La Corte di Cassazione, con sentenza n. 25283 del 26 giugno 2024, ha chiarito che diminuire i chilometri percorsi dell’auto messa in vendita costituisce truffa contrattuale.
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Indice
1. I fatti
La Corte di appello di Bologna ha confermato la decisione del Tribunale di Ferrara che aveva riconosciuto la responsabilità dell’imputato per il reato di truffa contrattuale a lui ascritto condannandolo alla sanzione penale ritenuta di giustizia ed al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile.
Nello specifico, l’imputato è accusato di aver ridotto il numero dei chilometri percorsi da un’automobile messa in vendita dallo stesso.
Avverso la decisione della Corte territoriale è stato proposto ricorso per Cassazione dall’imputato denunciando vizio di motivazione, non avendo la Corte argomentato sul motivo di gravame con il quale si era dedotta l’inconsistenza del profitto del reato di truffa. Né sarebbe stata nel merito dimostrata la consistenza del maggior onere sopportato dall’acquirente per l’accesso al credito necessario all’acquisto.
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Formulario Annotato del Processo Penale
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2. Diminuire i chilometri dell’auto messa in vendita: l’analisi della Cassazione
La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso presentato dall’imputato, osserva che la Corte territoriale ha fondato la decisione per il reato di truffa accertato, tenendo in debito conto le doglianze di merito sviluppate con i motivi di gravame. Ha inoltre espressamente motivato circa la consistenza l’univocità delle evidenze documentali che hanno condotto ad affermare la responsabilità dell’alienante in relazione alla indicazione contraffatta del numero di chilometri percorsi dalla vettura oggetto di alienazione.
Ad avviso della Suprema Corte, i motivi di ricorso si risolvono nella mera riproposizione delle argomentazioni già prospettate al giudice della revisione nel merito e da questi, comunque, respinte.
Era stato già precedentemente chiarito dalla giurisprudenza di legittimità che i motivi di ricorso per Cassazione sono inammissibili “non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato”.
Per ciò che riguarda il caso specifico, invece, era stato già ampiamente precisato dalla Corte di merito che, “al di là del diminuito valore commerciale del veicolo alienato, la natura contrattuale della truffa contestata era stata dimostrata dalla circostanza che l’acquirente, ove avesse conosciuto le reali condizioni di uso della vettura alienanda, non avrebbe acquistato il bene registrato“.
3. La decisione della Cassazione
Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione, riprendendo un consolidato principio di diritto, ribadisce che “la cosiddetta truffa contrattuale ricorre in tutti i casi nei quali l’agente ponga in essere artifici e raggiri, aventi ad oggetto anche aspetti negoziali collaterali, accessori o esecutivi del contratto risultati rilevanti al fine della conclusione del negozio giuridico, e per ciò tragga in inganno il soggetto passivo che è indotto a prestare un consenso che altrimenti non avrebbe prestato, a nulla rilevando lo squilibrio oggettivo delle controprestazioni“.
Questo, ad avviso della Suprema Corte, è quanto avvenuto nel caso di specie, integrando il tipo contestato, senza che possano rilevare altri argomenti relativi alla effettività della deminutio patrimonii.
Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, della somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende, oltre alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile.
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