Diritti successori nelle unioni civili: legge 76/2016

Le unioni civile vengono introdotte con la Legge n. 76/2016. La dottrina, spesso, si è interrogata sul se considerare le unioni civili tra persone dello stesso sesso “unioni di serieB”, o considerarle come unioni vere e proprie. Ma perché è sorto questo dubbio? Sicuramente perché tra questi soggetti viene meno l’obbligo di fedeltà e di collaborazione. Ma se per “famiglia” deve intendersi “qualunque formazione sociale ove si svolga la personalità degli individui che la compongono”, si può forse negare agli uniti civilmente di creare una famiglia diversa rispetto a quella di origine?

SOMMARIO: 1- Nozione, tipologie e fasi della successione; 2-Quote spettanti ai soggetti legittimati; 3-Legge sulle unioni civili: come è cambiata la successione?

Nozione, tipologie e fasi della successione

Il diritto ereditario o successorio è un complesso di norme che regola le vicende patrimoniali di una persona fisica per il periodo successivo alla sua morte. Si realizza così il sub-ingresso di determinati nuovi titolari nei rapporti giuridici trasmissibili del soggetto defunto (de cuius). La successione ereditaria, inizia con la morte del defunto e si apre nel luogo del suo ultimo domicilio. La prima distinzione che viene fatta è tra:

  • Successione a titolo universale: l’erede subentra o in quota o per intero nei diritti e obblighi del de cuius i quali non si estinguono nemmeno dopo la morte di costui;
  • Successione a titolo particolare: il successore(legatario) subentra solo in uno o più rapporti patrimoniali;

Nel caso di successione a titolo universale, si parla di erede diversamente nella successione a titolo particolare dove il legatario diventa automaticamente tale all’apertura della successone senza che sia necessaria alcuna accettazione del lascito ricevendo in generale un vantaggio dall’attribuzione patrimoniale. Il legatario non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari, gravanti solo sugli eredi in proporzione alle loro quote, anche se il testatore può prevedere per il legatario il compimento di una determinata prestazione, entro il limite comunque del valore del bene ricevuto. Per quel che concerne i tipi di successione, questi si distinguono in:

  1. LEGITTIMA: in mancanza di un testamento o nel caso di un testamento successivamente dichiarato invalido, interviene la legge ad individuare gli eredi nelle persone degli stretti congiunti del defunto e ad assegnare loro i beni dell’asse ereditario.
  2. TESTAMENTARIA: Il defunto nel testamento ha disposto agli eredi il proprio patrimonio;
  3. NECESSARIA: è prevista quando il testatore abbia disposto dei propri beni, ma senza rispettare i diritti garantiti dalla legge ai congiunti più stretti, a cui spetta sempre di diritto una quota di eredità.

La dichiarazione di successione stabilisce che in presenza o meno della volontà espressa dal testatore, entro un anno dalla morte del de cuius, i legati testamentari, i chiamati all’eredità che hanno accettato tacitamente o espressamente l’eredità, coloro che hanno il possesso dei beni di proprietà della persona scomparsa (di cui non si hanno più notizie dal almeno due anni), per la quale hanno richiesto al Tribunale di dichiararne l’assenza, gli amministratori dell’eredità, nominati se il testamento designa un erede sotto condizione, cioè al verificarsi di un certo evento futuro e incerto, gli esecutori testamentari, incaricati dal de cuius per l’esecuzione delle sue volontà, i trustee, ossia i soggetti terzi cui è affidata la gestione e protezione dei propri averi, senza cederne proprietà e godimento con la costituzione di un trust dovranno presentare all’Agenzia delle Entrate la dichiarazione di successione che dal 01.01.2019 deve essere trasmessa solo telematicamente, per velocizzare la procedura, il pagamento delle imposte dovute e l’automatica voltura catastale per gli immobili ereditati; a tal fine l’Agenzia delle Entrate rende disponibile sul proprio sito internet un programma software gratuito per la compilazione e l’invio con le necessarie istruzioni e l’elenco dei documenti da allegare. Contestualmente alla dichiarazione, il soggetto deve provvedere al pagamento delle imposte ipotecarie, catastali, di bollo, delle tasse ipotecarie e dei tributi speciali in autoliquidazione.

La dichiarazione deve contenere:

  • Tutti i beni e i diritti che spettavano al defunto, ossia i beni mobili, immobili, titoli al portatore, contanti, valori preziosi, rendite, pensioni, crediti, liquidazioni quote societarie, azioni, obbligazioni, quote sociali, aziende, BOT e CCT anche se esenti dall’imposta di successione;
  • Non devono essere dichiarate come successioni le indennità di fine rapporto del prestatore di lavoro;

Va inoltre precisato che le fasi della successione, spesso sono coincidenti tra loro; queste sono:

  • Apertura della successione che individua l’ambito spaziale e temporale della successione stessa;
  • La vocazione con cui si individuano coloro che dovevano succedere in base ad un titolo;
  • La delazione nei confronti dei cui soggetti è messo a disposizione il patrimonio del defunto. Questa produce il diritto di accettare l’eredità.

L’accettazione, è infatti un atto unilaterale e non recettizio, E’ inoltre irrevocabile e non ripetibile, ossia una volta manifestata la volontà di accettare non è possibile rinunciare alla stessa eredità; deve compiersi infine entro dieci anni dall’apertura della successione o dall’avveramento di un’eventuale condizione apposta all’istituzione di erede. L’ eredità può essere:

  • Espressa mediante atto ricevuto dal notaio a dal Tribunale del luogo dell’ultimo domicilio del de cuius;
  • Tacita quando vi è un comportamento che confermi la volontà di accettare l’eredità;

L’accettazione dell’eredità, espressa o tacita, può essere impugnata solo per violenza o dolo. Non è possibile contestarla se viziata da errore, perché l’erede, per evitare un’erronea valutazione del patrimonio ereditario, potrebbe comunque accettare con beneficio d’inventario. L’azione si prescrive in cinque anni dal giorno in cui è cessata la violenza o è stato scoperto il dolo.

 

Quote spettanti ai soggetti legittimati

E’ l’articolo 536 del codice civile ad individuarci chi sono i soggetti legittimati all’eredità. Secondo questo articolo questi sono: il coniuge, i figli, gli ascendenti a cui spettano le seguenti quote:

– esistenza solo di un unico figlio: 1/2 quota legittima al figlio, 1/2 quota disponibile;

– esistenza di soli più figli: 2/3 quota legittima figli, 1/3 quota disponibile;

– esistenza dei soli ascendenti: 1/3 quota legittima ascendenti, 2/3 quota disponibile;

– esistenza del solo coniuge: 1/2 quota legittima coniuge, 1/2 quota disponibile;

– esistenza del coniuge e di un solo figlio: 1/3 quota legittima al figlio, 1/3 quota legittima al coniuge, 1/3 quota disponibile;

– esistenza del coniuge e di più figli: 1/2 quota legittima figli, 1/4 quota legittima coniuge, 1/4 quota disponibile;

– esistenza del solo coniuge e ascendenti senza figli: 1/2 quota legittima coniuge, 1/4 quota legittima ascendenti, 1/4 quota disponibile.

Al coniuge spettano anche, in concorrenza con altri chiamati e senza gravare sulla legittima, il diritto di abitazione sulla casa di residenza familiare (se di proprietà del defunto) e di uso degli arredi in essa contenuti. Il legittimato pretermesso ovvero colui che ritiene di aver subito ai fini dell’eredità una lesione totale o parziale, può entro 10 anni dall’apertura della successione l’azione di riduzione, ossia chiedere al Giudice un provvedimento che disponga di ridurre le attribuzioni disposte a favore di altri chiamati e di terzi (legati compresi), per riequilibrare e integrare la propria quota di legittima. Se il legittimario vince la causa, ma il beneficiario (donatario o erede testamentario) non restituisce spontaneamente i beni, dovrà essere esercitata sempre nei suoi confronti anche l’azione di restituzione. Quando non c’è un testamento, l’eredità si devolve per legge al coniuge, ai figli e ai parenti fino al sesto grado; in mancanza di questi soggetti eredita lo Stato che risponderà dei debiti ereditari solo entro il limite dei crediti che rientrano nel patrimonio ereditario. In questo caso va precisato che:

  • Al padre e alla madre succedono i figli in parti uguali, escludendo tutti gli altri parenti ad eccezione, come vedremo, del coniuge; un unico figlio pertanto erediterà tutto il patrimonio.
  • In mancanza di fratelli/sorelle e loro discendenti succedono il padre e la madre in parti uguali o il genitore che sopravvive, escluso l’adottante della persona maggiore di età;
  • In mancanza di figli, genitori, fratelli/sorelle e loro discendenti succedono i nonni, cioè gli ascendenti della linea paterna e per l’altra metà quella della linea materna;
  • In mancanza di discendenti, genitori e ascendenti succedono i fratelli/sorelle in parti uguali, ma i fratelli/sorelle unilaterali (che avevano in comune con il de cuius un genitore) ricevono la metà della quota che conseguono i fratelli/sorelle germani;
  • In mancanza di discendenti, genitori, ascendenti, fratelli/sorelle e loro discendenti succedono i parenti prossimi, senza distinzione di linea, entro il sesto grado;
  • In mancanza di tutti questi soggetti, successore è lo stato;

Con la concorrenza del coniuge la successione legittima assume una diversa attribuzione di quote: la successione del solo coniuge, in mancanza di parenti, ascendenti, figli e loro discendenti, gli/le attribuisce l’intero patrimonio; la successione del coniuge con gli ascendenti del defunto senza altri parenti oppure la successione dei fratelli/sorelle senza ascendenti attribuisce 1/3 agli ascendenti (o fratelli/sorelle per la seconda sotto-ipotesi), 2/3 al coniuge; la successione del coniuge con un figlio attribuisce ad entrambi parti uguali nella misura di ½;la successione del coniuge con più figli attribuisce 1/3 al coniuge, 2/3 ai figli; il concorso del coniuge con i genitori (o in loro mancanza, i nonni) e i fratelli/sorelle attribuisce 2/3 al coniuge, ¼ ai genitori/nonni, 1/12 ai fratelli; il concorso tra coniuge e fratelli/sorelle attribuisce 2/3 al coniuge e 1/3 ai fratelli.

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Legge sulle unioni civili: come è cambiata la successione?

Legge 20 maggio 2016, n.76 recante “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze” disciplina appunto le unioni tra persone dello stesso sesso nei commi che vanno dall’1 al 35[1]. Questa legge è stata oggetto di molte discussioni in quanto l’istituto del matrimonio era riservato alle persone di sesso opposto e dicasi lo stesso per la convivenza more uxorio (pensiero concorde in dottrina e in giurisprudenza). Questa legge ha subito pressioni da parte di diversi organismi primo tra i quali la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha condannato l’Italia per la mancante legislazione sulle unioni civili, in violazione dell’articolo 8 della C.E.D.U[2]. In Italia, diversamente dai paesi europei e non, l’evoluzione dell’istituto è stata possibile soprattutto grazie alla giurisprudenza, di merito e legittima, che di fatto ha aperto a prospettive di tutela delle convivenze omosessuali ancor prima che entrasse in vigore la legge 76. Il notevole intervento legislativo entrato in vigore il 5 giugno 2016 è stato redatto seguendo una tecnica normativa in voga nei sistemi di common law, cioè quella di un unico articolo composto da una pluralità di commi, nel caso di specie 69. Possono costituire un’unione civile due persone maggiorenni dello stesso sesso, mediante dichiarazione dinnanzi ad un ufficiale di stato civile ed alla presenza di (almeno) due testimoni (comma2 L.76)[3]. La costituzione dell’unione civile avviene mediante l’iscrizione del relativo atto, sottoscritto dalle parti, dai testimoni e dall’ufficiale di stato civile, nel registro delle unioni civili. Essenziale è ricordare che come il matrimonio, l’unione può altresì essere impugnata non solo quando il consenso sia stato estorto con violenza o timore ingenerato da terzi, ma anche quando tale consenso sia effetto di errore essenziale su qualità personali dell’altro partner. Per quel che concerne i rapporti personali tra gli uniti civilmente, il comma 11 ricalca quasi fedelmente il disposto di cui all’articolo 143 del Codice civile[4], recante “Diritti e doveri reciproci dei coniugi”. Manca del tutto però il riferimento all’obbligo di fedeltà da un lato, e di collaborazione nell’interesse della famiglia dall’altro. Ma soprattutto in riferimento all’obbligo di collaborazione, perché negarlo alle coppie omosessuali?

Per quel che concerne invece i rapporti patrimoniali, è l’articolo 13 della citata legge a disciplinarne lo svolgimento. Anche per gli uniti civilmente si applicano le norme in materia di convenzioni matrimoniali, le norme in materia di comunione legale, comunione convenzionale e separazione dei beni; le norme in materia di fondo patrimoniale, con il quale gli uniti civilmente possono destinare determinati beni, con tutti i limiti e le regole di cui agli articoli 167 e ss. del Codice civile, a far fronte ai bisogni dell’unione; nonché le norme in materia di impresa familiare. L’articolo 21 invece, si occupa dei rapporti successori. In riferimento ad alcune materie, viene rinviato tutto al codice civile:

  • L’indegnità (articoli da 463 a 466 del Codice civile)
  • La tutela dei legittimari (articoli da 536 a 564 del Codice civile)
  • La disciplina sulle successioni legittime (articoli da 565 a 586 del Codice civile)
  • L a collazione (articoli da 737 a 751 del Codice civile)
  • Il patto di famiglia (articoli da 768 bis a 768 octies del Codice civile).

E’ da notare come questi diritti non si applicano ai conviventi ma solo alle coppie unite civilmente. L’unione civile tra persone dello stesso sesso, come il matrimonio, si scioglie ope legis quando viene dichiarata la morte presunta di una delle parti (co. 22). il legislatore ha introdotto un’anomala ipotesi di scioglimento volontario dell’unione civile(co.24).

 

 

 

Note

[1] 1. La presente legge istituisce l’unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione e reca la disciplina delle convivenze di fatto.

Due persone maggiorenni dello stesso sesso costituiscono un’unione civile mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni.

L’ufficiale di stato civile provvede alla registrazione degli atti di unione civile tra persone dello stesso sesso nell’archivio dello stato civile.

Sono cause impeditive per la costituzione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso:

a) la sussistenza, per una delle parti, di un vincolo matrimoniale o di un’unione civile tra persone dello stesso sesso;

b) l’interdizione di una delle parti per infermità di mente; se l’istanza d’interdizione è soltanto promossa, il pubblico ministero può chiedere che si sospenda la costituzione dell’unione civile; in tal caso il procedimento non può aver luogo finché la sentenza che ha pronunziato sull’istanza non sia passata in giudicato;

c) la sussistenza tra le parti dei rapporti di cui all’articolo 87, primo comma, del codice civile; non possono altresì contrarre unione civile tra persone dello stesso sesso lo zio e il nipote e la zia e la nipote; si applicano le disposizioni di cui al medesimo articolo 87;

d) la condanna definitiva di un contraente per omicidio consumato o tentato nei confronti di chi sia coniugato o unito civilmente con l’altra parte; se è stato disposto soltanto rinvio a giudizio ovvero sentenza di condanna di primo o secondo grado ovvero una misura cautelare la costituzione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso è sospesa sino a quando non è pronunziata sentenza di proscioglimento.

La sussistenza di una delle cause impeditive di cui al comma 4 comporta la nullità dell’unione civile tra persone dello stesso sesso. All’unione civile tra persone dello stesso sesso si applicano gli articoli 65 e 68, nonché le disposizioni di cui agli articoli 119, 120, 123, 125, 126, 127, 128, 129 e 129-bis del codice civile.

L’unione civile costituita in violazione di una delle cause impeditive di cui al comma 4, ovvero in violazione dell’articolo 68 del codice civile, può essere impugnata da ciascuna delle parti dell’unione civile, dagli ascendenti prossimi, dal pubblico ministero e da tutti coloro che abbiano per impugnarla un interesse legittimo e attuale. L’unione civile costituita da una parte durante l’assenza dell’altra non può essere impugnata finché dura l’assenza.

L’unione civile può essere impugnata dalla parte il cui consenso è stato estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravità determinato da cause esterne alla parte stessa. Può essere altresì impugnata dalla parte il cui consenso è stato dato per effetto di errore sull’identità della persona o di errore essenziale su qualità personali dell’altra parte. L’azione non può essere proposta se vi è stata coabitazione per un anno dopo che è cessata la violenza o le cause che hanno determinato il timore ovvero sia stato scoperto l’errore. L’errore sulle qualità personali è essenziale qualora, tenute presenti le condizioni dell’altra parte, si accerti che la stessa non avrebbe prestato il suo consenso se le avesse esattamente conosciute e purché l’errore riguardi:

a) l’esistenza di una malattia fisica o psichica, tale da impedire lo svolgimento della vita comune;

b) le circostanze di cui all’articolo 122, terzo comma, numeri 2), 3) e 4), del codice civile.

La parte può in qualunque tempo impugnare il matrimonio o l’unione civile dell’altra parte. Se si oppone la nullità della prima unione civile, tale questione deve essere preventivamente giudicata.

L’unione civile tra persone dello stesso sesso è certificata dal relativo documento attestante la costituzione dell’unione, che deve contenere i dati anagrafici delle parti, l’indicazione del loro regime patrimoniale e della loro residenza, oltre ai dati anagrafici e alla residenza dei testimoni.

Mediante dichiarazione all’ufficiale di stato civile le parti possono stabilire di assumere, per la durata dell’unione civile tra persone dello stesso sesso, un cognome comune scegliendolo tra i loro cognomi. La parte può anteporre o posporre al cognome comune il proprio cognome, se diverso, facendone dichiarazione all’ufficiale di stato civile.

Con la costituzione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri; dall’unione civile deriva l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Entrambe le parti sono tenute, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni.

Le parti concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza comune; a ciascuna delle parti spetta il potere di attuare l’indirizzo concordato.

Il regime patrimoniale dell’unione civile tra persone dello stesso sesso, in mancanza di diversa convenzione patrimoniale, è costituito dalla comunione dei beni. In materia di forma, modifica, simulazione e capacità per la stipula delle convenzioni patrimoniali si applicano gli articoli 162, 163, 164 e 166 del codice civile. Le parti non possono derogare né ai diritti né ai doveri previsti dalla legge per effetto dell’unione civile. Si applicano le disposizioni di cui alle sezioni II, III, IV, V e VI del capo VI del titolo VI del libro primo del codice civile.

Quando la condotta della parte dell’unione civile è causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell’altra parte, il giudice, su istanza di parte, può adottare con decreto uno o più dei provvedimenti di cui all’articolo 342-ter del codice civile.

Nella scelta dell’amministratore di sostegno il giudice tutelare preferisce, ove possibile, la parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso. L’interdizione o l’inabilitazione possono essere promosse anche dalla parte dell’unione civile, la quale può presentare istanza di revoca quando ne cessa la causa.

La violenza è causa di annullamento del contratto anche quando il male minacciato riguarda la persona o i beni dell’altra parte dell’unione civile costituita dal contraente o da un discendente o ascendente di lui.

In caso di morte del prestatore di lavoro, le indennità indicate dagli articoli 2118 e 2120 del codice civile devono corrispondersi anche alla parte dell’unione civile.

La prescrizione rimane sospesa tra le parti dell’unione civile.

All’unione civile tra persone dello stesso sesso si applicano le disposizioni di cui al titolo XIII del libro primo del codice civile, nonché gli articoli 116, primo comma, 146, 2647, 2653, primo comma, numero 4), e 2659 del codice civile.

Al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso. La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella presente legge, nonché alle disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184. Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti.

Alle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso si applicano le disposizioni previste dal capo III e dal capo X del titolo I, dal titolo II e dal capo II e dal capo V-bis del titolo IV del libro secondo del codice civile.

La morte o la dichiarazione di morte presunta di una delle parti dell’unione civile ne determina lo scioglimento.

L’unione civile si scioglie altresì nei casi previsti dall’articolo 3, numero 1) e numero 2), lettere a), c), d) ed e), della legge 1° dicembre 1970, n. 898.

L’unione civile si scioglie, inoltre, quando le parti hanno manifestato anche disgiuntamente la volontà di scioglimento dinanzi all’ufficiale dello stato civile. In tale caso la domanda di scioglimento dell’unione civile è proposta decorsi tre mesi dalla data della manifestazione di volontà di scioglimento dell’unione.

Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 4, 5, primo comma, e dal quinto all’undicesimo comma, 8, 9, 9-bis, 10, 12-bis, 12-ter, 12-quater, 12-quinquies e 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898, nonché le disposizioni di cui al Titolo II del libro quarto del codice di procedura civile ed agli articoli 6 e 12 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162.

La sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso determina lo scioglimento dell’unione civile tra persone dello stesso sesso.

Alla rettificazione anagrafica di sesso, ove i coniugi abbiano manifestato la volontà di non sciogliere il matrimonio o di non cessarne gli effetti civili, consegue l’automatica instaurazione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso.

Fatte salve le disposizioni di cui alla presente legge, il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi in materia di unione civile tra persone dello stesso sesso nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) adeguamento alle previsioni della presente legge delle disposizioni dell’ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni;

b) modifica e riordino delle norme in materia di diritto internazionale privato, prevedendo l’applicazione della disciplina dell’unione civile tra persone dello stesso sesso regolata dalle leggi italiane alle coppie formate da persone dello stesso sesso che abbiano contratto all’estero matrimonio, unione civile o altro istituto analogo;

c) modificazioni ed integrazioni normative per il necessario coordinamento con la presente legge delle disposizioni contenute nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti e nei decreti

I decreti legislativi di cui al comma 28 sono adottati su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’interno, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

Ciascuno schema di decreto legislativo di cui al comma 28, a seguito della deliberazione del Consiglio dei ministri, è trasmesso alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica perché su di esso siano espressi, entro sessanta giorni dalla trasmissione, i pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia. Decorso tale termine il decreto può essere comunque adottato, anche in mancanza dei pareri. Qualora il termine per l’espressione dei pareri parlamentari scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsto dal comma 28, quest’ultimo termine è prorogato di tre mesi. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione. I pareri definitivi delle Commissioni competenti per materia sono espressi entro il termine di dieci giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine, i decreti possono essere comunque adottati.

Entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascun decreto legislativo adottato ai sensi del comma 28, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive del decreto medesimo, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui al citato comma 28, con la procedura prevista nei commi 29 e 30.

All’articolo 86 del codice civile, dopo le parole: «da un matrimonio» sono inserite le seguenti: «o da un’unione civile tra persone dello stesso sesso».

All’articolo 124 del codice civile, dopo le parole: «impugnare il matrimonio» sono inserite le seguenti: «o l’unione civile tra persone dello stesso sesso».

Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le disposizioni transitorie necessarie per la tenuta dei registri nell’archivio dello stato civile nelle more dell’entrata in vigore dei decreti legislativi adottati ai sensi del comma 28, lettera a). (2)

Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 34 acquistano efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge.

[2] Diritto al rispetto della vita privata e familiare

  1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.
  2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.

[3] Due persone maggiorenni dello stesso sesso costituiscono un’unione civile mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni.

[4] Art. 143 Codice Civile: “Diritti e doveri reciproci dei coniugi. Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia”

Carmina Valentino

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