Danno biologico permanente: calcolo del dies a quo

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Con la sentenza numero 7077 del 15.03.2024 la III Sezione della Corte di Cassazione, presidente Travaglino, relatore Vincenti, chiarisce che il danno biologico permanente in caso di malattia lungolatente, che si manifesta dopo l’evento illecito, va parametrato al momento della manifestazione dei sintomi e non all’epoca della condotta illecita. Nella stessa pronuncia si ribadisce che in caso di morte conseguenza della malattia contratta il danno permanente si deve parametrare all’aspettativa di vita e non a quella realmente vissuta.

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Corte di Cassazione – Sez. III – Sent. n. 7077 del 15/03/2024

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Indice

1. I fatti di causa e i giudizi di merito

Il giudizio giunto al vaglio della Corte di legittimità trova origine in un danno da infezione nosocomiale subita da Tizio, che in seguito alla stessa decedeva. Agivano in giudizio per il ristoro dei danni iure proprio e iure hereditato la moglie e i figli di Tizio.
La domanda, proposta per il danno differenziale e all’esito dell’accertamento amministrativo dell’indennizzo ex. Legge 210/92, in danno del Ministero della Salute,  veniva accolta sia in primo grado che in appello e tanto sia in ordine al danno iure proprio che in relazione a quello iure hereditato.
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La Riforma Cartabia della giustizia civile

Aggiornata ai decreti attuativi pubblicati il 17 ottobre 2022, la presente opera, che si pone nell’immediatezza di questa varata “rivoluzione”, ha la finalità di spiegare, orientare e far riflettere sulla introduzione delle “nuove” possibilità della giustizia civile. Analizzando tutti i punti toccati dalla riforma, il volume tratta delle ricadute pratiche che si avranno con l’introduzione delle nuove disposizioni in materia di strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, nonché di processo di cognizione e impugnazioni, con uno sguardo particolare al processo di famiglia, quale settore particolarmente inciso dalle novità. Un focus è riservato anche al processo del lavoro, quale rito speciale e alle nuove applicazioni della mediazione e della negoziazione assistita, che il Legislatore pare voler nuovamente caldeggiare. Francesca SassanoAvvocato, è stata cultrice di diritto processuale penale presso l’Università degli studi di Bari. Ha svolto incarichi di docenza in numerosi corsi di formazione ed è legale accreditato presso enti pubblici e istituti di credito. Ha pubblicato: “La nuova disciplina sulla collaborazione di giustizia”; “Fiabe scritte da Giuristi”; “Il gratuito patrocinio”; “Le trattative prefallimentari”; “La tutela dell’incapace e l’amministrazione di sostegno”; “La tutela dei diritti della personalità”; “Manuale pratico per la protezione dell’incapace”; “Manuale pratico dell’esecuzione mobiliare e immobiliare”; “Manuale pratico delle notificazioni”; “Manuale pratico dell’amministrazione di sostegno”; “Notifiche telematiche. Problemi e soluzioni”.

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2. Il dies a quo per il calcolo del danno biologico permanente: la questione giunta in Cassazione

Ricorreva per la cassazione della sentenza il Ministero della salute, per il seguente motivo.
Si denuncia la violazione degli articoli 2056, 1223e 1226 cc, nonché dell’art. 32 della costituzione, in relazione all’art. 360 I comma n. 3 cpc. Il Ministero lamenta, in particolare che la corte di merito ha liquidato i danni in favore degli eredi e a titolo ereditario prendendo a riferimento l’età che i predetti avevano nel momento della contrazione dell’infezione epatica, anziché quella di effettivo manifestarsi dei segni conclamati della patologia epatica“.
La Corte accoglie il ricorso, premettendo che “il danno biologico non consiste nella semplice lesione dell’integrità psicofisica in sé e per sé considerata, bensì nelle conseguenze pregiudizievoli per la persona, sicché, in mancanza di dette conseguenze, difetta un danno risarcibile, altrimenti configurandosi un danno in re ipsa, privo di accertamento sul nesso di causalità giuridica (necessario ex art. 1223 c.c.) tra evento ed effetti dannosi, con l’ulteriore conseguenza che in caso di danno c.d. lungolatente, come quelli di contrazione di epatite da emotrasfusione infetta (nella specie, contagio da HCV), il risarcimento deve essere liquidato solo con riferimento al momento di manifestazione dei sintomi e non dalla contrazione dell’infezione.
La Corte di merito, invero, ha liquidato il danno subito dal de cuius, e per esso agli eredi a tale titolo, prendendo in considerazione l’età che lo stesso aveva al momento dell’intervento chirurgico che aveva determinato l’infezione, anziché il momento in cui si erano manifestati i sintomi. Tanto, evidenzia la Corte, a differenza di quanto fatto per la liquidazione del danno da lucida consapevolezza dell’exitus, per il quale si prendeva in considerazione come dies a quo, appunto, la manifestazione della malattia e la consapevolezza di essa da parte di Tizio.
Il motivo viene quindi accolto.
Viene, invece rigettato, il quarto motivo di impugnazione, con il quale il Ministero denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 2056 c.c., per aver la Corte territoriale erroneamente liquidato il danno biologico patito dal defunto tenendo conto dei coefficienti d’età tabellari e calcolandolo all’attualità e non già, come avrebbe dovuto, con riferimento al momento del decesso e, quindi, in ragione della vita residua effettiva.
La corte rigetta il ricorso premettendo che, coerentemente con i precedenti Cass. 41933/21 e Cass. 32916/22 “Varrà ricordare che, in tema di liquidazione del danno biologico iure successionis, il principio secondo cui l’ammontare del risarcimento dev’essere parametrato alla durata effettiva della vita del danneggiato si applica nel solo caso in cui quest’ultimo sia deceduto per causa non ricollegabile alla menomazione conseguente all’illecito, mentre, laddove la morte sia intervenuta, dopo una temporanea sopravvivenza, in conseguenza diretta dell’evento lesivo, la liquidazione va operata secondo le tecniche di valutazione probabilistica proprie del danno permanente.
Nella specie la CTU accertava che il decesso è stata conseguenza dell’epatite contratta, motivo per cui sussisteva nesso di causa tra malattia e morte e quindi bene ha fatto la corte di merito a parametrare il danno permanente all’aspettativa di vita.

Michele Allamprese

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