisione ricorreva per Cassazione il difensore dell’accusato il quale, con un unico motivo, deduceva la violazione e l’errata applicazione degli artt. 164, 581, comma 1-ter, e 601 cod. proc. pen..
Nel dettaglio, secondo il ricorrente, sulla base di una lettura sistematica degli artt. 164 e 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. e tenendo conto della ratio di tale seconda disposizione (volta ad agevolare l’attività di notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello), solamente l’imputato, che nel corso del giudizio di primo grado non abbia dichiarato o eletto domicilio, deve depositare, con l’atto di appello, anche l’elezione di domicilio, allo scopo di permettere al giudice che procede di notificargli il decreto di citazione a giudizio ai sensi dell’art. 601 cod. proc. pen., in quanto il domicilio eletto in primo grado resta immanente.
Quindi, in presenza, come nel caso di specie, di una elezione di domicilio idonea, per il legale, la stessa non avrebbe dovuto essere ripetuta al momento della presentazione della impugnazione mentre la diversa interpretazione, seguita dalla Corte d’Appello nell’ordinanza impugnata, imponeva un’inutile duplicazione della dichiarazione o elezione di domicilio, in contrasto con quanto espressamente previsto dall’art. 164 cod. proc. pen., anche come modificato dal D.Lgs. n. 150 del 2022, secondo cui l’elezione di domicilio conserva efficacia anche al fine della notificazione della citazione per il giudizio di appello ai sensi dell’art. 601 cod. proc. pen..
In effetti, nel caso in esame, i giudici di seconde cure avevano fatto eseguire con esito positivo la notificazione dell’ordinanza di inammissibilità presso il domicilio dichiarato dall’imputato; ciò a dimostrazione dell’esistenza di un valido domicilio dichiarato, presso il quale l’imputato aveva ricevuto tutte le comunicazioni relative al giudizio di primo grado e dove avrebbe quindi potuto essergli notificato anche il decreto di citazione per il giudizio di appello.
Inoltre, a sostegno della interpretazione prospettata, l’impugnante aveva, in particolare, richiamato, oltre ad altre, Sez. 2, n. 8014 del 11/01/2024, concludendo per l’annullamento dell’ordinanza impugnata. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025”, giunto alla sua V edizione.

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2. La questione prospettata nell’ordinanza di rimessione: è sufficiente, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, la sola presenza in atti della dichiarazione o elezione di domicilio, anche se non richiamata né allegata all’atto di impugnazione?


La Quinta Sezione penale, investita della trattazione del ricorso, ne sollecitava la rimessione alle Sezioni Unite allo scopo di risolvere il contrasto esistente nella giurisprudenza di legittimità in ordine all’interpretazione dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., a proposito della sufficienza della sola presenza in atti della dichiarazione o elezione di domicilio, benché non richiamata nell’atto di impugnazione o allegata allo stesso essendo, a suo avviso, controverso se, in base alla predetta disposizione, ai fini della ammissibilità dell’impugnazione: a) occorra una nuova dichiarazione o elezione di domicilio, da effettuarsi con l’atto d’impugnazione; b) ovvero, sia sufficiente l’allegazione o il richiamo di una precedente elezione o dichiarazione; c) oppure, ancora, sia sufficiente la presenza in atti della dichiarazione o elezione di domicilio senza necessità né di deposito né di richiamo della stessa, rilevando il disposto del comma 1-ter dell’art. 581 cod. proc. pen. solo nel caso in cui l’imputato non abbia eletto domicilio nel corso del procedimento.
Premesso ciò, la Sezione rimettente, nel delineare gli orientamenti contrastanti, aveva, anzitutto, richiamato le decisioni che sostengono la necessità di allegare all’atto di impugnazione una nuova dichiarazione o elezione di domicilio, le quali valorizzano la ratio sottesa all’introduzione di tale onere, individuata, in termini coerenti con gli obiettivi di miglioramento dell’efficienza e speditezza del processo penale perseguiti con il D.Lgs. n. 150 del 2022, nella finalità di assicurare la celere e regolare celebrazione del giudizio d’impugnazione e di agevolare l’attività di notificazione dell’atto introduttivo del giudizio (Sez. 6, n. 7020 del 16/01/2024).
Nel dettaglio, secondo tale orientamento, attraverso l’adempimento posto a carico dell’imputato appellante, il legislatore ha inteso agevolare il buon esito del procedimento di notificazione, consentendo la rapida notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello, quale primo atto introduttivo del grado da notificare personalmente all’imputato, ai sensi degli artt. 157-ter, primo e terzo comma, e 601 cod. proc. pen., esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto (Sez. 5, n. 3118 del 10/01/2024), fermo restando che tale adempimento è volto ad assicurare la conoscenza da parte dell’imputato della citazione per il giudizio di appello, così da garantire che la fase di impugnazione possa svolgersi con contraddittorio certo, tale da escludere o, comunque, fortemente limitare il ricorso agli eventuali rimedi restitutori e rescissori del giudicato nelle fasi successive al giudizio (Sez. 5, n. 46831 del 22/09/2023, e Sez. 4, n. 22140 del 03/05/2023, chiamate entrambe a pronunciarsi sulla sospetta illegittimità costituzionale dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., che hanno ritenuto la questione manifestamente infondata), e, al tempo stesso, da assicurare la definizione del giudizio in tempo ragionevole, in modo da non incorrere nella improcedibilità, provocata dalla necessità della rinnovazione della citazione in conseguenza dell’esito negativo della stessa.
La necessità che la dichiarazione o elezione di domicilio, da depositare a pena di inammissibilità unitamente all’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori, sia successiva alla sentenza impugnata, tra l’altro, si faceva risalire dalla nuova formulazione dell’art. 164 cod. proc. pen., che esclude la durata illimitata di quella effettuata nel precedente grado (Sez. 6, n. 7020 del 16/01/2024, Mirabile, Rv. 285985-01, cit., e Sez. 5, n. 3118 del 10/01/2024) posto che tale soluzione, pur in mancanza di una previsione espressa, era ritenuta da tale Sezione semplice coerente con la ratio della disposizione e con la lettura sistematica delle nuove norme in tema di notificazioni introdotte dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, sottolineandosi al riguardo il disposto dell’art. 161, comma 1, cod. proc. pen., richiamandosi all’uopo il contenuto dell’art. 164 cod. proc. pen. che attribuisce validità limitata alla dichiarazione o elezione di domicilio ai soli fini delle notificazioni dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, degli atti di citazione in giudizio ai sensi degli artt. 450, comma 2, 456,552 e 601, cod. proc. pen., nonché del decreto penale di condanna, salvo quanto previsto dall’art. 156, comma 1, cod. proc. pen. (così Sez. 6, n. 7020 del 16/01/2024, e Sez. 5, n. 3118 del 10/01/2024).
Orbene, a sostegno di tale ricostruzione, la Corte di legittimità richiamava anche la nuova disciplina delle notificazioni all’imputato, secondo la quale solo per la notificazione degli atti di citazione a giudizio occorre, ai sensi dell’art. 157-ter cod. proc. pen., che questi siano notificati presso il domicilio dichiarato o eletto o, in mancanza di questo, nei luoghi o con le modalità di cui all’art. 157 cod. proc. pen., venendo notificati gli atti successivi presso il difensore: alla notificazione all’imputato dell’atto introduttivo del giudizio presso il domicilio dichiarato o eletto conseguirebbe la cessazione della manifestazione di volontà dell’imputato e la necessità di una nuova dichiarazione o elezione di domicilio per il giudizio di appello, non potendosi fare riferimento al precedente domicilio dichiarato o eletto (così Sez. 6, n. 7020 del 16/01/2024), denotandosi al contempo che, nell’ambito di tale orientamento, è stata esclusa l’idoneità, ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione, di un’eventuale dichiarazione o elezione di domicilio già presente in atti.
Ciò posto, si osservava per di più che, se fosse sufficiente quest’ultima, la previsione di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. non avrebbe ragione di essere, prevedendo già l’art. 157-ter, comma 1, cod. proc. pen., per le notificazioni degli atti introduttivi di primo grado e per la citazione in appello, che la notificazione debba essere eseguita presso il domicilio dichiarato o eletto, ex art. 161 cod. proc. pen., salvo la precisazione, contenuta nel comma 3, che la notificazione dell’atto di citazione a giudizio è eseguita esclusivamente presso il domicilio eletto ai sensi dell’art. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen., domicilio che potrà, quindi, coincidere con quello già dichiarato o eletto in precedenza ai sensi dell’art. 161 cod. proc. pen. solo se la dichiarazione sia stata rinnovata dall’imputato attraverso uno dei modi previsti dai medesimi commi 1-ter e 1-quater (così Sez. 5, n. 17055 del 19/03/2024; Sez. 5, n. 1177 del 28/11/2023; Sez. 5, n. 2531 del 24/11/2023, dep. 2024), richiamandosi a tal proposito, tra le numerose decisioni che si inscrivono in tale orientamento, Sez. 4, n. 47417 del 28/09/2023, che sottolinea la rilevanza del termine “deposito” che si intende, appunto, riferito a un atto “nuovo” e non già a un atto che sia già stato acquisito agli atti, per il quale diversamente si parla di allegazione, e Sez. 6, n. 43320 del 26/09/2023, che richiede la contestualità del deposito rispetto all’atto di appello e la novità della dichiarazione, in quanto altrimenti la norma sarebbe superflua, rilevandosi contestualmente che, nell’ambito di tale orientamento ,alcune pronunce ammettono la possibilità di un deposito differito della elezione di domicilio rispetto all’atto d’impugnazione, da effettuarsi comunque, a pena di inammissibilità della impugnazione, entro la scadenza dei termini previsti per la presentazione dell’impugnazione (Sez. 5, n. 17995 del 24/01/2024 e Sez. 5, n. 46831 del 22/09/2023).
Oltre a ciò, l’ordinanza di rimessione in questione illustrava pure il diverso orientamento secondo cui la dichiarazione o l’elezione di domicilio richieste dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. possono essere anche quelle effettuate nel corso del procedimento di primo grado, e non necessariamente in un momento successivo alla pronuncia della sentenza impugnata, a condizione che siano depositate unitamente all’atto di appello, in quanto la contraria interpretazione ostacolerebbe indebitamente l’accesso al giudizio di impugnazione, in violazione di diritti costituzionalmente e convenzionalmente garantiti (Sez. 2, n. 8014 del 11/01/2024), osservandosi tra l’altro come tale orientamento valorizzi la differente disciplina stabilita dal comma 1-ter dell’art. 581 cod. proc. pen. (che riguarda(va) il caso dell’imputato che non sia stato dichiarato assente nel grado precedente e richiede solo il deposito della elezione o dichiarazione di domicilio e non anche dello specifico mandato a impugnare) rispetto a quanto previsto dal comma 1-quater della medesima disposizione (che riguarda l’imputato assente, al quale si richiede, a pena di inammissibilità, il deposito dello specifico mandato a impugnare conferito al difensore contenente anche l’elezione o dichiarazione di domicilio per la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di appello) contenente l’esplicito riferimento alla necessità che si tratti di atti successivi rispetto alla sentenza impugnata.
Si sottolineava, in particolare, la ratio della diversa configurazione delle modalità dell’adempimento previste nei commi 1-ter e 1-quater, in quanto la finalità perseguita dal legislatore riguardo all’imputato assente sarebbe quella di garantire la effettiva conoscenza da parte dell’imputato, che non ha partecipato al giudizio, della pendenza e dell’esito del processo e la reale volontà di impugnazione, intento che, invece, non sarebbe presente nel comma 1-ter, posto che la sola esigenza di agevolare la citazione a giudizio dell’appellante può essere soddisfatta anche attraverso l’allegazione di una elezione di domicilio antecedente alla sentenza impugnata (Sez. 2, n. 16480 del 29/02/2024), ritenendosi al contempo come non sia condivisibile una interpretazione diretta ad applicare a un caso non espressamente previsto dalle norme processuali regolatrici della fattispecie l’obbligatorietà di un adempimento stabilito a pena di inammissibilità, essendo le cause di inammissibilità tassative e insuscettibili di interpretazione estensiva visto che questa interpretazione non sarebbe neppure in contrasto con l’attuale testo dell’art. 164 cod. proc. pen., in quanto tale disposizione richiama espressamente l’art. 601 cod. proc. pen., con la finalità di limitare l’efficacia dell’elezione o dichiarazione di domicilio agli atti introduttivi del giudizio di cognizione anche di appello e all’imputato libero, con esclusione dei giudizi cautelari e dell’imputato detenuto.
Pur tuttavia, secondo tale indirizzo, resta ferma la necessità che gli atti di dichiarazione o di elezione di domicilio, rilasciati anche in epoca precedente alla pronuncia della sentenza di primo grado e nella fase delle indagini preliminari, siano depositati ex art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., unitamente all’atto d’appello, considerato che l’imputato presente potrebbe non avere dichiarato o eletto domicilio prima dell’impugnazione o aver effettuato diverse dichiarazioni o elezioni.
Chiarito ciò, il Collegio rimettente evidenziava tra l’altro l’esistenza di un ulteriore filone interpretativo in base al quale, per non incorrere nella sanzione della inammissibilità dell’appello, è sufficiente il richiamo alla precedente elezione di domicilio presente in atti (Sez. 2, n. 16480 del 29/02/2024, che richiama la necessità di una lettura costituzionalmente orientata della disciplina in esame, per non limitare irragionevolmente “il diritto di accesso” al giudizio di impugnazione, come affermato dalla Corte EDU, 28/10/2021, Succi e altri c. Italia).
L’ordinanza impugnata dava infine atto anche dell’orientamento espresso da Sez. 2, n. 20515 del 09/05/2024, secondo cui la sanzione dell’inammissibilità dell’impugnazione, testualmente prevista dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., non è applicabile analogicamente alla diversa situazione, prevista dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., di imputato non giudicato in assenza nel grado precedente, in quanto tale lettura ostacolerebbe indebitamente l’accesso a un giudizio d’impugnazione, in violazione di diritti costituzionalmente e convenzionalmente garantiti.

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3. La soluzione adottata dalle Sezioni unite


Le Sezioni unite – dopo avere delimitato la questione sottoposta al suo vaglio giudiziale (nei seguenti termini: “Se la previsione, a pena di inammissibilità, del deposito, insieme con l’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori, della dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio (art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen.), debba essere interpretata nel senso che, ai fini indicati, sia sufficiente la sola presenza in atti della dichiarazione o elezione di domicilio, benché non richiamata nell’atto di impugnazione od allegata al medesimo”), ricostruito il quadro normativo di riferimento, esaminata l’incidenza di codesta disposizione legislativa sul suo ambito di operatività della abrogazione che ne è stata disposta dalla legge 9 agosto 2024, n. 114 da cui si perveniva alla conclusione secondo la quale la disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. – abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024 e infine illustrati i contrapposti orientamenti nomofilattici formatisi in subiecta materia – ritenevano di dovere aderire a quell’indirizzo interpretativo secondo cui indirizzo è sufficiente l’allegazione della dichiarazione o elezione di domicilio intervenute nel processo di primo grado.
In particolare, gli Ermellini addivenivano a siffatta considerazione giuridica rimarcando, prima di tutto, che la differenza, sul piano testuale, tra la previsione dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. (secondo cui “con l’atto d’impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio”) e quella di cui al successivo comma 1-quater del medesimo art. 581 cod. proc. pen., secondo il quale “nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto d’impugnazione del difensore è depositato, a pena d’inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio”.
Difatti, da tale “distinguo”, i giudici di piazza Cavour giungevano alla conclusione secondo cui per l’imputato, che sia stato presente nel giudizio di primo grado, non è necessario che la dichiarazione o elezione di domicilio da depositare a pena d’inammissibilità unitamente all’atto d’impugnazione sia “nuova “, ossia formata successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata e funzionalmente alla proposizione dell’impugnazione, in quanto tale ulteriore condizione è richiesta soltanto e in modo espresso per l’imputato giudicato in assenza (Sez. 2, n. 8014 dell’11/01/2024, e, nel medesimo senso, Sez. 2, n. 16480 del 29/02/2024) dato che tale differenza si giustifica con la volontà legislativa di assicurare impugnazioni proposte da imputati “consapevoli”.
Tal che se ne faceva discendere che, nel caso dell’imputato dichiarato assente nel giudizio di primo grado, occorre verificare l’effettiva volontà di impugnare la sentenza di primo grado, fermo restando che, se tale verifica viene compiuta attraverso l’imposizione dell’onere del rilascio di uno specifico mandato a impugnare successivo alla pronuncia della sentenza, cui deve essere allegata anche la dichiarazione o elezione di domicilio, essa non è, invece, necessaria nel caso dell’imputato presente, di cui si presume sussistente la volontà di impugnare.
Di conseguenza, per la Corte di legittimità, al medesimo non è imposto l’onere del conferimento di un nuovo mandato poichéé la mera esigenza di agevolare la citazione a giudizio dell’appellante può essere soddisfatta attraverso il deposito o l’allegazione di una elezione di domicilio antecedente alla sentenza impugnata.
Ciò posto, sempre ad avviso delle Sezioni unite, la possibilità di avvalersi di una precedente dichiarazione o elezione di domicilio è, poi, desumibile dal nuovo testo dell’art. 164 cod. proc. pen., che, innovando la precedente disciplina, nel delimitare l’efficacia della dichiarazione e dell’elezione di domicilio ne prevede espressamente la perdurante validità “per le notificazioni dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, degli atti di citazione in giudizio ai sensi degli articoli 450, comma 2, 456, 552 e 601, nonché del decreto penale, salvo quanto previsto dall’art. 156, comma 1”. Tale previsione consente, dunque, per la Corte, di avvalersi, ai fini, tra l’altro, della notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello, del domicilio precedentemente dichiarato o eletto, nonostante la mutata disciplina della dichiarazione o elezione di domicilio, che non ha più durata illimitata, come previsto prima delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in quanto ne è stata espressamente stabilita la perdurante validità soltanto ai fini indicati (tra cui proprio la notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello), fermo restando però che tale conclusione non si pone neppure in contrasto con quanto stabilito dall’art. 157-ter, comma 3, cod. proc. pen. (come sostenuto, tra le altre, da Sez. 5, n. 17055 del 19/03/2024; Sez. 5, n. 1177 del 28/11/2023; Sez. 5, n. 2531 del 24/11/2023) dal momento che detta disposizione, nello stabilire che “in caso di impugnazione proposta dall’imputato o nel suo interesse, la notificazione dell’atto di citazione a giudizio nei suoi confronti è eseguita esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell’articolo 581, commi 1-ter e 1-quater”, non richiede che la dichiarazione o elezione di domicilio di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. siano successive alla sentenza da impugnare, non essendo ciò previsto ed essendo anzi stabilita la idoneità della precedente dichiarazione o elezione di domicilio al fine della citazione per il giudizio di appello, essendo imposto soltanto che la dichiarazione o elezione di domicilio possiedano le caratteristiche di idoneità al raggiungimento dello scopo voluto dal legislatore attraverso l’introduzione della disposizione di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., ossia: consentire la certa e regolare notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello, attraverso la inequivoca individuazione del domicilio, dichiarato o eletto, presso il quale eseguire tale notificazione.
In assenza, dunque, di una espressa previsione in ordine alla necessità di una “nuova” dichiarazione o elezione di domicilio, come invece previsto per l’imputato giudicato in assenza, ad avviso del Supremo Consesso, il ricordato fine perseguito dal legislatore attraverso l’introduzione della previsione di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., può essere validamente raggiunto anche attraverso una precedente dichiarazione o elezione di domicilio, come previsto espressamente dall’art. 157-ter, primo comma, e dall’art. 164 cod. proc. pen., purché essa sia idonea e chiaramente indicata.
Si è valsa dei criteri dello “scopo legittimo” e della “proporzionalità” delle restrizioni rispetto allo stesso).
D’altronde, sempre ad avviso della Suprema Corte, occorre, in tale prospettiva, ricordare che l’art. 14, par. 5, del Patto internazionale sui diritti civili e politici, adottato a New York il 16 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n. 881, e l’art. 2 del Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, adottato a Strasburgo il 22 novembre 1984, ratificato e reso esecutivo con legge 9 aprile 1990, n. 98, prevedono il diritto a far riesaminare la decisione da una giurisdizione superiore, o di seconda istanza, a favore della persona dichiarata colpevole o condannata per un reato, cosicché anche una considerazione di sistema, volta al raggiungimento di una maggiore funzionalità, rapidità ed efficienza del regime di notificazione del decreto di citazione, non può portare al superamento del dato letterale e sistematico, destinato a riverberarsi negativamente sul diritto dell’imputato a impugnare la decisione rivolgendosi a una giurisdizione di seconda istanza (in tal senso Sez. 2, n. 16480 del 29/02/2024).
Per i giudici di piazza Cavour, quindi, può conclusivamente affermarsi che, in base all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., la dichiarazione o l’elezione di domicilio, da depositare a pena di inammissibilità unitamente all’atto di appello, non deve essere necessariamente successiva alla pronuncia della sentenza impugnata, essendo sufficiente per il raggiungimento del fine perseguito dal legislatore anche una precedente dichiarazione o elezione di domicilio, così come, per le stesse ragioni, la dichiarazione o elezione di domicilio, da depositare unitamente all’atto d’appello, a pena di inammissibilità dell’impugnazione, non deve necessariamente essere materialmente unita all’atto di impugnazione, potendo essere soltanto in esso richiamata, a condizione però che tale richiamo sia chiaro, specifico, inequivoco, e permetta, senza difficoltà o necessità di indagini, di individuarle con immediatezza nel fascicolo processuale, sì da consentire la rapida e certa notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello e da assicurare la salvaguardia delle esigenze di celerità e certezza sottese alla previsione di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. (in tal senso, tra le altre, Sez. 3, n. 34328 del 04/06/2024), fermo restando che, in caso di plurime dichiarazioni o elezioni di domicilio, spetta al difensore dell’imputato appellante indicare con chiarezza e in modo inequivoco nell’atto d’impugnazione quale sia la dichiarazione o elezione di domicilio da utilizzare per notificare all’imputato medesimo il decreto di citazione per il giudizio di appello, in modo tale da consentire l’immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire tale notificazione successiva alla pronuncia della sentenza impugnata, essendo sufficiente per il raggiungimento del fine perseguito dal legislatore anche una precedente dichiarazione o elezione di domicilio.
Per i medesimi motivi, inoltre, ad avviso delle Sezioni unite, la dichiarazione o elezione di domicilio, da depositare unitamente all’atto d’appello, a pena di inammissibilità dell’impugnazione, non deve necessariamente essere materialmente unita all’atto di impugnazione, potendo essere soltanto in esso richiamata, a condizione però che tale richiamo sia chiaro, specifico, inequivoco, e permetta, senza difficoltà o necessità di indagini, di individuarle con immediatezza nel fascicolo processuale, sì da consentire la rapida e certa notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello e da assicurare la salvaguardia delle esigenze di celerità e certezza sottese alla previsione di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. (in tal senso, tra le altre, Sez. 3, n. 34328 del 04/06/2024) mentre, in caso di plurime dichiarazioni o elezioni di domicilio, spetta al difensore dell’imputato appellante indicare con chiarezza e in modo inequivoco nell’atto d’impugnazione quale sia la dichiarazione o elezione di domicilio da utilizzare per notificare all’imputato medesimo il decreto di citazione per il giudizio di appello, in modo tale da consentire l’immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire tale notificazione.
In definitiva, per la Corte di legittimità,la previsione di ulteriori oneri, quale l’allegazione materiale della dichiarazione o elezione di domicilio all’atto d’impugnazione, non necessari in presenza di una indicazione che presenti le suddette caratteristiche, si risolverebbe per l’imputato in un inutile aggravio, tale da rendere più oneroso il suo diritto di “accesso” al giudice dell’impugnazione mentre non può, invece, ritenersi sufficiente il generico richiamo a una dichiarazione o elezione di domicilio che non consenta la sua immediata individuazione nel fascicolo processuale e non permetta di cogliere con certezza il luogo presso il quale eseguire la notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello, in funzione della sollecita e regolare citazione dell’imputato per tale giudizio.
In conclusione, le Sezioni unite, alla stregua delle considerazioni sin qui esposte, formulavano il seguente principio di diritto: “L’onere del deposito dell’elezione o della dichiarazione di domicilio, previsto, a pena di inammissibilità dell’atto d’impugnazione, dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., può essere assolto anche con il richiamo espresso e specifico, in esso contenuto, ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l’immediata e inequivoca indicazione del luogo in cui eseguire la notificazione”.

3. Conclusioni: è valido il richiamo a una precedente elezione di domicilio già agli atti ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito se la previsione, a pena di inammissibilità, del deposito, insieme con l’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori, della dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio (art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen.), debba essere interpretata nel senso che, ai fini indicati, sia sufficiente la sola presenza in atti della dichiarazione o elezione di domicilio, benché non richiamata nell’atto di impugnazione od allegata al medesimo.
Orbene, fermo restando che siffatto comma – il quale stabiliva, come è noto, che con “l’atto d’impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio” – è stato abrogato dall’art. 2, co. 1, lett. o), legge, 9 agosto 2024, n. 114 (a decorrere dal 25 agosto del 2024), con tale arresto giurisprudenziale, per il periodo in cui codesta disposizione legislativa troverà ancora applicazione, è stato chiarito, a fronte del contrasto di cui sopra, che l’onere di deposito della dichiarazione di domicilio può essere assolto mediante richiamo specifico a una precedente elezione già presente nel fascicolo, purché consenta l’immediata individuazione del luogo di notifica.
Alla luce di quanto sancito in tale provvedimento, è dunque sufficiente che siffatto onere sia adempiuto pure soltanto in questa maniera, senza che sia necessario per forza di cose che la dichiarazione o elezione di domicilio debba essere successiva alla pronuncia della sentenza di primo grado e depositata unitamente all’atto d’impugnazione.
Questa decisione, dunque, deve essere presa nella dovuta considerazione ogni volta si debba appurare, perlomeno sino a quando l’art. 581, co. 1-ter, cod. proc. pen. era ancora in vigore, se quanto ivi previsto sia stato correttamente assolto.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché prova a fare chiarezza su tale tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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