Premessa
Nel gennaio 2020 è stata dichiarata l’emergenza sanitaria globale dall’organizzazione mondiale della sanità; l’estensione del contagio da coronavirus è stato definito una pandemia cioè <<un nuovo virus che si diffonde in tutto il mondo e contro il quale la maggioranza degli uomini non ha difese immunitarie>>.
Interventi legislativi
Per tale ragione ci sono stati diversi interventi legislativi: con decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6 sono state introdotte misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019, affermando che <<nei comuni o nelle aree nei quali risulta positiva almeno una persona per la quale non si conosce la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi è un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un’area già interessata dal contagio, le autorità competenti sono tenute ad adottare ogni misura di contenimento adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica.>>[1]
Successivo intervento c’è stato con decreto-legge[2] che ha disposto misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.
È stata inoltre annunciata la chiusura di tutte le attività commerciali, di vendita al dettaglio, ad eccezione dei negozi di generi alimentari, di prima necessità, delle farmacie e delle parafarmacie.
Per concludere l’iter, con il decreto cura Italia sono state poste ulteriori misure per fronteggiare l’emergenza sanitaria ed economica da Coronavirus.[3]
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Analisi storico-giuridica della Costituzione
I limiti posti dai provvedimenti suddetti hanno determinato dibattiti socio-giuridici riguardanti soprattutto la legittimità delle misure restrittive imposte; è essenziale dunque individuarne l’appiglio costituzionale e, stabilire in quale misura si possa far ricorso a divieti che vanno a ledere o a limitare diritti e libertà costituzionalmente garantiti.
A tal proposito, un’analisi dei principi costituzionali e di un eventuale gerarchia risulta essenziale per comprendere se sussistano violazioni.
Ritengo doveroso citare in prima battuta l’articolo 2 della Costituzione, norma di valore storico, sociale e giuridico che segna il superamento dello stato fascista e l’avvento della Repubblica, riconoscendo la centralità dell’individuo, l’anteriorità di diritti personali rispetto agli interessi dello stato e la necessità di rendere “inviolabili” i diritti della persona, immuni da ogni forma di arbitrio ed immodificabili persino con una revisione costituzionale[4].
Emergendo infatti, in seno all’assemblea costituente, la sintesi del compromesso tra le varie istanze politiche, culturali, sociali e religiose, veniva decretato il suddetto <<riconoscimento dell’anteriorità della persona rispetto allo Stato, il riconoscimento della socialità della persona, destinata a completarsi e a perfezionarsi mediante una reciproca solidarietà economica e spirituale; l’affermazione dei diritti fondamentali della persona e dei diritti delle comunità anteriormente ad ogni concessione da parte dello Stato>>[5].
Una volta superata la concezione statocentrica, veniva affermato che <<la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale>>[6].
Tale norma, chiave di volta della struttura ordinamentale, espressione del principio personalistico e fulcro di tutti i possibili riconoscimenti concernenti la persona, è considerata dalla dottrina maggioritaria una fattispecie aperta cioè tale da consentire una tutela dinamica della persona, una tutela idonea a riconoscere nuovi diritti da essa discendenti e capace di limitare nuove violazioni, realizzando un effetto espansivo dei diritti e delle libertà.
Già nel 1956 la Corte Costituzionale aveva affermato che “con l’articolo 2 la Costituzione […] eleva a regola fondamentale dello Stato, per tutto quanto attiene ai rapporti tra la collettività e i singoli, il riconoscimento di quei diritti che formano il patrimonio irretrattabile della personalità umana, diritti che appartengono all’uomo inteso come essere libero”[7].
Se infatti l’avvento della Costituzione ha delineato molteplici riconoscimenti alla persona, armonizzati ai principi fondamentali , certamente i padri costituenti non potevano immaginare in che modo la società si sarebbe evoluta; è stata tuttavia una trovata lungimirante quella di introdurre l’articolo 2 quale norma aperta[8] poiché è stato possibile in tal modo adeguare la Costituzione alle esigenze legislative di matrice personalistica che si sono manifestate e che continuano ad emergere nel corso dell’evoluzione sociale (vedi la tutela della privacy, i reati informatici, il bullismo e, perché no, i limiti alla libertà di circolare liberamente imposti a seguito dei decreti analizzati).
Diritti costituzionali: quali limitazioni
In ragione dei suddetti valori costituzionali, raffrontati all’attuale emergenza sanitaria, sorgono i alcuni interrogativi: fino a che punto possono esser limitati diritti costituzionalmente garantiti?
Rispetto a tale domanda è possibile trovare una giustifica di matrice costituzionale utilizzando quale riferimento giuridico l’art. 13 della Costituzione che sancisce al 1 comma che <<la libertà personale è inviolabile>>, ribadendo nel successivo comma che qualsivoglia limitazione della libertà personale può aversi solo << per atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge>>.
Si tratta dunque di un diritto inviolabile che si esplica nel non subire coercizioni, restrizioni fisiche ed arresti, per cui, le limitazioni alla persona sono ammesse nelle circostanze in cui sussista riserva di legge assoluta, riserva di giurisdizione ed obbligo di motivazione che esplichi il provvedimento restrittivo della libertà personale.
L’analisi deve proseguire con attenzione ai successivi articoli 16 e 17 della Costituzione, il primo stabilisce che <<ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza>>, il secondo riconosce la libertà di riunione << pacificamente e senz’armi>>
A livello comunitario la libertà personale è poi garantita dall’art. 6 della Carta Europea dei Diritti dell’Uomo che prevede che <<ogni individuo ha diritto alla libertà e alla sicurezza>>.
Riflessioni
Delineati tali riferimenti normativi è necessario effettuare un raffronto per stabilire se sussiste una lesione dei diritti della persona.
A bene vedere, l’art 32 della Costituzione sancisce che <<la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti>>, tale diritto, letto in combinato disposto con l’art 2 è da intendersi, nella gerarchia dei diritti come sovraordinato a tutti i principi, un valore supremo e, per tale ragione irrinunciabile.
Ritengo dunque i decreti analizzati, oltre che costituzionalmente orientati, conformi alla più attuale giurisprudenza.
Il diritto alla salute è una condicio sine qua non per il riconoscimento degli altri diritti garantiti da costituzione e, le “limitazioni alla libertà” sono certamente ispirate alla ragionevolezza ed alla proporzionalità, per cui, a mio avviso, qualora la situazione sanitaria e sociale fosse tale porre in pericolo ulteriormente il diritto alla salute dei più, sarebbero assolutamente legittime successive restrizioni ai diritti della persona e, in qualche modo, risulterebbero giustificate dall’esigenza di rispettare un valore supremo.
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Note
[1] Decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6
[2] Decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19. (20G00026) (GU Serie Generale n.53 del 02-03-2020)
[3] Legge 17 marzo 2020, n. 18
[4] Corte Costituzionale, Sentenza n. 366 del 1991
[5] Prima Sottocommissione, 9-10 settembre 1946, in La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori della Assemblea costituente, a cura della Camera dei deputati – Segretariato generale, Roma, 1971, VI, 322 s
[6] Art 2 Costituzione Italiana
[7] Corte Costituzionale, Sentenza n. 11/1956
[8] Corte Costituzionale, Sentenza n. 561/1987
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