Il «diritto all’oblio»
Come si è detto, non è semplice dare una definizione di «diritto all’oblio»
A dire il vero, come si vedrà nelle prossime pagine, neppure è così semplice affermare se l’oblio rappresentasse realmente un diritto sino a qualche tempo fa.
È stato affermato che «è sempre l’interesse pubblico che giustifica la violazione di quell’aspetto della dignità – riservatezza che è definito diritto all’oblio»: così si è espressa la Suprema Corte di recente, richiamando l’“impostazione classica” che tende a collocare il diritto entro i confini di concetti noti e affermati come la dignità e la riservatezza e, più in generale, nell’alveo dei diritti della personalità, dovendosi riconoscere all’individuo il diritto di cambiare, di trasformarsi, di crescere, lasciandosi alle spalle un passato, anche pensante.
Di sicuro, se di diritto si dovesse parlare, non si potrebbe non cogliere quanto lo stesso rappresenti qualcosa di estremamente “fluido”, “dinamico” e, naturalmente, in continua evoluzione.
Il problema dei diritti della personalità atipici
Non sembra affatto errato, nel desiderio di dare una impostazione sistematica allo studio dei diritti, ricondurre o, comunque, cercare di ricondurre quello che oggi chiamiamo «diritto all’oblio» nella categoria dei diritti della personalità, recuperando la nozione di diritti della personalità c.d. atipici e tentando di portarlo entro i confini dei diritti sopra indicati.
Come noto, i diritti della personalità sono ritenuti in costante evoluzione. Tali diritti, definiti anche innati, vengono indicati come essenziali, assoluti, personalissimi, inalienabili, intrasmissibili, imprescrittibili e non patrimoniali.
A quelli “classici” se ne sono aggiunti alcuni di creazione giurisprudenziale.
Il primo dei diritti della personalità è il diritto alla vita e alla integrità fisica, oggetto di specifico riconoscimento costituzionale (artt. 2 e 32 Cost.). L’art. 6 c.c. dispone il diritto al nome, tutelato anche in sede costituzionale (art. 22 Cost.), che viene fatto oggetto di specifica protezione grazie all’art. 7 c.c. Inoltre, l’art. 8 c.c. offre una tutela anche allo pseudonimo.
L’art. 10 c.c. prevede la tutela dell’immagine («abuso dell’immagine altrui»). A tal proposito, è rilevante evidenziare che – mentre la legge n. 633/41 (l.d.a.) fa riferimento al ritratto – il codice indica come oggetto della tutela l’immagine, nozione che presenta «confini estremamente labili», connotata da «un contenuto evanescente».
Inoltre, dopo il riconoscimento del diritto al trattamento dei dati personali e alla riservatezza, si è di recente affermato il diritto all’identità personale, inteso come interesse alla propria identificazione sociale.
È evidente che – superati i dubbi di chi riteneva che i diritti della personalità fossero un numerus clausus previsti dal codice civile (artt. 5-10) e della Carta costituzionale (art. 4, 13-19, 21, 32 e 35 (82)) – si è aperta la strada al riconoscimento di nuovi diritti.
Informazione, verità, pertinenza e continenza
Nel tempo si è superata quell’impostazione che voleva che l’editore fosse esonerato da qualsiasi obbligo risarcitorio per i pregiudizi connessi alla pubblicazione, in assenza di reato, grazie all’affermazione del diritto all’identità.
E, come si è detto, va riconosciuta garanzia costituzionale del diritto alla identità personale. Tuttavia, tale base va incontro a limiti, «di pari rango prima- rio» (94), derivanti «dalla peculiare natura “antagonista” del diritto medesimo, al suo dover coesistere, cioè, nell’ordinamento, con diritti contenutisticamente di segno inverso, pure essi fondamentali e costituzionalizzati». In una decisione nota come «decalogo del giornalista» (96), secondo la Suprema Corte, «si riflette (…) nella dialettica che viene ad instaurarsi tra il diritto alla identità personale ed i contrapposti diritti di critica, di cronaca e di creazione artistica (a loro volta riconducibili alla comune matrice costituzionale dell’art. 21 della Costituzione) quel fenomeno di confliggenza di interessi, di cui la casistica è ricchissima (si pensi alla libertà sindacale confliggente con la libertà di impresa; al diritto alla salute confliggente con l’interesse della produzione ecc.) e che trova soluzione attraverso il contemperamento e l’equo bilanciamento delle libertà antagoniste, per modo che la tutela dell’una non sia esclusiva di quella dell’altra».
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