Differenze tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale e la natura contrattuale della responsabilità della banca negoziatrice per il pagamento di assegni non trasferibili a soggetti diversi dal beneficiario.

Eroli Massimo 19/07/07
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Differenze tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale e la natura contrattuale della responsabilità della banca negoziatrice per il pagamento di assegni non trasferibili a soggetti diversi dal beneficiario
Per comprendere appieno l’importante e lucida pronuncia della Sezioni Unite della Cassazione del 26 giugno 2007 n. 14712 che si allega nel testo integrale va premesso che il caso di specie era relativo ad un promotore finanziario che si era appropriato di assegni bancari non trasferibili derivanti da disinvestimenti dei clienti o che gli erano stati consegnati dai clienti stessi per investimenti presso la preponente e li aveva fatti negoziare, con violazione dell’art. 43 l. assegno, presso un’altra banca da due agenti di cambio con l’apposizione da parte di questi ultimi della clausola per conoscenza e garanzia, appropriandosi, dopo qualche tempo, del ricavato delle operazioni in borsa effettuate da tali agenti di cambio a nome degli ignari clienti, ricavato che gli era stato consegnato da questi ultimi seppur con la convinzione che fosse diretto ai clienti.
I clienti, all’oscuro di tutto, avevano ovviamente chiesto il rimborso alla banca  trattaria ed incorporante la società preponente del promotore che, dopo averlo corrisposto, si era fatta cedere per surrogazione i loro diritti ed aveva poi agito contro la banca negoziatrice mal pagante per la violazione dell’art. 43 l. assegno che sancisce la responsabilità di chi paga un assegno non trasferibile ad un terzo diverso dal beneficiario.
Poiché per alcuni di tali assegni erano decorsi più di cinque anni ma meno di dieci si poneva il problema della natura della responsabilità della banca negoziatrice, vale a dire se contrattuale o extracontrattuale, e correlativamente del relativo termine di prescrizione, decennale o quinquennale.
Va altresì precisato che dopo il primo grado di giudizio (nel quale la domanda attrice era stata respinta) c’è stata la sostituzione del difensore della banca attrice con variazioni della linea difensiva ed ulteriori produzioni documentali che hanno, dopo l’accoglimento della domanda da parte della Corte di Appello, provocato alcuni dei motivi di ricorso in rito esaminati in via preliminare alla questione principale e comunque respinti dalla Suprema Corte.
Poiché la questione sulla natura della responsabilità della banca mal pagante un assegno non trasferibile era stata risolta in modi diversi dalle sezioni semplici e da una risalente pronuncia delle stesse sezioni unite della Corte di Cassazione, la questione è stata rimessa alle Sezioni Unite per risolvere il contrasto esistente.
Abbandonando la precedente tesi della responsabilità extracontrattuale, sostenuta per anni, tranne un timido tentativo di fondare, ma solo in alcuni casi specifici e non in generale, la sussistenza di una responsabilità contrattuale sul fatto che la banca negoziatrice si sostituirebbe a quella trattaria nell’esplicazione del servizio bancario nei confronti del cliente (Cass. 6377/2000), da ultimo la prima sezione della Suprema Corte aveva ritenuto con sentenza del 6 ottobre 2005 n. 19512 che in questo caso il termine di prescrizione era di dieci anni affermando che “solo l’azienda girataria per l’incasso ha la possibilità di un diligente vaglio sulla persona del presentatore (ivi comprese le sue qualità) e sulla natura del documento di identificazione esibito, elementi tutti che devono concorrere a integrare un pagamento diligente e liberatorio. In diversi termini, l’art. 43 legge sull’assegno, per agevolare l’incasso dell’assegno (assolutamente) intrasferibile, ne ammette la girata per l’incasso esclusivamente a un banchiere sul cui vaglio fa affidamento, rendendolo – per così dire – mallevadore verso la trattaria (o la banca emittente dell’assegno circolare) della esatta identificazione del prenditore e infine responsabile dell’inesatto pagamento, che si pone in evidente contrasto con i principi che reggono il servizio bancario e impongono al banchiere comportamenti conformi alle regole della specifica professionalità.
Quindi, promanando direttamente dalla legge, la responsabilità della banca girataria per l’incasso non si configura come obbligazione ex delicto, ma, per l’appunto, come obbligazione ex lege, riconducibile in base all’art. 1173 c.c., ad ogni altro atto o fatto idoneo a costituire fonte di obbligazione in conformità dell’ordinamento giuridico. Trattasi, in fin dei conti, di fattispecie tipica di obbligazione che, pur non avendo natura contrattuale, non può per ciò solo essere ricondotta nello schema generale dell’art. 2043 c.c., trovando invece il suo archetipo nell’art. 1173 c.c. Il fondamento della correlativa azione risarcitoria è unico e non vi è bisogno di diversificarne il titolo (contrattuale, extracontrattuale, cartolare) a seconda del soggetto che si ritiene danneggiato. Il criterio per individuare il soggetto titolare della pretesa dovrà essere fondato sull’individuazione della sfera giuridica patrimoniale sulla quale è in concreto caduto il danno. In linea generale, il pregiudizio derivante dal pagamento dell’assegno circolare a soggetto diverso dal prenditore potrebbe ripercuotersi sul richiedente, ovvero sul prenditore, ovvero infine sulla stessa banca emittente se nella negoziazione si sia inserita una banca girataria per l’incasso ….
Il banchiere giratario per l’incasso che paga un assegno ….. non trasferibile a persona diversa dal beneficiario indicato dal titolo incorre in una responsabilità, nei confronti del beneficiario, che non ha natura contrattuale, non essendovi rapporto negoziale di sorta tra banca e beneficiario medesimo, né extracontrattuale, che riguarda il comportamento illecito per la violazione dell’obbligo generico del neminem laedere, bensì quasi contrattuale ai sensi dell’ultima parte dell’art. 1173 c.c. L’obbligazione deriva appunto direttamente dalla legge, ovverosia dalla norma di cui all’art. 43 legge sull’assegno, la quale prevede l’obbligo, a carico del banchiere giratario per l’incasso, di pagare solo ed esclusivamente al soggetto ordinatario ed il correlativo diritto, a favore di tale soggetto, di chiedere il risarcimento del pregiudizio patrimoniale patito. Ne consegue che il termine di prescrizione per l’azione di responsabilità nei confronti della banca negoziatrice è quello ordinario decennale e non quello quinquennale previsto dall’art. 2947, comma 1, c.c. per la domanda risarcitoria da fatto illecito”.
Una sussistenza di un’obbligazione ex lege era stata ritenuta esistente anche dalla successiva Cass. 25 agosto 2006 n. 18543 per la quale “Nell’ipotesi di pagamento di assegno bancario non trasferibile , invece, la banca che abbia effettuato il pagamento in favore di chi non era legittimato non è liberata dall’originaria obbligazione finchè non paghi al prenditore esattamente individuato (o al banchiere giratario per l’incasso) e ciò a prescindere dalla sussistenza dell’elemento della colpa nell’errore sulla identificazione dello stesso prenditore (Cass. 9 febbraio 1999, n. 1098; 12 marzo 2003, n. 3654), derivando la responsabilità della banca, che paghi al giratario senza osservare la clausola di non trasferibilità, dalla violazione dell’obbligazione "ex lege", posta a suo carico dalla l. ass., art. 43, comma 2, di pagare l’assegno esclusivamente all’intestatario, titolare del diritto di agire per il risarcimento del danno eventualmente subito (Cass. 6 ottobre 2005, n. 19512)”
Se tali pronunce erano condivisibili nelle loro conclusioni, vale a dire che si applicassero i principi della responsabilità contrattuale, non lo erano però nell’individuazione di un terzo genus tra i due tipi di responsabilità.
Il discrimen tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale infatti consiste nell’individuare se, prima del comportamento non conforme a diritto del soggetto tenuto al risarcimento (che genera una autonoma obbligazione risarcitoria), esisteva una obbligazione in senso tecnico (a prescindere dalla sua fonte) che è rimasta inadempiuta oppure unicamente il generico obbligo del neminem laedere che costituisce uno degli elementi dell’illecito aquiliano di cui agli art. 2043 ss. codice civile.
Per risolvere il problema doveva quindi essere accertato se la banca fosse o meno obbligata al pagamento dell’assegno non trasferibile al beneficiario e se tale obbligo fosse una vera e propria obbligazione, vale a dire un rapporto per cui il debitore (la banca) deve effettuare quella determinata prestazione (che assume connotati sia positivi che negativi comportando la necessità di un’astensione dal pagamento nei confronti di terzi diversi) e se il creditore potesse quindi, a prescindere da eventuali violazioni, pretendere l’adempimento di una tale prestazione.
Nel nostro ordinamento vige infatti il principio dell’atipicità delle fonti di obbligazioni potendo  essere queste prodotte da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico.
Sulla base di tale principio e sulla scorta di idee (relative ai cd. rapporti contrattuali di fatto) di derivazione della dottrina tedesca tra cui Jhering e Haupt riprese per primo in Italia da Betti si sono individuati rapporti obbligatori in senso stretto che derivano sostanzialmente da un  “contatto sociale” da cui scaturisce un affidamento di consistenza maggiore rispetto alle aspettative di mero fatto e che fa quindi considerare la posizione di chi si aspetta un determinato comportamento di vero e proprio creditore e non di quisque de populo indifferenziato che non deve essere ingiustamente danneggiato da terzi.
Nel nostro caso è addirittura una norma giuridica, l’art. 43 l. assegno, che è fonte dell’obbligazione ed impone positivamente la prestazione a colui che paga l’assegno (che può essere esclusivamente il trattario o la banca girataria per l’incasso).
La forza di tale norma è tale da differenziare le posizioni della banca che effettua il pagamento e quella del beneficiario o di un suo avente causa e dell’emittente dell’assegno costituendo dei veri e propri rapporti obbligatori.
Se nell’illecito aquiliano la violazione di una norma costituisce una semplice colpa tanto che il soggetto successivamente danneggiato non può pretenderne prima l’adempimento (se viene causato un incidente a causa del passaggio ad un incrocio con il semaforo rosso il danneggiato non era creditore di un comportamento corretto non potendo pretendere autonomamente il rispetto della norma del codice stradale sanzionata in altro modo), in quello contrattuale esiste una obbligazione precedente ed autonoma, quale che sia la sua fonte.
Nel caso di specie non c’è dubbio che è possibile pretendere l’adempimento dell’obbligazione di  pagare l’assegno non trasferibile al beneficiario e non ad altri soggetti ben prima di un possibile inadempimento dato che la posizione di coloro che ciò possono chiedere in via sostanziale è del tutto differenziata da quella degli altri consociati.
E quindi si tratta di una obbligazione in senso tecnico che trova la sua fonte direttamente nella legge (come l’obbligazione alimentare) ed in cui è possibile individuare a prescindere dal comportamento antigiuridico dei creditori e dei debitori.
La conseguenza di tutto ciò è quindi che l’inadempimento da luogo a responsabilità contrattuale e non extracontrattuale con l’ulteriore conseguenza che il termine di prescrizione è di dieci anni.
Le Sezioni Unite ripercorrono tale cammino ponendo finalmente fine, e stigmatizzandolo sul piano logico giuridico, a tentativi di individuazione di terzi generi (ancora affermati nella requisitoria del sostituto procuratore generale) del tutto inutili e contrastanti con il principio del terzo escluso.
Se non è infatti uno sarà l’altro ma non un terzo uguale all’altro !
Una moltiplicazione delle classificazioni può essere infatti giustificata, a livello dommatico, quando ci siano fattispecie particolari da cui scaturiscono effetti misti o comunque diversificati rispetto ad altre fattispecie tipiche ma non quando al preteso “altro” consegue come effetto l’applicazione della stessa disciplina solo pretestuosamente ritenuta aliena.
Va quindi dato atto alle Sezioni Unite di aver fatto finalmente chiarezza sul punto tracciando, anche per il futuro ed altri casi (si pensi alla responsabilità precontrattuale), dei criteri finalmente logici per la differenzazione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale.
Unico appunto, ma se ne rende conto lo stesso estensore nell’affermare che la questione ha semplice valenza classificatoria, è che riteniamo, contrariamente a quanto adombrato dalle Sezioni Unite, che tali fattispecie non possono essere fatte rientrare nella nozione di contratto di cui alla prima parte dell’art. 1173 (essendo arduo sostenere che con ciò il legislatore ha inteso non  il contratto in senso tecnico ma l’intera area della responsabilità contrattuale) ma nella previsione dell’ultima parte di tale articolo che nello stabilire definitivamente il principio dell’atipicità delle fonti di obbligazioni nel nostro ordinamento, lascia poi all’interprete il compito di individuare le ulteriori fonti diverse dal contratto in senso tecnico che però possono essere  ricondotte nell’alveo della responsabilità contrattuale attraverso l’uso dei criteri discretivi sopra individuati.
 
Prof. Avv. Massimo Eroli
Università degli Studi di Perugia
  • qui la sentenza

Eroli Massimo

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