Diritto all’oblio: la riabilitazione del reo, condannato per un reato 10 anni prima, fa sorgere il suo diritto a richiedere la rimozione degli url relativi alle notizie sulla sua condanna

Garante per la protezione dei dati personali: provvedimento n. 153 del 24 luglio 2019

Riferimenti normativi: Corte di Giustizia dell’Unione europea del 13 maggio 2014 (causa C-131/12); “Linee Guida” del WP Art. 29 adottate il 26 novembre 2014.

Fatto

Il provvedimento emesso dal garante per la protezione dei dati personali oggetto del commento origina da un reclamo che era stato presentato nel febbraio di questo anno da parte di una persona che lamentava la presenza, nei risultati di ricerca proposti da Google ed associati al proprio nome, di due URL che rimandavano a dei siti Internet all’interno dei quali erano contenute delle notizie relative ad un procedimento penale che lo aveva riguardato. In particolare, si trattava di un procedimento penale all’esito del quale, nel 2010, il reclamante era stato condannato, a otto mesi di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale della pena, per alcuni reati gravi che aveva precedentemente commesso.

Il reclamante chiedeva, quindi, al garante per la protezione dei dati personali di condannare Google alla rimozione di tali due URL, motivando tale richiesta sulla base delle seguenti ragioni:

  • in primo luogo, in quanto le notizie circa la sua condanna per i fatti penalmente rilevanti da lui commessi erano ormai obsolete e pertanto la attuale presenza di dette notizie all’interno della rete Internet determinava a suo carico una rilevante lesione della sua reputazione personale e professionale;
  • in secondo luogo, in quanto nel 2013 il reclamante aveva ottenuto la riabilitazione con riferimento alla pena detentiva per cui era stato condannato nel suddetto procedimento penale ed inoltre egli non era stato più oggetto di alcune accuse né indagini relativamente a detti fatti;
  • infine, in quanto il reclamante non rivestiva, al momento di presentazione del reclamo, alcuna carica pubblica da cui potesse derivare un interesse pubblico alla conoscenza della notizia inerente la sua precedente condanna.

A fronte di tali argomentazioni, si difendeva Google, attraverso una propria nota, rilevando come non sussistessero, a suo dire, i presupposti perché il reclamante potesse esercitare il diritto all’oblio, con la conseguente richiesta di rimozione degli URL, in quanto:

  • in primo luogo, le notizie delle quali il reclamante chiedeva la cancellazione della indicizzazione dei relativi siti Internet, erano inerenti dei fatti di reato particolarmente gravi per i quali il ricorrente era stato condannato meno di 10 anni fa;
  • in secondo luogo, in quanto vi era un interesse pubblico alla conoscenza della notizia in considerazione del fatto che tali reati erano stati commessi nell’esercizio dell’attività imprenditoriale che il reclamante svolgeva ancora al momento di discussione del reclamo;
  • infine, in quanto la riabilitazione del reclamante determinava soltanto l’estinzione degli effetti penali della condanna, ma non determinava l’estinzione del reato da egli commesso ed inoltre non gli attribuiva il potere di censurare le notizie relative alla propria precedente condotta criminale.

A fronte di tali argomentazioni difensive spese da Google nel procedimento in commento, il reclamante replicava evidenziando come, da un lato, anche se la sentenza era stata pronunciata meno di 10 anni fa (e in particolare nel 2010), tuttavia i fatti penalmente rilevanti si erano verificati oltre 10 anni fa (e in particolare nel 2007). Inoltre, il reclamante rilevava come la notizia oggetto di discussione non fosse più attinente rispetto alla sua attività professionale, in considerazione del fatto che, nel momento di discussione del reclamo, egli esercitava un’attività commerciale relativa a beni diversi rispetto a quelli che erano stati oggetto della sua attività al momento della condanna. Infine, il reclamante rilevava come la riabilitazione era stata da egli ottenuta proprio in considerazione del fatto che avesse dimostrato di aver tenuto una buona condotta successivamente ai fatti di reato e avesse altresì riparato il danno economico derivante dal reato per cui era stato condannato.

La decisione del Garante

Preliminarmente il garante per la protezione dei dati personali ha affrontato il profilo relativo alla propria competenza a decidere in ordine alla richiesta di rimozione degli URL promossa dal reclamante nei confronti di Google. A tal proposito, il garante, riportandosi ai principi fissati dalla corte di giustizia dell’unione europea, ha rilevato come il trattamento dei dati personali all’interno del motore di ricerca di Google risulta gestito direttamente dalla società avente sede negli Stati Uniti. Tuttavia, poiché detta società è stabilità all’interno del territorio italiano attraverso la propria partecipata Google Italy, tale circostanza fa sorgere la competenza del garante a trattare i reclami proposti nei confronti della società stessa.

Circa il merito della vicenda, il garante ha ritenuto fondato il reclamo e conseguentemente ha condannato Google a rimuovere gli URL contenenti le notizie rispetto alle quali il reclamante lamentava la violazione del proprio diritto all’oblio.

In particolare, il garante per la protezione dei dati personali ha motivato la propria decisione sulle tre seguenti argomentazioni:

  • in primo luogo, tenendo in considerazione il lungo tempo trascorso (poiché il procedimento penale nei confronti del reclamante si era concluso, con l’applicazione della pena di otto mesi di detenzione su richiesta dello stesso reclamante e sospesa grazie il beneficio della condizionale, nel 2010);
  • in secondo luogo, in quanto il reclamante dal 2013 aveva ottenuto la riabilitazione, proprio in considerazione del fatto che era passato un certo periodo di tempo dalla determinazione della pena ed in tale tempo egli aveva tenuto una buona condotta;
  • infine, in quanto la riabilitazione, anche se non estingue il reato, fa comunque venire meno di effetti penali della condanna proprio come premio al reo che ha tenuto una buona condotta per permettergli di reinserirsi nella società.

In considerazione di tali due aspetti (il tempo passato dalla condanna e la riabilitazione del reo), il garante ha ritenuto che il fatto che in rete fossero ancora reperibili gli URL contenenti i dati giudiziari dell’interessato, comportasse una lesione dei suoi diritti che non poteva ritenersi né proporzionata né bilanciata rispetto all’interesse pubblico a conoscere della vicenda penale che lo aveva coinvolto, anche in considerazione del fatto che le notizie all’interno dei siti Internet non erano aggiornate rispetto ai successivi sviluppi della vicenda e quindi alla sua riabilitazione.

Pertanto, il garante ha ritenuto fondato il reclamo ed ha ingiunto a Google di rimuovere entro i successivi 20 giorni gli URL oggetto di contestazione fra i risultati di ricerca associati al nome del reclamante, precisando che il mancato rispetto di tale ingiunzione determinerà l’applicazione di una sanzione amministrativa a carico di Google e invitando quest’ultima società a comunicare nei successivi 30 giorni le iniziative che avrà intrapreso per dare attuazione all’ingiunzione stessa.

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