Indice
- L’Ordine di protezione europeo
- Emissione dell’EPO e trasmissione all’estero
- Riconoscimento dell’OPE emesso all’estero
- Le vicende dell’OPE
- Valutazioni conclusive
1. L’Ordine di protezione europeo
Come noto nell’ambito dello spazio di tutela penale europea il Parlamento italiano ha promulgato il decreto legislativo 11 febbraio 2015, nr.9, avente ad oggetto l’attuazione della direttiva 2011/99/UE del parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011 sull’ordine di protezione europeo (OPE)[1].
Il decreto nr.9 cit. attua nell’ordinamento interno le disposizioni della direttiva 2011/99/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011 relativa al reciproco riconoscimento degli effetti di misure di protezione adottate da autorità giurisdizionali degli Stati membri nei limiti in cui tali disposizioni non sono incompatibili con i principi supremi dell’ordinamento costituzionale in tema di diritti fondamentali, nonché in tema di diritti di libertà e di giusto processo.
Sotto il versante strettamente definitorio, il decreto nr.9/2015 rappresenta innanzitutto che, per direttiva si deve intendere la 2011/99/UE del Parlamento europeo e del Consiglio datata 13 dicembre 2011 e dedicata integralmente all’OPE. In seguito, il decreto, palesando la consueta cura per la tassonomia giuridica, definisce concetti chiave inerenti alla materia. Innanzitutto, il concetto di misura di protezione.
Essa è una decisione adottata in materia penale da un organo giurisdizionale, o da altra diversa autorità competente, che si caratterizzi per autonomia, imparzialità e indipendenza di uno Stato membro UE con la quale vengono applicati divieti o restrizioni finalizzati a tutelare la vita, l’integrità fisica o psichica, la dignità, la libertà personale o l’integrità personale della persona protetta contro atti di rilevanza penale.
L’OPE è una decisione adottata dall’autorità giudiziaria di uno Stato membro con la quale, al fine di continuare a tutelare la persona protetta, viene disposto che gli effetti della misura di protezione si estendono al territorio di altro Stato membro in cui la persona protetta risieda o soggiorni, ovvero dichiari di voler risiedere o soggiornare.
Sempre nell’ambito delle premesse definitorie per persona protetta si intende la persona fisica oggetto della protezione derivante dalla misura di protezione adottata dallo Stato di emissione. Per contro, per persona che determina il pericolo si intende la persona nei cui confronti sono state emesse le prescrizioni conseguenti all’adozione di una misura di protezione.
L’ultima dicotomia definitoria asserisce allo Stato di emissione e Stato di esecuzione. Il primo è lo Stato membro al cui interno è stata adottata la misura di protezione, in riferimento alla quale viene chiesta l’adozione di un OPE; il secondo è lo Stato membro al quale è stato trasmesso, ai fini del riconoscimento, un OPE.
In stretta relazione a tali disposizioni normative e definitorie autorità competenti, secondo le rispettive attribuzioni definite dal d. lgs. nr.9 cit., sono il ministero della Giustizia e le autorità giudiziarie.
Il primo ente provvede alla trasmissione e alla ricezione delle misure di protezione e degli ordini di protezione nonché della corrispondenza ad essi relativa. Pur nell’ambito di consolidati limiti legislativi, è consentita la corrispondenza diretta tra autorità giudiziarie. In tal caso, l’A.G. italiana informa immediatamente il ministero della Giustizia della trasmissione e/o ricezione di un ordine di protezione[2].
La tecnica normativa a cui atteso il d. lgs. nr.9/2015 si connota per una duplicità di assetti funzionali. Da un lato il consueto riproporre l’attività attiva e l’attività passiva, alla stregua delle misure estradizionali e/o rogatoriali; dall’altro un’azione novellistica sul sistema di rito penale.
2. Emissione dell’EPO e trasmissione all’estero
Sotto l’ultimo dei versanti appena citati rileva mettere preliminarmente in conto la novella dell’art.282-quater[3] c.p.p.. L’OPE è emesso dal giudice che dispone una delle misure cautelari previste dagli artt.282-bis[4] e 282-ter[5] del Codice di procedura penale.
Nell’ambito del procedimento di emissione dell’OPE il giudice provvede su richiesta della persona protetta che dichiari di soggiornare o risiedere all’interno di altro Stato membro ovvero che manifesti l’intenzione di risiedere o soggiornare in altro Stato membro.
La richiesta può essere presentata anche dal rappresentante legale della persona protetta. Nella richiesta sono indicati, a pena di inammissibilità, il luogo in cui la persona protetta ha assunto o intende assumere la residenza, la durata e le ragioni del soggiorno.
L’ordinanza relativa all’ordine di protezione deve necessariamente contenere taluni dati. Innanzitutto, l’identità e la cittadinanza della persona protetta nonché l’identità e la cittadinanza del tutore o del rappresentante se la persona protetta è minore o legalmente incapace. Deve quindi contenere la data a decorrere dalla quale la persona protetta risieda o soggiorni ovvero intenda risiedere o soggiornare nello Stato di esecuzione e il periodo o i periodi di soggiorno se noti.
Ancora l’indirizzo, i numeri di telefono e qualsivoglia altro recapito nonché l’indirizzo PEC dell’autorità emittente. La data di deposito del provvedimento, contenente la misura di protezione in base alla quale è stato emesso l’OPE: da qui si ricava agevolmente che l’OPE è l’abito che indossa la misura di protezione nazionale.
Ancora, l’ordinanza in parola deve contenere una sintesi fattuale e circostanziale di ciò che ha condotto all’adozione della misura protettiva. I divieti e le restrizioni imposti dalla misura medesima, ivi compreso l’eventuale utilizzo di dispositivo tecnologico di controllo, in conformità alle previsioni di cui all’art.275-bis[6] c.p.p. e relativo periodo applicativo.
L’identità e la cittadinanza della persona che determina il pericolo nonché eventuali dati di contatto di tale persona. L’eventuale ammissione della persona protetta al patrocinio a carico dello Stato e l’indicazione della data di emissione del relativo provvedimento.
Avverso il provvedimento di rigetto o di inammissibilità la richiesta di emissione dell’OPE può essere ottenuta per il tramite di ricorso per Cassazione[7].
L’autorità giudiziaria che ha emesso l’OPE provvede senza ritardo alla trasmissione del provvedimento al guardasigilli, ai fini della successiva trasmissione all’autorità competente dello Stato di esecuzione; ciò farà con qualsiasi mezzo idoneo a comprovare l’autenticità del documento, previa traduzione nella lingua di detto Stato.
Ad analoga comunicazione provvede nei casi in cui adotti provvedimenti di revoca, modifica, proroga o nei casi di annullamento o sostituzione della misura o dell’OPE.
Allorquando l’autorità competente dello Stato di esecuzione rifiuti di riconoscere un OPE, il guardasigilli provvede senza indugio a darne comunicazione all’AG che ha emesso la misura di protezione, ai fini della successiva comunicazione alla persona protetta.
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3. Riconoscimento dell’OPE emesso all’estero
Sul riconoscimento di un OPE decide la corte di appello nel cui distretto la persona protetta, in sede di richiesta, ha dichiarato di soggiornare o di risiedere o presso cui ha dichiarato l’intenzione di soggiornare o di risiedere.
Il ministero della giustizia, ricevuto un OPE, provvede senza indugio alla trasmissione del presidente della Corte di appello competente per territorio secondo le regole su evidenziate. A seguito della trasmissione la corte decide senza formalità entro dieci giorni dalla data di ricevimento dell’OPE.
Allorquando le informazioni sono incomplete, il presidente della corte lo comunica al guardasigilli che richiede le necessarie integrazioni[8].
La corte di appello riconosciuto l’ordine di protezione, dispone l’applicazione di una delle misure cautelari previste dai succitati artt. 282-bis e 282-ter c.p.p. [9] in modo da assicurare la corrispondenza con gli obblighi dettati dalla misura di protezione.
La corte di appello non riconosce l’ordine di protezione allorquando le informazioni fornite dallo Stato emittente risultano incomplete; allorquando la misura di protezione comporta obblighi non riconducibili a quelli delle misure cautelari regolati dalle norme processuali su citate; allorquando la misura di protezione è stata disposta in riferimento a un fatto che non costituisce reato – reato si badi, non delitto – secondo la legislazione nazionale; allorquando la persona è stata giudicata in via definitiva per gli stessi fatti da uno degli Stati membri UE purché, in caso di condanna, la pena sia stata già eseguita ovvero sia in corso di esecuzione ovvero ancora non possa più essere eseguita in forza delle leggi dello Stato e della condanna; allorquando i fatti per i quali è stato emesso l’OPE potevano essere giudicati in Italia e si sia già verificata una causa di estinzione del reato o della pena; allorquando per i fatti per i quali è stato emesso l’OPE è stata pronunciata sentenza di NLP, salva la sussistenza dei presupposti di cui all’art.434[10] c.p.p. della revoca della sentenza; allorquando sussiste una causa di immunità riconosciuta dall’ordinamento italiano; allorquando la misura di protezione è stata applicata dallo Stato emittente nei confronti di una persona[11] che, alla data di commissione del fatto non era imputabile secondo la legge italiana; allorquando la misura di protezione è stata adottata nello Stato di emissione in riferimento a reati che, in base alla legge italiana, sono considerati commessi per intero o in parte all’interno del territorio dello Stato o in altro luogo a questo equiparato.
In caso di non riconoscimento dell’ordine di protezione l’autorità giudiziaria informa il guardasigilli che ne dà comunicazione all’autorità competente dello Stato di emissione.
Quando è emessa decisione di riconoscimento dell’OPE, invece, la corte di appello informa il ministro della Giustizia che ne dà comunicazione alla persona protetta e alla persona che determina il pericolo, anche tramite l’autorità competente dello Stato di emissione.
Del provvedimento viene data comunicazione alla polizia giudiziaria e ai servizi socioassistenziali del luogo, presso il quale la persona protetta ha dichiarato di risedere o soggiornare ovvero l’intenzione di risiedere o soggiornare.
Quando la persona che determina il pericolo viola le prescrizioni dell’ordine di protezione, la P.G. informa il procuratore generale e il presidente della corte di appello e se sussistono le condizioni di applicabilità di una misura più grave, quest’ultimo su richiesta del primo provvede tenendo conto dell’entità dei motivi e delle circostanze della violazione e determinandone la data di scadenza entro un termine, comunque, non superiore a 30 giorni[12].
All’interrogatorio, disciplinato dall’art.294[13] c.p.p., procede il presidente della corte di appello o un magistrato della corte da lui delegato.
La misura diviene inefficace qualora sia trascorso il termine su indicato e nei casi di violazione dell’OPE e di adozione dei provvedimenti in precedenza indicati, la corte di appello informa l’autorità competente dello Stato di emissione[14].
Come abbiamo or ora evidenziato la misura perde efficacia qualora l’indicato termine sia decorso, ma la medesima perde efficacia altresì allorquando lo Stato di emissione provvede nei termini indicati dalle decisioni sulla validità e l’efficacia dell’OPE con consequenziale cessazione degli effetti come stiamo per vedere in avvio del paragrafo che segue.
4. Le vicende dell’OPE
Con l’espressione in epigrafe intendiamo far riferimento alle decisioni sulla validità ed efficacia del titolo e la cessazione degli effetti. In tale ultimo ambito intendiamo riferirci altresì alla cessazione degli effetti del riconoscimento dell’OPE.
È all’autorità giudiziaria dello Stato di emissione che spetta la decisione in ordine alla proroga, al riesame, alla modifica, all’annullamento ovvero alla sostituzione della misura di protezione posta alla base dell’OPE. Alla medesima autorità spetta altresì l’applicazione delle più gravi misure cautelari.
Quando l’autorità giudiziaria dello Stato emette uno dei provvedimenti suindicati, anche a seguito della comunicazione della violazione dell’ordine di protezione, andrà informata senza indugio la competente autorità dello Stato di esecuzione. Allo stesso modo andrà data comunicazione della sentenza emessa per i fatti posti alla base della misura protettiva.
A seguito della comunicazione dell’intervenuta modifica delle misure di protezione poste alla base dell’OPE, la corte di appello può revocare o sostituire le misure adottate ovvero modificarne le modalità applicative.
Con le medesime modalità, la medesima corte, dichiara la cessazione dell’efficacia del riconoscimento dell’OPE nei casi espressamente previsti dall’art.12 cpv. del decreto legislativo nr.9/2005[15]. La corte di appello adotta i previsti provvedimenti, se occorre previa richiesta di informazioni allo Stato di emissione.
Qualora la corte emetta un provvedimento di modifica delle misure adottate in sede di riconoscimento dell’OPE ovvero dichiari la cessazione dell’efficacia del riconoscimento, provvede a darne comunicazione allo Stato di emissione. Avverso la decisione della corte di appello può essere proposto ricorso per Cassazione. Si applicheranno le disposizioni sul mandato di arresto europeo in virtù dell’art.22[16] della legge nr.69/2005.
Per consentire la valutazione in ordine alle modalità di attuazione per gli obblighi nascenti dal recepimento della direttiva, il ministero della Giustizia provvede entro il 31 dicembre di ogni anno a inviare un rapporto alla Commissione Europea, il numero di OPE emessi e riconosciuti dall’autorità competente.
Il decreto legislativo nr.9 del 2015 non pregiudica l’applicazione di ulteriori accordi o intese conclusi con gli altri Stati membri e vigenti alla data della sua entrata in vigore, qualora gli stessi siano rispondenti agli obiettivi della direttiva e contribuiscano a semplificare le modalità di riconoscimento degli effetti delle misure di protezione.
In ordine al trattamento dei dati personali effettuato ai sensi del decreto nr.9 in rassegna, per espressa disposizione legislativa, art.15 decreto legislativo nr.9/2015, si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, nr.196 recante Codice in materia di protezione dei dati personali.
Allorquando il guardasigilli ritiene che i dati ricevuti dallo Stato di emissione siano incompleti o inesatti ne dà immediata comunicazione alla competente autorità dello Stato emittente[17]
5. Valutazioni conclusive
Se questa è la disciplina completa dell’OPE, quale all’attualità applicata in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, non possono sfuggire talune considerazioni, anche di matrice valutativa, in ordine alla strutturazione dell’articolato normativo secondo una consolidata partizione tra posizione attiva e posizione passiva dello Stato richiesto.
Invero già dalla trama del Codice di procedura penale italiano vigente emerge, anche storicamente, tale fondamentale dicotomia. Dagli artt.697 e seguenti c.p.p. apprendiamo che in materia estradizionale si distingue l’estradizione per l’estero – passiva – dall’estradizione dall’estero – attiva -; dagli artt.723 e seguenti c.p.p. apprendiamo che si distinguono le rogatorie dall’estero – passive – dalle rogatorie all’estero – attive -.
Medesima situazione dicotomica la rinveniamo nell’ambito del decreto legislativo 21 giugno 2017, nr.108 sull’ordine europeo di indagine[18]. Nell’ambito di tale normativa attuativa si distingue infatti la richiesta dall’estero (artt.4 e seguenti) da quella relativa all’emissione dell’OEI, definita espressamente nell’epigrafe del titolo terzo quale procedura attiva (artt.27 e seguenti).
Ancora medesima peculiarità concettuale normativa si rinviene nell’articolato legislativo di cui al decreto legislativo nr.69 del 22 aprile 2005 sul mandato di arresto europeo[19]. Nell’ambito delle disposizioni legislative inerenti al MAE si opera infatti un netto distinguo tra la procedura passiva di consegna (artt.5 – 27) e la procedura attiva di consegna (artt.28 – 33).
Tanto a voler significare il come la legislazione transnazionale di matrice europea si sia pacificamente assestata sulle coordinate di una più efficace azione congiunta e sinergica in materia di contrasto alle varie forme di criminalità, nel pieno rispetto delle esigenze sottese ai principi fondamentali che ispirano i Paesi degli Stati membri.
A ben vedere il fatto che si continui a operare – nel MAE, nell’ OEI e nell’OPE – un costante distinguo tra il procedimento passivo, inerente lo Stato richiesto, e il procedimento attivo, inerente lo Stato richiedente, vuol solo significare uno sforzo unionale finalizzato a consentire l’armonizzazione di tutti i principi generali posti a base delle singole comunità europee, all’esclusivo scopo di elevare i livelli di tutela e salvaguardia dei cittadini comunitari[20].
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Note
[1] Il d.lgs. nr.9 del 2015 è stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale nr.44 del 23 febbraio 2015.
[2] Già da quanto esposto finora nel testo emerge con chiarezza che l’OPE è uno strumentario europeo nella sua conformazione funzionale non dissimile dal MAE e/o dall’OEI. Su tali due istituti confronta da ultimo amplius Sergio Ricchitelli, L’eurodiritto investigativo. Lo stato dell’arte sugli strumenti di indagine esperibili dai Paesi membri dell’Unione Europea, www.diritto.it, Maggioli, 14.11.2022
[3] C.p.p. Art.282-quater. Obblighi di comunicazione: 1. I provvedimenti di cui agli articoli 282-bis e 282-ter sono comunicati all’autorità di pubblica sicurezza competente, ai fini dell’eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni. Essi sono altresì comunicati alla parte offesa e, ove nominato, al suo difensore e ai servizi socioassistenziali del territorio. Quando l’imputato si sottopone positivamente ad un programma di prevenzione della violenza organizzato dai servizi socioassistenziali del territorio, il responsabile del servizio ne dà comunicazione al pubblico ministero e al giudice ai fini della valutazione ai sensi dell’articolo 299, comma 2. 1-bis. Con la comunicazione prevista dal comma 1, la persona offesa è informata della facoltà di richiedere l’emissione di un ordine di protezione europeo.
[4] C.p.p. Art.282-bis. Allontanamento dalla casa familiare. (Testo applicabile ai procedimenti pendenti al 30 giugno 2023): 1. Con il provvedimento che dispone l’allontanamento il giudice prescrive all’imputato di lasciare immediatamente la casa familiare, ovvero di non farvi rientro, e di non accedervi senza l’autorizzazione del giudice che procede. L’eventuale autorizzazione può prescrivere determinate modalità di visita. 2. Il giudice, qualora sussistano esigenze di tutela dell’incolumità della persona offesa o dei suoi prossimi congiunti, può inoltre prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine o dei prossimi congiunti, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro. In tale ultimo caso il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni. 3. Il giudice, su richiesta del pubblico ministero, può altresì ingiungere il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto della misura cautelare disposta, rimangano prive di mezzi adeguati. Il giudice determina la misura dell’assegno tenendo conto delle circostanze e dei redditi dell’obbligato e stabilisce le modalità ed i termini del versamento. Può ordinare, se necessario, che l’assegno sia versato direttamente al beneficiario da parte del datore di lavoro dell’obbligato, detraendolo dalla retribuzione a lui spettante. L’ordine di pagamento ha efficacia di titolo esecutivo. 4. I provvedimenti di cui ai commi 2 e 3 possono essere assunti anche successivamente al provvedimento di cui al comma 1, sempre che questo non sia stato revocato o non abbia comunque perduto efficacia. Essi, anche se assunti successivamente, perdono efficacia se è revocato o perde comunque efficacia il provvedimento di cui al comma 1. Il provvedimento di cui al comma 3, se a favore del coniuge o dei figli, perde efficacia, inoltre, qualora sopravvenga l’ordinanza prevista dall’articolo 708 del Codice di procedura civile ovvero altro provvedimento del giudice civile in ordine ai rapporti economico-patrimoniali tra i coniugi ovvero al mantenimento dei figli. 5. Il provvedimento di cui al comma 3 può essere modificato se mutano le condizioni dell’obbligato o del beneficiario, e viene revocato se la convivenza riprende. 6. Qualora si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli 570, 571, 572, 582, limitatamente alle ipotesi procedibili d’ufficio o comunque aggravate, 600, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-septies.1, 600-septies.2, 601, 602, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612, secondo comma, 612-bis, del codice penale, commesso in danno dei prossimi congiunti o del convivente, la misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall’articolo 280, anche con le modalità di controllo previste all’articolo 275-bis.
C.p.p. art. 282-bis. Allontanamento dalla casa familiare (Testo con effetto dal 30 giugno 2023 e applicabile ai procedimenti instaurati successivamente a tale data): 1. Con il provvedimento che dispone l’allontanamento il giudice prescrive all’imputato di lasciare immediatamente la casa familiare, ovvero di non farvi rientro, e di non accedervi senza l’autorizzazione del giudice che procede. L’eventuale autorizzazione può prescrivere determinate modalità di visita. 2. Il giudice, qualora sussistano esigenze di tutela dell’incolumità della persona offesa o dei suoi prossimi congiunti, può inoltre prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine o dei prossimi congiunti, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro. In tale ultimo caso il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni. 3. Il giudice, su richiesta del pubblico ministero, può altresì ingiungere il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto della misura cautelare disposta, rimangano prive di mezzi adeguati. Il giudice determina la misura dell’assegno tenendo conto delle circostanze e dei redditi dell’obbligato e stabilisce le modalità ed i termini del versamento. Può ordinare, se necessario, che l’assegno sia versato direttamente al beneficiario da parte del datore di lavoro dell’obbligato, detraendolo dalla retribuzione a lui spettante. L’ordine di pagamento ha efficacia di titolo esecutivo. 4. I provvedimenti di cui ai commi 2 e 3 possono essere assunti anche successivamente al provvedimento di cui al comma 1, sempre che questo non sia stato revocato o non abbia comunque perduto efficacia. Essi, anche se assunti successivamente, perdono efficacia se è revocato o perde comunque efficacia il provvedimento di cui al comma 1. Il provvedimento di cui al comma 3, se a favore del coniuge o dei figli, perde efficacia, inoltre, qualora sopravvenga un provvedimento del giudice civile in ordine ai rapporti economico-patrimoniali tra i coniugi ovvero al mantenimento dei figli. 5. Il provvedimento di cui al comma 3 può essere modificato se mutano le condizioni dell’obbligato o del beneficiario, e viene revocato se la convivenza riprende.
- Qualora si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli 570, 571, 572, 582, limitatamente alle ipotesi procedibili d’ufficio o comunque aggravate, 600, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-septies.1, 600-septies.2, 601, 602, 609-bis, 09-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612, secondo comma, 612-bis, del codice penale, commesso in danno dei prossimi congiunti o del convivente, la misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall’articolo 280, anche con le modalità di controllo previste all’articolo 275-bis.
[5] C.p.p. Art. 282-ter. Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa: 1. Con il provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prescrive all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa, anche disponendo l’applicazione delle particolari modalità di controllo previste dall’articolo 275-bis. 2. Qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il giudice può prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o da tali persone. 3. Il giudice può, inoltre, vietare all’imputato di comunicare, attraverso qualsiasi mezzo, con le persone di cui ai commi 1 e 2. 4. Quando la frequentazione dei luoghi di cui ai commi 1 e 2 sia necessaria per motivi di lavoro ovvero per esigenze abitative, il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni.
[6] C.p.p. Art.275-bis. Particolari modalità di controllo: 1. Nel disporre la misura degli arresti domiciliari anche in sostituzione della custodia cautelare in carcere, il giudice, salvo che le ritenga non necessarie in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, prescrive procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, quando ne abbia accertato la disponibilità da parte della polizia giudiziaria. Con lo stesso provvedimento il giudice prevede l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere qualora l’imputato neghi il consenso all’adozione dei mezzi e strumenti anzidetti. 2. L’imputato accetta i mezzi e gli strumenti di controllo di cui al comma 1 ovvero nega il consenso all’applicazione di essi, con dichiarazione espressa resa all’ufficiale o all’agente incaricato di eseguire l’ordinanza che ha disposto la misura. La dichiarazione è trasmessa al giudice che ha emesso l’ordinanza ed al pubblico ministero, insieme con il verbale previsto dall’articolo 293, comma 1.
- L’imputato che ha accettato l’applicazione dei mezzi e strumenti di cui al comma 1 è tenuto ad agevolare le procedure di installazione e ad osservare le altre prescrizioni impostegli.
[7] Alla luce di quanto abbiamo evidenziato, e non ci pare che altra dottrina lo abbia fatto finora, ben si comprende la specularità dell’OPE sotto il versante della strutturazione funzionale rispetto, ad esempio, al MAE: per espressa disposizione legislativa si applicano, infatti, le disposizioni di cui all’art.22, commi 1, 3, 4, 5 e 6 della legge nr.69 del 22 aprile 2005 disciplinante l’istituto del MAE nel nostro ordinamento giuridico.
[8] Il termine di 10 giorni indicato nel testo, in tal caso, resta sospeso dalla data della comunicazione fino alla ricezione delle informazioni mancanti.
[9] Vedi nelle note nnrr.4 e 5.
[10] C.p.p. Art.434. Casi di revoca: 1. Se dopo la pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere sopravvengono o si scoprono nuove fonti di prova che, da sole o unitamente a quelle già acquisite, possono determinare il rinvio a giudizio, il giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero, dispone la revoca della sentenza.
[11] Avverso le decisioni della corte di appello, anche in questo caso, può essere proposto ricorso per Cassazione. Le disposizioni applicabili sono ancora una volta quelle della legge istitutiva del MAE (nr.69/2005).
[12] In regime di compatibilità applicabile si osservano le disposizioni generali del libro IV° sulle misure cautelari del Codice di procedura penale italiano vigente.
[13] C.p.p. Art. 294. Interrogatorio della persona sottoposta a misura cautelare personale: 1. Fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento, il giudice che ha deciso in ordine all’applicazione della misura cautelare se non vi ha proceduto nel corso dell’udienza di convalida dell’arresto o del fermo di indiziato di delitto procede all’interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare in carcere immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall’inizio dell’esecuzione della custodia, salvo il caso in cui essa sia assolutamente impedita. 1-bis. Se la persona è sottoposta ad altra misura cautelare, sia coercitiva che interdittiva, l’interrogatorio deve avvenire non oltre dieci giorni dalla esecuzione del provvedimento o dalla sua notificazione. Il giudice, anche d’ufficio, verifica che all’imputato in stato di custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari sia stata data la comunicazione di cui all’articolo 293, comma 1, o che comunque sia stato informato ai sensi del comma 1-bis dello stesso articolo, e provvede, se del caso, a dare o a completare la comunicazione o l’informazione ivi indicate. 1-ter. L’interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare deve avvenire entro il termine di quarantotto ore se il pubblico ministero ne fa istanza nella richiesta di custodia cautelare. 2. Nel caso di assoluto impedimento, il giudice ne dà atto con decreto motivato e il termine per l’interrogatorio decorre nuovamente dalla data in cui il giudice riceve comunicazione della cessazione dell’impedimento o comunque accerta la cessazione dello stesso. 3. Mediante l’interrogatorio il giudice valuta se permangono le condizioni di applicabilità e le esigenze cautelari previste dagli articoli 273, 274 e 275. Quando ne ricorrono le condizioni, provvede, a norma dell’articolo 299, alla revoca o alla sostituzione della misura disposta. 4. Ai fini di quanto previsto dal comma 3, l’interrogatorio è condotto dal giudice con le modalità indicate negli articoli 64 e 65. Al pubblico ministero e al difensore, che ha obbligo di intervenire, è dato tempestivo avviso del compimento dell’atto. 4-bis. Quando la misura cautelare è stata disposta dalla Corte di Assise o dal tribunale, all’interrogatorio procede il presidente del collegio o uno dei componenti da lui delegato. 5. Per gli interrogatori da assumere nella circoscrizione di altro tribunale, il giudice o il presidente, nel caso di organo collegiale, qualora non ritenga di procedere personalmente, richiede il giudice per le indagini preliminari del luogo. 6. L’interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare [c.p.p. 285, 286] da parte del pubblico ministero non può precedere l’interrogatorio del giudice.
[14] La comunicazione è effettuata previa traduzione nella lingua dello Stato emittente.
[15] In buona sostanza allorquando: riceve comunicazione che l’autorità competente dello Stato emittente ha annullato o revocato la misura di protezione; riceve comunicazione che l’autorità competente dello Stato emittente ha modificato il contenuto della misura di protezione e non vi è corrispondenza tra le prescrizioni imposte e quelle conseguenti all’applicazione delle misure regolate dagli artt.282-bis e 282-ter c.p.p.; sussistono elementi idonei a desumere che la persona protetta non si trova all’interno del territorio nazionale; in riferimento al fatto in relazione al quale è stata disposta la misura di protezione e, previa qualificazione dello stesso, sulla base della normativa nazionale sono trascorsi i termini previsti dalla legge procedurale penale (art.380 c.p.p.); lo Stato di emissione ha comunicato l’esecuzione nei confronti della persona determinante il pericolo di una sentenza di condanna a pena detentiva ovvero di una misura cautelare definitiva, anche per fatti diversi da quelli posti alla base dell’OPE; risulta che la persona determinante il pericolo si trova sottoposta ion Italia a pena detentiva ovvero alla misura cautelare della custodia carceraria in forza di procedimento emesso dall’A.G. nazionale e in relazione a fatti diversi da quelli posti alla base dell’OPE; nei confronti della persona determinante il pericolo è stato pronunciato il riconoscimento ai fini della sua esecuzione in Italia di una sentenza di condanna a pena detentiva emessa in altro Stato membro ai sensi del decreto legislativo 7 settembre 2010, nr.161 attuativo della Decisione Quadro 2008/909/GAI.
[16] Legge 22/04/2005. Art.22. (Ricorso per cassazione): 1. Contro la sentenza di cui all’articolo 17, la persona interessata, il suo difensore e il procuratore generale presso la Corte di appello possono proporre ricorso per cassazione, entro cinque giorni dalla conoscenza legale della sentenza, solo per i motivi, contestualmente enunciati, di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’articolo 606 del codice di procedura penale. 2. Il ricorso è presentato nella cancelleria della corte di appello che ha emesso il provvedimento, la quale lo trasmette alla Corte di cassazione, con precedenza assoluta su ogni altro affare e comunque entro il giorno successivo, unitamente al provvedimento impugnato e agli atti del procedimento. La presentazione del ricorso sospende l’esecuzione della sentenza di cui all’articolo 17, comma 1. 3. La Corte di cassazione decide con sentenza entro dieci giorni dalla ricezione degli atti nelle forme di cui all’ articolo 127 del codice di procedura penale. L’avviso alle parti deve essere notificato o comunicato almeno tre giorni prima dell’udienza. 4. La decisione è depositata a conclusione dell’udienza con la contestuale motivazione. Qualora la redazione della motivazione non risulti possibile, la Corte di cassazione, data comunque lettura del dispositivo, provvede al deposito della motivazione non oltre il secondo giorno dalla pronuncia. 5. Copia del provvedimento è immediatamente trasmessa, anche a mezzo telefax, al Ministro della giustizia, che, fuori dei casi di cui al comma 6, provvede ad informare le competenti autorità dello Stato membro di emissione ed altresì, quando la decisione è di accoglimento, il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia. 5-bis. Contro l’ordinanza di cui all’articolo 14, comma 5, la persona interessata, il suo difensore e il procuratore generale presso la corte di appello possono proporre ricorso per cassazione, entro tre giorni dalla conoscenza legale dell’ordinanza, solo per i motivi, contestualmente enunciati, di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’articolo 606 del codice di procedura penale. Il ricorso è presentato nella cancelleria della Corte di appello che ha emesso il provvedimento, la quale lo trasmette alla Corte di cassazione, con precedenza assoluta su ogni altro affare e comunque entro il giorno successivo, unitamente al provvedimento impugnato e agli atti del procedimento. La presentazione del ricorso sospende l’esecuzione della ordinanza di cui all’articolo 14, comma 4. La Corte, nel termine di sette giorni dalla ricezione degli atti, giudica in camera di consiglio sui motivi di ricorso e sulle richieste del procuratore generale senza intervento dei difensori e deposita la decisione con la contestuale motivazione a conclusione dell’udienza, provvedendo altresì, fuori dei casi di cui al comma 6, agli adempimenti indicati al comma 5. 6. Quando la Corte di cassazione annulla con rinvio, gli atti sono trasmessi immediatamente, con precedenza assoluta su ogni altro affare e, comunque entro il giorno successivo al deposito della decisione completa di motivazione, al giudice di rinvio. Nei casi di cui al comma 1, il giudice di rinvio decide entro dieci giorni dalla ricezione degli atti, avvisando le parti con decreto notificato o comunicato almeno quattro giorni prima dell’udienza. Nei casi di cui al comma 5-bis, i termini di cui al secondo periodo sono ridotti della metà.
[17] Quando risulta che i dati trasmessi sono incompleti o inesatti il ministero della Giustizia procede ad analoga comunicazione alla competente autorità dello Stato di esecuzione.
[18] Sul quale si rinvia a S. Ricchitelli, Gazzetta forense nr.4/2020, Giapeto, Napoli.
[19] Sul quale si rinvia a S. Ricchitelli, La collaborazione interstatuale nella lotta contro il crimine nel quadro della cooperazione europea in materia penale nel primo ventennio del XXI° secolo, Gazzetta forense nr.6/2020, Giapeto, Napoli.
[20] Schema generale che è riproposto anche per quanto concerne la fase esecutiva della pena sulla quale ci sia consentito di far rinvio al nostro scritto in materia di prossima pubblicazione.
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