Il diritto dei bambini allo sviluppo: diritto dell’infanzia

Con una breve rassegna delle fonti che ne parlano, il contributo si propone di illustrare il processo anche interiore che caratterizza lo sviluppo dei bambini.
Per approfondire: Codice della Famiglia e dei Minori 2023 e legislazione speciale

Indice

1. Lo sviluppo dei bambini nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia


Nella crescita dei figli ci si preoccupa più della statura che della levatura. Nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia si parla distintamente di “crescita” e di “sviluppo” (che è il contrario di “inviluppo” ed è diverso da “crescita”) e vi è il divieto di “interferenze” (si veda l’art. 16).
Basilare è il capoverso del Preambolo: “Riconosciuto che il fanciullo per il pieno ed armonioso sviluppo della sua personalità deve crescere in un ambiente familiare, in un’atmosfera di felicità, amore e comprensione”. Quel pieno ed armonioso sviluppo della personalità cui fanno continuamente riferimento la giurisprudenza e la dottrina quando si discute dei bambini e dei loro diritti.
In particolare, poi, nell’art. 27 par. 1 della Convenzione si legge: “Gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo ad un livello di vita sufficiente atto a garantire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale”. Enunciazione in cui si usa l’aggettivo possessivo “suo” per rimarcare che lo sviluppo è un processo strettamente proprio del bambino, corrisponde alla sua libertà, alla sua integrità psicofisica, alla sua persona e alla sua personalità. Inoltre lo sviluppo è aggettivato come “fisico, mentale, spirituale, morale e sociale”, in un processo progressivo e ascendente dall’aspetto fisico (personale) a quello sociale (interpersonale), e di questo devono tener conto innanzitutto i genitori. Questa descrizione di sviluppo corrisponde allo svolgimento della personalità di cui si parla nell’art. 2 della Costituzione.
“Il figlio ha bisogno della parola “Vai!”. […] Non avere progetti sui figli, altrimenti i figli hanno dei destini e sono destini infelici” (lo psicoanalista Massimo Recalcati nella lectio magistralis a Matera il 15-02-2020). I genitori, pertanto, non devono rivestire o investire il figlio con i loro sogni infranti, progetti irrealizzati o altro ancora.
“Quello di cui hanno più bisogno i figli: vivere davanti a loro, piuttosto che dire solo che cosa devono fare. Viviamo davanti a loro! Mettiamo davanti a loro una tale attrattiva che possano essere sfidati dalla bellezza che vedono vibrare in noi, così da poter aderire liberamente, non con il calzascarpe. Tante volte noi siamo preoccupati che aderiscano, ma non della loro libertà. Siete preoccupati per i vostri figli? Vivete da adulti, testimoniando loro tutta l’attrattiva della vostra vita. […] Senza questo genereremo solo luoghi dove i figli soffocano, invece che luoghi dove respirano, con il desiderio di coinvolgersi e di partecipare” (cit.). Come si ricava pure dal par. 2 dell’art. 27 della Convenzione, i genitori sono i primi a dover assicurare lo sviluppo dei figli: sviluppo è togliere gli inviluppi e, per questo, è fondamentale esserci e stare davanti per tirare, proprio come è nell’etimologia di educare, da “ex-ducere”, tirar fuori.
Aiuto e autonomia, un binomio su cui si gioca l’educazione: “promuovere lo sviluppo della personalità del fanciullo, dei suoi talenti, delle sue attitudini mentali e fisiche, in tutto l’arco delle sue potenzialità” (lettera a art. 29 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).
Il pedagogista Daniele Novara ribadisce: “Maria Montessori […] se fosse ancora tra noi continuerebbe a ricordarci che la libertà è sempre formativa e che ad aver fiducia nei bambini non si sbaglia mai!”. Educare alla e nella libertà e fiducia è togliere gli inviluppi interni ed esterni, promuovere lo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale. Educare è posare lo sguardo su quel bambino per fargli volgere lo sguardo da se stesso all’altro e al mondo intorno, proprio come nella progressione degli obiettivi educativi enucleati nell’art. 29.
L’educazione non è tanto un innesto quanto una potatura: comporta sofferenza per la pianta e fatica, maestria e scelte per il contadino. La potatura serve per favorire lo sviluppo ed evitare l’inviluppo. Come l’albero dell’ulivo che ha bisogno di essere potato affinché i rami non si aggroviglino e si possa procedere, poi, alla raccolta delle olive per ricavarne l’olio.
Ada Fonzi, esperta di psicologia dello sviluppo, precisa: “Gli studi psicologici ci hanno fornito alcuni concetti fondamentali che possono aiutarci a comprendere meglio i problemi educativi. Tra questi, due in particolare mi sembrano utili: quello dei «periodi sensibili» e quello dello «sviluppo prossimale». In base al primo, ogni abilità, ogni acquisizione possono avvenire soltanto in un periodo relativamente fisso dello sviluppo, durante il quale l’ambiente che attiva un comportamento che è sì geneticamente predisposto, ma non fruibile senza adeguate stimolazioni. Passata quell’opportunità, è assai difficile che l’organismo riesca a recuperare il tempo perduto. C’è un tempo per esplorare, un tempo per arrampicarsi, un tempo per leggere, un tempo per fare l’amore, un tempo per… Quanto allo «sviluppo prossimale», questo sta a indicare l’aumento di prestazioni rispetto allo sviluppo «naturale» che un bambino può presentare se viene supportato e orientato con mezzi adeguati dall’adulto, la cui azione risulta particolarmente decisiva intorno ai 7-8 anni”. La prima forma di rispetto nei confronti del bambino è tener conto dell’età, delle capacità e della maturità (come più volte indicato nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).
Lo psicologo e psicoterapeuta Osvaldo Poli spiega: “L’immaturità consiste esattamente nel pretendere che il mondo intero si comporti come la mamma, che “fa sparire” le difficoltà della vita. Per tale ragione la ferita del padre coincide con la separazione simbolica dalla madre e con tutto ciò che ella garantisce in termini di aiuto, facilitazione, mediazione con le durezze della vita. Ma perché questo accada è necessario che il figlio attraversi l’esperienza della prova, termine messo al bando da una cultura che ha gettato nel discredito la sensibilità educativa maschile. Oggi è possibile riconoscere solo qualche vago simulacro dei “riti di passaggio” dall’infanzia all’età adulta, il cui elemento qualificante consiste da sempre nel superare una prova, nell’affrontare una situazione pericolosa, a dimostrazione della raggiunta maturità. Una vaga reminiscenza di essi può essere oggi riscontrata nel superamento delle prove per il conseguimento della patente, del diploma di maturità, della laurea, ma con significati simbolici ormai estenuati e depotenziati” (in “Cuore di papà. Il modo maschile di educare”). Ogni sviluppo passa attraverso tappe che comportano cambiamenti, scelte, perdite e novità e i genitori non possono evitare tutto ciò, altrimenti i figli crescono solo fisicamente ma non negli altri aspetti necessari per vivere e sopravvivere.
“La vita, anche con tutto il suo dolore, è piena di meraviglie: nascita e morte sono miracoli e al di sotto delle ondate di nascita e morte giace la meravigliosa realtà suprema” (da “Insegnamenti sull’amore” di Thich Nhat Hanh, pensatore vietnamita). Educare alla vita, alla totalità della vita, e non solo a stare in vita.


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2. Lo sviluppo dei bambini in altre fonti


“[…] l’essere umano, se ha uno scopo nella vita, riesce ad affrontare qualsiasi sofferenza. Perché in ciascuno esiste la possibilità di scegliere come reagire agli eventi, autodistanziandosi dalle cose, oggettivando se stessi per approdare così all’autotrascendenza, unica garante per realizzare dei significati di vita” (la giornalista Sabina Fadel). Nella Charte “Pour chaque enfant, un avenir” du B.I.C.E. (Parigi, giugno 2007), documento internazionale ma non normativo, si usa una terminologia ancora più incisiva, nel paragrafo “Vigilare allo sviluppo del bambino in tutte le sue dimensioni”: “Lo sviluppo integrale del bambino e la sua felicità richiedono ancora, quale che sia la sua situazione, che egli possa riflettere sul senso della sua vita, e che si rispetti la dimensione spirituale che è in lui”. Per ogni bambino non ci si deve preoccupare solo dell’aspetto psicofisico ma anche di quello “spirituale”, affinché sia capace di trovare in sé energia e forza per andare avanti in ogni situazione.
Anche la statuizione dell’art. 1 Carta dei diritti del fanciullo al gioco e al lavoro (Roma 1967) è rilevante: “La personalità del fanciullo è sacra; per garantirne il libero, totale ed armonico sviluppo la società è tenuta ad offrire ad ogni fanciullo un ambiente familiare, scolastico e comunitario dotato dei necessari mezzi e di personale appositamente preparato”. I bambini sono le stelle della vita, non tanto da “de-siderare” quanto da “con-siderare”: le stelle suscitano emozioni e sogni, si osservano e si studiano da lontano, hanno una loro luce e un loro percorso e si possono dileguare e perdere di vista. Ai figli bisogna tenerci tanto, anche nell’esigere che raggiungano certi obiettivi: ognuno di loro ha un talento, una risorsa inesauribile e tocca agli adulti non arrendersi e indicare la loro strada che non significa spianarla.
Lo storico gesuita Giancarlo Pani scrive: “Effettivamente nei primi giorni, mesi e anni di vita i bambini compiono uno sviluppo cognitivo e sociale impressionante, ponendo le fondamenta sulle quali poggeranno le conoscenze e le abilità che la famiglia, la scuola, la società proporranno loro durante il corso della vita. Purtroppo, il grande sviluppo e la crucialità di questo periodo iniziale della vita soffre, per così dire, dello stesso problema di cui soffrono le comuni fondamenta di un palazzo: non si vedono, non ci si fa caso. Il bambino, dal canto suo, naturalmente non può rendersi conto e ricordarsi di questo suo veloce sviluppo esponenziale, e purtroppo quasi mai i genitori sono preparati ad apprezzare e guidare questa decisiva esperienza del figlio. Quando per la prima volta entra in un’aula scolastica a sei anni, si valuta che quasi l’80% delle sue potenzialità si sia già sviluppato” (in “I diritti dell’infanzia”, 2019). I bambini sono delle potenze e hanno delle potenzialità. L’educazione deve consistere in interventi e non in interferenze o ingerenze. I genitori devono fare tutt’al più da detonatori e non da bombe nella vita dei figli.
I genitori dovrebbero dare contenuto e consistenza all’obbligo di assistere moralmente i figli di cui agli artt. 147 e 315 bis comma 1 cod. civ.. “Che cosa si può capire di un adolescente attraverso la tivù che guarda? Moltissimo. E l’adulto che giudica una perdita di tempo o una noia la condivisione – ammesso che sia concesso, ovvio: ma bisogna anche conquistarsela – di questi momenti di evasione domestica probabilmente perde ben altro, ossia l’opportunità sempre più rara di fare qualcosa insieme e cogliere qualche lampo di ciò che passa per la testa di un ragazzo che cresce. Può trattarsi di qualunque cosa, l’importante è sospendere il giudizio almeno per un po’ e lasciarsi andare, proprio come si farebbe al cinema. […] è sempre una buona occasione per capire linguaggi e gusti, e infilare qua e là un commento opportuno, non pedante ma preciso, che aiuti a decifrare, decodificare, e sì, a questo punto anche giudicare. La ginnastica dello spirito critico funziona meglio se fatta insieme” (Beatrice Masini, scrittrice per l’infanzia). Sviluppo è liberare e liberarsi. Genitori e adulti devono, pertanto, occuparsi e preoccuparsi anche della libertà interiore ed esteriore, libertà da e di, dei bambini e in particolare dei ragazzi, più soggetti a mode e tendenze, anche per uniformarsi al gruppo dei coetanei.
“I figli non sono album da colorare come piace a noi” (dal capitolo tre de “Il cacciatore di aquiloni”). Ai figli si deve fornire i colori primari e insegnare come fare le mescolanze: il resto è la loro vita. “Qualcuno ha detto che in Afghanistan ci sono molti bambini, ma manca l’infanzia” (dal capitolo ventiquattro del romanzo “Il cacciatore di aquiloni”). Questa triste affermazione riguarda molte parti del mondo occidentale e molte famiglie apparentemente “normali”, in cui i figli hanno tutto, ma non quello che serve veramente alla loro età. Figli: dal mercato dei pannolini a quello estero della fecondazione eterologa e anche peggio. Peccato sia così, che sia diventato così! Tra le parole più ripetute nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia vi sono “vita” e “sviluppo”: tra i diritti fondamentali dei bambini, dei figli. Bambini e ragazzi sono “soggetti portatori di diritti e agenti di sviluppo” (dalle Linee guida sull’infanzia e l’adolescenza, AICS 2021).
Lo sviluppo dei bambini è prioritario rispetto allo sviluppo economico, è il vero sviluppo sostenibile: “Bambini e giovani uomini e donne sono agenti critici del cambiamento e troveranno nei nuovi obiettivi una piattaforma per incanalare le loro infinite potenzialità per l’attivismo verso la creazione di un mondo migliore” (n. 51 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile).

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Dott.ssa Marzario Margherita

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